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La maniera mirabile in cui Maria santissima celebrava i mi­steri dell'incarnazione e della natività del Verbo fatto uomo

CAPITOLO 14

La maniera mirabile in cui Maria santissima celebrava i mi­steri dell'incarnazione e della natività del Verbo fatto uomo e si mostrava riconoscente per questi grandi benefici.

 

642. Chi era tanto fedele nel poco come la Vergine bea­tissima indubbiamente doveva essere fedelissimo nel mol­to ed ella, se fu estremamente diligente e sollecita nel gra­dire i favori minori, di certo lo fu, con ogni abbondanza, anche nel gradire quelli maggiori che ricevette dalle ma­ni dell'Altissimo insieme a tutti noi. Fra di essi occupa il primo posto l'incarnazione del Verbo nelle sue viscere, poi­ché questa fu l'opera più eccellente e la grazia più subli­me delle numerose alle quali si poterono estendere a no­stro vantaggio il potere e la sapienza infiniti, congiun­gendo in una persona la natura divina e la natura umana per mezzo dell'unione ipostatica, che fu il principio di tut­te le elargizioni distribuite dall'Onnipotente ai mortali e agli angeli. Con quell'inimmaginabile meraviglia egli si im­pegnò al punto che non ne sarebbe uscito con tanta glo­ria se non avesse avuto tra noi qualche garante, nella cui santità e corrispondenza si guadagnasse pienamente il frutto di un così raro beneficio. La suddetta affermazione si capisce meglio considerando ciò che ci insegna la fede, cioè che dalla scienza dell'Eterno fu da sempre prevista l'ingratitudine dei reprobi, e quanto malamente si sareb­bero avvalsi di un dono mirabile e singolare come è il fat­to che Dio sia divenuto uomo vero, maestro, redentore ed esempio per ciascuno.

643. Quindi, un simile prodigio fu ordinato in maniera che ci fosse chi compensasse la loro ingiuria e la loro of­fesa e si interponesse con appropriata riconoscenza tra co­storo e sua Maestà, per soddisfarlo secondo le nostre pos­sibilità. Questo fu eseguito innanzitutto dall'umanità santissima del nostro salvatore Gesù, che fu il mediatore pres­so il Padre', riconciliando tutti con lui e scontando le col­pe di tutti con sovrabbondante eccesso di meriti; però, dal momento che egli era contemporaneamente Dio vero e uo­mo vero, pare che per la natura umana sarebbe rimasto ugualmente il debito verso di lui se tra le semplici creatu­re non se ne fosse trovata alcuna che lo saldasse per inte­ro con l'aiuto superno. Tale contraccambio gli fu offerto dalla nostra Regina: ella sola fu la segretaria del gran con­siglio e l'archivio dei suoi misteri; ella sola li comprese, ponderò e apprezzò nella misura che poteva essere prete­sa dalla natura umana senza divinità; ella sola supplì alla nostra villania e alla scarsezza e grossolanità con cui in confronto si sono mostrati obbligati i figli di Adamo; ella sola placò il suo stesso Unigenito e dette riparazione del­l'oltraggio arrecatogli da tutti per non averlo accolto come loro Signore e come vero Dio fatto uomo per riscattarli.

