Indulgenze per la festa della Divina Misericordia
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Si annettono Indulgenze ad atti di culto compiuti in onore della Divina
Misericordia
"La tua misericordia, o Dio, non conosce limiti e infinito è il tesoro della tua bontà..." (Orazione dopo l'Inno "Te Deum ") e "O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono..." (Orazione della Domenica XXVI del Tempo Ordinario), umilmente e fedelmente canta la Santa Madre Chiesa. Infatti l'immensa condiscendenza di Dio, sia verso il genere umano nel suo insieme sia verso ogni singolo uomo, splende in modo speciale quando dallo stesso Dio onnipotente sono rimessi peccati e difetti morali e i colpevoli sono paternamente riammessi alla sua amicizia, che meritatamente avevano perduta.
I fedeli con intimo affetto dell'animo sono da ciò attratti a commemorare i misteri del perdono divino ed a celebrarli piamente, e comprendono chiaramente la somma convenienza, anzi la doverosità che il Popolo di Dio lodi con particolari formule di preghiera la Divina Misericordia e, al tempo stesso, adempiute con animo grato le opere richieste e soddisfatte le dovute condizioni, ottenga vantaggi spirituali derivanti dal Tesoro della Chiesa. "Il mistero pasquale è il vertice di questa rivelazione ed attuazione della misericordia, che è capace di giustificare l'uomo, di ristabilire la giustizia nel senso di quell'ordine salvifico che Dio dal principio aveva voluto nell'uomo e mediante l'uomo, nel mondo" (Lett. enc. Dives in Misericordia, 7).
Invero la Misericordia Divina sa perdonare anche i peccati più gravi, ma nel farlo muove i fedeli a concepire un dolore soprannaturale, non meramente psicologico, dei propri peccati, così che, sempre con l'aiuto della grazia divina, formulino un fermo proposito di non peccare più. Tali disposizioni dell'animo conseguono effettivamente il perdono dei peccati mortali quando il fedele riceve fruttuosamente il sacramento della Penitenza o si pente dei medesimi mediante un atto di perfetta carità e di perfetto dolore, col proposito di accostarsi quanto prima allo stesso sacramento della Penitenza: infatti Nostro Signore Gesù Cristo nella parabola del figliuol prodigo ci insegna che il peccatore deve confessare la sua miseria a Dio dicendo: "Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio" (Lc 15, 18-19), avvertendo che questo è opera di Dio: "era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15; 32). Perciò con provvida sensibilità pastorale il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, per imprimere profondamente nell'animo dei fedeli questi precetti ed insegnamenti della fede cristiana, mosso dalla dolce considerazione del Padre delle Misericordie, ha voluto che la seconda Domenica di Pasqua fosse dedicata a ricordare con speciale devozione questi doni della grazia, attribuendo a tale Domenica la denominazione di "Domenica della Divina Misericordia" (Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Decr. Misericors et miserator, 5 Maggio 2000).
Il Vangelo della seconda Domenica di Pasqua narra le cose mirabili compiute da Cristo Signore il giorno stesso della Risurrezione nella prima apparizione pubblica: "La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 19-23).
Per far sì che i fedeli vivano con intensa pietà questa celebrazione, lo stesso Sommo Pontefice ha stabilito che la predetta Domenica sia arricchita dell'Indulgenza Plenaria, come più sotto sarà indicato, affinché i fedeli possano ricevere più largamente il dono della consolazione dello Spirito Santo e così alimentare una crescente carità verso Dio e verso il prossimo, e, ottenuto essi stessi il perdono di Dio, siano a loro volta indotti a perdonare prontamente i fratelli.
Così i fedeli osserveranno più perfettamente lo spirito del Vangelo, accogliendo in sé il rinnovamento illustrato e introdotto dal Concilio Ecumenico Vaticano II: "I cristiani, ricordando le parole del Signore: "da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con sempre maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo... Il Padre vuole che noi riconosciamo ed efficacemente amiamo in tutti gli uomini Cristo fratello, tanto con la parola che con l'azione" (Cost. past. Gaudium et spes, 93).
