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Maria santissima distrugge il tempio di Diana in Efeso e vie­ne condotta dai suoi angeli nell'empireo

CAPITOLO 4

Maria santissima distrugge il tempio di Diana in Efeso e vie­ne condotta dai suoi angeli nell'empireo, dove i1 Signore la prepara a combattere vittoriosamente il drago infernale in un duello, che ha poi inizio dalle tentazioni di superbia.

 

431. La città di Efeso, situata al confine occidentale del­l'Asia, è alquanto celebre per molte cose grandi che in pas­sato la fecero diventare illustre e famosa nel mondo inte­ro, ma la sua maggiore eccellenza consiste nell'avere al­loggiato per vari mesi la suprema Regina del cielo e della terra. Questo privilegio la rese oltremodo fortunata, men­tre il resto in verità le aveva fino ad allora apportato in­felicità ed infamia, avendo essa tenuto tanto stabilmente sul suo trono il principe delle tenebre. La Vergine , veden­dosi accolta generosamente e con l'offerta di numerosi do­ni, nel suo ardentissimo amore si sentì naturalmente im­pegnata a pagare con più copiose grazie l'ospitalità di co­loro che vi dimoravano, quelli a lei più vicini e benefatto­ri degli estranei; così, se con tutti era liberalissima, con es­si dovette esserlo in grado superiore. La sua gratitudine la spinse a simili riflessioni e si giudicò in dovere di assiste­re tale località: fece un'orazione speciale, pregando fervo­rosamente il suo Unigenito di effondervi la sua benedizio­ne e di illuminare come padre pietoso la gente lì residen­te, guidandola alla vera fede e alla sua conoscenza.

432. Le fu risposto che ella, Signora della Chiesa e del­l'universo, poteva fare con autorità tutto ciò che fosse di sua volontà, ma era necessario che tenesse conto degli osta­coli per i quali quel luogo non era idoneo ad accettare i doni della misericordia divina; gli abitanti, infatti, con le abominazioni di colpe antiche e presenti avevano posto ca­tenacci alle porte del perdono ed erano degni di una dura condanna, che sarebbe già stata eseguita su di essi se l'Altissimo non l'avesse rimandata a motivo di lei, il cui arri­vo era avvenuto proprio quando tali perversità erano giun­te al culmine. Intese, inoltre, che la sovrana equità le chie­deva il consenso e il permesso per l'annientamento di que­gli idolatri. Il suo compassionevole cuore si afflisse forte­mente, ma la sua quasi immensa carità non si scoraggiò e, moltiplicando le domande, replicò:

433. «Re giusto e clemente, mi è chiaro che per la pe­na attendete che non ci sia più spazio per la pazienza e che perciò, per sospenderla, è per voi sufficiente che nel­la vostra sapienza troviate un qualunque motivo, per quan­to piccolo, da parte dei peccatori. Considerate che sono stata accolta perché io rimanga qui secondo il vostro be­neplacito, che sono stata soccorsa e che a me e al vostro servo Giovanni sono stati messi a disposizione molti ave­ri. Temperate il vostro rigore e rivolgetelo pure contro di me, che me ne farò carico per la salvezza di questi mise­rabili. Voi avete bontà e magnanimità infinita per vincere con il bene il male, e potete senza fatica rimuovere ogni difficoltà affinché essi approfittino dei vostri benefici e di fronte ai miei occhi non periscano tante anime, che sono opera delle vostre mani e prezzo del vostro sangue». Egli ribatté: «Colomba mia, bramo che capiate esattamente la causa del mio sdegno e come se lo sono meritati coloro per i quali mi supplicate. Fissate la vostra attenzione e tut­to vi sarà noto». Immediatamente le fu manifestato quel­lo che segue.

