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PARTE II. - TESTIMONIANZE

LE TESTIMONIANZE SU TERESA NEUMANN

Le testimonianze su Teresa Neumann non mancano. Aven­do il suo caso (in particolare le stigmate e il digiuno) suscitato per decenni tutta una gamma di sentimenti e di emozioni di­versi e contrastanti, dall'interesse alla curiosità, dalla venera­zione all'incredulità, è importante riportare l'opinione su di lei di chi le fu vicino ed ebbe modo di seguire in prima persona la sua vita così eccezionale. Alcuni autorevoli pareri sono già stati riferiti nella prima parte di questo libro in occasione delle diverse descrizioni dei fatti. Vediamo ora alcune testimonianze più circostanziate, al­cune risalenti al tempo in cui i fenomeni di Teresa si manife­starono, altre più recenti, altre ancora successive alla morte della Neumann stessa.

 

Le testimonianze di padre Naber

Riportiamo per prime le testimonianze di padre Joseph Na­ber, il parroco di Konnersreuth che seguì Teresa dall'infanzia fino alla morte e con la sua grande fede, saggezza e prudenza fu per lei un padre spirituale e un amico insostituibile. Il primo documento di padre Naber è di particolare inte­resse perché risale al 4 maggio 1926, è indirizzato al vescovo di Ratisbona monsignor Antonius von Henle e costituisce la prima descrizione ufficiale e circostanziata dei fatti straordinari che avvenivano a Konnersreuth. Da parroco coscienzioso, pa­dre Naber riferisce ogni cosa al suo vescovo e gli chiede sugge­rimenti e consigli sul modo di guidare Teresa.

«Eccellenza! In questi ultimi anni qui a Konnersreuth sono avvenute co­se sorprendenti che riguardano la vergine Teresa Neumann. Ella è nata il 9 aprile 1898 ed è la maggiore dei dieci figli del sarto Ferdinand Neumann e di sua moglie Anna. Io la conosco dal 1909. È sempre stata una bambina devota, diligente, compren­siva ma anche serena. Nessuna traccia di bigottismo o cose del genere. Come prova della serietà e della devozione con cui ella partecipava alle funzioni già al tempo in cui frequentava la scuo­la, mi piace ricordare che aveva l'abitudine di trascrivere la do­menica pomeriggio quelle parti della predica e del Vangelo che le erano particolarmente piaciute; e che quando aveva quindici anni ed era a servizio da un contadino, essendo insidiata da un uomo, non esitò a rischiare la vita e si gettò dal fienile, da un'al­tezza di quattro metri. Nella primavera del 1918, mentre aiutava a spegnere un in­cendio, a quanto pare per uno sforzo eccessivo nel porgere un secchio d'acqua, si ferì alla colonna vertebrale. Avverti infatti alla schiena una sorta di cnic e da allora non fu più autonoma. In particolare nell'autunno di quell'anno si presentarono cram­Pi, paralisi e contrazioni muscolari dei tipi più diversi e più gra­vi. All'inizio del 1919 divenne completamente cieca. Il giorno della beatificazione di Teresa del Bambino Gesù, il 29 aprile 1923, recuperò improvvisamente la vista. Teresa Neumann ave­va conosciuto questa beata nel 1914 e l'aveva subito onorata e amata per la sua infantile semplicità. 

Le altre manifestazioni della malattia durarono fino al 17 maggio 1925, giorno della santificazione di Teresa. Quel giorno, poco dopo la funzione del pomeriggio, fui pregato di recarmi dalla malata. "Non sap­piamo che cos'ha", disse la sorella che era venuta a chiamarmi. Pensando che forse quel giorno santa Teresa volesse portare la malata con sé in cielo, presi la stola e l'olio santo per l'unzione degli infermi e andai. Non trovai però una morente. Teresa se ne stava là col viso trasfigurato, gli occhi aperti e fissi davanti a sé, le mani tese in avanti; con la testa annuiva come se stesse intrattenendosi nella maniera più affettuosa e piacevole con Qualcuno che fa dimenticare qualunque altra cosa. Improvvi­samente si mise da sola a sedere, cosa che evidentemente le pro­curò molto dolore. Lo stato di trasfigurazione durò ancora un poco, poi la malata comincio a piangere amaramente; infine si asciugò le lacrime e volle battere per terra il bastone per chia­mare i suoi. Allora io le chiesi dove fosse stata. Invece di ri­spondere alla mia domanda, Teresa dichiarò con sorprendente sicurezza che ora poteva alzarsi e camminare. Sua madre le guar­dò il piede sinistro che da tempo si era piegato e stava rattrap­pito sotto il destro: era tornato normale, come l'altro. La mala­ta si infilò il vestito, si alzò e appoggiandosi un poco - su mio suggerimento, dato che non potevo credere che dopo sei anni e mezzo di immobilità potesse di colpo camminare da sola - al padre e alla sorella passeggiò su e giù per la stanza. 

Le chiesi una seconda volta che cosa le fosse successo. Lei fece uscire tutti dalla stanza e mi raccontò quanto segue: io l'a­vevo espressamente invitata a raccontarmi tutto senza eccezio­ne, essendo io il suo confessore, promettendole che ne avrei fatto solo l'uso necessario. "Mentre dicevo il rosario e meditavo sul mistero dell'ascensione di Gesù al cielo, davanti ai miei occhi è apparsa una luce meravigliosa, incredibilmente bella e bene­fica agli occhi. Poi una voce ha cominciato a parlare, io da prin­cipio mi sono spaventata, ma dato che la voce mi parlava tanto amichevolmente e confidenzialmente, mi sono tranquillizzata. Ha detto: 'Resl, vuoi guarire?'. Io ho risposto: 'Tutto mi fa piacere se viene dal Signore, i miei fiori, i miei uccellini, anche un nuovo dolore, e la gioia più grande mi viene dal mio amato Salvatore'. La voce allora: 'Il Salvatore è lieto che tu sia così sottomessa. Per questo oggi avrai una piccola gioia; ora ti alze­rai e camminerai; però dovrai soffrire ancora molto e nessun medico potrà aiutarti. Non aver paura però, io ti ho già aiutata e continuerò anche in seguito ad aiutarti. Con le sofferenze puoi esercitare nel modo migliore la tua vocazione al sacrificio, puoi salvare le anime e sostenere i sacerdoti'. Allora ho avuto l'im­pressione che Qualcuno mi prendesse per la mano destra e mi sollevasse. Mi misi a sedere, però sentii un gran dolore al punto malato della colonna vertebrale. Mi rimisi ben presto giù, e poi dissi senza timore: 'Oh, io non ho pensato di potermi alzare. Preferirei però non offendere più il Salvatore, ma procurargli più gioia'. Al che la voce: 'Il Salvatore è contento di te; tu sei la sua cara figlia'. Io:' Oh, se potessi non offenderlo più!'. La voce: 'Tu non hai ancora addolorato gravemente il Salvatore; non è però merito tuo, bensì grazia di Dio'. Io:' Oh, io offen­do tanto il Salvatore, ogni giorno, ogni giorno! '.La voce: 'Que­sti piccoli errori non offendono il Salvatore, ed è un grande pro­gresso se si riconoscono i propri difetti e la propria debolezza; il Salvatore è contento di queste anime, sta volentieri con loro. Tu però devi rinunciare sempre più al tuo io'.

Poi la voce con­tinuò: 'Prova dunque, puoi alzarti'. Io ebbi di nuovo l'impres­sione che qualcuno mi prendesse per mano e mi sollevasse; mi sedetti, però sentii di nuovo un gran dolore alla colonna verte­brale. (Questo fu il secondo tentativo di mettersi a sedere, al quale assistetti anch'io; al primo non fui presente, non ero an­cora arrivato). Io dissi ora: 'Mi va bene tutto ciò che vuole il buon Dio, solo vorrei non offenderlo ma procurargli più gioia possibile. Non ho altro desiderio che quello di procurargli mol­ta gioia e far si che sempre più anime lo amino'. La voce: 'E appunto col dolore che le anime vengono salvate... L'ho già scrit­to un tempo: ‘Col dolore si salvano più anime che con le più brillanti prediche. Non temere nulla, soffri soltanto: se solo si riconoscesse il valore del dolore!'. Poi la luce scomparve e io mi sentii sola e misera perché era di nuovo così buio, e piansi". Le due vertebre che prima erano compresse e spostate late­ralmente e che facevano tanto male, erano ora nella loro posi­zione naturale. Da quel giorno non c e piu stata traccia di crampi e paralisi. Appoggiandosi a un bastone e a una persona, Teresa poteva camminare. Non però portar pesi come faceva un tem­po, ma questo deriva da debolezza generale. Per un anno, a causa di un ascesso alla testa, le è uscito sangue da entrambi gli occhi e dall'orecchio destro. Nel periodo di Natale del 1922 per do­dici giorni non ha potuto mangiare né bere nulla; da allora fino ad oggi non ha più potuto ingerire alcun cibo solido; l'unica co­sa che prende quotidianamente è una tazzina di liquido; non sopporta neppure il latte e il brodo di carne. Nei quindici gior­ni precedenti la Pasqua del 1925 non ha potuto di nuovo inge­rire nulla, neppure una goccia d'acqua; non per questo è dima­grita, anzi quando non ha dolori particolari appare fresca e vi­vace. Dorme pochissimo, solo verso mattina. Il 30 settembre 1925 - il 30 settembre è il giorno della morte di santa Teresa - verso le undici e mezzo, mentre Tere­sa recitava una litania in onore della santa, la luce meravigliosa si presentò nuovamente e la stessa voce amichevole che aveva parlato il 17 maggio disse: "E' giusto che tu sia grata. Il Signo­re ora vuole che dei tuoi dolori venga a mancare ciò che può dare nell'occhio. Tu potrai camminare senza aiuti. 