Il Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si possono sperare, nell'Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della "Divina Misericordia", in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS.mo Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate. Inoltre i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare; gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità, potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia, se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci, informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare disposizione della Chiesa, si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" (Mt 5, 7), nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda concessione generale dell"'Enchiridion Indulgentiarum".
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
LUIGI DE MAGISTRIS
Arcivescovo tit. di Nova
Pro-Penitenziere Maggiore
GIANFRANCO GIROTTI, O. F. M. Conv.
Reggente
Potremo meditare a lungo sul senso, sui testi e sulla collocazione liturgica di questa che non è una nuova festa istituita ma semplicemente una «denominazione» di quella domenica che è la prima a continuare il percorso delle «pasque settimanali». Guai a cambiare la liturgia della parola perché sono proprio le letture che manifestano i contenuti già esistenti e misteriosamente offerti da Gesù stesso nella rivelazione privata e confermati dal processo di riforma del Vaticano Secondo. Testi nuovi per la liturgia di una festa nuova non potrebbero senz'altro essere più forti; ci si accorge che c'è un incrocio misterioso guidato dallo Spirito Santo, che offre anche, a partire dai testi intoccabili della Seconda di Pasqua, elementi ricchissimi sul piano della riflessione e dell'annuncio del più centrale dei misteri di un Dio che viene incontro al mondo sempre miserabile: quello appunto della sua Misericordia. È il segreto interpretativo appunto del Mistero pasquale come attuazione costante della Misericordia Trinitaria.
Si inserisca sempre tutto il discorso entro il Mistero pasquale. Giovanni Paolo II lo fa costantemente. Già nell'indizione del Giubileo della Redenzione (6-1-1983) aveva scritto che «dal momento della sua elezione i suoi sentimenti e i suoi pensieri sono stati sempre più diretti a Cristo Redentore, al suo Mistero pasquale, vertice della Rivelazione divina ed attuazione suprema della Misericordia di Dio verso gli uomini di ogni tempo».
Nell'Enciclica Dives in Misericordia si legge: «Il Mistero pasquale è il vertice di questa rivelazione ed attuazione della misericordia (n.7). La risurrezione è il segno che corona l'intera rivelazione dell'amore misericordioso nel mondo soggetto al male (n.8).
Il cardinal Fiorenzo Angelini, celebrando la Festa in S. Pietro nel 1999 decisamente diceva: «L'odierna liturgia della Domenica in Albis che chiude la solenne Ottava di Pasqua ci propone letture bibliche quanto mai pertinenti alla festa della Divina Misericordia... La collocazione nella prima domenica dopo Pasqua conferma lo stretto legame che esiste tra il Mistero pasquale della Redenzione e questa Festa dedicata a far scoprire e comprendere nell'aspetto della Misericordia tutto il mistero della Redenzione». Qui citava anche il Diario di suor Faustina dove essa annotava: «Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia voluta e richiesta dal Signore».
Il decreto del 5 maggio 2000 della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti, definendo la IIa di Pasqua come Domenica della Divina Misericordia, invita ad accogliere la misericordia di Dio nel suo Tempio e afferma: «Nella nostra epoca, i cristiani, provenienti da numerosi paesi del mondo, desiderano innalzare questa misericordia nel culto divino: specialmente nella celebrazione del Mistero pasquale, nel quale risplende soprattutto la bontà di Dio verso tutti gli uomini».
Ed il grande studioso e profeta Edouard Glotin, ancora nel 1990 diceva e scriveva con sicurezza che la festa voluta da Gesù attraverso suor Faustina finirà con l'estendersi a tutta la Chiesa e di questo non potranno che rallegrarsi teologi e pastori.
