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Si narrano gli eventi concernenti la sepoltura del sacro cor­po di Maria santissima.

CAPITOLO 20

Si narrano gli eventi concernenti la sepoltura del sacro cor­po di Maria santissima.

 

747. Affinché i fedeli non rimanessero oppressi - ed al­cuni di essi non morissero - a causa del dolore che pro­varono per il transito della beatissima Signora, fu indi­spensabile che la potenza divina li consolasse con speciale provvidenza, comunicando un particolare coraggio con il quale i cuori si dilatassero nella loro incomparabile af­flizione. Dal momento che la mancanza di fiducia di po­ter mai compensare quella perdita nella vita presente non ammetteva conforto, la privazione di quel tesoro non ave­va rimedio e la dolcissima e piacevolissima vicinanza e af­fabilità della Regina aveva rapito l'amore di ciascuno, tut­ti senza di lei furono come senza anima e senza respiro; ma Dio, che sapeva la ragione di così giusta sofferenza, li assistette in essa e con la sua forza li animò segretamen­te, perché non venissero meno e fossero in grado di occu­parsi di quanto conveniva disporre in ordine al sacro cor­po e di tutto quello che la situazione richiedeva.

748. Gli apostoli, ai quali principalmente spettava que­sto compito, pensarono senza indugio ad assolverlo e de­stinarono alle spoglie un sepolcro nuovo, che era stato mi­steriosamente preparato dall'Unigenito nella valle di Gio­safat. Ricordandosi che le membra di sua Maestà erano state cosparse di unguenti preziosi e aromatici secondo il costume dei giudei, ed avvolte nella sindone e nel sudario, giudicarono di dover fare lo stesso con quelle di sua Ma­dre. A tale scopo, chiamarono le due giovani che si erano prese cura di lei ed erano state nominate eredi delle sue inestimabili tuniche, e le invitarono ad ungerle con som­mo rispetto e a metterle in un lenzuolo, per poi deporle nel feretro. Esse si introdussero con grande timore nell'o­ratorio, dove la venerabile defunta stava sulla sua predel­la, ma la luce che la circondava le trattenne e offuscò lo­ro gli occhi in maniera che non riuscirono a sfiorarla, né a vederla, né a capire in che punto preciso si trovasse.

749. Uscirono con riverenza ancora maggiore, e con im­menso stupore e sconcerto dettero ragguaglio dell'accadu­to agli Undici, che conferirono tra loro e non senza un'i­spirazione superiore conclusero che bisognava evitare il contatto con quella santa arca dell'alleanza, che non andava trattata nel modo comune. Entrarono subito Pietro e Giovanni, che contemplarono lo splendore e contempora­neamente udirono la celeste musica dei ministri superni, alcuni dei quali intonavano: «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te», mentre altri replicavano: «Vergine pri­ma del parto, durante il parto e dopo il parto»; da allora si sviluppò in parecchi figli della comunità primitiva la de­vozione per quest'ultimo elogio, che si è trasmesso per tra­dizione ed è giunto sino a noi, confermato dalla Chiesa. Stettero per un po' attoniti a motivo dell'ammirazione per ciò che ascoltavano e osservavano, e per deliberare come comportarsi si inginocchiarono in preghiera, domandando di essere illuminati. Intesero immediatamente una voce che diceva: «Non si scopra né si tocchi il sacro corpo».

750. Ebbero dunque intelligenza della volontà dell'Altis­simo e portarono prontamente una bara. Essendosi consi­derevolmente moderato il fulgore, si accostarono alla Prin­cipessa e con profondo ossequio sollevarono le vesti dai la­ti, senza scomporle affatto, e ve la collocarono nella mede­sima posizione. Fu per loro semplice, poiché non sentiro­no peso e con il tatto non avvertirono altro se non lievis­simamente il solo abito. Quindi, si attenuò ulteriormente la radiosità e tutti ravvisarono la bellezza del candidissimo volto e delle mani, avendo l'Eterno stabilito così perché fos­se alleviata la loro pena; per il resto, il sublime talamo del­la sua dimora fu tenuto celato, affinché né in vita né in morte si scorgessero altre parti che quelle necessarie: il vol­to per conoscerla e le mani con le quali aveva lavorato.

751. Tanta fu l'attenzione che il Maestro ebbe per il de­coro della nostra sovrana che mostrò meno zelo per il pro­prio corpo divinizzato che per il suo. La fece simile a sé nella concezione immacolata, nonché nella venuta al mon­do per quanto concerne il non permettere che percepisse attraverso i sensi il modo naturale della nascita; inoltre, la preservò dalle tentazioni di impurità. Nel nascondere il suo corpo, però, si regolò con lei, che era donna, differente­mente che con se stesso, giacché egli era uomo e redento­re per mezzo della sua passione, e peraltro la castissima Regina lo aveva supplicato di concederle che nessuno lo guardasse dopo il suo transito. Gli apostoli provvidero alla sepoltura e, con la loro diligenza e la pietà dei credenti, fu raccolta una rilevante quantità di lumi, che per un mira­colo, pur stando accesi per quella giornata e per le due se­guenti, non si estinsero né si consumarono minimamente.

