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Si narra il felicissimo e glorioso transito di Maria santissi­ma

CAPITOLO 19

Si narra il felicissimo e glorioso transito di Maria santissi­ma, e come gli apostoli e i discepoli arrivarono a Gerusa­lemme prima che avvenisse e vi furono presenti.

 

732. Già si avvicinava il giorno stabilito perché la viva e vera arca dell'alleanza fosse collocata nel tempio della celeste Gerusalemme, con maggior splendore e giubilo di quello con cui la sua figura era stata fatta introdurre da Salomone nel santuario, sotto le ali dei cherubini. Tre gior­ni prima del felicissimo transito, gli apostoli e i discepoli si trovarono riuniti nella casa del cenacolo. Arrivò innan­zitutto Pietro, trasportato da un angelo che gli era appar­so a Roma e, annunciandogli che era ormai imminente la dipartita di Maria beatissima, gli aveva comandato da par­te del Salvatore di esservi presente. La sovrana del mondo stava ritirata nel suo oratorio, con le energie corporali al­quanto abbandonate a quelle dell'amore dell'Altissimo, poi­ché, essendo tanto prossima all'ultimo fine, partecipava con più efficacia delle sue qualità.

733. Ella gli andò incontro sulla porta della propria stanza e, postasi ai suoi piedi, gli domandò la benedizio­ne e proclamò: «Ringrazio e lodo l'Onnipotente per aver­mi condotto qui il mio Santo Padre, affinché mi assista nell'ora della morte». Entrò poi Paolo, e anch'egli ebbe la medesima dimostrazione di rispetto e del piacere che ave­va di vederlo. La salutarono come Madre di Dio, loro re­gina e signora di ogni realtà creata, con non meno soffe­renza che venerazione, sapendo di essere accorsi al suo fortunato trapasso. Fecero lo stesso gli altri, che giunsero dopo di loro e furono accolti con profonda sottomissione, riverenza e dolcezza. Per ordine di lei, Giovanni e Giaco­mo il Minore provvidero ad alloggiarli tutti comodamente.

734. Alcuni di essi, che erano stati accompagnati dai ministri superni ed informati del motivo della loro venu­ta, si infervorarono con immensa tenerezza considerando che sarebbero stati privati della loro unica difesa e conso­lazione, e sparsero abbondanti lacrime. Altri, invece, erano all'oscuro di tutto, giacché non avevano ricevuto un av­viso esteriore, ma solo ispirazioni interiori con un soave e forte impulso, grazie al quale avevano conosciuto che era volontà divina che si recassero immediatamente là; subito interrogarono il capo della Chiesa per essere rischiarati su quanto stava accadendo, perché giudicavano concorde­mente che se non ci fosse stata una novità non avrebbero avvertito una simile spinta, ed egli li radunò e parlò: «Miei figli e fratelli, sua Maestà ci ha chiamato e raccolto da luo­ghi così remoti per una causa grande e di nostro sommo dolore. Intende portare senza più indugio al trono della sua gloria colei che è nostra guida, nostra protezione e no­stro conforto, e ha determinato che le stiamo accanto in questo momento. Quando ascese alla destra dell'Eterno, pur restando orfani della sua adorabile vicinanza, ci fu la­sciata la Vergine come nostro rifugio e ristoro nell'esisten­za terrena; ma adesso che la nostra luce si allontana, che cosa faremo? Quale sollievo avremo? E quale speranza, che ci rincuori nel nostro pellegrinaggio? Non ne scopro altra se non quella che certamente un giorno la raggiungeremo».

735. Non riuscì a continuare, impedito dai gemiti e dai singhiozzi che non fu in grado di trattenere, e nessuno poté aprir bocca per un buono spazio di tempo, durante il qua­le tutti piansero copiosamente. Appena si fu fatto animo per riprendere il discorso, soggiunse: «Affrettiamoci ad en­trare al suo cospetto: stiamo con lei nel breve tratto di cammino che le rimane e chiediamole di concederci la sua benedizione». Lo seguirono dalla loro Maestra, che era in ginocchio su una piccola predella che teneva per reclinar­si allorché riposava un po', e la scorsero bellissima, piena di fulgore e scortata dai mille custodi.