644. Maria ebbe questo impenetrabile arcano talmente fisso nella memoria che non lo dimenticò mai neppure per un istante. Era anche cosciente dell'ignoranza che tanti ne avevano e, allo scopo di ringraziare per esso per sé e per gli altri, faceva parecchie volte genuflessioni, prostrazioni e vari atti di venerazione, ripetendo incessantemente e in molteplici modi la seguente preghiera: «Eccelso sovrano, mi inchino dinanzi a voi, presentandomi a nome mio e di tutti. Vi lodo e benedico per la vostra straordinaria incar­nazione, vi confesso e adoro nell'unione ipostatica della na­tura umana e della natura divina nel Verbo. Se gli infelici discendenti di Eva ne sono all'oscuro o non ne sono con­venientemente grati, ricordatevi con pietà che sono in una condizione fragile, inconsapevoli e colmi di passioni, e che non possono venire a voi qualora non vi siano attirati dal­la vostra clementissima benignità'. Scusate il difetto di gen­te così debole! Io, vostra ancella e vile verme, vi magnifi­co per me e per ognuno di essi con la corte celeste, sup­plicandovi dall'intimo della mia anima di prendere a cuo­re la causa dei vostri fratelli e di ottenere loro il perdono. Guardate nella vostra sconfinata misericordia ai miseri che sono nati nel peccato, non si rendono conto del proprio danno e non sanno che cosa fanno né che cosa vada fat­to. Vi imploro per il vostro e mio popolo, perché, in quan­to siete uomo, siamo tutti della vostra natura: non voglia­te dunque spregiarla. Se in quanto Dio attribuite immen­so valore alle vostre opere, siano esse il giusto risarcimento, poiché soltanto voi siete in grado di pagare quello che ab­biamo ricevuto e dobbiamo all'Altissimo, che vi ha man­dato per soccorrere i poveri e per liberare i prigionieri'. Restituite la vita ai morti, arricchite i bisognosi, illumina­te i ciechi: siete la nostra salute, il nostro bene e tutto il nostro rimedio».

645. Ella innalzava di continuo e quotidianamente simili orazioni e, in coincidenza della data nella quale l'incarna­zione si era realizzata nel suo purissimo grembo, aggiun­geva degli esercizi per onorare il sublime evento. Era favo­rita dall'Eterno più che in altre feste da lei celebrate, giac­ché la solennità non durava un giorno, ma i nove imme­diatamente precedenti il venticinque marzo, in cui era av­venuto dopo la preparazione che ho descritto all'inizio del­la seconda parte, esponendo in nove capitoli le meraviglie che predisposero degnamente colei che doveva concepire il Verbo. Qui è necessario supporre quanto si è già affermato e riassumerlo brevemente per evidenziare come espri­messe di nuovo riconoscenza per quel sommo miracolo. 646. Cominciava dalla sera del sedici marzo e, sino al venticinque, stava ritirata senza mangiare né dormire, as­sistita dall'Evangelista esclusivamente per la santa comu­nione. L'Onnipotente le rinnovava tutti i doni che le aveva concesso allora, insieme ad altri del suo Gesù, che, essen­do ormai stato generato dalla compassionevole ed eccel­lente Regina, si incaricava di sostenerla e beneficarla in quell'occasione. Nei primi sei giorni ciò accadeva in que­sta maniera: per alcune ore della notte ella protraeva le sue solite pratiche e quindi Cristo faceva ingresso nella stanza con la maestà con la quale risiede nell'empireo, scor­tato da migliaia dei suoi ministri superni, entrando alla sua presenza con tale splendore.

647. L 'accortissima e religiosissima Vergine gli prestava culto con l'umiltà e la riverenza di cui solo la sua smisu­rata prudenza era capace. Successivamente, era sollevata dai custodi e collocata alla destra di lui sul trono, dove percepiva un'ineffabile unione con la medesima umanità e divinità, che la trasportava e riempiva di gloria e di effet­ti che è impossibile spiegare a parole. Lì il Signore com­piva un'altra volta in lei i prodigi di un tempo, facendo corrispondere il primo giorno al primo, il secondo al se­condo e così via, e li accompagnava con elargizioni confor­mi allo stato attuale di entrambi. Benché Maria avesse sem­pre la scienza abituale di quanto aveva inteso in passato, diversamente il suo intelletto era applicato ad usarla con più chiarezza ed efficacia.