434. Comprese che, parecchi secoli prima, Lucifero in uno dei conciliaboli da lui riuniti aveva parlato in questo modo: «Dalle informazioni che ho avuto nel mio stato pre­cedente, dalle parole dei profeti e da quanto Dio ha rive­lato ad alcuni suoi amici, ho scoperto che egli si deve ri­tenere assai obbligato dal fatto che in futuro persone del­l'uno e dell'altro sesso si astengano da molti vizi che è mio proposito custodire tra loro, ed in particolare dai piaceri della sensualità e dalla sete del possesso, rinunciando per­sino a ciò che sarebbe lecito. Perché lo facciano anche con­tro il mio desiderio, concederà loro consistenti aiuti, con i quali spontaneamente siano casti e poveri e pieghino il proprio volere a quello di altri. Se con queste virtù ci scon­figgeranno, otterranno premi eccezionali, come ho investi­gato in alcuni che sono vissuti in tale maniera; dunque, i miei intenti resteranno delusi, qualora non procuriamo di rimediare a un danno così enorme e di compensarlo per tutte le vie possibili alla nostra astuzia. Per di più, se il Verbo si farà carne, come abbiamo udito, sarà assoluta­mente puro e insegnerà ad esserlo a tanti altri, e perfino alle donne; esse, benché più deboli, sono più tenaci e mi tormenterebbe terribilmente che trionfassero su di me, che ho fatto cadere la loro progenitrice. Le Scritture promet­tono molto riguardo ai favori di cui i mortali godranno con la sua presenza nella loro stessa natura, che certa­mente egli deve sollevare e arricchire con la sua potenza».

435. Proseguì: «Per oppormi ho bisogno del vostro con­siglio e della vostra diligenza, e fin d'ora sforziamoci di impedirne il conseguimento». Si intuisca allora quanto lon­tana origine abbiano l'odio e le insidie dell'inferno contro la perfezione evangelica professata dagli ordini religiosi. Questo punto fu discusso ampiamente ed infine fu deciso che una quantità elevata di demoni venisse preparata per comandare le legioni che avrebbero dovuto circuire chi si fosse proposto di condurre una simile esistenza. Inoltre, fu determinato che, per deridere soprattutto la pudicizia, fos­sero subito designate delle vergini apparenti e bugiarde, le quali con tale qualifica fasulla si votassero all'ossequio di satana. I nemici valutarono che con il loro piano diaboli­co non soltanto avrebbero rapito con maggior gloria quel­le infelici, ma avrebbero anche screditato la vita consa­crata, che presumevano la Madre e il Figlio avrebbero isti­tuito. Affinché la setta da loro inventata prevalesse più facilmente, presero la risoluzione di fondarla con ogni ab­bondanza di risorse temporali e di tutto quello che risul­ta delizioso, fosse anche nascostamente; difatti, in segreto avrebbero acconsentito ad un comportamento licenzioso sotto il titolo di castità dedicata a dèi falsi.

436. Sorse tra di essi una disputa sull'opportunità che gli adepti fossero maschi oppure femmine: ad alcuni sem­bravano preferibili i primi, che essendo più costanti ne avrebbero garantito la durata, mentre altri pensavano mi­gliori le seconde, più agevolmente abbindolabili perché, discorrendo con minor capacità di ragionamento, avreb­bero tardato a riconoscere lo sbaglio; queste, infatti, sono scarsamente intelligenti, credulone, veementi in ciò che amano ed apprendono, e più atte ad essere mantenute nel­l'errore. L'ultimo parere si impose e fu approvato, senza che però si escludessero del tutto gli altri, poiché taluni avrebbero abbracciato quelle menzogne per il prestigio che ne sarebbe derivato, specialmente se fossero state di ap­poggio alle loro furberie e frodi per non perdere la vana stima che il medesimo serpente avrebbe guadagnato ad essi con la sua scaltrezza, per conservare a lungo nell'i­pocrisia e nella simulazione coloro che si sarebbero as­soggettati a lui.

