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CAPITOLO 5

La discesa dello Spirito Santo sopra gli apostoli e gli altri di­scepoli. Maria santissima ne ebbe la visione intuitiva. Gli al­tri eventi imperscrutabili che accaddero in quel giorno.

58. Nel cenacolo, i dodici apostoli e gli altri discepoli perseveravano lieti aspettando l'adempimento della pro­messa del Signore, confermata dalla grande Regina del cie­lo lì presente, di mandare lo Spirito consolatore che avreb­be insegnato e chiarificato loro quanto avevano ascoltato dal Maestro. Saldamente uniti nella carità, in quei giorni nessuno ebbe pensieri, sentimenti o gesti in contrasto con gli altri: erano tutti un cuor solo ed un'anima sola nel giu­dicare e nell'operare. Tra questi nuovi figli della Chiesa non si manifestò un minimo principio o segno di discordia, neppure quando ebbe luogo l'elezione di san Mattia. In oc­casioni simili la diversità dei pareri può muovere la vo­lontà in modo da creare dissapori anche tra persone in grande armonia, perché ciascuno è intento a seguire il pro­prio punto di vista e non ad accogliere l'opinione altrui. In quella santa riunione invece non si infiltrò divisione, poi­ché i presenti furono corroborati dalla preghiera, dal di­giuno e dall'attesa concorde della visita dello Spirito San­to, il quale non dimora nei cuori in conflitto. Per cono­scere quanto la comunione che li animava fosse forte e po­tente, tale non solo da renderli idonei a ricevere il Para­clito, ma anche da vincere e mettere in fuga i demoni, av­verto che questi ultimi dall'inferno, dove stavano sprofon­dati fin dal momento della morte di Gesù, si sentirono col­piti da una nuova oppressione e furono presi da terrore per le virtù di coloro che erano nel cenacolo. Essi ignora­vano di che cosa si trattasse, ma comprendevano che era lì la fonte della forza sconosciuta che li abbatteva. Intui­vano che il loro impero stava per andare in rovina proprio a causa di ciò che i discepoli di Cristo cominciavano ad operare nel mondo con la parola e con l'esempio.

59. La Regina degli angeli, piena di scienza e di grazia, conobbe il momento preciso stabilito dalla divina volontà per inviare lo Spirito Santo sopra il collegio apostolico. Men­tre stavano per compiersi i giorni della Pentecoste, cioè i cinquanta giorni dopo la risurrezione del Redentore nostro, la beatissima Madre vide che, in cielo, l'umanità della per­sona del Verbo presentava all'eterno Padre la promessa che il medesimo Salvatore aveva fatta ai suoi apostoli mentre era nel mondo. Vide inoltre che era imminente il tempo fis­sato dalla sua infinita sapienza per ricolmare di questa gra­zia la Chiesa , radicandola nella fede obbediente alla parola annunciata da suo Figlio ed elargendole i doni che egli le aveva ottenuto. Cristo ricordò i meriti da lui acquistati nel­la carne mortale con la sua santissima vita, passione e mor­te, e le sue opere in favore degli uomini, dei quali era me­diatore, avvocato, intercessore al cospetto dell'Altissimo; tra di essi, inoltre, viveva la sua dolcissima Madre, in cui le divine Persone si compiacevano. Sua Maestà chiese che il Con­solatore scendesse nel mondo visibilmente, oltre che in for­ma invisibile attraverso la grazia, poiché ciò era convenien­te per onorare la legge del Vangelo agli occhi di tutti, per confortare ed incoraggiare ancor più gli apostoli e quanti dovevano predicare la parola di Dio, per infondere terrore nei nemici di Cristo che durante la sua vita nel tempo lo avevano perseguitato e disprezzato sino alla morte di croce.

60. La Vergine santissima, quale pietosa madre dei fe­deli, accompagnò dalla terra questa richiesta presentata in cielo dal nostro Salvatore. Stando umilmente prostrata in forma di croce, conobbe che la beatissima Trinità accetta­va tale preghiera; per attuarla - a nostro modo di inten­dere - le due Persone del Padre e del Figlio, principio dal quale lo Spirito Santo procede e a cui se ne attribuisce l'in­vio, ordinavano alla terza Persona la missione attiva. Ma­ria vide inoltre che la terza Persona, lo Spirito Santo, ac­cettava la missione passiva e acconsentiva a venire nel mondo. Quantunque tutte le Persone divine e le loro ope­razioni esprimano una medesima volontà infinita ed eter­na, senza differenza alcuna, tuttavia le facoltà, che in tut­te e tre le Persone sono indivise ed uguali, hanno in una Persona alcune operazioni "ad intra" che non hanno in un'altra: così, l'intelletto genera nel Padre e non nel Figlio, perché questi è generato; la volontà spira nel Padre e nel Figlio e non nello Spirito Santo, il quale è spirato. Per que­sta ragione si attribuisce al Padre e al Figlio, come a prin­cipio attivo, l'invio "ad extra" dello Spirito Santo, al quale viene attribuito l'essere inviato in modo passivo.