Poi testualmente: «Presentando il Cuore misericordioso di Gesù come la sintesi del «mistero pasquale», le cui celebrazioni si concluderanno con la venerazione della sua immagine, grazie a questa ispirata iniziativa il mistero di questo Cuore - come dice Giovanni Paolo II diviene in un certo senso il punto centrale della rivelazione dell'amore misericordioso del Padre». «Naturalmente in questo ottavo giorno della Pasqua cristiana, continuerà ad esser letto il Vangelo che vede Cristo mostrare due volte agli undici la Piaga del costato, scena che rinvia immediatamente alla pericope della trafittura del Messia (Gv 19, 31-37).
Allora sarà chiaro che il Cuore trafitto di Gesù è il grande segno storico dell'amore misericordioso della Trinità per gli uomini peccatori, donato da Dio agli uomini nell'istante stesso - quello che i teologi definiscono kairòs - dell'evento redentore. Sarà più facile sottrarre il Cuore di Gesù alla sfera del devozionalismo per conferirgli nella catechesi cristiana lo stato di «polo kerigmatico», cioè di ricapitolazione dell'economia trinitaria dell'incarnazione redentrice sotto il segno dell'amore e del dono».
Così affermava Glotin ad Assisi durante il convegno nazionale dell'Apostolato della Preghiera, in occasione del terzo centenario della morte di S. Margherita Maria Alacoque. Illustrava anche in maniera esatta la posizione liturgica della solennità del S. Cuore nell'alveo della «redamatio» e della «reparatio».
Si comprenda fino in fondo che in questa Ottava ci si sofferma a riflettere e quasi a digerire l'esplosivo impatto dell'eventomistero della risurrezione di Gesù.
Mons. Enzo Lodi, liturgista di fama ma anche pastore aperto ai segni dei tempi, dopo aver fugato il timore di chi vede in questa domenica così definita quasi una smentita dello spirito della riforma liturgica, afferma decisamente: «Bisogna riconoscere che finalmente si celebra la Divina Misericordia nella domenica in cui il Vangelo della Messa (Gv 20, 19-23) ci presenta due realtà centrali della nostra fede.
La prima è quella espressa dal testo fondamentale che promulga il sacramento della penitenza, oggi così mal compreso e celebrato, che così potrebbe ritrovare il suo rilievo biblico.
La seconda realtà è la manifestazione del costato aperto dello stesso Risorto (v. 27: «metti la mano nel mio costato e non essere più incredulo ma credente»), che altrove lo stesso evangelista ci indica come un mistero sacramentale di fede (Gv 19, 34), perché da esso scaturiscono il sangue (l'Eucaristia) e l'acqua (il battesimo), che sono il «simbolo dei sacramenti della chiesa» (cfr. prefazio della festa del S. Cuore di Gesù).
Mi pare che queste ragioni siano sufficienti per fugare ogni dubbio: la riforma liturgica è così completata, perché la chiesa è guidata dallo Spirito «verso tutta la verità» (Gv 16, 13).
Un testo del card. Ratzinger (cfr. Fede cristiana ieri e oggi, 1969) è qui significativo: «Per Giovanni, l'immagine del costato trafitto è il punto culminante non solo della croce, ma di tutta la storia di Gesù. Ora, dopo il colpo della lancia..., la sua esistenza è completamente aperta; in quel preciso momento egli è completamente «per»; non è più isolato, ma l'Adamo da cui viene tratta Eva, una nuova umanità...
Colui che è tutto aperto, e che realizza l'essere come radicale accoglienza e comunicazione, manifesta così quello che e sempre stato in profondità, e cioè la sua condizione di figlio».
L'icona non ha precedenti nell'arte cristiana ed è dovuta esclusivamente ad un'invenzione di Gesù stesso quando apparendo a suor Faustina il 22 febbraio del 1931 le diede un ordine: "Dipingi una immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te. Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero" (Diario, p. 26).
Gesù proponeva in questa immagine un codice di decifrazione biblica accanto ad un flusso di grazie sull'onda di uj vero culto che doveva ben presto entrare nella liturgia stessa della Chiesa. Vertice di questo culto è la Festa della Misericordia da celebrarsi ogni anno nella domenica in Albis. E qui c'è un ordine parallelo: "Desidero che questa immagine venga esposta al pubblico la prima domenica dopo Pasqua.