648. Nel primo giorno le era mostrato tutto quello che il supremo sovrano aveva fatto nel primo della creazione: in che ordine e in che modo erano sorte le cose spettanti alla giornata; il cielo, la terra e gli abissi con la loro lun­ghezza, larghezza e profondità; la luce, le tenebre e la lo­ro separazione con le varie condizioni e proprietà di tali realtà visibili. Riguardo a quelle invisibili, poi, aveva noti­zia dell'origine degli angeli, delle loro distinzioni e doti, del periodo in cui erano rimasti in grazia, della discordia tra gli apostati e gli obbedienti, della caduta degli uni e della confermazione in grazia degli altri, nonché di tutto il re­­sto che Mosè misteriosamente incluse nelle opere del pri­mo giorno. Era parimenti informata degli scopi che Dio aveva per comunicarsi e rivelarsi attraverso di esse, affin­ché gli esseri spirituali e i mortali lo conoscessero e lo­dassero. Dal momento che la ripetizione non era sterile, il Figlio le diceva: «Colomba mia, su tutto questo, attuato dal mio infinito potere, vi ho istruito prima di prendere carne nel vostro talamo castissimo, per manifestarvi la mia gran­dezza. Lo faccio ancora per riconsegnarne a voi il posses­so e il dominio come a mia vera Madre, che gli angeli, il cielo, la terra, la luce e le tenebre devono servire con do­cilità, e perché magnifichiate convenientemente il Padre per quanto la progenie di Adamo non sa apprezzare».

649. Ella soddisfaceva pienamente la sua volontà e il debito con atti di gratitudine a nome proprio e di tutti, non cessando né questi né altri arcani esercizi sino a quan­do il suo Unigenito non la lasciava. Nel secondo giorno, alla stessa maniera, il Salvatore scendeva a mezzanotte e ravvivava in lei la cognizione del secondo della creazione: la fondazione del firmamento in mezzo alle acque per di­videre le une dalle altre; il numero e la disposizione dei cieli; la loro struttura, armonia, qualità, dimensione e bel­lezza. La Signora penetrava tutto infallibilmente, come si era verificato e senza opinioni, sebbene fosse al corrente di quelle dei dottori e dei commentatori. Nel terzo giorno le era palesato ciò che di esso riferisce la Scrittura , cioè come l'Eterno avesse riunito le acque che stavano sulla ter­ra e formato il mare, scoprendo il suolo perché desse frut­ti, come subito fece al suo comando producendo germo­gli, erbe, alberi e altre cose che lo adornano. Le erano svelate le caratteristiche di tali piante e in che modo poteva­no essere utili o nocive. Nel quarto giorno comprendeva la costituzione del sole, della luna e delle stelle; la loro ma­teria e configurazione, le loro peculiarità, i loro influssi e i movimenti con i quali regolano gli anni, le stagioni e le giornate. Nel quinto giorno apprendeva la nascita degli uc­celli e dei pesci, che aveva avuto luogo dalle acque; come era avvenuta al principio e come si conservavano e molti­plicavano; le specie e le particolarità di quelli e degli altri animali. Nel sesto giorno era illuminata sulla genesi del­l'uomo, fine di tutto; sulla sua composizione e perfezione, in cui tutto era racchiuso; sull'incarnazione, alla quale era ordinata, e sugli altri segreti della somma provvidenza che conteneva, attestandone l'immensa maestà.

650. Quotidianamente intonava un cantico ad esaltazio­ne dell'Onnipotente per quanto aveva realizzato nel giorno corrispondente e per quanto ne apprendeva. Quindi, lo im­plorava intensamente per l'umanità, specialmente per i cre­denti, affinché fossero riconciliati con lui e avessero intel­ligenza di lui e delle sue opere, perché in esse e per esse lo incontrassero, amassero e celebrassero. Ponderando sia l'ignoranza di tanti, che non sarebbero giunti a questo e al­la fede che avrebbero potuto ottenere, sia la tiepidezza e negligenza dei cattolici che, pur ammettendole, non ne sa­rebbero stati abbastanza obbligati, compiva esercizi eroici e mirabili per compensare simili difetti. Gesù la sublimava proporzionatamente con una nuova partecipazione della sua divinità, cumulando in lei quello di cui costoro si ren­devano indegni per la loro riprovevole dimenticanza. Le conferiva una rinnovata autorità sulle opere del giorno, per­ché le fossero sottomesse confessandola genitrice del loro Autore, che la stabiliva suprema Regina di tutto ciò che aveva chiamato all'esistenza nell'universo intero.