Però al po­sto di questo avrai altre sofferenze. Offrile per le anime tiepi­de! Non è giusto da parte tua mostrarti scontrosa con la gente e non rispondere alle lettere: tu dovresti incitare la gente ad aver fiducia in Dio!". Al che la Neumann : "Oh, io stessa non so se sono sulla retta via". La voce: "Segui in cieca obbedien­za il tuo confessore e confidagli ogni cosa! Rimani sempre in­fantilmente semplice!". Da quel momento la Neumann poté camminare senza aiuti. Il 7 novembre la Neumann dovette di nuovo mettersi a let­to. A partire dal 10 ebbe terribili dolori e divenne debolissima, al punto che non riusciva neppure a mettersi a sedere e ad apri­re gli occhi. Il 13 la situazione cominciò a peggiorare da un mi­nuto all'altro. Finalmente una maestra che era venuta a trovare la malata chiamò il medico (il dottor Otto Seidì di Waldsas­sen). Quando costui ebbe visitato accuratamente la malata, di­chiarò che quella sera stessa doveva essere portata all'ospedale di Waldsassen per essere operata di appendicite. Non si assu­meva nessuna responsabilità se l'operazione veniva rimandata al mattino successivo. I genitori allora mi fecero chiamare, nel­la speranza che sconsigliassi il ricovero in ospedale della mala­ta. Dopo aver parlato col medico, dissi ai genitori che nel suo consiglio dovevano vedere la voce di Dio e dovevano quindi per­mettere che la figlia venisse portata in ospedale. Il padre allora uscì per cercare un mezzo di trasporto, la madre si occupò in­vece del letto e della biancheria. La malata però voleva vicino il parroco. Prima aveva detto in mia presenza al medico: "Sa­pete, se lo chiedessi alla piccola santa, lei potrebbe aiutarmi an­che senza bisogno di tagliare". E il medico aveva risposto: "Sì, pensi proprio che santa Teresa stia sempre a fare miracoli per te?". A me Teresa disse che si faceva operare volentieri, per lei andava tutto bene quello che Dio voleva, solo le dispiaceva per la madre che si lamentava e piangeva così amaramente.

Non si poteva pregare santa Teresa di farla guarire senza operazio­ne, se il Signore era d'accordo? Io dissi di sì, e lei fece posare sulla parte malata una reliquia della santa; io invitai i presenti a pregare santa Teresa. Ora la malata ebbe dolori terribili, si contorceva come un verme. Di colpo però si drizzò un poco, aprì gli occhi, assunse un'espressione trasfigurata, alzò le mani e disse tre volte: "Si", poi si drizzò del tutto e premette con le mani il punto malato chiedendo: "Davvero?" Io, che durante tutto questo processo ero stato sempre davanti a lei, chiesi: "Resl, forse che santa Teresa è tornata e ti ha aiutato?". "Sì, è stata qui e ha detto che non c e piu bisogno che mi faccia tagliare; ora devo andare in chiesa a ringraziare Dio. Mamma, portami un vestito". Poi la malata si vestì, io feci aprire la chiesa (erano circa le sette di sera) ed entrammo - eravamo circa dieci - per ringraziare santa Teresa davanti alla sua immagine. Soltanto la malata ringra­ziò prima di tutto il Salvatore nel tabernacolo: senza bisogno di alcun aiuto si inchinò per due volte fino a terra. La feb­bre e i dolori erano spariti di colpo. Durante la notte il pus fu eliminato per via naturale, la mattina dopo la Neumann venne in chiesa per ricevere la santa comunione e a mezzogior­no andammo dal medico a Waldsassen. Dopo circa otto giorni la Neumann aveva ancora sulle labbra le croste della febbre. La stessa luce e la stessa voce si erano presentate di nuovo, e questa volta anche una mano. La voce aveva detto: "La tua piena sottomissione e la tua disponibilità a soffrire ci rallegra­no. E poiché il mondo sappia che qui accade qualche cosa di straordinario, ti è concesso di guarire senza essere operata. Al­zati e va' subito in chiesa a ringraziare Dio. Ma che sia subito, subito! Però dovrai soffrire ancora molto per cooperare alla sal­vezza delle anime. Dovrai rinunciare sempre di più al tuo io e restare sempre così candidamente innocente". Un martedì di quaresima del 1926 la Neumann dovette nuo­vamente mettersi a letto. Gli occhi ricominciarono dopo qual­che tempo a sanguinare e la sua situazione divenne sempre peg­giore. Quando il venerdì santo andai a trovarla dopo pranzo, la trovai morente: gli occhi erano pieni di sangue e il sangue le scorreva sulle guance. Soffriva evidentemente non soltanto di dolori fisici, ma anche morali.

Andai a prendere l'olio santo, perché temevo una fine improvvisa; però non mi decisi a far nulla pensando che alle tre, ora della morte del Salvatore, pote­va succedere un cambiamento. E in effetti alle tre le sofferenze mortali cessarono. Il gior­no dopo dal suo orecchio destro uscì sangue e pus, nella notte fra sabato santo e domenica la malata dormi benissimo e sem­brò rinata a nuova vita. Però sulla parte superiore delle mani e dei piedi aveva ora ferite aperte, rotonde, non infiammate, pulite, da cui sgorgava sangue puro; sul cuore aveva una ferita dello stesso tipo, però di forma allungata. La ferita sul cuore era apparsa improvvisamente già tre o quattro settimane prima di Pasqua, mentre Teresa contemplava il Salvatore nell'orto degli ulivi, quella sulla mano sinistra era apparsa il venerdì, le altre il venerdì santo. Quel giorno la malata aveva visto svolgersi da­vanti ai propri occhi il martirio di Cristo dall'orto degli ulivi fino al monte Calvario, in sequenza naturale, e aveva sofferto insieme al Salvatore provando anche il senso dell'abbandono di Dio. Alcuni giorni dopo Pasqua venne il medico dottor Seidì e visitò le ferite. In precedenza si era già tentato di curarle con rimedi casalinghi, però la malata non era riuscita a sopportarli. Anche l'unguento prescritto dal medico fu messo due volte, ma non fece bene. Io allora ordinai alla malata di mettere ancora una volta l'unguento prescritto dal medico, per non sentirci rim­proverare di non aver usato a sufficienza i rimedi naturali.

La conseguenza furono forti dolori e gonfiore alle mani, ai piedi e al fianco. Dopo circa dieci ore io permisi, nonostante le insi­stenze del padre e della madre, di togliere l'unguento, e subito la situazione tornò quella di prima. Il 16 aprile venne il medico e fasciò personalmente le ferite; anche questa volta si presenta­no ben presto gonfiori e dolore. Io consento alla malata di fare quello che ritiene meglio. Le fasciature fatte dal medico furono tolte e sostituite con pezzuole di lino. Le ferite continuano a sanguinare, ma il dolore diminuisce. La Neumann è in grande imbarazzo per la prescrizione medica e si rivolge per consiglio a santa Teresa. Poco dopo aver invocato la santa, si accorge che le bende sulle ferite si allentano. Poi le ferite smettono di san­guinare e si asciugano. Da sabato 17 aprile a giovedì 22 aprile, le ferite restarono chiuse. Quel giorno alle dieci di sera la mala­ta stava ancora leggendo. Ed ecco che si ripresentarono davan­ti ai suoi occhi le visioni del venerdì santo ed ella soffri come allora insieme al Salvatore, anche se non nella maniera terribile della prima volta. Occhi, cuore, mani e piedi ricominciarono a sanguinare. Venerdì era pallida e debole. Sabato era di nuovo come giovedì, le ferite erano tutte chiuse. Venerdì 30 aprile la stessa cosa si ripeté. Ora le ferite sono di nuovo chiuse. Questi, Eccellenza, sono i "fatti straordinari di Konners­reuth". Della maggior parte io stesso sono stato testimone ocu­lare, gli altri mi sono stati narrati da altri testimoni oculari de­gni di fede, per lo più dalla malata stessa. Costei è, per dirla in poche parole, una grande bambina, nel senso migliore della parola, nel senso del Salvatore e di santa Teresa del Bambino Gesù, una natura simile a quella di san Francesco d'Assisi. Di recente un sacerdote molto devoto che era stato a lungo con l'ammalata mi ha detto: "Sua Eccellenza si rallegrerebbe di que­sta ragazza così semplice, naturale, disinvolta, innocente". A inganno, isteria, autosuggestione o simili potrà pensare soltan­to chi non conosce la malata

. Per citare soltanto un fatto che parla decisamente contro l'ipotesi dell'autosuggestione, che pre­sumibilmente sarà tirata spesso in ballo: sabato scorso, alla pre­senza del professor Scherer di Passau, le ho chiesto che cosa era successo giovedì prima dell'inizio delle sanguinazioni. Se­renamente - il professor Scherer non finiva di stupirsi - lei ha raccontato: "Fino alle dieci e mezzo è stato qui un uomo - di più non volle dire: io so che è un uomo molto diligente, molto buono, un grande amico della natura, che attraverso certe letture è tor­nato alla fede. Non si è confessato per venticinque anni, ora prega la Neumann di aiutarlo a cercare Dio - abbiamo parlato di cose religiose ma anche dei pesciolini dorati che mi porterà perché pensa che mi facciano piacere. Alle undici sono andati via anche i miei, io ho detto le preghiere della sera e sono rima­sta sdraiata tranquilla; mi è tornato alla mente quell'uomo con i suoi problemi spirituali e poi i pesciolini. All'improvviso si èpresentato il dolore e contemporaneamente mi sono vista da­vanti agli occhi l'immagine del Salvatore nell'orto degli ulivi, e il cuore, gli occhi, le mani e i piedi hanno cominciato a san­guinare". Vorrei anche notare che la Neumann obbedisce senza di­scutere e il suo maggior desiderio sarebbe di esser sola con Dio. "Il dolore più forte mi sarebbe più gradito di tutte queste visi­te, questo dovermi lasciar guardare", mi ha detto. Tutto ciò e una faccenda delicata, che supera le mie mode­ste capacità. Per questo prego Sua Eccellenza di volermi stare a fianco col suo saggio e paterno consiglio: noi faremo ogni sforzo per seguirlo. Con profonda reverenza.