Tale domenica è la festa della Divina Misericordia" (Diario, p. 46).
L'icona va biblicamente capita entro il contesto della teologia giovannea, soprattutto in riferimento al vertice che è la "Pentecoste giovannea": dalla trafittura del costato, all'ora nona del Venerdì Santo, alla sera del primo giorno (Pasqua) e poi otto giorni dopo nello stesso cenacolo (oggi Festa della Misericordia): Effusione dello Spirito, nascita della Chiesa e dei sacramenti, apertura della porte del Paradiso, il grande mistero del sangue e dell'acqua come garanzia della vittoria finale in tutti i tempi. Massima rivelazione e autocomunicazione trinitaria: il Cuore del Padre si apre e, come in un unico dono con due irradiazioni, ci dona il Sangue del Figlio e l'Acqua dello Spirito.
Ecco perché l'icona è meglio definirla "della Divina Misericordia", come dono e manifestazione di tutta la Trinità Misericordiosa.
L'immagine è inoltre d'importanza fondamentale per la comprensione e la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, perché rappresenta Gesù nell'atto d'istituire questo sacramento pasquale.
Il Cristo crocifisso, che all'ora nona, dal suo costato aveva fatto scaturire le acque vive dello Spirito, ora come Risorto le canalizza in tutto il mondo e per tutti i tempi entro una divina irradiazione luminosa che si diparte dal cuore trafitto: lo spirito di grazia e di consolazione del profeta Zaccaria.
E quanto costa quest'acqua viva della Pentecoste? Nientemeno che il preziosissimo Sangue del Figlio di Dio. "O Sangue ed Acqua che scaturisci dal cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in Te". E intanto il Signore si fa raffigurare mentre sta alitando lo Spirito (Ruah della nuova creazione) e mentre sta istituendo il Sacramento della continua rivivificazione "Mio Signore e mio Dio". Il "Confido in Te" suggerito da Gesù stesso sotto la sua icona propone drasticamente un totale e definitivo affidamento.
Provvidenzialmente, all'opposto di quel che è capitato al termine amore, usato e abusato dal mondo, misericordia è un termine che non va di moda nel linguaggio profano. Sapete perché? Perché è il vero amore, quello che è soltanto di Cristo, l'amore difficile, l'amore sacrificale. È un amore «sino alla fine».
Misericordia comprende due parole: miseria e cuore. La miseria è nostra, il cuore è quello di Dio. È stato il cuore ardente d'amore di Dio che si è assunto la nostra miseria. Ecco la dimostrazione più forte dell'amore: Dio manifestato in Cristo sofferente, il figlio dell'uomo che passa attraverso la nostra miseria, la soffre e vi muore dentro per redimerla. «L'amore è il fiore, la misericordia è il frutto» - diceva suor Maria Faustina Kowalska. La misericordia è l'amore dimostrato, incarnato, crocifisso.
Dobbiamo fissare i nostri occhi sul Gesù della misericordia, il Gesù dal cuore trafitto. È l'immagine del Padre misericordioso. È l'immagine che ci richiamerà la sintesi della morale evangelica: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6, 36).
C'è un passo della Redemptor Hominis di Giovanni Paolo II che dice stupendamente: «Se Dio trattò da peccato colui che era assolutamente senza alcun peccato, lo fece per rivelare l'amore che è sempre più grande di tutto il creato, l'amore che è lui stesso, perché «Dio è amore». E soprattutto l'amore è più grande del peccato, della debolezza, della caducità del creato, più forte della morte. è l'amore sempre pronto a sollevare, a perdonare, sempre pronto ad andare incontro al figliol prodigo, sempre alla ricerca della rivelazione dei figli di Dio, che sono chiamati alla gloria futura. Questa rivelazione dell'amore viene anche definita misericordia e tale rivelazione dell'amore e della misericordia ha nella storia dell'uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo» (n. 9).