651. Nel settimo giorno tali benefici le erano accresciuti, poiché da allora non veniva il nostro Maestro dall'empireo, ma era lei ad essere sollevata lassù, come era acca­duto al tempo dell'incarnazione. Per ordine dell'Altissimo, i custodi ve la trasferivano a metà della notte e, mentre el­la lo adorava, i serafini la avvolgevano in un abito più pu­ro e candido della neve e più fulgido del nostro astro. La cingevano con una cintura di pietre così pregiate e inesti­mabili che in natura non si trova nulla di paragonabile, giacché ognuna sorpassava in splendore il medesimo glo­bo del sole, anzi di parecchi soli, se questi si congiunges­sero; poi, le ponevano collane, braccialetti ed altri gioielli, commisurati alla persona che li accoglieva e a chi li con­cedeva, perché erano portati con ammirevole riverenza dal trono stesso della beatissima Trinità. Ciascun monile si­gnificava in modo diverso la comunicazione che essa fa­ceva delle proprie eccezionali prerogative, e inoltre anche i sei serafini che la decoravano rappresentavano il miste­ro del loro servizio.

652. Ai primi angeli ne succedevano ancora sei, che ab­bellivano ulteriormente Maria come ritoccandone le facoltà e accordando a tutte una grazia che non è esprimibile a parole, e quindi ne seguivano altri sei, i quali le davano qualità e lume che elevavano il suo intelletto e la sua vo­lontà per la visione e fruizione beatifica. Dopo averla resa tanto stupenda, la innalzavano insieme, in numero di di­ciotto, e la collocavano alla destra di Cristo. Ella era in­terrogata su che cosa desiderasse e, vera Ester, dichiarava: «Chiedo misericordia per il mio popolo e, a nome suo e mio, bramo di ringraziarvi del generosissimo dono che gli avete dispensato assumendo la forma umana nel mio grem­bo per redimerlo». A tali affermazioni e domande ne ag­giungeva altre di incomparabile carità e sapienza, pregan­dolo per tutti e principalmente per la Chiesa.

653. Egli parlava con l'Eterno e proclamava: «Vi bene­dico, Padre mio, e vi offro questa discendente di Adamo, a voi gradita e prescelta tra le creature come madre mia e testimonianza dei nostri infiniti attributi. Ella soltanto apprezza con cuore riconoscente il favore che io feci agli uomini rivestendomi della loro natura per insegnare il sen­tiero della vita e riscattarli dalla morte, e l'abbiamo eletta per placare il nostro risentimento contro la loro ingratitu­dine. Ella soltanto contraccambia come gli altri non vo­gliono o non riescono, e non possiamo disdegnare le sup­pliche che ci porge per loro con la pienezza della sua san­tità e del nostro compiacimento».

654. Queste meraviglie erano ripetute nei tre giorni con­clusivi della novena e il venticinque marzo, all'ora dell'in­carnazione, Dio le si manifestava intuitivamente, con più gloria di quella di cui gioivano tutti i comprensori. Ben­ché nei tre suddetti giorni essi avessero un singolare gau­dio accidentale, questo era superiore nell'ultimo, caratte­rizzato da straordinaria allegrezza per la Gerusalemme trionfante. Ciò che la nostra sovrana riceveva eccede im­mensamente la nostra immaginazione, poiché le erano ra­tificati ed aumentati in maniera ineffabile tutti i privilegi; siccome, peraltro, era viatrice per meritare ed era infor­mata di quale fosse lo stato della comunità ecclesiale nel suo secolo e di quale sarebbe stato in quelli futuri, impe­trava per ogni epoca larghe elargizioni, o meglio le gua­dagnava tutte, quante mai il sommo potere ne ha fatte e ne farà sino alla fine del mondo.