437. Fu deliberata la costituzione di una congregazio­ne di finte vergini, dal momento che il drago disse: «An­che se mi compiacerebbe avere vergini dedite al mio cul­to, come ne vuole avere il Signore, la purezza mi offende tanto che non la potrei comunque sopportare. Quindi, dob­biamo far sì che esse siano oggetto delle nostre turpitudi­ni. Se qualcuna intenderà essere onesta nel corpo, colme­remo il suo intimo di fantasie e smanie immonde, salva­guardando in lei la presunzione della sua illibatezza».

438. Perché questo avesse inizio, gli spiriti maligni scru­tarono tutte le nazioni e giudicarono adatte all'esecuzione di quel disegno le amazzoni, che si erano trasferite in Scizia dall'Asia: erano combattenti, supplendo con l'arrogan­za e la superbia alla fragilità muliebre; per mezzo delle ar­mi avevano conquistato il dominio di molte province ed avevano stabilito la propria corte in Efeso, governandosi da se stesse, e sdegnavano di sottomettersi agli uomini e di accettarne la compagnia, che con tracotanza definivano schiavitù. Su questo argomento ci sono tante trattazioni, sebbene alquanto discordi, per cui non mi trattengo oltre ad affrontarlo. Basti affermare che, essendo orgogliose, am­biziose, altere e sprezzanti dell'altro sesso, furono trovate ben disposte ad essere imbrogliate con il pretesto della ca­stità. Lucifero pose in mente a diverse di loro che a moti­vo di essa sarebbero state magnificate ed ammirate, fino ad essere in qualche caso adorate come esseri divini; così, per la smisurata cupidigia di onore, si radunarono in pa­recchie e cominciarono a dimorare insieme in quella città.

439. In breve, per istigazione dei suoi ministri, aumentò considerevolmente il numero di tali donne più che pazze, tra l'apprezzamento e il plauso generale. Tra di esse ve n'era una che si distingueva per bellezza, nobiltà, talento, purezza e per altre grazie che la resero singolarmente famosa: ella si chiamava Diana. Per la venerazione in cui era tenuta e per la moltitudine che stava con lei fu dato principio al me­morabile tempio che il mondo reputò una delle sue mera­viglie e, anche se furono necessari dei secoli perché fosse completato, per la devozione che si era acquistata tra i cie­chi pagani le fu intestata la sontuosa costruzione e su quel modello da molte parti le vennero eretti tanti altri edifici sacri. Il capo dei tentatori, per accrescere la sua notorietà, le comunicava i suoi inganni, dei quali la riempiva, la ve­stiva spesso di illusorio splendore e le svelava cose occul­te affinché le predicesse; le insegnò pure alcuni riti somi­glianti a quelli usati dal popolo di Israele, per essere cele­brato con essi. Quante erano con lei la riverivano come una dèa, e lo stesso facevano i gentili, prodighi al pari che ottenebrati nell'attribuire la divinità a tutto ciò che appa­riva loro straordinario.

440. Per l'astuto raggiro, i sovrani dei regni circostan­ti, quando presero il potere dopo aver debellato le guer­riere, custodirono piamente il santuario, in cui rimase un gruppo di quelle stolte, che offrirono tra l'altro un cospi­cuo contributo perché fosse innalzato di nuovo allorché, circa trecento anni prima della redenzione, un tale lo in­cendiò. Dunque, durante il soggiorno di Maria santissima non era più in piedi il precedente, bensì questo rifabbri­cato, ed esse vi abitavano in vari ripartimenti. Siccome al tempo dell'incarnazione e della passione l'idolatria era as­sai consolidata sulla terra, non soltanto non si erano cor­rette nei propri costumi, ma erano peggiorate, e pressoché tutte avevano deprecabili relazioni con i demoni, commet­tendo con loro bruttissimi peccati e abbagliando la gente con artifici e con false profezie, con le quali satana face­va restare tutti nell'insania.