"La tua misericordia, o Dio, non conosce limiti e infinito è il tesoro della tua bontà..." (Orazione dopo l'Inno "Te Deum ") e "O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono..." (Orazione della Domenica XXVI del Tempo Ordinario), umilmente e fedelmente canta la Santa Madre Chiesa. Infatti l'immensa condiscendenza di Dio, sia verso il genere umano nel suo insieme sia verso ogni singolo uomo, splende in modo speciale quando dallo stesso Dio onnipotente sono rimessi peccati e difetti morali e i colpevoli sono paternamente riammessi alla sua amicizia, che meritatamente avevano perduta.
I fedeli con intimo affetto dell'animo sono da ciò attratti a commemorare i misteri del perdono divino ed a celebrarli piamente, e comprendono chiaramente la somma convenienza, anzi la doverosità che il Popolo di Dio lodi con particolari formule di preghiera la Divina Misericordia e, al tempo stesso, adempiute con animo grato le opere richieste e soddisfatte le dovute condizioni, ottenga vantaggi spirituali derivanti dal Tesoro della Chiesa. "Il mistero pasquale è il vertice di questa rivelazione ed attuazione della misericordia, che è capace di giustificare l'uomo, di ristabilire la giustizia nel senso di quell'ordine salvifico che Dio dal principio aveva voluto nell'uomo e mediante l'uomo, nel mondo" (Lett. enc. Dives in Misericordia, 7).
Invero la Misericordia Divina sa perdonare anche i peccati più gravi, ma nel farlo muove i fedeli a concepire un dolore soprannaturale, non meramente psicologico, dei propri peccati, così che, sempre con l'aiuto della grazia divina, formulino un fermo proposito di non peccare più. Tali disposizioni dell'animo conseguono effettivamente il perdono dei peccati mortali quando il fedele riceve fruttuosamente il sacramento della Penitenza o si pente dei medesimi mediante un atto di perfetta carità e di perfetto dolore, col proposito di accostarsi quanto prima allo stesso sacramento della Penitenza: infatti Nostro Signore Gesù Cristo nella parabola del figliuol prodigo ci insegna che il peccatore deve confessare la sua miseria a Dio dicendo: "Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio" (Lc 15, 18-19), avvertendo che questo è opera di Dio: "era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15; 32). Perciò con provvida sensibilità pastorale il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, per imprimere profondamente nell'animo dei fedeli questi precetti ed insegnamenti della fede cristiana, mosso dalla dolce considerazione del Padre delle Misericordie, ha voluto che la seconda Domenica di Pasqua fosse dedicata a ricordare con speciale devozione questi doni della grazia, attribuendo a tale Domenica la denominazione di "Domenica della Divina Misericordia" (Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Decr. Misericors et miserator, 5 Maggio 2000).
Il Vangelo della seconda Domenica di Pasqua narra le cose mirabili compiute da Cristo Signore il giorno stesso della Risurrezione nella prima apparizione pubblica: "La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 19-23).
Per far sì che i fedeli vivano con intensa pietà questa celebrazione, lo stesso Sommo Pontefice ha stabilito che la predetta Domenica sia arricchita dell'Indulgenza Plenaria, come più sotto sarà indicato, affinché i fedeli possano ricevere più largamente il dono della consolazione dello Spirito Santo e così alimentare una crescente carità verso Dio e verso il prossimo, e, ottenuto essi stessi il perdono di Dio, siano a loro volta indotti a perdonare prontamente i fratelli.
Così i fedeli osserveranno più perfettamente lo spirito del Vangelo, accogliendo in sé il rinnovamento illustrato e introdotto dal Concilio Ecumenico Vaticano II: "I cristiani, ricordando le parole del Signore: "da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con sempre maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo... Il Padre vuole che noi riconosciamo ed efficacemente amiamo in tutti gli uomini Cristo fratello, tanto con la parola che con l'azione" (Cost. past. Gaudium et spes, 93).
Il Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si possono sperare, nell'Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della "Divina Misericordia", in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS.mo Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate. Inoltre i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare; gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità, potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia, se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci, informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare disposizione della Chiesa, si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" (Mt 5, 7), nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda concessione generale dell"'Enchiridion Indulgentiarum".