J. NABER, parroco ».

Il vescovo rispose il 6 maggio, consigliando al parroco di es­sere sempre estremamente prudente nel parlare del caso in pub­blico, di impedire ai curiosi di avvicinare Teresa, di ricorrere al medico dottor Seidì per eventuali diagnosi di certi fenomeni della Neumann. La breve lettera si concludeva con rinnovato invito al parroco alla massima prudenza, a ricordare sempre le parole di Giovanni 4,1: «Provate gli spiriti, se sono da Dio», e con la sollecitazione a inviare un altro rapporto dopo otto set­timane, se nel frattempo non fossero successe cose particolari. Il vescovo esprimeva inoltre qualche perplessità sul fatto che la «voce » avesse chiamato la malata « Resl », in modo molto confidenziale. « Il Cielo », scriveva il prelato, « non conosce im­perfezioni, e quindi non storpia i nomi ». Il pastore Naber inviò un secondo rapporto al vescovo il 4 agosto 1926. Eccolo: « Eccellenza! Dall'inizio di maggio e dal rapporto che feci allora sono suc­cesse le seguenti cose. Venerdì 7 maggio è uscito ancora sangue da tutte le ferite, alle mani, ai piedi e al fianco. Venerdì 14 maggio è uscito sangue soltanto dalla ferita al cuore; dal 21 maggio ogni venerdì si presenta più o meno allo stesso modo. Nella notte fra giovedì e venerdì la malata improv­visamente, anche se è occupata in tutt'altre cose e senza desi­derarlo, si vede trasportata nell'orto degli ulivi; vede per tre volte il Salvatore che ha paura della morte e comincia a soffrire con lui fisicamente e moralmente; gli occhi le si riempiono di sangue che scorre poi a rivoletti sulle guance; la ferita al cuore si apre e il sangue che ne sgorga inzuppa l'abito; le ferite alle mani e ai piedi, che al giovedì erano coperte da una crosta, ap­paiono ora fresche, senza però che ne sgorghi sangue; al matti­no la Neumann vede la flagellazione e l'incoronazione con le spine e soffre insieme al Signore; durante la mattinata vede il Salvatore percorrere la via della croce; nel primo pomeriggio vede la crocifissione; il suo viso assume allora l'espressione più dolorosa, lotta con le mani, ha la lingua e le labbra riarse, e in­fine si abbandona come morta quando il Salvatore spira. Sol­tanto tre volte, il venerdì santo e un venerdì in cui ricorreva la festa del Cuore di Gesù, ha visto anche trafiggere Gesù al cuore; qualche volta, per esempio la festa del Cuore di Gesù, il Salvatore le ha gettato dalla croce uno sguardo amoroso. Que­sta visione della passione avviene a episodi separati, mentre la Neumann è insensibile a ciò che la circonda e non reagisce ai richiami. Negli intervalli è debolissima, ma in sé, avverte gran­di dolori ed è in grado di parlare con me, ma soltanto con rife­rimento a Cristo. Durante la crocifissione soffre anche per l'ab­bandono di Gesù, verso sera è tormentata da violente tentazio­ni demoniache. Sebbene abitualmente dorma molto poco, nel­la notte fra venerdì e sabato riesce a dormire bene; il sabato si alza ben riposata, si lava, si cambia e torna allo stato in cui era il giovedì. Dal 17 maggio, anniversario della beatificazione di santa Te­resa del Bambino Gesù, la Neumann può di nuovo lasciare il letto e la stanza e andare in chiesa. Quel giorno io ero in visita da lei e parlavamo dell'abito variopinto del maggio e del car­dellino che aveva sopra alletto - Teresa gioisce in modo in­fantile della natura - ecco che fu improvvisamente trasporta­ta altrove; rimase ad occhi spalancati, le mani tese verso Qual­cuno, espressione trasfigurata, attenta e concentrata; per tre o quattro volte disse chiaramente di sì. Quando questo stato ec­cezionale fu terminato mi raccontò: come un lampo le era ap­parsa la luce meravigliosa osservata già altre volte e la stessa voce amichevole le aveva detto che non doveva infastidirsi per le persone che andavano a trovarla, oggi avrebbe avuto un sol­lievo, però le sofferenze sarebbero state ancora pesanti. "Te l'ho detto già altre volte: non devi temere nulla, resta sempre umile e non perdere il tuo animo infantile!". Allora la malata chiese che tipo di sollievo avrebbe avuto, dato che fisicamente non ne avvertiva alcuno. Io risposi d'istinto: "Forse potrai cam­minare"; quindi andai a casa. Quando me ne fui andato, la ma­lata si alzò e rendendosi conto che poteva camminare si vestì e andò in chiesa e in parrocchia. Aveva provato a camminare poco dopo la mia visita; da tredici settimane non si alzava dal letto e da tre anni e mezzo non inghiottiva alcun cibo solido, ma soltanto ogni giorno una tazza di tè o caffè o di bevanda al lampone. Quanto alle visite alla Neumann, già il 15 aprile di quest'an­no attraverso la stampa ho pregato caldamente di non venire a trovare la malata, perché è molto debole, bisognosa di riposo e desiderosa di solitudine. Le visite si sono ridotte sempre più e il numero dei curiosi è alquanto diminuito. Dopo che Sua Ec­cellenza, in occasione della cresima a Waldsassen, ha espresso il desiderio che la Neumann non accetti più visite di estranei - noi abbiamo cercato di render noto questo desiderio anche attraverso i giornali - la Neumann non accoglie più estranei. Quante volte aveva espresso il desiderio di sopportare piutto­sto dolori più grandi che essere costretta a farsi vedere; quante volte prima del 17 maggio avrebbe voluto lasciare il letto per essere in grado di evitare da sola la gente! La Neumann non vuol far niente di sua iniziativa; io la conosco da diciassette an­ni, essa era forse la ragazzina più semplice della parrocchia, estre­mamente laboriosa e di solidissima devozione, senza fanatismi e smancerie, vivace, serena e servizievole. Anche ora, nonostante tutte le cose insolite di cui è protagonista, è eccezionalmente critica: ci sono pervenuti molti scritti su Caterina Emmerich e Columba Schonath, e la Neumann , che evidentemente ha sa­puto che trattano difatti eccezionali, ha dichiarato che li leg­gerà solo se le verrà ordinato. Anche le stigmate non le piaccio­no, perché non sembrano adattarsi alla via semplice che vor­rebbe seguire come santa Teresa del Bambino Gesù. Le ferite alle mani le tiene sempre coperte e le mostra solo su richiesta. Spesso la gente mi dice: "Se Dio opera qualcosa di straordina­rio, vuole anche che sia conosciuto e osservato"; e io devo sem­pre ripetere alla gente: “Non fermatevi ad ammirare le cose straordinarie, che in questa ragazza sono certamente soltanto un mezzo attraverso il quale Dio vuole additare al mondo ottu­so e cieco la fiducia in Dio, la capacità di soffrire e l'animo infantile di questa ragazza, della quale dobbiamo imitare le virtù”. Quando riceve visite, lo scopo principale della Neumann, potrei anzi dire l'unico scopo, è influire sulle persone dal punto di vista religioso. Con quanto garbo lo fa per esempio capire alle signore vestite in modo non conveniente! Posso ben dire che chi non ha visto, non può avere un'idea del buon influsso che questa semplice ragazza esercita sull'ambiente circostante! Negli occhi di quanti uomini ho visto le lacrime! Non vengono soltanto persone semplici, donne e cattolici, sono venuti già no­bili, professori universitari, alti prelati, impiegati, medici, in­segnanti, protestanti ed ebrei. E credo che ben pochi non siano rimasti toccati e commossi. In questi ultimi tempi ho letto pa­recchi articoli di docenti universitari che sono stati qui e scri­vono solo lodi della Neumann. Non scrivo questo per vanità - questa è una cosa che si disimpara stando vicino a questa ragazza - ma perché mi rammarico del fatto che da parte di qualcuno, anche in ambiente ecclesiastico, venga espresso un giudizio avventato sui fatti di Konnersreuth, senza che ci si dia la pena di analizzare a fondo le cose e valutare con giustizia. Anch'io ero molto critico nei confronti di queste cose finché non le ho vissute personalmente, fatti di cui il sapere scolastico non può fornire alcuna idea chiara. So bene che la Chiesa è molto prudente nei confronti di tali eventi, penso a padre Pio, e per questo sono riservato e prudente e non ho mai parlato né scrit­to di miracoli, stigmatizzazione o estasi. La Neumann ripete che vorremmo essere lasciati in pace, noi non abbiamo chiesto nulla, né miracoli né canonizzazioni, noi vogliamo soltanto vi­vere nel silenzio e nel nascondimento secondo lo spirito di san­ta Teresa del Bambino Gesù. Ho spesso avuto occasione di di­re quando si parlava di inchiesta ecclesiastica: Che cosa si vuo­le inquisire? Si può cercare di scoprire se c'è inganno: e questo è da escludere; o se le affermazioni del parroco si basano sulla verità: e i testimoni non mancano di certo; si può indagare sul­la vita della Neumann prima di questi fatti: non si troverà nes­suno in parrocchia che faccia critiche; si può infine indagare sul carattere dei fatti, se cioè siano naturali o soprannaturali: una simile indagine non darà certo risultati; a mio giudizio, in questo caso, naturale e soprannaturale sono così strettamente intrecciati che non è possibile porre dei confini e dei limiti. Inol­tre la scienza, che la Chiesa certamente chiamerà in causa per poter dare una valutazione, potrà soltanto constatare i fenome­ni che si sono realmente verificati, ma non potrà trarre alcuna conclusione certa sul carattere di queste manifestazioni. Ho avu­to modo di constatarlo anche quest'ultimo giovedì e venerdì, dato che casualmente erano presenti un docente universitario, un professore di scuola superiore e il medico curante. Personalmente riterrei quindi giusto procedere come segue: se dovesse emergere, o minacciare di emergere, qualcosa con­tro l'insegnamento o il costume ecclesiastico, l'autorità eccle­siastica deve intervenire; se qualcosa dovesse mettere in peri­colo la tranquillità e l'ordine pubblico, la polizia deve tentare di impedirlo; fintanto che però questi casi non si verificano, si lasci che le cose vadano come devono andare; chi ritiene che si tratti difatti miracolosi, si tenga la sua convinzione, chi non è di questo parere non deve per questo essere preso per eretico. Affermare che non si tratta difatti soprannaturali potrebbe pro­vocare più turbamento che tranquillità. Deploro profondamente che tanti scrivano su questo caso senza averne la competenza. Io stesso ho affidato alle stampe soltanto pochi articoli con riferimento ai visitatori e alle men­zogne, soppesando ogni parola... Per quanto io voglia essere riservato e prudente, voglio as­solutamente evitare il ruolo di Caifa e dei sacerdoti giudei, che - come si legge nelle vite dei santi - sono a volte stati imitati nel loro cieco zelo dai sacerdoti cattolici nei confronti di perso­ne elette da Dio. Io non vorrei intralciare la via del Signore, che tanto spesso ha scelto come strumento la debolezza per umi­liare la forza; in ultima analisi, anche la voce che ha parlato a questa ragazza ha detto che ella deve collaborare alla salvezza delle anime sostenendo i sacerdoti. Sarei grato di una indicazione precisa con riferimento ai vi­sitatori che vogliono andare dalla Neumann passando attraver­so la parrocchia. La Neumann stessa non riceve più estranei. Si tratta quasi esclusivamente di persone che fanno un'ottima impressione. Quanto all'appellativo "Resl", ho chiesto alla Neumann. Ella spiega in questo modo: quando apparve la luce meraviglio­sa, lei si spaventò molto e cominciò a gridare; nel suo spavento aveva sentito pronunciare da una voce cordiale e amichevole il suo abituale appellativo "Resl" e si era molto tranquillizza­ta; in seguito la voce aveva parlato in tedesco corretto. L'ap­pellativo "Resl" in questa zona non è considerato ingenuo, è il modo di esprimersi della gente semplice. Quando di recente a un convegno di ecclesiastici ho citato questa circostanza, molti si sono stupiti; uno dei presenti ha però ricordato Lourdes, do­ve la Madre di Dio ha parlato in dialetto a Bernadette. Con profonda deferenza,