441. L 'innocentissima Principessa vide vicino a sé tutto questo, e ancor di più, con afflizione tanto accesa che ne sarebbe stata ferita a morte se l'Onnipotente non l'avesse preservata in vita. Avendo constatato che il diavolo aveva per sede e cattedra di malvagità il simulacro di Diana, si prostrò davanti al suo Unigenito e gli parlò: «Eccelso Re, degno di ogni lode, è opportuno che abbiano rimedio e ter­mine siffatte abominazioni, che hanno già avuto un'ampia durata. Non posso tollerare che si dia a un'infelice ed ese­crabile creatura l'ossequio che voi solo, come Dio infinito, meritate, né che il titolo della castità sia profanato e de­dicato ai nemici. La vostra sconfinata benignità mi ha fat­to guida e madre delle vergini, che sono componente elet­ta della Chiesa, nonché il frutto più stimabile della salvezza e a voi immensamente gradito. Se tale titolo deve essere riservato a voi in coloro che saranno figlie mie, non pos­so lasciare che appartenga in modo illegittimo alle adultere. Mi lamento del serpente per l'ardire con il quale è sta­to usurpato questo diritto e vi scongiuro di castigarlo con la pena del riscatto di quelle anime dalla sua tirannia, e di farle uscire dall'asservimento alla libertà della fede e del­la vera luce».

442. Egli le disse: «Mia diletta, accolgo la vostra ri­chiesta, perché è giusto che una simile virtù non sia con­sacrata agli avversari, per quanto semplicemente di nome, mentre è così esaltata in voi e di mio sommo compiaci­mento; però, tante sono dannate e riprovate per le loro abiezioni e per la loro pertinacia, e non si rimetteranno tutte sul cammino della beatitudine». Giovanni arrivò al­l'oratorio, ma non comprese il mistero in cui ella era oc­cupata né la presenza di Gesù. Allora, la Maestra dell'u­miltà volle unire alle sue le implorazioni dell'amato Disce­polo e, domandata segretamente licenza di rivolgersi a lui, lo informò: «Carissimo, il mio cuore è trafitto dalla cono­scenza delle gravi colpe che si perpetrano contro l'Eterno nel tempio di Diana e bramo che abbiano ormai fine». L'A­postolo affermò: «Mia Signora, ho osservato qualcosa di ciò che capita in quello spregevole luogo e non sono ca­pace di contenere il pianto per la sofferenza, rilevando che al drago viene qui tributato il culto che spetta esclusiva­mente all'Altissimo; nessuno potrà arrestare questi mali se voi non vi fate carico dell'impresa».

443. Ella lo invitò ad imitarla nella preghiera per pro­curare il riparo di tale rovina e, quando si fu ritirato nel­la sua stanza, si trattenne con Cristo. Si abbassò un'altra volta al suolo dinanzi a lui e con copiose lacrime continuò le sue suppliche, perseverando in esse con ardentissimo fervore e quasi agonizzando di dolore, disponendolo a confortarla e consolarla. Finalmente le fu dichiarato: «Co­lomba mia, sia fatto senza indugio conformemente alla vo­stra volontà: comandate con autorità quanto desiderate». La Regina si infiammò di zelo per l'onore di sua Maestà e con la propria potestà ingiunse ai ministri infernali che erano nel santuario di piombare immediatamente negli abissi e di abbandonare la località che a lungo avevano posseduto. Erano numerose le legioni che vi si trovavano, inducendo in errore il mondo con le loro risposte e con­taminando quelle donne, ma in un istante, come in un bat­ter d'occhi, sprofondarono tutte in forza della sua intima­zione. Fu tanto il terrore con cui le schiacciò che, appena ebbe mosso le sue purissime labbra nel pronunciare la pri­ma parola, non aspettarono la seconda, perché erano già nelle caverne e la velocità naturale che avevano pareva lo­ro limitata per allontanarsi.