736. Dall'età di trentatré anni non aveva subito cambia­menti nel suo corpo e nel suo volto, sacri e castissimi, né aveva sentito gli effetti della vecchiaia, né aveva avuto mai rughe, né era divenuta più debole, né era dimagrita, come suole avvenire agli altri discendenti di Adamo, che perdono vigore e si sfigurano rispetto a come erano nella gioventù o nella maturità. Questa immutabilità fu un suo privilegio sin­golare, sia perché corrispondeva alla stabilità della sua pu­rissima anima, sia perché derivò dalla sua immunità dal pec­cato originale, le cui conseguenze non arrivarono a sfiorar­la. Tutti si posero con ordine presso di lei, e Pietro e Gio­vanni si misero al capezzale. Maria, osservandoli con la sua consueta modestia e deferenza, si rivolse loro così: «Caris­simi, date licenza alla vostra ancella di manifestarvi i suoi desideri». Il principe del collegio apostolico affermò che le avrebbero prestato ogni attenzione e avrebbero adempiuto ogni suo comando, ma la invitava a sedersi; gli pareva, in­fatti, che dovesse essere assai affaticata per essere stata tan­to a lungo in tale posizione, che, se era opportuna per pre­gare, non lo era per conversare con loro.

737. Ella, che era Regina dell'umiltà e dell'obbedienza, decisa a praticare queste virtù fino alla morte e anche in quell'ora, asserì che li avrebbe ascoltati in quanto le do­mandavano e li implorò di benedirla. Con il consenso del vicario di Cristo, si genuflesse davanti a lui e dichiarò: «Si­gnore, in qualità di pastore universale, vi supplico di im­partirmi la benedizione a nome vostro e della Chiesa e di perdonarmi se vi ho poco servito nella mia vita, affinché salga a quella imperitura. Qualora sia di vostro gradimen­to, permettete che Giovanni disponga delle mie vesti, che consistono in due tuniche, donandole a delle donne pove­re che mi hanno costantemente legato a sé con la loro bontà». Quindi, prona ai suoi piedi, li baciò con fiumi di lacrime e con non minore meraviglia che commozione di tutti. Passò al prediletto e, stando abbassata, gli disse: «Scu­satemi se non ho esercitato come avrei dovuto l'incarico che il mio Unigenito mi affidò quando dalla croce nominò voi mio figlio e me vostra madre. Con ossequio e gratitu­dine vi rendo grazie per la pietà con la quale mi avete as-

sistito. Beneditemi per la mia partenza verso colui che mi ha creata, per gioire perennemente della sua compagnia».

738. Si accomiatò allo stesso modo da ciascuno degli apostoli e da alcuni discepoli, e successivamente dai nu­merosi circostanti insieme. Terminato ciò, si alzò e pro­clamò: «Siete stati ininterrotamente incisi nel mio intimo e vi ho voluto teneramente bene con l'ardore comunicato­mi dal mio Gesù, che ho sempre visto in voi come in suoi eletti e amici. Per suo beneplacito vado alle dimore cele­sti, dove vi prometto di avervi presenti nel nitidissimo chia­rore dell'Onnipotente, la cui contemplazione bramo ed at­tendo con sicurezza. Vi raccomando la comunità ecclesia­le, l'esaltazione dell'Altissimo, la propagazione del Vange­lo, la stima e l'apprezzamento degli insegnamenti del Re­dentore, la memoria delle sue opere e della sua passione e l'attuazione dei suoi precetti. Amate la Chiesa e amatevi gli uni gli altri con quel vincolo di carità e di pace che ave­te appreso dal vostro Maestro. E nelle vostre mani, o pon­tefice, rimetto Giovanni e gli altri».

739. Tacque e le sue espressioni, come dardi di fuoco di­vino, penetrarono nei cuori liquefacendoli; tutti, prorom­pendo in dimostrazioni di incontenibile dolore, si prostra­rono al suolo e con i loro singhiozzi toccarono profonda­mente la dolcissima Vergine. Anch'ella pianse, non impo­nendosi di resistere a così amari e appropriati gemiti, e poi li esortò a raccogliersi silenziosamente in orazione con lei e per lei. In tale placida quiete venne il Verbo incarnato su un trono d'ineffabile splendore, scortato da tutti i santi di natura umana e da tantissimi angeli di ogni coro, riem­piendo di luce la casa del cenacolo. L'innocentissima so­vrana delle altezze lo adorò, gli baciò i piedi e, stesa al suo cospetto, compì l'estremo atto di riconoscenza e di umiliazione della sua esistenza terrena, annientandosi e piegan­dosi sino alla polvere più quanto non abbiano mai fatto né faranno mai tutti gli uomini dopo aver peccato. Egli la be­nedisse e le parlò: «Mia carissima, che ho scelto come mia abitazione, è giunta per voi l'ora di essere introdotta nella gloria del Padre e mia, dove è preparata alla mia destra la sede di cui godrete per l'eternità. Poiché come Madre mia vi feci entrare nel mondo libera ed esente dalla colpa, nep­pure adesso che ne uscite la morte ha diritti su di voi: se non volete passare per essa, venite con me a prendere pos­sesso di quello che avete largamente meritato».