61. In seguito a tali richieste, il giorno di Pentecoste, di buon mattino, sua Altezza esortò gli apostoli, gli altri discepoli e le donne - in tutto centoventi persone – ad invocare l'Onnipotente più fervidamente e a ravvivare la speranza, poiché ben presto sarebbero stati visitati dal­l'alto. Mentre stavano pregando con la celeste Signora, al­l'ora terza si sentì nell'aria un fragore di tuono ed un ven­to impetuoso accompagnato da un grande splendore, co­me di baleno e di fiamma, che riempì di luce il cenaco­lo; e sopra coloro che erano riuniti si diffuse il Fuoco di­vino. Comparvero sul capo di ognuno alcune lingue del­lo stesso fuoco, nel quale veniva lo Spirito Santo, col­mando tutti e ciascuno di doni sublimi, con effetti assai diversi, nel cenacolo e in Gerusalemme, a seconda dei soggetti.

62. Solo chi abita nei cieli potette ammirare ciò che ac­cadde in Maria: la nostra capacità è troppo inferiore per riuscire ad intenderlo e spiegarlo. La gran Regina fu ele­vata e trasformata in Dio: vide la terza divina Persona chia­ramente e per intuizione; godette della visione beatifica, anche se in modo transeunte, e ricevette più doni dello Spirito lei sola di tutti i santi considerati insieme. In quel lasso di tempo ebbe una gloria superiore a quella degli an­geli e dei beati. Dette lode e rese grazie al Signore più di quanto tutti coloro che vivono in paradiso non facciano per aver egli mandato il Paraclito sulla santa Chiesa ed es­sersi così obbligato ad inviarlo ad essa molte altre volte, governandola e assistendola per suo mezzo fino alla fine dei secoli. In questa occasione, la beatissima Trinità gradì le opere della Vergine e se ne compiacque al punto da tro­varvi pieno compenso per la grazia effusa sul mondo. E non solo: l'Altissimo si considerò come costretto a elargi­re tale beneficio a motivo della presenza sulla terra di que­sta singolare creatura che il Padre considerava come figlia, il Figlio come madre, lo Spirito Santo come sposa, e che pertanto - a nostro modo di intendere - doveva visitare e arricchire dopo averla innalzata a una dignità tanto subli­me. Nella degna e felice sposa furono rinnovati tutti i ca­rismi del Consolatore, con nuove operazioni che noi non siamo in grado di comprendere.

63. Anche gli apostoli, come dice san Luca, furono riem­piti del Fuoco divino che accrebbe in loro in sommo gra­do la grazia giustificante, nella quale essi soli furono con­fermati così da non poterla più perdere. Vennero loro in­fuse rispettivamente, in misura appropriata, le caratteristi­che specifiche dei sette doni: sapienza, intelletto, scienza, pietà, consiglio, fortezza e timore. I Dodici conservarono questa elezione rigeneratrice dovuta a tale grande, mera­viglioso ed inusitato beneficio, affinché fossero ministri idonei della nuova alleanza e fondatori della comunità cri­stiana. Difatti ricevettero una forza divina che li orientava in modo efficace e soave all'eroicità nelle virtù e nella san­tità, come pure li animava a pregare ed agire con pron­tezza e facilità quando affrontavano imprese ardue e diffi­cili, e ciò non con tristezza o sotto l'impulso della neces­sità, ma con gioia e letizia.