444. Non furono in grado di risalire finché non ne ri­cevettero il permesso per affrontare la battaglia che ebbe­ro con lei, ed anzi si rintanavano nei punti più distanti da quello nel quale ella era sulla superficie. Avverto che con questi trionfi Maria sbaragliò Lucifero in maniera tale che egli non poteva ristabilirsi nel medesimo posto o ripren­dere la giurisdizione di cui era stato privato, ma quella spaventosa idra era ed è così velenosa che, quantunque le fosse stata recisa una testa, ne ripullulavano delle nuove, poiché tornava alle sue iniquità con diverse macchinazio­ni ed invenzioni contro il supremo sovrano e contro la co­munità ecclesiale. Intanto ella, portando avanti la vittoria, con il consenso del Redentore spedì prontamente uno dei suoi angeli a distruggere il tempio da cima a fondo, sen­za che ne rimanesse pietra su pietra; di tutte quelle che vi dimoravano, dovevano esserne risparmiate solo nove spe­cificamente indicate, mentre le altre dovevano morire ed essere sepolte nel crollo dell'edificio, perché erano repro­be e le loro anime sarebbero precipitate fra i demoni che riverivano e ai quali obbedivano, per restare seppellite in quegli antri prima di commettere ulteriori peccati.

445. Egli eseguì l'ordine demolendo in brevissimo tem­po l'illustre e ricca costruzione, che era stata completata in vari secoli, e con enorme stupore di tutti essa apparve subito devastata e diroccata. Preservò soltanto le persone che gli erano state segnalate dalla Principessa in base al beneplacito del suo Unigenito, dal momento che come esporrò furono le uniche a convertirsi; le altre perirono e non se ne conservò memoria. Anche se gli abitanti fecero ricerche del delinquente, non riuscirono a rintracciarlo co­me era invece accaduto in occasione dell'antico incendio, giacché allora il malfattore si era manifestato per ambi­zione di fama. Da questo avvenimento l'Evangelista fu spin­to ad annunciare con maggior vigore la verità celeste e a liberare quella gente dall'inganno in cui era tenuta, e con la Madre rese grazie per il successo che avevano ottenuto sul diavolo e sull'idolatria.

446. È adesso necessario mettere in guardia i lettori dal cadere in qualche equivoco a motivo di ciò che si riferisce nel capitolo diciannovesimo degli Atti circa il tempio di Dia­na, che essi suppongono esistente quando Paolo alcuni an­ni dopo si recò là a predicare. Si narra che un abile arti­giano chiamato Demetrio, che ne lavorava riproduzioni d'ar­gento, con altri che si occupavano di cose del genere co­spirò contro di lui, perché andava sostenendo per tutta l'A­sia che non erano dèi quelli fabbricati dalle mani degli uo­mini, e persuase i compagni che tale dottrina avrebbe tolto loro ogni guadagno e avrebbe fatto cascare nel vilipendio un santuario ovunque tanto venerato. Fecero tumulto e fo­mentarono l'intera popolazione gridando: «Grande è la Dia ­na degli efesini». E si verificò quanto il testo ancora rivela. Ora, affinché si intenda che questo non contrasta con quel­lo che ho scritto, preciso che il tempio di cui parla Luca fu un altro, meno sontuoso e più ordinario, che venne eretto dopo il rientro della nostra Maestra a Gerusalemme. All'arrivo dell'Apostolo era ormai stato innalzato e dall'episodio raccontato si deduce in che misura quella superstizione per­vadesse gli efesini e tutta l'Asia, sia per i molti secoli nei quali i loro antenati erano vissuti in essa sia poiché la città era divenuta celebre appunto per questa devozione. Ispirati da simili illusioni e menzogne, costoro ritenevano di non poter stare senza la loro divinità e senza elevarle luoghi di culto nel centro che ne era stato come la fonte e l'origine, poi imitato dalle altre regioni. L'ignoranza dell'autentico Dio nei pagani portò a tanto che ci fu bisogno di parecchi an­ni per farlo conoscere loro e per sradicare la zizzania di quella falsa religione, specialmente fra i romani e fra i gre­ci, che si reputavano i più saggi e avveduti.