655. Nelle feste la Vergine otteneva sempre la conver­sione di moltissimi, che allora e più tardi sono venuti al­la nostra religione; in tale data, però, l'indulgenza era mag­giore, perché ha conquistato per tante monarchie, provin­ce e nazioni i benefici che hanno avuto con l'essere state convocate nella Chiesa, e quelle in cui ha perseverato di più la fede sono più debitrici alle sue implorazioni e alle sue virtù. In particolare mi è stato rivelato che quando ce­lebrava l'Incarnazione liberava le anime del purgatorio, e dall'empireo, dove questo le era assicurato in quanto Re­gina di tutto e genitrice del Salvatore, inviava dei ministri superni a trarle fuori da lì. Le consegnava poi all'Onnipo­tente come frutto di quell'evento, per mezzo del quale ave­va mandato il suo Unigenito a recuperare coloro che il ne­mico aveva così a lungo tiranneggiato, e lo onorava per es­si. Tornava sulla terra giubilante per aver lasciato accre­sciuta la corte del cielo e ancora rendeva grazie con la con­sueta umiltà. A nessuno sembri inconcepibile un simile prodigio, poiché non è gran cosa che, nel giorno in cui era stata sollevata alla sublime dignità di Madre del Signore e di dominatrice dell'intero universo, aprisse con tanta libe­ralità i tesori divini ai suoi fratelli e suoi stessi figli, con­siderando che a lei si erano spalancati allorché aveva ac­colto in sé la medesima Divinità unita ipostaticamente con la sua sostanza e che ella sola arrivava a valutare adegua­tamente questo bene, proprio per lei, comune per tutti.

656. In modo diverso solennizzava il Natale. Comincia­va dal vespro precedente con gli esercizi, gli inni e la pre­parazione, e all'ora del parto Gesù appariva con stupefa­cente splendore accompagnato da migliaia di angeli ed an­che dai patriarchi Gioacchino, Anna, Giuseppe, Elisabetta e da altri. I custodi la innalzavano e la collocavano alla sua destra, intonando con soave armonia il cantico di glo­ria che avevano elevato alla natività e alcuni tra i nume­rosi che Maria aveva composto, grata per tale mistero, ad esaltazione dell'Altissimo. Dopo essere restata occupata in questo per un buon tratto di tempo, ella chiedeva licenza e scendeva dal trono, prostrandosi di nuovo dinanzi a Cri­sto. In quella posizione lo adorava a nome del genere uma­no e lo ringraziava di essere venuto alla luce per redimer­lo; quindi, faceva una fervorosa preghiera per tutti, spe­cialmente per i credenti, presentandogli la fragilità della

loro condizione e la loro necessità dell'aiuto del suo brac­cio per giungere sino alla cognizione di lui e ottenere la vita imperitura. Allegava la misericordia per la quale egli aveva voluto nascere dal suo purissimo talamo, la povertà in cui ciò era avvenuto, le tribolazioni e le fatiche che ave­va accettato, l'essere stato alimentato al suo petto ed alle­vato da lei, e tutti gli arcani relativi a quelle circostanze. Il nostro Maestro gradiva questa orazione e, di fronte agli esseri spirituali e ai santi, si dichiarava vincolato dalla ca­rità e dalle parole della felicissima Principessa e le conce­deva un'altra volta, come dispensatrice delle sue ricchezze, di applicarle e distribuirle a proprio piacimento. Ella gli obbediva con mirabile sapienza e con eccezionale vantag­gio dei fedeli, e infine esortava gli eletti a magnificarlo da parte sua e dei mortali ed invocava la benedizione. Sua Maestà gliela impartiva e risaliva al Padre.

 

Insegnamento della Regina del cielo

657. Mia diletta, l'ammirazione con la quale esponi i se­greti che ti paleso della mia storia deve trasformarsi in lo­de di Dio, che fu così generoso con me, e in slancio al di sopra di te stessa, con la fiducia con cui esigo che domandi la mia efficace intercessione e protezione. Se sei sorpresa che fossero accumulate in me grazie su grazie, e che fos­si frequentemente visitata o portata presso l'Eterno, ram­menta quanto hai scritto, cioè che mi privai della visione beatifica per governare la Chiesa. E anche qualora questo non avesse meritato la ricompensa che mi fu data mentre vivevo nel mondo, per il mio titolo di Madre sua il Salva­tore avrebbe fatto in me meraviglie che non hanno spazio nell'immaginazione né si addicevano ad alcuno; esso ecce­de tanto la sfera delle rimanenti dignità che sarebbe tur­pe ignoranza negarmi i benefici che non si trovano negli altri. Il prendere da me carne fu per lui un impegno di tal peso che - secondo la tua maniera di intendere - non vi sarebbe riuscito se non avesse compiuto tutto quello che la sua onnipotenza può e che io ero capace di ricevere. Es­sa è infinita e non si esaurisce, e invece ciò che comuni­ca fuori di sé è finito e ha termine; peraltro, io sono una semplice creatura e, paragonato con il sommo sovrano, tut­to il creato è niente.