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
LUIGI DE MAGISTRIS
Arcivescovo tit. di Nova
Pro-Penitenziere Maggiore
GIANFRANCO GIROTTI, O. F. M. Conv.
Reggente
SIGNIFICATO DELLA DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Potremo meditare a lungo sul senso, sui testi e sulla collocazione liturgica di questa che non è una nuova festa istituita ma semplicemente una «denominazione» di quella domenica che è la prima a continuare il percorso delle «pasque settimanali». Guai a cambiare la liturgia della parola perché sono proprio le letture che manifestano i contenuti già esistenti e misteriosamente offerti da Gesù stesso nella rivelazione privata e confermati dal processo di riforma del Vaticano Secondo. Testi nuovi per la liturgia di una festa nuova non potrebbero senz'altro essere più forti; ci si accorge che c'è un incrocio misterioso guidato dallo Spirito Santo, che offre anche, a partire dai testi intoccabili della Seconda di Pasqua, elementi ricchissimi sul piano della riflessione e dell'annuncio del più centrale dei misteri di un Dio che viene incontro al mondo sempre miserabile: quello appunto della sua Misericordia. È il segreto interpretativo appunto del Mistero pasquale come attuazione costante della Misericordia Trinitaria.
Si inserisca sempre tutto il discorso entro il Mistero pasquale. Giovanni Paolo II lo fa costantemente. Già nell'indizione del Giubileo della Redenzione (6-1-1983) aveva scritto che «dal momento della sua elezione i suoi sentimenti e i suoi pensieri sono stati sempre più diretti a Cristo Redentore, al suo Mistero pasquale, vertice della Rivelazione divina ed attuazione suprema della Misericordia di Dio verso gli uomini di ogni tempo».
Nell'Enciclica Dives in Misericordia si legge: «Il Mistero pasquale è il vertice di questa rivelazione ed attuazione della misericordia (n.7). La risurrezione è il segno che corona l'intera rivelazione dell'amore misericordioso nel mondo soggetto al male (n.8).
Il cardinal Fiorenzo Angelini, celebrando la Festa in S. Pietro nel 1999 decisamente diceva: «L'odierna liturgia della Domenica in Albis che chiude la solenne Ottava di Pasqua ci propone letture bibliche quanto mai pertinenti alla festa della Divina Misericordia... La collocazione nella prima domenica dopo Pasqua conferma lo stretto legame che esiste tra il Mistero pasquale della Redenzione e questa Festa dedicata a far scoprire e comprendere nell'aspetto della Misericordia tutto il mistero della Redenzione». Qui citava anche il Diario di suor Faustina dove essa annotava: «Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia voluta e richiesta dal Signore».
Il decreto del 5 maggio 2000 della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti, definendo la IIa di Pasqua come Domenica della Divina Misericordia, invita ad accogliere la misericordia di Dio nel suo Tempio e afferma: «Nella nostra epoca, i cristiani, provenienti da numerosi paesi del mondo, desiderano innalzare questa misericordia nel culto divino: specialmente nella celebrazione del Mistero pasquale, nel quale risplende soprattutto la bontà di Dio verso tutti gli uomini».
Ed il grande studioso e profeta Edouard Glotin, ancora nel 1990 diceva e scriveva con sicurezza che la festa voluta da Gesù attraverso suor Faustina finirà con l'estendersi a tutta la Chiesa e di questo non potranno che rallegrarsi teologi e pastori.
Poi testualmente: «Presentando il Cuore misericordioso di Gesù come la sintesi del «mistero pasquale», le cui celebrazioni si concluderanno con la venerazione della sua immagine, grazie a questa ispirata iniziativa il mistero di questo Cuore - come dice Giovanni Paolo II diviene in un certo senso il punto centrale della rivelazione dell'amore misericordioso del Padre». «Naturalmente in questo ottavo giorno della Pasqua cristiana, continuerà ad esser letto il Vangelo che vede Cristo mostrare due volte agli undici la Piaga del costato, scena che rinvia immediatamente alla pericope della trafittura del Messia (Gv 19, 31-37).