447. Quindi, nella Vergine si accrebbe il desiderio di af­faticarsi per l'esaltazione del nome di Cristo e per la pro­pagazione della fede, perché si raccogliesse il frutto della sconfitta dei serpenti, ed ella moltiplicò le preghiere a que­sto fine. Un giorno i custodi, in forma visibile, le comuni­carono: «Nostra Regina, il Signore degli eserciti superni co­manda che vi conduciamo all'empireo, presso il suo trono, dove egli vi convoca». Rispose: «Ecco la sua serva: si com­pia in me la sua volontà». Immediatamente l'accolsero su un seggio di luce e la sollevarono sino al cospetto della Tri­nità, che non le si mostrò intuitivamente bensì astrattiva­mente. Ella si prostrò e adorò il suo essere immutabile con profonda umiltà. Il Padre le si rivolse così: «Mia diletta e colomba mansuetissima, i vostri accesi aneliti e gemiti per la mia magnificazione sono giunti al mio orecchio, le vo­stre suppliche per i credenti sono accette ai miei occhi e mi obbligano ad usare misericordia e clemenza. In ricompen­sa del vostro amore vi do un'altra volta la mia parola, con la quale voi difendiate il mio onore, annientiate i tentatori e la loro tenace superbia umiliandoli e calpestandone la cer­vice, proteggiate la mia Chiesa con le vostre vittorie ed ac­quistiate altri benefici per i suoi figli e vostri fratelli».

448. Maria esclamò: «È davanti a voi, o sommo sovra­no, la più piccola tra tutti, con il cuore pronto a qualsia­si cosa vorrete per la vostra gloria: si compia in me la vo­stra volontà». L'Eterno soggiunse: «Sia noto alla mia cor­te che io vi dichiaro guida e capo delle mie milizie, non­ché trionfatrice su coloro che mi sono ostili, perché li de­belliate nobilmente». Questo fu confermato dalle altre due Persone e tutti i beati e gli angeli proclamarono: «Si com­pia nel cielo e sulla terra la vostra volontà». Subito l'Al­tissimo chiese ai diciotto serafini più eccelsi che l'uno do­po l'altro secondo il loro ordine la decorassero ed attrez­zassero per il duello con satana. In tale circostanza si adempì misteriosamente quello che afferma il libro della Sapienza: Armerà il creato per castigare i nemici , e il resto che lì si assicura. Dapprima uscirono sei di essi e la rive­stirono con un certo lume come di impenetrabile corazza, che palesava agli eletti la sua perfezione e la sua giustizia tanto invulnerabile da assomigliare in modo ineffabile so­lo alla fortezza dello stesso Onnipotente, che tutti ringra­ziarono per questa meraviglia.

449. Ne vennero poi ancora sei, i quali, obbedendo a sua Maestà, aggiunsero un altro lume, che fu come uno splendore divino di cui le fregiarono il candido volto e che impediva ai demoni di guardarla; dunque, anche se le si avvicinavano per sedurla, non poterono mai fissare il suo viso, ed era proprio perché fosse loro nascosta che era sta­to realizzato quel prodigio. Infine, seguirono gli ultimi sei, che, incaricati di fornire strumenti offensivi a colei che ave­va la responsabilità di combattere per il supremo Re, po­sero in tutte le sue facoltà nuove qualità ed una virtù pro­porzionata ai doni concessi. Così, le fu accordata la pote­stà di ostacolare, trattenere ed arrestare a suo piacimento persino i più intimi pensieri e sforzi dei ministri di Luci­fero, che erano soggetti al suo volere senza la capacità di contravvenire alle sue intimazioni, e tuttora se ne avvale spesso a vantaggio dei fedeli e dei suoi devoti. Sia il Pa­dre sia il Figlio sia lo Spirito approvarono tutto l'orna­mento e il suo significato, attestando che otteneva in quel­la maniera la partecipazione degli attributi che sono rife­riti a ciascuno di loro, affinché tornasse con essi alla co­munità ecclesiale e abbattesse gli avversari.