752. Perché questo e molteplici altri portenti che il suo braccio compì in tale occasione fossero più noti, Dio mos­se tutti gli abitanti della città ad accorrere e, sia tra i giu­dei sia tra i gentili, rimase appena qualcuno che non as­sistesse al singolare spettacolo. Quei nuovi sacerdoti della legge evangelica alzarono colei che era tabernacolo di sua Maestà, sorreggendo sulle loro spalle il propiziatorio dei suoi oracoli e dei suoi favori, e partirono ordinatamente in processione diretti alla valle di Giosafat. Questo era il corteo visibile, ma ve ne era anche uno invisibile: davanti a tutti camminavano i mille custodi, i quali continuavano a cantare le loro melodie, che erano udite da molti e che durarono ininterrottamente per tre giorni con incompara­bile dolcezza; erano poi scese dalle altezze varie legioni an­geliche con gli antichi padri e profeti, e specialmente con Gioacchino, Anna, Giuseppe, Elisabetta, il Battista e diversi altri beati che Gesù aveva inviato alle esequie.

753. Avanzarono così e per via avvennero eccezionali prodigi, la cui spiegazione renderebbe indispensabile di­lungarsi non poco. In particolare, tutti gli ammalati furo­no perfettamente guariti e numerosi indemoniati furono li­berati senza che i diavoli avessero l'ardire di aspettare che le persone che possedevano si avvicinassero. Più mirabili furono gli eventi che si verificarono nella conversione del­le anime, poiché si spalancarono i tesori della misericor­dia e tanti vennero alla cognizione di Cristo, nostro bene, confessandolo apertamente come vero Signore e salvatore e chiedendo il battesimo; perciò, per più giorni ci fu da fa­ticare nel catechizzare e nell'amministrare quel sacramen­to a quanti avevano aderito alla fede. Nel trasportare il fe­retro gli apostoli sperimentarono effetti straordinari di lu­ce e di consolazione, e ne parteciparono pure i discepoli. La gente era stupita per il profumo, per la musica e per altri segni sorprendenti, e tutti proclamavano il Creatore immensamente potente nella Vergine, percuotendosi il pet­to con compunzione in attestazione di questo.

754. Quando furono giunti, Pietro e Giovanni, che aveva­no già posto la preziosa gemma nella bara, la tolsero da es­sa con la medesima riverenza e facilità, l'adagiarono nella for­tunata tomba e la coprirono con un telo. In tutto ciò opera­rono più le mani degli spiriti superni che le loro. Fu messo un masso dinanzi all'ingresso, come era consuetudine fare, e restarono di guardia soltanto i mille angeli di Maria, mentre gli altri risalirono all'empireo. La folla si disperse, e gli apo­stoli e i discepoli rientrarono tra tenerissime lacrime alla ca­sa del cenacolo, in cui si conservò per un anno intero il soa­vissimo odore delle sacre spoglie, e nell'oratorio addirittura per parecchi anni. Quel santuario fu luogo di rifugio in ogni necessità per coloro che vi cercavano rimedio, perché cia­scuno ve lo trovava tanto nelle infermità quanto nelle altre tribolazioni e calamità, ma le colpe di Gerusalemme, fra i ca­stighi che meritarono, dopo un certo tempo comportarono anche la privazione di un beneficio così stimabile.

755. Appena furono arrivati lì, stabilirono che qualcuno di loro stesse al sepolcro finché non fosse cessata la divina armonia, poiché attendevano la fine di questa meraviglia. Dunque, alcuni si occuparono di chi aveva abbracciato il Vangelo e altri si recarono nuovamente presso la tomba, che in quei tre giorni fu frequentata da tutti. I più assidui fu­rono Pietro e Giovanni, i quali, benché talora se ne allon­tanassero, tornavano subito dove era il loro cuore. Non omisero di porgere l'estremo saluto alla Signora dell'universo neppure gli animali, giacché il cielo si riempì di uccelli pic­coli e grandi e dalle montagne si precipitarono velocemen­te giù molte bestie e fiere: gli uni con mesti cinguettii, le al­tre con guaiti e muggiti e tutti con movimenti dolorosi, sof­frendo la comune perdita, mostravano la loro angustia. So­lo qualche giudeo incredulo, più duro delle pietre e più cru­dele delle belve, non manifestò tale sentimento, come non lo aveva manifestato per il proprio Redentore.