658. Aggiungi che non misi impedimento al suo realiz­zare in me senza limite e senza misura i favori ai quali si estendeva e, siccome questi erano sempre finiti, benché straordinari, e il suo potere era infinito, si comprende che ebbe modo di concentrare in me doni su doni. E non solo fu possibile, ma pure conveniente perché effettuasse con as­soluta perfezione il prodigio di farmi sua genitrice, dal mo­mento che nessuna delle sue opere è incompleta e man­cante. Giacché in una simile eccellenza sono contenuti, co­me nella loro origine e nel loro principio, tutti i privilegi che mi appartengono conseguentemente, quando fui cono­sciuta come tale furono conosciuti implicitamente anch'es­si, nella loro causa. Il Signore li lasciò alla pietà e all'at­tenzione dei battezzati, che per obbligarlo e guadagnare la mia difesa avrebbero parlato degnamente della mia gran­dezza e delle mie prerogative, raccogliendole e confessan­dole proporzionatamente alla loro riverenza e alla mia su­blimità. Allo scopo, molti autori hanno avuto particolare il­luminazione, nonché varie rivelazioni in proposito.

659. Poiché certi sono stati timidi per buono zelo e cer­ti altri lenti per scarsa devozione, nella sua benignità il mio Unigenito, nel periodo opportuno, ha deciso di manifesta­re questi occulti misteri senza affidarsi ai discorsi terreni o alla scienza alla quale possono arrivare, bensì alla loro medesima verità divina; così, tutti ne avranno nuova gioia e speranza, sapendo quanto io sia in grado di aiutarli, e renderanno all'Altissimo la gloria che gli spetta per me e per la redenzione.

660. Voglio che ti giudichi più in debito degli altri, per­ché ti ho scelto come mia speciale discepola affinché, redi­gendo questo racconto, tu ti innalzi con più ardente amore e con più accesi desideri di seguirmi per mezzo dell'imita­zione a cui ti invito e chiamo. L'insegnamento del presente capitolo è il tuo dovere di modellarti su di me nell'ineffabi­le gratitudine che io ebbi per l'incarnazione del Verbo nel mio grembo. Imprimila nel tuo cuore, per non obliarla mai, e distinguiti soprattutto nei giorni che corrispondono agli ar­cani che hai illustrato; in essi celebrala in mio nome con sin­golare disposizione e giubilo della tua anima, ringraziando per tutti colui che si è fatto uomo nelle mie viscere per ri­scattarli, ed esaltalo per l'onore al quale mi elevò conceden­domi ciò. Agli spiriti superni e ai santi in cielo, dopo la co­gnizione che hanno della Trinità, nulla procura maggiore stu­pore che il vederlo unito alla natura umana e, sebbene avan­zino incessantemente nella penetrazione di questo, ne resta loro parecchio da afferrare, per i secoli dei secoli.

661. Perché tu rinnovi in te il ricordo dei due eventi, cerca di acquisire umiltà e purezza angeliche, poiché con esse sarà gradita a sua Maestà la riconoscenza che gli de­vi e darai almeno un po' il contraccambio; pondera, inol­tre, la gravità delle colpe di coloro che hanno Gesù per fratello e degenerano da questa. Considerati come un ri­tratto del Dio-uomo e pensa che lo disprezzi o cancelli con ogni peccato che commetti. I discendenti di Adamo sono assai immemori della dignità alla quale furono sollevati e non si spogliano degli antichi costumi e delle antiche mi­serie per rivestirsi di Cristo; ma tu, figlia mia, dimentica la casa di tuo padre e il tuo popolo, e adornati con la bel­lezza del tuo Salvatore per piacere al supremo Re.