J. NABER, parroco ».

L'11 settembre del 1926 padre Naber scrisse di nuovo al vescovo, rispondendo a una sua lettera, di cui non siamo in pos­sesso, contenente l'invito a prendere in considerazione l'idea di far stabilire per un certo tempo Teresa Neumann in un luo­go appartato, dove i visitatori non potessero raggiungerla. Il pro­getto non andò poi in porto e il problema dei visitatori rimase tale per tutta la vita della stigmatizzata di Konnersreuth; come abbiamo visto nella prima parte di questo libro, ad esso fu po­sto rimedio in seguito con la disposizione, da parte del vesco­vo, che quanti volevano assistere alle visioni settimanali della passione dovevano chiedere un permesso scritto al vescovado. Anche questa lettera esprime molto bene l'atteggiamento prudente, ma franco e sicuro di padre Naber nei confronti del­la sua parrocchiana e dei fatti eccezionali di cui ella era prota­gonista. « Eccellenza! Prima di tutto vorrei molto umilmente scusarmi di rispon­dere soltanto ora alla lettera di Sua Eccellenza del 7 agosto. Mi sono sempre guardato intorno in cerca di una possibilità di se­guire il suggerimento di Sua Eccellenza e di sistemare Teresa Neumann in un posticino tranquillo. La Neumann sarebbe d'ac­cordo per obbedienza, per quanto doloroso le sia il pensiero di lasciare la casa dei genitori. Il problema dei costi non è partico­larmente determinante. Ma i genitori, che sono persone sem­plici e oneste e non desiderano intromissioni con riferimento alla loro figliola, sono contrari. Non riescono a capire come mai debbano far uscire di casa la loro figlia, che dal 1918 hanno cu­rato amorosamente durante la lunga malattia, ora che sta me­glio: la Neumann infatti va da sola in chiesa e fa anche qualche lavoretto. Essi si assumono il carico delle visite per amore di lei, pensando che ne possa derivare un bene. Per quello che mi riguarda, ringrazio Sua Eccellenza per la preoccupazione paterna per la mia salute. Ho qualche disturbo già da molti anni, ma cos'è questo nei confronti delle enormi pene espiatorie che constato continuamente presso la Neumann ? Non vale proprio la pena di parlarne. Peraltro quest'anno sto meglio dell'anno scorso. Inoltre da alcuni anni ho a fianco un bravo e zelante cappellano. Anch'io cerco di arginare in tutti i modi le visite alla Neumann e spero che in autunno e inverno diminuiranno in misura considerevole. Come un balsamo su una ferita dolorosa mi è giunta la noti­zia che il mio rapporto all'Ordinariato ha molto tranquillizzato Sua Eccellenza. Nulla può essere più gradito a un sacerdote, che vede nel vescovo il rappresentante del suo divino Maestro e della santa Chiesa, che sapere di agire all'unisono con lui. Per amore di questo accordo, io sono pronto a qualunque sacrifi­cio. E lo stesso dicasi per Teresa Neumann. Per lei il sacrificio è ormai una professione. E sembra esercitarla bene, perché Dio è evidentemente al suo fianco. In particolare dal 6 agosto, quan­do ha avuto la visione della trasfigurazione di Cristo, il mondo le è diventato ancora più estraneo. Posso dire che ora piange lacrime di compassione e di gioia in ricordo del Salvatore soffe­rente e trasfigurato... La Neumann ha rinunciato già da tre anni e mezzo al cibo solido. E tuttavia è tranquillissima, serena e naturale. Un bio­logo, che è stato qui per cinque giorni e ha osservato non certo superficialmente, ha affermato: " Tutto così naturale e tutta­via non spiegabile in termini naturali! ". Continuamente sento poi dire dagli scienziati: "Non sono ferite mediche, per la scienza è un enigma". Io non posso far altro che ripetere quello che ho detto e scrit­to fin dall'inizio: "Di isteria, autosuggestione e simili non può certamente parlare chi conosce la ragazza". Tutte le persone colte che hanno conosciuto più da vicino la ragazza non posso­no che confermare queste parole. Devo confessare a Sua Eccellenza: quando mi riempio la testa di discorsi scientifici, e poi vedo questa fanciulla così semplice, naturale, pura come un angelo, che ama tanto il Sal­vatore e opera con tanto zelo per la salvezza delle anime, pron­ta a farsi piuttosto tagliare mani e piedi che a dire la più pic­cola menzogna, ho quasi disgusto della scienza e istintivamen­te ripenso alle parole del Signore: "Padre, ti rendo grazie di averlo nascosto ai saggi e ai furbi, ma di averlo rivelato ai semplici Teresa Neumann, i suoi genitori e io abbiamo soltanto un desiderio, che il mondo non si occupi più di noi, e se ne occupi un poco soltanto il Signore in cielo. Con profonda venerazione,

JOSEPH NABER, parroco »