740. Con volto lieto gli rispose: «Mio Signore, vi scon­giuro che la vostra ancella acceda alla vita beata attraver­sando la porta comune della morte come gli altri discen­denti di Adamo. Voi che siete mio vero Dio la soffriste sen­za esservi obbligato ed è giusto che, come ho cercato di seguirvi nella vita, vi segua anche nella morte». Il Salva­tore approvò il suo sacrificio e affermò che si sarebbe adempiuto ciò che desiderava. Subito i ministri superni co­minciarono a intonare con sublime armonia qualche ver­setto del Cantico dei cantici e altri nuovi. Sia gli Undici e i discepoli sia molti devoti li percepirono con i sensi, ben­ché soltanto alcuni apostoli, tra i quali Giovanni, fossero illuminati in maniera singolare sulla presenza di Cristo, mentre gli altri avvertivano dentro di sé straordinari ed ef­ficaci effetti. Si diffuse una fragranza inebriante, che as­sieme alla musica si sentiva fin dalla strada; inoltre, tutti videro il mirabile fulgore che avvolgeva quel luogo e sua Maestà dispose che, affinché fosse testimone di una simi­le meraviglia, accorresse tanta gente da occupare le vie.

741. Quando udì la melodia, Maria si reclinò sulla sua predella, con la tunica come unita alla sua persona, con le mani giunte e lo sguardo fisso su suo Figlio, e completa­mente accesa nel suo fervore. Alle parole “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata”, ella pronunciò quelle del suo Unigenito sul duro legno: «Padre, nelle tue mani con­segno il mio spirito». Quindi, chiuse i suoi purissimi oc­chi e spirò. La malattia che le fu fatale fu l'amore, senza indisposizioni o malesseri, e il suo transito avvenne allor­ché il potere del Creatore sospese l'intervento miracoloso con cui conservava le sue forze in modo che non fossero dissolte dalle fiamme provocate dal suo ardore, permet­tendo a queste di consumare la linfa del cuore.

742. La sua candida anima lasciò il castissimo corpo e in un istante fu collocata con immenso onore accanto a Gesù. Immediatamente, le note celesti iniziarono ad al­lontanarsi nell'aria, perché quella solenne processione si avviò verso l'empireo. Il sacro corpo, che era stato tempio e tabernacolo del Dio vivente, restò pieno di radiosità e profumava al punto che coloro che lo attorniavano erano colmati di soavità interiore ed esteriore. I mille custodi del­ la Regina si fermarono a proteggere tale inestimabile te­soro, mentre i fedeli, tra lacrime di afflizione e di giubilo per i prodigi che contemplavano, rimasero per un po' di tempo come assorti e poi elevarono numerosi inni e salmi in suo ossequio. Ciò accadde di venerdì, alle tre del po­meriggio, alla stessa ora in cui aveva esalato l'ultimo re­spiro il nostro Redentore. Era il tredici agosto ed ella ave­va settant'anni, meno i ventisei giorni che intercorrono tra questa data e l'otto settembre. Dopo la crocifissione del no­stro Maestro si trattenne quaggiù ventuno anni, quattro mesi e diciannove giorni, e mori cinquantacinque anni do­po il suo parto verginale. Il calcolo si fa facilmente così: aveva quindici anni, tre mesi e diciassette giorni alla na­scita del Signore, che fu ucciso a trentatré anni e tre mesi, cioè quando ella aveva quarantotto anni, sei mesi e di­ciassette giorni; se a questi si aggiungono altri ventuno an­ni, quattro mesi e diciannove giorni, si hanno i settant'anni meno venticinque o ventisei giorni.