450. Quindi, le impartirono la benedizione per licen­ziarla ed ella li riverì con straordinaria venerazione, prima di essere riportata nel suo oratorio dai custodi, che stupe­fatti per tali opere dicevano: «Chi è costei, che scende dal­le altezze tanto innalzata e ricca a lottare per il nome di Dio? Come è impreziosita e bella per guerreggiare le sue battaglie! O Principessa eminentissima, camminate ed avanzate prosperamente con la vostra leggiadria, proce­dete e dominate su ogni essere, e tutti lodino ed esaltino il loro Autore, che manifesta la sua generosità e il suo vi­gore nei favori che vi fa. Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti e in voi sarà benedetto da tutte le genera­zioni». Appena arrivata si stese al suolo e, stretta alla pol­vere, espresse umilmente gratitudine come era solita fare quando riceveva simili elargizioni.

451. La prudentissima Madre rimase per un po' a me­ditare e a disporsi all'imminente conflitto. Mentre era pre­sa da siffatte considerazioni, osservò che saliva dagli abis­si un drago rosso e spaventoso con sette teste, da ognuna delle quali emetteva fumo e fuoco con estremo sdegno e impeto, accompagnato da molti sotto la stessa forma. La visione fu tanto orribile che nessun altro vivente l'avrebbe potuta tollerare senza morire e si rivelò necessario che la Vergine vi fosse stata preparata e fosse stata resa invinci­bile per accettare lo scontro con quelle cruentissime bestie infernali. Queste si diressero tutte verso di lei e la minac­ciarono con furiosa rabbia e con urla: «Andiamo, andiamo ad annientare la nostra rivale. Abbiamo avuto il permesso di circuirla e di attaccarla: facciamola finita, vendichiamoci dei danni che sempre ci ha procurato e dell'essere stati pre­cipitati dal tempio della nostra Diana, ormai distrutto. An­diamo noi ora a distruggere lei: ella è una semplice don­na, e noi siamo spiriti saggi, astuti, potenti e non c'è nul­la da temere in una creatura terrena».

452. Tutte quelle schiere si presentarono con il loro ca­po provocandola a duellare. Siccome il peggior veleno di questo serpente è la superbia, per mezzo della quale ordi­nariamente introduce gli altri vizi per prostrare innumere­voli anime, stimò di iniziare da essa, colorandola in modo adeguato allo stato eccelso in cui la supponeva collocata. Allo scopo egli e i suoi si trasformarono in angeli di luce e così le si mostrarono, credendo che non li avesse scorti e riconosciuti come diavoli, nel loro aspetto proprio e le­gittimo. Incominciarono a elogiarla e adularla: «O Maria, siete grande, valorosa e forte, e il mondo intero vi onora e vi celebra per le magnifiche doti che in voi ravvisa e per le eccezionali meraviglie che compite con esse. Siete ben de­gna di questa fama, giacché non c'è alcuno pari a voi; noi ne siamo consapevoli più di tutti e quindi lo confessiamo e acclamiamo le vostre prodezze». Satana, mentre affer­mava le false verità sopra enunciate, proiettava nella sua immaginazione tentazioni di orgoglio e di presunzione, che però, invece di inclinarla o muoverla al piacere o al con­senso, furono vivi dardi di dolore che le trapassarono il can­dido e innocentissimo cuore. Non avrebbe sofferto per tut­ti i tormenti dei martiri come per queste lusinghe e, per confonderle, fece anche atti di umiltà, abbassandosi in maniera tanto mirabile ed efficace che i nemici non resistet­tero e non poterono trattenersi ulteriormente, perché fu sta­bilito che li percepissero. Fuggirono con terribili grida e di­chiarando: «Sprofondiamo nei nostri antri, poiché quel luo­go di scompiglio ci strazia in misura minore dell'insoppri­mibile modestia di costei». Dunque la lasciarono ed ella rin­graziò l'Eterno per il beneficio di tale vittoria.