Facciamo un salto di alcuni anni e arriviamo al 1938. Sulla rivista Schdnere Zukunfr (Futuro migliore) di Vienna appare un articolo critico e addirittura denigratorio su Teresa Neumann: sono gli anni forti del nazismo, è di moda tentare di distrugge­re ciò che ha a che fare con religione e misticismo. Padre Naber, di solito così benevolo e prudente, non può lasciar passare senza reagire una cosa simile, e rive una digni­tosa, ferma e puntuale lettera aperta al dottor Joseph Eberle, redattore capo della rivista stessa. La lettera fu pubblicata nel n. 6 del 1938 della rivista cattolica Kath. Kirchenzeitung di Sa­lisburgo. « Egregio signor redattore capo, nel numero del 23.1.1938 del suo settimanale Schdnere Zu­kunfr ho appena letto l'articolo "Konnersreuth davanti al tri­bunale della teologia e della medicina". Chi scrive è il parroco Naber, da ventotto anni direttore spirituale e confessore di Teresa Neumann; la conosco quindi fin da quando andava a scuola e ho assistito a tutti gli eventi straordinari che sono avvenuti intorno a lei fino ad oggi. Chi mi conosce può testimoniare che ho sempre cercato di essere il più obiettivo possibile e, a parte una breve dichiarazione fat­ta all'inizio a sostegno della verità, non ho più scritto nulla, an­che se questo avrebbe potuto essere per me un affare vantag­gioso. Fin dall'inizio ho agito in base a questo principio: osser­vare scrupolosamente gli eventi straordinari caso mai si fosse verificata qualche trasgressione alla dottrina e alla morale eccle­siastica: in caso affermativo, intervenire senza esitazione; in caso contrario lasciare che le cose prendano il loro corso, per non intralciare sconsideratamente i piani del Signore. Ho soppesato sempre ogni parola su Teresa Neumann per timore di dir troppo, ma non ho mai avuto paura di dare testi­monianza piena della verità. Darei senza esitazione la vita per confermare l'autenticità degli straordinari avvenimenti ai quali ho assistito, specialmente per quanto riguarda il digiuno. Quando si conosce la semplicità, la naturalezza e la sincerità di questa grande bambina, nel senso inteso dal Salvatore, quando si è vi­sto ardere il fuoco d'amore per il Salvatore sul suo volto, quan­do ci si è resi conto che tutti gli eventi straordinari, le visioni eccetera avvengono senza suo intervento, ma con naturale sem­plicità, allora - insieme a migliaia di altre persone che hanno fatto la stessa esperienza - non si può dire altro che: è vero. Si sente allora repugnanza per i controlli ipocriti, per gli esami del sangue e delle urine, come li richiede la scienza. Purtroppo, contro l'espressa volontà di Teresa e dei suoi ge­nitori, è stato scritto molto su Konnersreuth, e non mancano le inesattezze, le assurdità, i travisamenti. Proprio questi van­no cercando certi signori per mettere in caricatura Konnersreuth. Io non condanno certo chi non crede a Konnersreuth, ma con­danno chi si permette di giudicare in merito senza essersi con­venientemente documentato. Chi vuol capire il poeta, deve an­dare nel suo paese. Quanto è vero questo detto per questi fatti straordinari! Guardi, io sono un umile parroco di campagna, non un professore o un dottore; però non ho paura di nessuno di questi dotti signori perché, senza mio merito, ho dalla mia parte l'esperienza... Per esempio, quello che scrive il dottor Deutsch si basa su false premesse... Il dottor Deutsch non è mai stato qui. Neppu­re il dottor Heermann, P. Masoin e P. Richstàtter sono mai stati qui... E lei, signor redattore capo, che deve garantire ciò che si pubblica sul suo giornale, è mai stato qui? E c'è stato il suo collaboratore Pio Havemann? Da un decennio gli avversari di Konnersreuth continuano a riscaldare lo stesso minestrone di menzogne, uno copia l'altro, e lo definiscono scienza! Perché non vengono interrogati quelli che conoscono Tere­sa, il suo carattere, il suo atteggiamento religioso e morale, gli eventi straordinari di cui è protagonista, i suoi direttori spiri­tuali, i suoi genitori e i fratelli, i vicini di casa, tutta la parroc­chia, i tanti vescovi, sacerdoti e laici colti che sono stati qui, i medici che l'hanno visitata e osservata? Attualmente Teresa è da tre settimane ad Eichstàtt ad assi­stere il professor Wutz che è ammalato e la cui governante èla sorella di Teresa. In quella casa si danno convegno professori universitari, spesso ci va anche il vescovo. Tutte queste perso­ne, in particolare il vescovo, dimostrano grande interesse per Teresa; ne dimostrava anche il vescovo precedente di Eichstàtt, che ora è vescovo di Berlino. Il professor Wutz è ben noto per la sua serietà e obiettività. A partire dal 1926 egli è venuto spesso a Konnersreuth e Teresa è stata spesso ad Eichstàtt. Se ci fosse stato inganno, l'avrebbe scoperto certamente già da molto tem­po. Un altro docente universitario di Eichstàtt, specializzato in chimica e biologia, ha inviato al vescovo di Ratisbona mon­signor Buchberger un lungo rapporto relativo alle proprie os­servazioni fatte su Teresa Neumann. Ne accludo copia . Nel 1927 la curia chiese alla locale facoltà di medicina quan­to tempo possa vivere una persona senza mangiare né bere. La risposta fu: undici giorni. In seguito Teresa fu sottoposta a una sorveglianza di quindici giorni. Vada a rileggere quanto scrisse l'arcivescovo Teodorowicz in proposito e vedrà con quanta se­rietà sono state fatte le cose: per lei però l'arcivescovo, che è stato molte volte a Konnersreuth, il cardinale Kaspar, il vesco­vo Waitz e altri non hanno alcun valore, in quanto non sono avversari di Konnersreuth. Il risultato dell'indagine è stato pub­blicato ufficialmente, confermando che non avrebbe potuto dare risultati migliori se fosse stato effettuato in una clinica. Così l'aspetto scientifico del caso è risolto. Il padre di Teresa è pronto a giurare che il vicario generale di allora, per convincerlo ad accettare il controllo, gli promise che la figlia non sarebbe stata più importunata. "Io ho mante­nuto la promessa e ho consentito che svolgessero tutte le inda­gini che hanno voluto", dice ora il padre. "Ora però l'autorità ecclesiastica deve mantenere la sua promessa e lasciarci in pace". Il 10 dicembre 1937 la curia ha dichiarato che gli esami del 1927 potevano stabilire soltanto lo stato dei fatti di allora. Ov­vio: anche esami compiuti nel 1938 potrebbero stabilire soltanto lo stato attuale dei fatti. Bisognerebbe interrogare le persone che possono testimoniare sotto giuramento e che sono degne di fede: il giuramento è valido sia nei giudizi ecclesiastici che in quelli civili. E il digiuno è una cosa che qualunque persona sana di mente può constatare. Papà Neumann ha ormai un'invincibile avversione per le in­dagini mediche, e questo per colpa dei medici stessi. E un vec­chio artigliere e ha la testa dura, cosa di cui il vescovo di Berli­no si è compiaciuto, perché se avesse dato il permesso per un'al­tra indagine Teresa non sarebbe più uscita dalle cliniche, in quan­to un medico non crede all'altro e una clinica non ha fiducia nell'altra. Io sono del parere che questo è un volere superiore, perché è mai pensabile che il Salvatore si faccia portare conti­nuamente davanti ai tribunali della scienza per far verificare i propri miracoli? Egli è venuto e opera miracoli non per soddi­sfare la scienza, ma per l'uomo semplice, sano e dotato di intel­letto e di buona volontà. Quando il Salvatore era sulla croce, gli scienziati di quei tempi hanno gridato: "Scendi e dimostraci che sei il Figlio di Dio!". Il Salvatore non scese, ma dopo la morte risuscitò e salì al cielo, e nessuno di quei signori era presente. Che cosa succederebbe se oggi il Salvatore scendesse sulla terra e operasse miracoli? Da dove deriva il nostro sfacelo religioso? Deriva dal nostro, chiamiamolo così, semirazionali­smo. Un consigliere di Stato, che era protestante e si è conver­tito attraverso Teresa Neumann, è ora molto felice e di recente mi ha scritto dimostrando grande indignazione sul modo di trat­tare il caso di Teresa Neumann: "Il cristianesimo non è ratio, ma mysterium" Il 29 aprile 1937, anniversario della beatificazione della pic­cola santa Teresa del Bambino Gesù, la santa ha detto a Teresa Neumann: "Tu devi compiere la tua missione fino in fondo, devi cercare di somigliare sempre più al Salvatore misconosciu­to, disprezzato e perseguitato". Teresa Neumann si è spaven­tata di queste parole, e anch'io. Allora ho pregato il Salvatore: "Fa' si che io non divenga uno strumento di questa cattiva co­noscenza, di questo disprezzo, di questa persecuzione! ". Cre­do che anche altri avrebbero buoni motivi per pregare così. I teologi fanno sovente un lavoro da Caifa, ma in questo modo aiutano Teresa a somigliare al Salvatore nel suo grande dolore. " La Chiesa ha già perseguitato la Neumann ?", mi ha chie­sto un docente universitario quando per la prima volta fu in­formato dei fatti riguardanti Teresa. "Solo in questo caso cre­derei alla sua genuinità". Noi guardiamo al futuro senza alcuna paura. Teresa prega: "Salvatore, tu sai che non abbiamo mai pensato a una cosa del ge­nere. Tu hai cominciato tutto, tu devi portare la cosa a termine". Il suo articolo è una mostruosa calunnia. Lei conosce l'otta­vo comandamento. Teresa si consola pensando al giudizio fina­le, come il Salvatore davanti a Caifa. Le auguro ogni bene ABER, parroco ».

 

La testimonzanza del dottor Fritz Gerlich

Nel 1927, quando Fritz Gerlich conobbe Teresa Neumann, si era nel pieno delle polemiche intorno al suo caso, da poco divenuto noto all'opinione pubblica. Come Gerlich stesso rac­conta nella prefazione del suo libro, « si richiedeva in nome della ragione e della scienza che il governo si decidesse a prendere delle iniziative contro la stigmatizzata. I gruppi estremisti, specie i comunisti, minacciavano addirittura di ricorrere alla violenza se il governo non fosse venuto incontro ai loro desideri. I più moderati richiedevano che Teresa venisse ricoverata in una "cli­nica neutrale", per essere osservata e studiata. I più estremisti esigevano che Teresa fosse tenuta in isolamento, in quanto le visite a Konnersreuth "instupidivano" la gente...». Fu così che Gerlich, che aveva all'epoca 45 anni e da sei era responsabile del quotidiano di Monaco Mùnchner Neueste Nachrichten, decise di farsi un'idea precisa e personale del ca­so, sia per interesse proprio che per dovere professionale. Tra settembre e novembre 1927 fece tre visite a Konnersreuth, fer­mandosi ogni volta alcuni giorni, rendendosi ben presto conto che il caso era meritevole di essere studiato e che quanto finora era stato scritto non gli rendeva affatto giustizia. Come formazione accademica, Gerlich era storico, si era oc­cupato di mistica (in particolare di san Francesco d'Assisi), e considerò un'enorme fortuna « poter confrontare le fonti me­dievali con la realtà vivente di Teresa Neumann ». Decise quindi di indagare fino in fondo. Nei due anni successivi trascorse, a più riprese, quasi cinque mesi a Konnersreuth, ospite di padre Naber che fece il possibile per aiutarlo nella sua ricerca. Dato che in quel periodo anche Teresa stava vivendo in parrocchia perché i genitori facevano dei lavori di trasformazione in casa, Gerlich ebbe modo di osservarla molto da vicino. Nacque ben presto una cordiale amicizia con Teresa e tutto l'ambiente di Konnersreuth, di cui Gerlich apprezzava l'amore per la verità, l'onestà, la religiosità. Quello che Fritz Gerlich vide, sentì e constatò lo convinse a tal punto da farlo convertire al cattolicesimo (di origine era protestante); scrisse poi su Teresa Neumann un libro documen­tatissimo, frutto delle sue lunghe indagini a Konnersreuth, fon­damentale per la conoscenza del caso di Teresa Neumann. A conclusione del suo lavoro, il dottor Gerlich sintetizza in que­sto modo i risultati raggiunti: « Le mie indagini sull'attendibilità di Teresa Neumann so­no arrivate a questi risultati: poiché non esiste nessun valido fondamento per ritenerla un'isterica e quindi una bugiarda, con­sapevole o inconsapevole, dobbiamo accordarle la fiducia che merita l'individuo spiritualmente e intellettualmente sano. Il gra­do della sua attendibilità è inoltre rafforzato dal fatto di essere una persona profondamente religiosa, che si sente responsabile davanti a Dio di tutto ciò che fa e che non desidera altro che riuscire a compiacerlo, sapendo che Dio considera la menzogna un peccato grave. Gli impulsi spirituali che derivano da una vi­ta intensamente religiosa come è quella di Teresa Neumann ac­crescono quindi l'amore per la verità e di conseguenza la sua attendibilità, ben al di sopra dei valori normali. Questi due incentivi alla verità, e cioè la sanità intellettua­le e spirituale e la profonda vita interiore religiosa, si riscontra­no anche negli altri membri della famiglia Neumann e nel suo direttore spirituale, il parroco Joseph Naber. È ovvio che tutti possono sbagliare. Anche Teresa, nello stato normale, può in­correre in errore, e come lei le persone prima citate. Non esiste però un valido motivo per attribuire loro un cosciente inganno verso il prossimo. Voler supporre in loro una pia fraus (pia fro­de) per servire Dio urta contro la loro concezione religiosa così ben sviluppata e affinata. Per loro Dio è verità, e non può quindi compiacersi di essere "servito" con l'inganno. Per tutti questi motivi la coscienza mi induce a dichiarare che, in base ai metodi di indagine storica appresi all'università e ai lavori scientifici compiuti in seguito, le informazioni rac­colte su Teresa Neumann sono criticamente e storicamente de­gne di fede; debbo di conseguenza concludere che il suo caso non si può spiegare in termini naturali ». Sempre dal libro del dottor Gerlich ricaviamo alcune noti­zie sul carattere e la personalità di Teresa Neumann, che ci sem­bra illustrino nel modo migliore l'animo della stigmatizzata di Konnersreuth. « Riporto due piccole esperienze, che sono tipiche del ca­rattere di Teresa Neumann. Una domenica pomeriggio andammo a fare una passeggiata in macchina con Teresa Neumann, per consentirle di vedere la campagna aperta che amava tanto. Sul sedile posteriore dell'au­tomobile sedevano il parroco, Teresa e un suo fratello; alla gui­da c'era il professor Wutz e accanto a lui io. Sulla via del ritor­no, quando voltammo per prendere la strada che da Mitterteich porta a Konnersreuth, lo sguardo ci cadde sull'insegna stradale: Konnersreuth, km 6,4. Allora Wutz e io cominciammo per scher­zo a imitare i discorsi che la gente in treno e all'osteria faceva su Teresa Neumann, cosa che la diverti moltissimo. "Signor par­roco, signor parroco", continuava a dire, "ascolti un po', signor parroco! Com'è divertente! Si, credo proprio che la gente parli così!". Poi ci spinse a continuare la conversazione. Anche dopo giorni ci incitava a parlare di nuovo come la gente". Diceva che da molto tempo non aveva più riso in quel modo. Sarebbe sbagliato ritenere che Teresa Neumann non sappia essere seria. Nei primi tempi della nostra conoscenza una volta mi disse: "Sa, signor dottore, quando si deve sopportare tanto come faccio io e si ha come professione di ascoltare le pene e i dolori di tanta gente, si è contenti e grati se si ha la possibilità di ridere di uno scherzo innocente. Fin da bambina ho parteci­pato volentieri agli scherzi, purché non fossero volgari, e oggi mi fa bene e mi ritempra poter parlare con lei di cose piacevoli. Questo mi aiuta a non sentire più tanto i miei dolori". Con gli estranei è riservata, ma anche sicura e decisa. Se si parla con lei delle proprie pene, lei partecipa in maniera straor­dinaria. Sa farsi rispettare da chi è troppo insistente e dà rispo­ste pungenti agli impertinenti. La risposta, più volte citata, da lei data a una persona che le chiedeva se per caso non si fosse immaginata tanto le stigmate da farsele apparire: "Se lei im­magina di essere un bue, pensa che le crescerebbero le corna?", è autentica. E una volta che qualcuno le faceva notare con una certa ma­levolenza che andava volentieri in macchina a godersi la natu­ra, lei rispose: "Una gioia innocente non è proibita; anche il Salvatore partecipò alle nozze di Cana!". Teresa Neumann aiuta volentieri chi ha bisogno e ricorre a lei, come dimostra questo fatto. Una sua compagna di scuola, che abita fuori Konnersreuth, era gravemente malata e si pen­sava che sarebbe morta. Lei mandò a chiamare Teresa Neumann. Questa ragazza aveva parecchi figli illegittimi da padri diversi; il suo stato attuale era la conseguenza di un parto molto diffici­le. A Teresa Neumann fu chiesto se volesse andare da una per­sona che aveva condotto una vita simile, e lei rispose senza esi­tare: "Perché non dovrei? Lei ha bisogno di aiuto e di parole buone più degli altri". E andò subito da lei».