64. I medesimi effetti furono operati anche negli altri discepoli presenti nel cenacolo, sui quali discese lo Spi­rito Santo; tuttavia costoro non furono confermati in gra­zia come gli apostoli, ma ebbero i doni con maggiore o minore abbondanza in base alla disposizione dei singoli e in vista dei diversi ministeri ecclesiali che sarebbero sta­ti loro affidati. Anche tra i Dodici ci fu una proporzione: san Pietro e san Giovanni, infatti, a motivo degli alti uf­fici che assunsero - l'uno di governare la Chiesa come ca­po, l'altro di assistere e servire la sua Regina e signora del cielo e della terra - si distinsero in modo particolare nel ricevere queste grazie. La sacra Scrittura afferma che il Soffio divino riempì tutta la casa, non solo a motivo del dono in essa ricevuto dai discepoli ivi felicemente riu­niti, ma perché l'edificio stesso fu inondato di luce am­mirabile e di splendore. Una tale abbondanza di meravi­glie e di prodigi traboccò fuori del cenacolo e si comu­nicò agli abitanti di Gerusalemme, producendo vari e di­versi effetti. Tutti quelli che, mossi da qualche sentimen­to di pietà, avevano interiormente condiviso la sofferen­za del nostro Redentore durante la sua passione e mor­te, dolendosi per i suoi acerbi tormenti e provando rive­renza verso la sua persona, furono illuminati interior­mente dalla grazia, la quale li dispose ad accettare in se­guito la dottrina predicata dagli apostoli. Tra coloro che si convertirono in seguito al primo discorso di san Pie­tro vi furono molti di questi, i quali così ottennero gran frutto dalla compassione provata per la morte di Gesù. Ugualmente ad altri giusti, che si trovavano in Gerusa­lemme fuori del cenacolo, fu donata una grande conso­lazione interiore, grazie alla quale il cuore di ciascuno di­venne disponibile a tal punto da permettere allo Spirito Santo di operarvi nuovi prodigi.

65. In seguito all'effusione del Paraclito, in questo gior­no nella città si verificarono altri fenomeni straordinari, contrari ai precedenti ma non meno portentosi, anche se più nascosti; ad esempio, il fragore di tuono e i lampi, che accompagnarono la venuta dello Spirito, turbarono e intimorirono gli abitanti di Gerusalemme che erano ne­mici del Signore, ognuno nella misura della propria ma­levolenza e perfidia. Gli artefici della morte del nostro Salvatore, distintisi per cattiveria e crudeltà, subirono una punizione del tutto singolare: caddero in terra picchian­do la testa e vi rimasero tre ore. Coloro che avevano fla­gellato sua Maestà morirono immediatamente affogati nel proprio sangue che, per la forte pressione del vento, era fuoriuscito dai vasi sanguigni fino a soffocarli; con ciò pagarono il fio per quel sangue che con tanta malvagità avevano sparso. Il temerario che aveva schiaffeggiato Ge­sù non solo morì repentinamente, ma fu cacciato all'in­ferno in anima e corpo. Altri giudei, pur non morendo, furono puniti con atroci sofferenze e con alcune orribili infermità che, insieme alla colpa volontariamente addos­satasi per l'uccisione del Redentore, si sono trasmesse ai loro discendenti, i quali ancor oggi ne sono resi impuri e deformi. Questo fatto ebbe notevole risonanza in Ge­rusalemme, benché i sommi sacerdoti e i farisei facesse­ro di tutto per nasconderlo, come già avevano fatto ri­guardo alla risurrezione di Cristo. Dal momento che non si trattava di un avvenimento molto importante, però, gli apostoli e gli evangelisti non ne scrissero e fu subito di­menticato, a motivo del subbuglio che si era creato tra i numerosi abitanti.

66. Il castigo raggiunse anche l'inferno, dove i demo­ni per tre giorni provarono un disorientamento e un'op­pressione mai avvertiti prima, così come i giudei erano rimasti stesi al suolo per tre ore. Durante quei giorni, Lu­cifero e i suoi diavoli emisero urla fortissime, per cui i dannati furono presi da uno strazio e da un abbattimen­to indescrivibili, che li gettarono in una dolorosa confu­sione. Oh, Spirito ineffabile ed onnipotente! La santa Chiesa ti chiama "dito di Dio" perché procedi dal Padre e dal Figlio, come il dito dal braccio e dal corpo. In que­sta occasione ho compreso chiaramente che partecipi del­lo stesso potere infinito del Padre e del Figlio. Per la tua presenza regale, cielo e terra si mossero nel medesimo istante, con esiti assai diversificati in tutti i loro abitan­ti, molto simili però a quelli del giorno del giudizio. Ri­colmasti i santi e i giusti della tua grazia, dei tuoi doni e delle tue consolazioni inesprimibili, mentre punisti gli empi e i superbi riempiendoli di angoscia. In ciò riconosco veramente adempiuta la parola da te pronunciata per bocca di Davide, cioè che tu sei il Dio delle vendette e che liberamente operi dando la degna ricompensa ai mal­vagi, affinché non si glorino della loro malizia, né pen­sino che non puoi vederli e scrutare il loro cuore per ri­prenderli e castigarli.