 

Insegnamento della Regina del cielo

453. Figlia mia, fa parte della protervia di Lucifero pro­vare a conquistare qualcosa che egli stesso comprende im­possibile, che cioè i giusti gli siano soggetti come lo sono a Dio, per farsi simile a lui; ma non riesce a conseguire questo effetto, che contiene in sé una contraddizione, per­ché l'essenza della santità consiste nel conformarsi alla vo­lontà celeste amando l'Altissimo più di tutte le cose ed ob­bedendogli, e il peccato nell'allontanarsi da essa amando altro e obbedendo al demonio. Il decoro e la convenienza della virtù sono così corrispondenti alla ragionevolezza che neppure il maligno può negarli, per cui vorrebbe rovina­re i probi, invidioso e furibondo di non potersi avvalere di loro e smanioso di privare sua Maestà della gloria che ha nei beati per impossessarsene. Si affatica per far ca­scare ai suoi piedi qualche cedro del Libano sublime nel­la perfezione e per far discendere ad essere suoi schiavi coloro che sono stati servitori del sommo Re, impiegando in questo tutta la sua cura, la sua sagacia e la sua vigi­lanza. Dal medesimo ardente anelito gli nasce l'ansia di far sì che gli vengano dedicate delle prerogative morali, benché soltanto di nome come fanno gli ipocriti e come facevano le vergini di Diana, dato che gli sembra di par­tecipare di quello che il Signore brama e di macchiare e pervertire ciò di cui egli si compiace per comunicare la propria purezza.

454. Sappi che i raggiri e i lacci dei quali il drago si arma per corrompere i retti sono tanti che senza uno spe­ciale favore superno non si possono discernere e ancor me­no superare, liberandosi dalle sue reti e dai suoi tradimenti. Intanto l'Onnipotente desidera che la creatura, per assicu­rarsi questa protezione, non sia nella trascuratezza né con­fidi in se stessa né cessi mai di domandarla e cercarla, poi­ché indubbiamente da sola non può niente e subito perirà. La sua clemenza è notevolmente obbligata dal fervore e dalla pronta devozione, e soprattutto dalla perseverante sot­tomissione e docilità, che aiutano ad avere costanza e fer­mezza nell'opporsi all'avversario. Ti avverto, non per af­fliggerti ma perché tu usi cautela, che sono assai rare le opere lodevoli nelle quali il serpente non sparga il suo ve­leno per infettarle; infatti, generalmente procura con estre­ma astuzia di sollecitare delle tendenze che quasi occulta­mente si tirano dietro o fanno traboccare un po' l'inten­zione, affinché la persona non agisca esclusivamente per il suo sovrano e per il bene, dal momento che ogni aspira­zione diversa la vizia del tutto o parzialmente. E, siccome questa zizzania è mescolata con il frumento, al principio si individua difficilmente, se non ci si spoglia completa­mente degli affetti umani e non si esaminano le azioni al chiarore dell'illuminazione divina.

455. Tu sei informata della minaccia e della partico­lare solerzia del diavolo contro di te; non sia allora mi­nore la tua contro di lui: non ti fidare del semplice aspet­to di buona intenzione perché essa, per quanto genuina, non basta, e non sempre la si riconosce. Spesso satana con tale velo trae in inganno, proponendo qualche fine apparentemente valido o molto remoto per introdurre in qualche pericolo prossimo, e succede che quando si è ca­duti in esso non si ottiene quello che con imbroglio ci aveva inizialmente mossi. Altre volte egli per mezzo del­la buona intenzione non permette di considerare le circostanze che rendono gli atti non avveduti e mancanti. Altre poi, sotto un'intenzione che pare buona, si celano delle inclinazioni terrene, che segretamente portano via il meglio del cuore. Fra tanti rischi, il rimedio è pondera­re il proprio comportamento nello splendore che l'Eterno infonde nella parte più elevata dell'anima, grazie al qua­le si intende come distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, la menzogna dalla verità, l'amarezza delle pas­sioni dalla dolcezza della ragione. Se procederai in que­sto modo, la luce che è in te non avrà alcuna porzione di tenebra, il tuo occhio sarà sincero e monderà l'intero corpo delle tue attività, e tu sarai tutta e in tutto gradi­ta al tuo Dio e a me.