 

La testimonianza del dottor Franz X. Mayr, docente di biologia, chimica e geologia

Il dottor Mayr di Eichstàtt era uno scienziato; come tale andò a Konnersreuth a studiare Teresa e i suoi straordinari fe­nomeni. Quella che segue è la relazione ufficiale che egli inviò al vescovo di Ratisbona e alla quale fa riferimento il pastore Naber nella lettera aperta sopra riportata. Il rapporto è del 1937. « Conosco Teresa Neumann da quasi undici anni e ho avu­to spesso occasione di osservarla nelle più diverse circostanze. Andai per la prima volta a Konnersreuth col collega dottor Wutz il 2 dicembre 1926 e vi rimasi fino al 5 dicembre. Da allora ho incontrato Teresa Neumann molte volte l'anno, sia a Konners­reuth che ad Eichstàtt. Nel 1928 rimasi a Konnersreuth Otto giorni nel periodo di Pasqua e per due settimane durante le va­canze estive. Nel corso del 1937 vi ho trascorso tre settimane di convalescenza dal 29 agosto al 20 settembre. Dato che sono laureato in scienze naturali, Teresa si è sem­pre divertita a parlare con me di fiori e uccelli, chiedendomi notizie che la interessavano. Molto spesso l'ho osservata e aiu­tata mentre accudiva agli uccellini e ai fiori nella sua camera o in giardino, e i nostri colloqui non si limitavano alle scienze naturali, ma si spostavano su tanti altri argomenti. Teresa ave­va piena fiducia in me e so per certo che si è sempre mostrata come realmente è. Anche i suoi familiari mi hanno sempre trat­tato con amicizia e sincerità e padre Naber mi ha dato ampia possibilità di assistere da vicino ai fenomeni straordinari di Kon­nersreuth. Il giudizio che posso formulare su Teresa, in base a lunghe e attente osservazioni, può essere riassunto così: Teresa ha un'intelligenza pronta, superiore alla norma, ed esprime con estrema oggettività e concretezza la propria opi­nione su se stessa e sulle grazie di cui è oggetto. Ha una volon­tà forte, quasi maschile, indirizzata soltanto a compiere il vole re del Signore e ad avvicinare la gente a lui, per amor suo. E ancora addolorata per non aver potuto realizzare il sogno della sua giovinezza diventando suora infermiera delle missioni e por­tando il nome di Gesù nei paesi che ancora non lo conoscono. Il suo temperamento attivo sente molto il peso della propria ina­bilità al lavoro, dovuta alle stigmate e alle pene espiatorie; la sua inclinazione alla solitudine e alla riflessione risente profon­damente della notorietà creata intorno alla sua persona dalle gra­zie particolari di cui è oggetto. Ricava la forza di sopportare tutto pazientemente dal pensiero che il Salvatore vuole così. Chi ha modo di frequentare Teresa un po' a lungo, rimane sorpreso della sua semplicità e rettitudine, del suo instancabile amore per la verità. Il suo orrore per la menzogna e la simula­zione mi convince che ella è incapace di dire la minima bugia. Per questo l'inganno consapevole è da escludersi da parte sua ed ella non lo sopporterebbe da coloro che le vivono intorno. È da escludere però anche l'inganno inconsapevole. Teresa Neumann è psicologicamente sana e senza traccia d'isterismo. Inoltre ho avuto modo di osservare più volte che è inaccessibi­le a qualsiasi suggestione sia propria che altrui. A proposito dell'esame del 1927. Sia il dottor Seidì che il dottor Ewald e le autorità ecclesiastiche hanno riconosciuto che le quattro suore giurate incaricate della sorveglianza hanno com­piuto il loro dovere in modo ineccepibile e coscienzioso. La cu­ria di Ratisbona, dopo aver esaminato metodi e risultati del con­trollo, ha dichiarato con documento del 4 ottobre 1927 che la proposta iniziale "di un'osservazione in un ospedale o in una clinica non avrebbe potuto condurre a risultati migliori". In base ai referti medici si può stabilire che: 1) Nel periodo dal 14 al 28 luglio 1927 Teresa Neumann non ha ingerito alcun cibo solido o liquido. 2) In tutto quel tempo ha emesso, in due volte, soltanto 525 cm 3 di urina; nessuna evacuazione solida. 3) Il peso del corpo alla fine dell'esame era ritornato al va­lore iniziale, malgrado le notevoli oscillazioni verificatesi dopo i venerdì. 4) Né durante né dopo il periodo di osservazione Teresa ha avuto sintomi di esaurimento. I punti 1 e 3 sono stati riconosciuti formalmente sia dal do­cumento della curia di Ratisbona del 4 ottobre 1927 che dal­l'articolo su Teresa Neumann del Lexikon fiìr Theologie und Kirche, vol. 7, pp. 513-514. Il riconoscimento di tali punti è implicito anche nella lode fatta alle quattro suore per il loro così coscienzioso lavoro di sorveglianza e per il loro rapporto conclusivo. Per valutare i punti citati, occorre ricordare e tener presente che gli esperti aveva­no fissato in undici giorni il limite massimo di sopravvivenza senza bere né mangiare, sempre premesso che la persona vives­se in perfetta quiete ed evitasse ogni strapazzo o emorragia. La possibilità di sopravvivenza sarebbe in caso contrario molto ri­dotta. In ogni caso una persona che fosse sopravvissuta a quin­dici giorni di assoluta astinenza da cibi e bevande si sarebbe ridotta a uno scheletro, a una specie di mummia prossima alla morte. Vorrei richiamare l'attenzione su alcuni fatti che sembrano essere sfuggiti al dottor Deutsch : 1) La quantità di urina emessa da Teresa Neumann è stata di circa mezzo litro in quindici giorni, mentre una persona nor­male ne emette da un litro a un litro e mezzo al giorno. Dato che una persona che vive in condizioni normali elimina conti­nuamente sotto forma di urea albumina, acido urico e simili, un'emissione così scarsa di urina avrebbe in poco tempo provo­cato gravi e pericolosi fenomeni di uremia, che comportano no­toriamente ogni tipo di disturbo (mal di testa, vertigini ecc.) e che si concludono con la morte. Teresa non presentò mai al­cun disturbo del genere. 2) Quando un medium, per autosuggestione o per induzio­ne altrui, resta in trance per un periodo prolungato, è alla fine completamente esausto. Se le estasi di Teresa Neumann fosse­ro provocate da cause naturali, anche lei durante il periodo di osservazione si sarebbe ridotta in uno stato di grave prostra­zione, specialmente dopo il secondo venerdì di digiuno control­lato. Ma Teresa, il sabato, non accusava alcuna prostrazione; al contrario il peso perduto il venerdì veniva recuperato rapi­damente, cosa che non sarebbe mai possibile in un organismo esaurito. 3) Una persona normale non potrebbe recuperare due chili e più, come fa Teresa Neumann, senza un'adeguata supernu­trizione, e il più abile degli imbroglioni non sarebbe riuscito a procurarsi segretamente tanto cibo sotto la sorveglianza di oc­chi attenti. 4) In genere non è stato abbastanza sottolineato il fatto che Teresa, nei quindici giorni di controllo, non ha bevuto nulla. Es­sendo il periodo più caldo dell'anno, dopo poco tempo Teresa avrebbe dovuto provare una gran sete; dopo il primo venerdì e la relativa forte perdita di sangue, sarebbe dovuta svenire; e il secondo venerdì sarebbe dovuta morire. Teresa però durante tutto il tempo del controllo non mostrò né fame né sete, e nem­meno si poté constatare che soffrisse di arsura al palato e alla lingua, neppure durante le sofferenze del venerdì. Per le ragioni qui esposte è assolutamente impossibile che Teresa si sia astenuta dal mangiare e dal bere soltanto durante il periodo di osservazione e si sia nutrita invece prima e dopo. Nessuna persona isterica o simulatrice avrebbe potuto soprav­vivere in quelle condizioni conservando il peso integro e l'aspetto sano e fresco. Se lei ha dunque sopportato per quindici giorni l'assoluto digiuno in maniera così perfetta, perché non credere che possa vivere sempre senza mangiare? A mio giudizio, il con­trollo è stato pienamente sufficiente per dimostrare la mancan­za di nutrimento permanente, cosa assolutamente inspiegabile in termini naturali. Chi non vuol crederci, troverebbe certamen­te, anche nel caso di un nuovo controllo, il pretesto per nutrire dei dubbi. Se poi esaminiamo gli altri fenomeni che si sono verificati e si verificano a Konnersreuth, è facile dimostrare che anch'es­si offrono indizi e criteri più che sufficienti per giudicare il caso. Cominciamo dalla malattia e dalla duplice miracolosa gua­rigione. Per ciò che riguarda l'incidente durante l'incendio del 10 marzo 1918, è mio fermo convincimento che neppure allora l'isterismo poté esserne la causa. La diagnosi di isterismo trau­matico è completamente errata. E' sufficiente informarsi degli avvenimenti precedenti e suc­cessivi all'incendio per inquadrare il carattere di Teresa. Du­rante l'incendio lei non pensava che a impegnare tutta se stessa per aiutare a placare il fuoco. Dopo l'incidente non desiderava altro che guarire per poter continuare a lavorare ed entrare in seguito nelle missioni. Il suo problema non fu certo quello di suggestionarsi e credere di avere un male che non esisteva, ma di aver trascurato il male sottovalutandolo, per l'ansia di lavo­rare, determinando così il successivo aggravamento. Tutto ciò è ben chiaro per chi conosce Teresa. Dopo l'in­cendio c'era una lesione al midollo spinale dovuta ai movimen­ti violenti della colonna vertebrale, che in quell'organismo an­cor giovane deve aver provocato uno strappo dei legamenti e dei muscoli che tengono unite le vertebre tra di loro, provocan­do una predisposizione alla lesione organica o addirittura la lus­sazione delle vertebre. La madre della Neumann può confermare sotto giuramento che nella regione lombare si scorgevano, dopo l'incidente, due gibbosità alla colonna vertebrale, ben visibili e apprezzabili al tatto. Erano di certo le apofisi spinali delle vertebre che si era­no spostate verso destra. Inoltre ancor oggi è possibile stabilire se le grandi piaghe da decubito che tormentavano Teresa fino al 17 maggio 1925 siano guarite all'improvviso o no, dato che tutti i testimoni del fatto sono ancora viventi. Le estasi di Teresa, come ebbe a dimostrare esaurientemente l'arcivescovo Teodorowicz, portano una serie di importanti contrassegni che le distinguono nettamente dalla trance, dalle convulsioni ecc. Con riferimento alle stigmate, bisogna tener presente che ferite che per undici anni rimangono uguali, senza infiammarsi né suppurare e che non reagiscono ai medicamenti, non sono ferite cliniche. Chi insinua che le stigmate di Teresa sono il prodotto di autosuggestione, dovrebbe farsi mostrare le compres­se poste sulla ferita al cuore il venerdì santo del 1936, conser­vate dalla sorella Maria. Il grumo di sangue formatosi sulla pia­ga e rimasto appiccicato alla garza riproduce l'esatta impronta e dimensione della ferita. Osservando ciò, il paragone con qual­siasi ferita o sanguinazione prodotta da suggestione psicologica è assolutamente ridicolo. Questo naturalmente è tanto più va­lido se si considerano tutte le ferite di Teresa, che sanguinaro­no l'ultimo venerdì santo e le cui impronte, rimaste sulla giacca da notte e sul fazzoletto da testa, ne indicano chiaramente l'entità. Anche le visioni, se attentamente osservate, offrono molte singolarità inspiegabili in base alle leggi naturali. Per esempio quando lei ode il Salvatore assetato dire: "As-che", cioè "Ho sete", invece che "Sachena", come gli studiosi presenti si aspet­tavano di sentir dire. Nessuno aveva pensato a quel termine neoebraico; quindi anche questo particolare non ha una causa naturale. Altri criteri per una ulteriore valutazione dei fenomeni di Konnersreuth sono dati dalle molteplici e spesso strane pene di espiazione, dalle comunioni mistiche, dalla sua infallibile per­cezione della vicinanza sacramentale del Salvatore e della pre­senza del proprio e altrui angelo custode, dalla sua sensibilità per la benedizione sacerdotale, per gli oggetti consacrati, dalla sua preveggenza per i fatti ed eventi dipendenti dalla volontà umana, dalla sua conoscenza del cuore umano, dal riconosci­mento di reliquie di ogni tipo, dalle strane tentazioni del mali­gno, dallo straordinario aiuto del suo angelo custode, e altro an­cora. Bisognerebbe inoltre analizzare oggettivamente i resoconti delle miracolose guarigioni ottenute per sua intercessione, i ca­si di bilocazione, di chiaroveggenza e le apparizioni, gran parte delle quali non è stata ancora resa pubblica. Un valido lavoro preparatorio per la valutazione di questi fenomeni è stato co­munque già predisposto da Gerlich e dall'arcivescovo Teodo­rowicz. E per concludere vorrei far notare come l'insieme di tutte queste manifestazioni formi una meravigliosa unità significati­va, che a mio giudizio è perfettamente consona con la fede e la morale cattolica. Molte persone che hanno conosciuto Tere­sa Neumann e hanno constatato la sua sana e semplice devozio­ne, hanno poi approfondito la propria fede e sono divenute se­rene e felici; e d'altra parte la sua influenza non ha danneggia­to la vita morale e religiosa di nessuno. Anche questo dato di fatto ha un suo valore nel giudizio globale. Naturalmente non si può negare che molti dettagli dei fatti di Konnersreuth sono difficili da spiegare, ma anche nella na­tura e nella rivelazione ci sono fenomeni difficili o impossibili da comprendere e che a volte sembrano addirittura contraddit­tori. Dio non vuol chiarire completamente la sua opera: noi dob­biamo accontentarci di riuscire a captarne i tratti fondamentali. Chi si reca sul posto e approfondisce la situazione, vede ap­pianarsi da sole tutte le difficoltà e svanire tutti i dubbi. Per chi parla o scrive di Konnersreuth, è difficile farsi un quadro chiaro e oggettivo dei fatti; per questo motivo, anche in buona fede, sono state divulgate molte inesattezze sul conto di Teresa e c'è chi le accetta come verità. Se in ambiente scientifico sono rigorosamente proibite le diagnosi a distanza, anche in questo caso bisognerebbe evitare ogni giudizio che non si basi sulla va­lutazione diretta e attenta degli avvenimenti ».