743. In quell'occasione si verificarono grandi portenti. Il sole si eclissò e nascose la sua luce in segno di lutto per alcune ore; parecchi uccelli di diverse specie volarono al­la casa e resero alla Principessa il loro omaggio funebre con canti di lamento e con gemiti, che suscitavano il pian­to in chiunque li ascoltava; si commosse l'intera Gerusa­lemme e molti arrivavano stupiti, confessando ad alta vo­ce la potenza dell'Eterno e la magnificenza delle sue ope­re; altri apparivano attoniti e come fuori di sé, e i credenti si struggevano tra singhiozzi e sospiri; vennero anche tan­ti infermi e furono guariti; uscirono dal purgatorio quan­ti vi si trovavano. L'evento più eccezionale riguardò un uo­mo e due donne che abitavano vicino al cenacolo, che tra­passarono insieme alla nostra sovrana in stato di peccato e senza penitenza: stavano andando alla dannazione, ma, allorché la loro causa giunse al giudizio di Cristo, la dol­cissima Madre domandò misericordia, furono restituiti al­la vita e successivamente si ravvidero e si salvarono. Que­sto dono non si estese a tutti coloro che decedettero in ta­le giorno nel mondo, bensì solo a costoro, che si spense­ro al medesimo orario nella città santa. Parlerò in un al­tro capitolo della festa che ci fu in paradiso, per non me­scolarla con il nostro cordoglio.

 

Insegnamento della Regina del cielo

744. Mia diletta, oltre a quello che hai scritto sul mio glorioso transito, intendo rivelarti ancora un privilegio che mi fu concesso. Hai già dichiarato che sua Maestà rimise alla mia elezione se morire o salire senza questa sofferenza alla visione beatifica. Qualora avessi ricusato la morte, indubbiamente ciò mi sarebbe stato accordato poiché, come in me non ebbe parte la colpa, non ne avrebbe avuta nep­pure essa, che ne fu la pena. Sarebbe successo lo stesso a mio Figlio, e a maggior ragione, se non si fosse addossato il pagare per tutti alla giustizia divina per mezzo della sua passione. Io stabilii spontaneamente di morire perché aspi­ravo ad imitarlo in questo come avevo fatto nel voler pro­vare i suoi dolori; perché, avendolo osservato spirare, traen­domi indietro non avrei soddisfatto all'amore che gli dove­vo, e avrei lasciato un considerevole vuoto nella somiglian­za e conformità che desideravo avere con lui e che egli bra­mava che io avessi con la sua umanità; perché altrimenti, non avendo più modo di compensare una simile mancanza, non avrei avuto la pienezza di godimento che posseggo.

745. Perciò la mia decisione gli fu tanto gradita e la sua benignità si compiacque tanto della mia assennatezza e del mio ardore che mi premiò subito con un favore singolare per i fedeli: tutti i miei devoti che mi avessero invocato nell'agonia, interponendomi come loro avvocata per esse­re soccorsi in memoria della mia felice dipartita e della mia scelta di ricalcare le sue orme, sarebbero stati sotto la mia speciale protezione, affinché li difendessi dal demo­nio, li assistessi e quindi li presentassi al tribunale della sua clemenza e intercedessi per loro. Ebbi allora nuova po­testà e delega, e mi fu promesso che chi in precedenza si fosse rivolto a me, venerando il mistero che stai trattando, avrebbe avuto notevoli aiuti della grazia sia per morire be­ne sia per vivere con più purezza. Dunque, da oggi ricor­dalo continuamente con intimo fervore, e benedici, celebra e loda colui che compì in me prodigi così mirabili a be­neficio mio e di tutti. Con tale zelo impegnerai il Reden­tore e me a preservarti nell'ultima lotta.

746. Giacché la morte segue la vita, e questa e quella ge­neralmente si corrispondono, la garanzia più sicura della buona morte è la buona vita, e il distaccarsi nel corso del­l'esistenza dagli affetti terreni, che alla fine affliggono e op­primono l'anima, diventando per essa come forti catene che le impediscono di avere completa libertà e di sollevarsi al di sopra di ciò che ha sempre avuto caro. Gli uomini ca­piscono differentemente questa verità e operano al contra­rio! Il Signore dà loro la vita perché si svincolino dalle con­seguenze del peccato originale e non le sentano al momento della morte, e gli ignoranti e miseri discendenti di Adamo la spendono interamente nel caricarsi di ostacoli e legami per perire schiavi delle loro passioni e tiranneggiati dal ne­mico. L'antica caduta non mi toccò, né i suoi cattivi effet­ti avevano alcun diritto sulle mie facoltà; eppure, fui co­stantemente ordinatissima, povera, virtuosa, perfetta e pri­va di affezioni a realtà del mondo, e poi sperimentai que­sta suprema libertà. Tieni fissa l'attenzione sul mio model­lo e sgombra il tuo cuore ogni giorno di più, affinché con l'avanzare degli anni tu possa trovarti più sciolta, spedita e distante dalle cose materiali per quando lo sposo ti chia­merà alle nozze, e non ti sia necessario andare a cercare inutilmente in quel frangente la libertà e la prudenza.