Allora sarà chiaro che il Cuore trafitto di Gesù è il grande segno storico dell'amore misericordioso della Trinità per gli uomini peccatori, donato da Dio agli uomini nell'istante stesso - quello che i teologi definiscono kairòs - dell'evento redentore. Sarà più facile sottrarre il Cuore di Gesù alla sfera del devozionalismo per conferirgli nella catechesi cristiana lo stato di «polo kerigmatico», cioè di ricapitolazione dell'economia trinitaria dell'incarnazione redentrice sotto il segno dell'amore e del dono».
Così affermava Glotin ad Assisi durante il convegno nazionale dell'Apostolato della Preghiera, in occasione del terzo centenario della morte di S. Margherita Maria Alacoque. Illustrava anche in maniera esatta la posizione liturgica della solennità del S. Cuore nell'alveo della «redamatio» e della «reparatio».
Si comprenda fino in fondo che in questa Ottava ci si sofferma a riflettere e quasi a digerire l'esplosivo impatto dell'eventomistero della risurrezione di Gesù.
Mons. Enzo Lodi, liturgista di fama ma anche pastore aperto ai segni dei tempi, dopo aver fugato il timore di chi vede in questa domenica così definita quasi una smentita dello spirito della riforma liturgica, afferma decisamente: «Bisogna riconoscere che finalmente si celebra la Divina Misericordia nella domenica in cui il Vangelo della Messa (Gv 20, 19-23) ci presenta due realtà centrali della nostra fede.
La prima è quella espressa dal testo fondamentale che promulga il sacramento della penitenza, oggi così mal compreso e celebrato, che così potrebbe ritrovare il suo rilievo biblico.
La seconda realtà è la manifestazione del costato aperto dello stesso Risorto (v. 27: «metti la mano nel mio costato e non essere più incredulo ma credente»), che altrove lo stesso evangelista ci indica come un mistero sacramentale di fede (Gv 19, 34), perché da esso scaturiscono il sangue (l'Eucaristia) e l'acqua (il battesimo), che sono il «simbolo dei sacramenti della chiesa» (cfr. prefazio della festa del S. Cuore di Gesù).
Mi pare che queste ragioni siano sufficienti per fugare ogni dubbio: la riforma liturgica è così completata, perché la chiesa è guidata dallo Spirito «verso tutta la verità» (Gv 16, 13).
Un testo del card. Ratzinger (cfr. Fede cristiana ieri e oggi, 1969) è qui significativo: «Per Giovanni, l'immagine del costato trafitto è il punto culminante non solo della croce, ma di tutta la storia di Gesù. Ora, dopo il colpo della lancia..., la sua esistenza è completamente aperta; in quel preciso momento egli è completamente «per»; non è più isolato, ma l'Adamo da cui viene tratta Eva, una nuova umanità...
Colui che è tutto aperto, e che realizza l'essere come radicale accoglienza e comunicazione, manifesta così quello che e sempre stato in profondità, e cioè la sua condizione di figlio».
LA PREZIOSA ICONA DELLA DIVINA MISERICORDIA
L'icona non ha precedenti nell'arte cristiana ed è dovuta esclusivamente ad un'invenzione di Gesù stesso quando apparendo a suor Faustina il 22 febbraio del 1931 le diede un ordine: "Dipingi una immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te. Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero" (Diario, p. 26).
Gesù proponeva in questa immagine un codice di decifrazione biblica accanto ad un flusso di grazie sull'onda di uj vero culto che doveva ben presto entrare nella liturgia stessa della Chiesa. Vertice di questo culto è la Festa della Misericordia da celebrarsi ogni anno nella domenica in Albis. E qui c'è un ordine parallelo: "Desidero che questa immagine venga esposta al pubblico la prima domenica dopo Pasqua.