 

La testimonianza del dottor Carl Starter

Il gesuita dottor Carì Stràter, olandese, docente di teologia dogmatica in varie università (Maastricht, Montreal, Beirut, Londra), ha lavorato a partire dal 1968 presso la diocesi di Ra­tisbona. Qui è stato incaricato dall'arcivescovo monsignor Ru­dolf Graber di studiare la vita di Teresa Neumann in vista di una possibile futura beatificazione. Il dottor Stràter ha pubbli­cato i risultati delle sue indagini nel 1979 e, a conclusione della documentazione riportata e delle molte considerazioni esposte, riferisce le parole dell'arcivescovo Buchberger di Ratisbona, che conobbe personalmente Teresa Neumann e indagò a lungo su di lei. A queste parole, risalenti al 1928, il dottor Stràter si at­tiene, facendole sue e affidando ad esse il compito di sintetiz­zare le proprie ricerche. « Il mio giudizio globale sul caso è il seguente. La personalità, il carattere e la devozione di Teresa Neu­mann portano ad escludere ogni mistificazione. Neppure sem­brano presenti isteria e altre caratteristiche morbose, che per altro non spiegherebbero gli straordinari fenomeni riscontrati. Il parroco del paese, un sacerdote estremamente coscienzioso ed esperto, crede fermamente che nel caso di Teresa Neumann abbiamo a che fare con una straordinaria e meravigliosa grazia divina. Il medico curante ritiene che il caso non sia spiegabile né con l'inganno né con l'isteria né con l'autosuggestione. An­che padre Agostino Gemelli si espresse in questi termini con riferimento alle stigmate. Parecchi vescovi che furono presenti alle sofferenze della passione ne rimasero commossi e ne rica­varono le migliori impressioni. Ciò è avvenuto anche nel caso del sottoscritto ». In occasione del decimo anniversario della morte di Teresa Neumann, si tenne a Konnersreuth un convegno di studi cui partecipò anche il dottor Stràter, che in quell'occasione ebbe a dire tra le altre cose: « Tutti i cristiani sono chiamati in questa vita terrena a por­tare la propria croce insieme a Cristo collaborando in tal modo alla redenzione dei peccati e alla santificazione dell'uomo. Il Si­gnore Gesù può però scegliersi alcune persone in particolare. Può affidare a certe creature il compito di partecipare alla sua opera di redenzione più degli altri; costoro possono operare con Cristo più degli altri e soffrire con lui. Ciò appare particolar­mente chiaro nei martiri e negli stigmatizzati. La vita esempla­re di questi testimoni di Cristo deve aiutare noi tutti a non le­gare il nostro cuore a ciò che è terreno, ma a ciò che è celeste. Deve aiutarci a sopportare con maggior serenità la perdita di beni terreni, dato appunto che la nostra meta è il cielo. Deve anche indurci a essere a fianco di Cristo nella sofferenza, inte­sa come espiazione dei peccati commessi nel nostro tempo e co­me stimolo alla conversione per l'uomo di oggi. Anche Teresa Neumann ha molto sofferto nella sua vita, cooperando in questo modo all'opera di Cristo per la redenzio­ne degli uomini. La sua sofferenza era resa fertile dalla sua unione a Cristo e dal suo grande amore per il Salvatore. Che questo fosse il suo compito, le fu detto il 17 maggio 1925 dalla voce misteriosa: "Dovrai soffrire ancora molto e nessun medico po­trà aiutarti... Con la sofferenza si salvano più anime che con le più brillanti prediche...". Il significato delle stigmate e della sofferenza insieme a Cristo fu dunque quello di partecipare in maniera particolare all'ope­ra di redenzione ». In occasione delle celebrazioni del decennale della morte di Teresa Neumann furono pronunciati, oltre a quello del dottor Stràter, molti altri discorsi, per illuminare i vari aspetti della sua vita e della sua missione. A conclusione di quanto detto sulle testimonianze, mi sem­bra opportuno riportare parte del discorso del dottor Max Ròss­ler di Wùrzburg, sacerdote e teologo, che in vita conobbe bene Teresa Neumann ed ebbe molte occasioni di incontro con lei. Gli episodi inediti che egli narra e le considerazioni che espone sono, mi sembra, il modo migliore per congedarci dalle testi­monianze sulla stigmatizzata di Konnersreuth.