 

Insegnamento della Regina del cielo

756. Figlia mia, con la memoria della mia morte fisica e della sepoltura del mio corpo, esigo che sia fissata e con­fermata la tua morte e sepoltura al mondo, che deve es­sere il frutto primario dell'essere stata illuminata sulla mia storia e dell'averla narrata. Nel corso del racconto ti ho so­vente palesato questo desiderio e ti ho avanzato questa ri­chiesta, affinché non ti renda inutile il favore che hai ri­cevuto per benignità dell'Altissimo e mia. È brutta cosa che un membro della Chiesa, dopo essere morto al peccato e rinato in Cristo mediante il battesimo ed aver appreso che sua Maestà fu crocifisso per lui, ricada nell'errore; ma co­sa ben peggiore è il fatto che ciò accada in coloro che per speciale grazia sono scelti ed eletti per essere suoi amici carissimi, come quanti a tale scopo si dedicano e consa­crano al suo servizio negli ordini religiosi, secondo i dif­ferenti stati e le differenti condizioni.

757. In loro, vizi come la superbia, la presunzione, l'al­terigia, la mancanza di mortificazione, l'ira, l'avidità, l'im­purità della coscienza e altri ancora fanno inorridire l'Eter­no e i beati, che sono costretti a distogliere lo sguardo da simili mostruosità, più sdegnati e offesi di quando le ri­scontrano in soggetti diversi. Pertanto, il mio Unigenito ri­pudia numerose anime che ingiustamente portano il nome di sue spose, abbandonandole al loro malvagio consiglio, perché hanno infranto slealmente il patto di fedeltà con­tratto con lui e con me nella loro vocazione e professione. Se tutti devono temere questa sventura per evitare di com­mettere un così terribile tradimento, rifletti su quanto sare­sti spregevole ai suoi occhi qualora te ne macchiassi. È ora che tu muoia completamente ad ogni realtà visibile, e che siano sepolti il tuo corpo nella conoscenza e nell'annienta­mento di te stessa e la tua anima nell'essere di Dio. La tua vita è finita per il secolo e tu sei ormai distaccata da esso, e io sono il giudice di questa causa. Non hai più nulla a che fare con quelli che abitano sulla terra, né costoro con te, e bisogna che lo scrivere e il morire siano in te una medesi­ma cosa, come spesso ti ho raccomandato e tu hai ripetu­tamente promesso nelle mie mani con sincere lacrime.

758. Bramo che questa sia la prova del mio insegnamento e la testimonianza della sua efficacia, e non ammetterò che tu la discrediti in mio disonore, ma procurerò che tutte le creature intendano la forza del mio esempio e della mia dot­trina verificata nei tuoi atti. Non ti gioverai dei tuoi ragio­namenti, del tuo volere e ancor meno delle tue inclinazioni e passioni, poiché tutto questo in te ha già avuto termine; tua legge saranno la volontà dell'Onnipotente, la mia e quel­la dell'obbedienza, e, affinché attraverso tali mezzi tu non sia mai all'oscuro di ciò che è più santo e gradito al Signore, egli l'ha disposto di persona, tramite me, i suoi angeli e chi ti governa. Non allegare ignoranza, pusillanimità, fiacchez­za e codardìa, misura il tuo debito, sii attenta alla luce in­cessante e opera con la grazia che ti è data, giacché con tanti benefici non vi è croce pesante per te né morte così amara che non sia tollerabile e amabile. In questa risiede ogni tuo bene e deve consistere il tuo diletto, perché, se non morirai interamente a tutto, i tuoi sentieri saranno disse­minati di spine e non giungerai alla perfezione cui aneli né all'eccellenza cui sei chiamata.

759. Se il mondo non si dimentica di te, dimenticati tu di lui; se non ti lascia, rammenta che fosti tu a lasciarlo e io te ne allontanai; se ti viene dietro, fuggilo; se ti lusin­ga, aborriscilo; se ti disprezza, sopportalo; se ti cerca, non ti trovi che per glorificare in te il sommo sovrano. Per il resto, non ricordartene più di quanto i vivi sogliono ri­cordarsi dei morti e scordatene come i morti si scordano dei vivi, e non avere con nessuno più rapporto di quello che hanno fra loro i vivi e i morti. Non ti sembrerà ec­cessivo che ti abbia frequentemente ribadito questo am­monimento all'inizio, nel mezzo e alla fine della presente Storia, se pondererai l'importanza di metterlo in pratica. Considera le persecuzioni che nascostamente ti ha ordito il demonio avvalendosi della gente, sotto vari aspetti e con vari pretesti. Il Redentore ha permesso ciò per vagliarti e per donarti il suo soccorso; tu, da parte tua, mostra che ne sei consapevole e sai che è grande il tesoro e che lo cu­stodisci in un vaso fragile, mentre l'inferno cospira e si solleva contro di te. Sei nella carne peritura, circondata e combattuta da astuti nemici. Sei sposa di Gesù e io sono tua Madre e maestra. Renditi dunque conto della tua mi­seria e debolezza, e corrispondi come figlia carissima e di­scepola docile e irreprensibile in tutto.