67. Intendano, dunque, gli sciocchi del mondo e sap­piano gli stolti della terra che l'Altissimo conosce i vani pensieri degli uomini e che, se con i fedeli è generoso e soave, con gli empi, al contrario, è rigoroso e giusto. La terza divina Persona in questa circostanza doveva mo­strare l'uno e l'altro aspetto, dal momento che procede­va dal Verbo incarnatosi per amore degli uomini e mor­to per redimerli patendo offese e tormenti innumerevoli senza aprire bocca o contraccambiare le umiliazioni e le ingiurie. Era giusto, dunque, che lo Spirito, venendo nel mondo, assumesse la difesa dell'Unigenito del Padre. I nemici del Signore non furono tutti puniti, ma il ca­stigo dei più empi rimase di esempio per gli altri che lo avevano disprezzato con perfidia: se costoro non si fos­sero arresi alla verità facendo penitenza, approfittando del tempo che veniva loro concesso, avrebbero subito una punizione simile. Al contrario, era conforme a giustizia che venissero premiati e resi idonei al ministero di im­piantare la Chiesa e diffondere la buona novella quei po­chi che avevano accolto il Salvatore, lo avevano ascolta­to e seguito riconoscendolo Messia, e che avrebbero do­vuto predicare la sua dottrina. Alla divina Madre, poi, la visita del Paraclito in un certo senso era dovuta. Come disse l'Apostolo, l'uomo che - conforme all'insegnameno di Mosè - lascia il padre e la madre per unirsi con la sposa è sacramento di Cristo, il quale venne dal se­no del Padre per unirsi alla Chiesa sua sposa nell'uma­nità ricevuta da Maria. Analogamente, lo Spirito Santo doveva scendere per stare con la Vergine , che non è me­no sposa sua di quanto la Chiesa lo sia di Cristo, e che egli non amava meno di quanto il Verbo incarnato ami la Chiesa.

 

Insegnamento della Regina del cielo

68. Figlia mia, i cristiani sono poco attenti e grati al­l'Altissimo per il beneficio loro elargito con l'invio dello Spirito Santo. Fu tanto grande l'amore con cui il Padre volle attirarli a sé che, per renderli partecipi della sua perfezione, mandò prima il Figlio, la sapienza, quale re­dentore e maestro degli uomini, poi lo Spirito Santo, cioè il suo stesso amore, affinché i credenti venissero arrichiti di questi attributi in proporzione alla propria capa­cità interiore. Benché la prima volta il Soffio divino fos­se effuso solo sugli apostoli e sugli altri che stavano con loro, ciò fu pegno e testimonianza dei carismi e delle gra­zie che in seguito tutti i seguaci di Cristo, figli della luce e del Vangelo, avrebbero ricevuto se fossero stati di­sponibili. Venne dunque il Consolatore, in forma e con effetti visibili, sopra quei credenti che veramente erano servi fedeli, umili, sinceri, puri di cuore, pronti ad acco­glierlo. Anche oggi egli viene in molte anime giuste, seb­bene non con segni così appariscenti, poiché non è più necessario né opportuno. Tuttavia la qualità della sua azione è la stessa e penetra in ciascuno nella misura del­la sua docilità.

69. Felice è l'anima che brama e sospira di partecipa­re di questo munifico Fuoco divino che accende, illumina e consuma quanto trova in lei di terreno e carnale; dopo averla purificata, la eleva ad una nuova condizione me­diante l'unione con Dio stesso. Tale felicità, figlia mia, io desidero per te da vera ed amorevole madre e, affinché tu la consegua in pienezza, ti esorto nuovamente a prepara­re il cuore, impegnandoti a conservarlo in una inalterabi­le tranquillità qualunque cosa ti accada. La divina cle­menza vuole porti in alto, in una dimora eccelsa e sicu­ra, dove abbiano fine le tempeste del tuo spirito e non giungano le forze nemiche del mondo e dell'inferno, dove l'Altissimo riposi nella tua quiete e trovi in te un'abita­zione e un tempio degni della sua gloria. Non manche­ranno assalti e tentazioni, che il demonio escogiterà con somma astuzia: tu sii pronta e accorta, affinché nella tua anima non vi sia turbamento né inquietudine. Custodisci interiormente il tuo tesoro e godi le delizie del Signore, i dolci frutti del suo casto amore e della sua sapienza, dal momento che proprio in questo egli ti ha eletta ed esal­tata tra molte generazioni, aprendo generosamente la sua mano verso di te.