 

La testimonianza del dottor Max Rossler

.... Qui a Konnersreuth incontriamo una persona che sor­ride, ama i fiori e gli uccelli, ama nella creazione il Creatore. Incontriamo una persona che soffre accettando volontariamen­te questa croce davanti alla quale tutti cerchiamo di fuggire. Incontriamo una persona che vuole aiutarci perché il suo esem­pio è Cristo, il Signore che consola, guarisce, redime. Ci sareb­bero tante cose da dire. Lasciate che ne esponga tre. Una volta, tenendo una conferenza su Konnersreuth, usai con una certa facilità la parola miracolo. Allora gli ascoltatori, tutti sacerdoti, mi aggredirono: "Perché parli di miracoli? So­no cose naturali! Non usare quella parola!". In seguito andai a Konnersreuth e raccontai la cosa a Resi. Lei mi guardò con l'espressione di chi non capisce e mi indicò delle mele che ave­va davanti (eravamo in parrocchia): "Sì, e questo non è un mi­racolo? Ha mai visto un melo d'inverno? Nero, nudo, spoglio, e poi viene la fioritura e poi si riempie di frutti! Non è un mira­colo anche questo?". Capii allora che tutto ciò che viene da Dio per lei era un miracolo, anche un albero che fiorisce e poi porta frutti. Un miracolo non minore di un'automobile che an­dasse senza benzina. Il suo concetto di miracolo era molto di­verso da quello degli studiosi. Ci ho pensato oggi, quando nel Vangelo ho letto: "Padre, ti ringrazio di aver rivelato ai piccoli e agli umili ciò che tieni nascosto ai grandi e ai sapienti". Un secondo episodio. Vorrei accennare alla testimonianza di un uomo che non può essere certo sospettato di appartenere alla cerchia di Konnersreuth: mi riferisco al grande poeta tede­sco, il più grande lirico del ventesimo secolo insieme a Rainer Maria Rilke: Hugo von Hofmannsthal. Di lui l'umanista e filo­sofo svizzero Karl Jakob Burcl:hardt scrive: Qualcuno gli aveva detto che dalla vita della stigmatizzata di Konnersreuth si po­teva ricavare un film molto interessante". Hugo von Hofmann­sthal conosceva troppo i paesi mediterranei per reagire subito dicendo che questo film sarebbe stato un sacrilegio. Ora suc­cesse quanto segue: nell'autunno del 1928 tornò molto silen­zioso da una passeggiata solitaria e in seguito mi disse: "E' suc­cesso qualcosa di molto importante. Camminavo e meditavo sulla questione del film e improvvisamente sono stato colto da una grande oscurità e da una grande paura e ho visto davanti a me, tanto reale da poterlo quasi toccare, un muro che mi sbarrava la strada, un muro mai esistito prima. Un muro, un termine, che significa: non licet, non è permesso. Era qualcosa che non rientrava nell'arte". Fin lì era arrivato, questo però era il limi­te. Io questo lo chiamo rispetto del mistero. Questa visione di Hugo von Hofmannsthal dovrebbe far vergognare molti che danno giudizi troppo facili su esperienze di questo genere. Quan­do andai a Konnersreuth, chiesi a Resl se conoscesse Hugo von Hofmannsthal. "No, non lo conosco, chi è?". "E' un poeta importante", risposi io. " Oh, mio Dio", replicò lei, "uno scri­bacchino!". Questa era la sua opinione. Vorrei ora citare un terzo episodio. E qui vorrei lasciare la parola a un'anima che veramente non ha mai pensato di spez­zare una lancia per Konnersreuth. Alcuni anni fa ho ricevuto per posta raccomandata queste lettere, provenienti dalla zona orientale. Chi me le invia è una persona che ascolta le nostre prediche radiofoniche. Questa donna si sente vicina alla morte e prima di andarsene vorrebbe affidarmi ciò che ha di più caro: otto lettere di Teresa Neumann. Leggendole, si resta profon­damente commossi: sono gli scritti di una semplice figlia di con­tadini, che però comincia ad essere oggetto di enorme interes­se. E' appena guarita da una gravissima malattia e trova il tem­po e la forza di scrivere pagine e pagine di consolazione. Quan­do Resl scrisse queste lettere, non pensava certo che qualcun altro oltre alla sua compagna di sofferenza le avrebbe lette. Ne riporto qualche riga: "Konnersreuth, 14.1.1925. Cara compa­gna di sofferenze! Prima di tutto la ringrazio della sua cara let­tera. Dato che lei desidera sapere qualcosa di me, restiamo in contatto se questa è volontà di Dio. Io penso che noi ci capia­mo già bene. I sani spesso non ci capiscono. Anche se non ci conosciamo personalmente, nel Signore siamo tutti fratelli e so­relle. E credo che possiamo avere fiducia l'una nell'altra. La cosa migliore è che ci diamo del tu, così io non faccio errori". Poi la corrispondenza comincia. Teresa descrive la sua vita, le sue sofferenze, e così consola l'altra: "Sai, cara amica, quando ho letto la tua lettera ho pensato: 'Oh, se potessi andare a trovare questa malata, potrei farle del bene!'. Lo vedo bene, anche tu sei una sposa nel dolore. Tu sei di molto davanti a me, perché ti è stato concesso di soffrire fin dall'infanzia. Io soffro solo da sette anni, e tu, cara amica, da tanto tempo. Vedi, anche il Salvatore nell'orto degli ulivi era solo, si sentiva abbandonato persino dal suo Padre celeste. La notte prima della crocifis­sione non aveva nessuna persona buona accanto a sé, e anche sulla Via crucis e quando morì si sentiva solo e abbandonato. Consolati quindi se non hai molte persone bupne intorno. Il Si­gnore è sempre con noi, ci consola e ci comprende". Teresa aggiunge di essere molto grata perché ha intorno per­sone buone, e intende soprattutto il pastore Naber e la sua fa­miglia. E a questo proposito vorrei leggere ancora un brano di queste lettere che dà un'idea della vita familiare di Resì: "Sa­bato una delle mie care sorelle si sposerà. Quel giorno sarò molto felice. Il matrimonio sarà al piano di sotto, sentirò tutto, però non potrò mangiare". Poi continua: "Oggi è sabato", e de­scrive il matrimonio. "Prima veniva Anna, la sposa. Come era seria e solenne! Si vedeva bene che i suoi pensieri non erano per il vestito, stava lì come una statua e non diceva una parola. Com'era silenziosa! Aveva un vestito molto semplice e un velo sui capelli biondi con una bella corona di mirto sopra. Poi veni­vano i nostri cari genitori portando uno sgabello sul quale lei doveva inginocchiarsi. Poi il nostro caro padre le diede tra le lacrime la sua benedizione, e dopo di lui la mamma. Quindi lei si inginocchiò accanto al mio letto, e io la benedissi. È stato tutto così serio e solenne. Poi è venuto anche il fidanzato e l'ha condotta giù per il matrimonio. Io ho pregato per loro e così la mattina è passata. Ora è pomeriggio e mi intrattengo con te. Una cosa devo però chiederti: tu scrivi di essere una zitella, una vecchia signorina, e a me non va bene sentir parlare così del nostro stato. Anch'io sono signorina e noi dobbiamo essere or­gogliose del nostro stato, per amore dello Sposo che ci siamo scelte. La gente parla scioccamente e con disprezzo di queste cose, ma se si considera con gli occhi della fede è tutto diverso". Amici miei! Se vi capitasse un giorno di leggere qualcosa di cattivo su questa donna e la sua famiglia, ricordatevi di que­sta lettera dove viene tanto lodato il matrimonio e al tempo stes­so l'ideale della verginità... Chi non ha mai parlato con lei, non ha mai visto le sue ferite e assistito alle sue sofferenze, e tutta­via non esita ad affermare il contrario di coloro che hanno par­lato con lei e hanno assistito alle sue sofferenze, assomiglia a uno che dicesse a un astronauta: "Tu sei stato sulla luna, e io no; però devi sapere che ti sei ingannato, la luna è tutta diversa da come la descrivi tu, e io adesso ti spiegherò tutto per filo e per segno... L'albero si riconosce dai frutti, e questo vale in modo parti­colare per Konnersreuth. Esattamente venticinque anni fa, in questa stessa chiesa parrocchiale, l'allora vescovo di Ratisbona Michael Buchberger disse testualmente: "Molte persone sono venute a Konnersreuth in tutti questi anni, ed erano sofferenti e in pena. E hanno trovato qui aiuto e conforto. Molti sono venuti e hanno ritrovato la fede, oppure sono stati fortificati nella loro fede". Venticinque anni più tardi, cioè oggi, l'attua­le vescovo di Ratisbona Rudolf Graber ha affermato che il mes­saggio di Konnersreuth è mod:ernissimo e di sorprendente at­tualità, e ha aggiunto che qui è stato veramente vissuto l'amore per il Signore sofferente, l'amore per il Signore presente nel­l'eucaristia. L'albero si riconosce dai frutti. Teresa è morta da dieci an­ni, e che cosa è successo a Konnersreuth? Non vedo alberghi eleganti, non vedo piscine. Vedo invece un convento, dove gior­no dopo giorno si prega il Signore. Vedo un seminario per le vocazioni adulte, da cui finora sono usciti duecentotre sacer­doti. Vedo una tomba là fuori dove la gente sosta a dire il ro­sario, vedo una chiesa dove una comunità di uomini prega, cre­de, si apre all'amore. Il buon albero si riconosce veramente dai frutti...