Tale domenica è la festa della Divina Misericordia" (Diario, p. 46).
L'icona va biblicamente capita entro il contesto della teologia giovannea, soprattutto in riferimento al vertice che è la "Pentecoste giovannea": dalla trafittura del costato, all'ora nona del Venerdì Santo, alla sera del primo giorno (Pasqua) e poi otto giorni dopo nello stesso cenacolo (oggi Festa della Misericordia): Effusione dello Spirito, nascita della Chiesa e dei sacramenti, apertura della porte del Paradiso, il grande mistero del sangue e dell'acqua come garanzia della vittoria finale in tutti i tempi. Massima rivelazione e autocomunicazione trinitaria: il Cuore del Padre si apre e, come in un unico dono con due irradiazioni, ci dona il Sangue del Figlio e l'Acqua dello Spirito.
Ecco perché l'icona è meglio definirla "della Divina Misericordia", come dono e manifestazione di tutta la Trinità Misericordiosa.
L'immagine è inoltre d'importanza fondamentale per la comprensione e la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, perché rappresenta Gesù nell'atto d'istituire questo sacramento pasquale.
Il Cristo crocifisso, che all'ora nona, dal suo costato aveva fatto scaturire le acque vive dello Spirito, ora come Risorto le canalizza in tutto il mondo e per tutti i tempi entro una divina irradiazione luminosa che si diparte dal cuore trafitto: lo spirito di grazia e di consolazione del profeta Zaccaria.
E quanto costa quest'acqua viva della Pentecoste? Nientemeno che il preziosissimo Sangue del Figlio di Dio. "O Sangue ed Acqua che scaturisci dal cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in Te". E intanto il Signore si fa raffigurare mentre sta alitando lo Spirito (Ruah della nuova creazione) e mentre sta istituendo il Sacramento della continua rivivificazione "Mio Signore e mio Dio". Il "Confido in Te" suggerito da Gesù stesso sotto la sua icona propone drasticamente un totale e definitivo affidamento.
AMORE E MISERICORDIA
Provvidenzialmente, all'opposto di quel che è capitato al termine amore, usato e abusato dal mondo, misericordia è un termine che non va di moda nel linguaggio profano. Sapete perché? Perché è il vero amore, quello che è soltanto di Cristo, l'amore difficile, l'amore sacrificale. È un amore «sino alla fine».
Misericordia comprende due parole: miseria e cuore. La miseria è nostra, il cuore è quello di Dio. È stato il cuore ardente d'amore di Dio che si è assunto la nostra miseria. Ecco la dimostrazione più forte dell'amore: Dio manifestato in Cristo sofferente, il figlio dell'uomo che passa attraverso la nostra miseria, la soffre e vi muore dentro per redimerla. «L'amore è il fiore, la misericordia è il frutto» - diceva suor Maria Faustina Kowalska. La misericordia è l'amore dimostrato, incarnato, crocifisso.
Dobbiamo fissare i nostri occhi sul Gesù della misericordia, il Gesù dal cuore trafitto. È l'immagine del Padre misericordioso. È l'immagine che ci richiamerà la sintesi della morale evangelica: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6, 36).
C'è un passo della Redemptor Hominis di Giovanni Paolo II che dice stupendamente: «Se Dio trattò da peccato colui che era assolutamente senza alcun peccato, lo fece per rivelare l'amore che è sempre più grande di tutto il creato, l'amore che è lui stesso, perché «Dio è amore». E soprattutto l'amore è più grande del peccato, della debolezza, della caducità del creato, più forte della morte. è l'amore sempre pronto a sollevare, a perdonare, sempre pronto ad andare incontro al figliol prodigo, sempre alla ricerca della rivelazione dei figli di Dio, che sono chiamati alla gloria futura. Questa rivelazione dell'amore viene anche definita misericordia e tale rivelazione dell'amore e della misericordia ha nella storia dell'uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo» (n. 9).
Tratto da: “Dives in Misericordia” – Prontuario per la domenica della Divina Misericordia – Don Renato Tisot- Trento 2007.