70. Considera dunque la tua vocazione: sta' sicura che l'Onnipotente ti offre di nuovo la partecipazione e la co­municazione dello Spirito e dei suoi doni. Sappi però che quando egli li concede non coarta la libertà, perché lascia sempre in potere di chi li riceve la possibilità di volgersi, a proprio arbitrio, al bene o al male; perciò, confidando nella grazia, conviene che tu decida di imitarmi in tutto, non ostacolando l'opera del Consolatore. Per farti intende­re meglio questa dottrina, ti insegnerò come trarre profit­to dai sette doni.

71. Il primo, cioè la "sapienza", ti fa conoscere e gusta­re le cose divine, affinché il tuo cuore sia riscaldato con l'a­more che ti deve animare per esse, ricercando attivamente in ogni cosa buona ciò che è più accetto al Signore. Colla­bora con questa mozione e abbandonati interamente al be­neplacito divino, disprezzando quello che può esserti di im­pedimento, per quanto possa sembrare amabile alla volontà e desiderabile ai sensi. In questo ti aiuta il secondo dono, l`intelletto, dandoti una luce speciale per penetrare profon­damente l'oggetto rappresentato all'intelligenza. Da parte tua, devi cooperare distogliendoti dalle false notizie che il demonio ti presenta, direttamente o per mezzo di altre crea­ture, al fine di distrarre la mente. In realtà, ciò procura gran­de imbarazzo all'intelletto umano, perché si tratta di due in­telligenze incompatibili e la scarsa capacità umana, divisa tra molti oggetti, pone in ciascuno di essi minor attenzione di quella che vi metterebbe se si occupasse di uno solo. Si fa allora esperienza della verità proclamata nel Vangelo: Nes­suno può servire a due padroni. Quando l'anima tutta in­tenta al bene lo comprende, allora le è necessaria la "for­tezza", il terzo dono, per eseguire risolutamente quello che all'intelletto è stato manifestato come migliore e più gradi­to a Dio. Le difficoltà e gli ostacoli che incontrerà saranno vinti con tenacia ed essa si esporrà a qualunque sofferenza, pur di non privarsi dello splendido tesoro che ha scoperto.

72. Molte volte succede che, per l'ignoranza e i dubbi insiti nella natura umana e per il sopraggiungere della ten­tazione, la creatura non riesca a capire il fine e le conse­guenze della verità divina conosciuta. Mentre aspira al me­glio, ella resta confusa tra le diverse possibilità presenta­tele dalla prudenza della carne. In tal caso, le occorre il dono della "scienza", il quarto, che illumina opportunamente per distinguere le cose buone dalle altre, per impa­rare ciò che è sicuro ed anche per comunicarlo, se neces­sario. A questo, segue il dono della "pietà", il quinto, che con forte dolcezza orienta l'anima verso quello che vera­mente piace al Signore e le è di vantaggio spirituale, af­finché compia il bene solo per motivazioni virtuose e non sotto l'impulso di qualche passione naturale. Inoltre, per­ché si governi in tutto con singolare prudenza, occorre il sesto dono, il "consiglio", che dirige la ragione ad agire con accortezza e audacia, dando con discrezione suggeri­menti riguardo a sé e al prossimo, scegliendo i mezzi con­soni al raggiungimento di obiettivi onesti e degni di un se­guace di Cristo. L'ultimo dei doni, il "timore", custodisce tutti gli altri e predispone il cuore a fuggire e a tenersi lon­tano da ogni cosa imperfetta, pericolosa, in contrasto con la santità dell'anima per la quale costruisce come un mu­ro di difesa. Bisogna divenire pienamente consapevoli del­la materia e della modalità proprie dell'azione del santo ti­more, perché la creatura non ecceda in esso temendo sen­za fondamento, come tante volte ti è successo per l'astu­zia del diavolo, il quale ha inoculato in te la paura disor­dinata perfino dei benefici di Dio. Il mio insegnamento ti renderà prudente nel mettere a frutto i doni dell'Altissimo e nel porti di fronte ad essi. Tieni presente che la scienza del temere è proprio l'effetto dei favori concessi dall'Onni­potente: egli la comunica all'anima con dolcezza e pace af­finché sappia stimare ed apprezzare le sue grazie, che non sono di breve durata se provengono dalla mano dell'eter­no Padre. In tal modo il timore non le impedirà di ren­dersi conto del beneficio divino, ma anzi la indirizzerà ad essere grata al Signore con tutte le forze e ad umiliarsi fi­no alla polvere. Conoscendo tali verità senza inganno e la­sciando la vigliaccheria del timore servile, ti resterà il ti­more filiale, con il quale, quasi fosse la tua stella polare, navigherai sicura in questa valle di lacrime.