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CAPITOLO 17

Maria beatissima manifesta a Giovanni una nuova persecu­zione disposta da Lucifero contro la Chiesa e, su proposta dell'Apostolo, decide di partire per Efeso; quindi, visita Gia­como a Saragozza, come le è ordinato da suo Figlio in un'ap­parizione.

 

334. Negli Atti si menziona la violenta persecuzione che dopo la lapidazione di Stefano si scatenò per istigazione del serpente fino alla conversione di Paolo; l'ho illustrata nei capitoli dodicesimo e quattordicesimo della presente parte, ma quello che ho raccontato successivamente fa ca­pire che egli non si riposò né si dette per vinto, insorgen­do ancora contro i credenti e contro Maria. Ciò che ci è riferito circa la carcerazione di Pietro e di Giacomo, ordi­nata da Erode, sarebbe sufficiente per farci dedurre che si trattò di un altro tentativo di eliminazione dei seguaci di Gesù, anche se non fosse dichiarato espressamente che furono contemporaneamente inviate delle truppe per tor­mentarne alcuni. Affinché si intenda meglio quanto si è affermato e quanto si affermerà più avanti, torno ad avver­tire che tutto questo era architettato e suscitato dai de­moni, che irretivano gli oppressori. La provvidenza divina in certi periodi ne concedeva loro il permesso e in altri lo revocava, precipitandoli nelle profondità, come al momen­to della trasformazione che avvenne in Saulo e in altre oc­casioni; quindi, la comunità primitiva, come è stato in ogni secolo, a volte era nella tranquillità, mentre altre volte, ter­minate queste tregue, veniva molestata e afflitta.

335. Erano convenienti sia la calma, perché nuovi di­scepoli si unissero agli altri, sia l'ostilità contro di loro, perché acquistassero meriti e fossero provati, e così Dio nella sua saggezza le alternava e continua a farlo. Per ta­li ragioni, quando il giovane di Tarso divenne cristiano ci furono numerosi mesi di quiete, nei quali satana e i suoi stettero soggiogati negli abissi. Luca ne parla dicendo che la Chiesa era in pace per tutta la Giudea , la Galilea e la Samarìa , e cresceva nel timore del Signore e nella conso­lazione dello Spirito. Ciò si verificò prima della visita del­l'Apostolo a Gerusalemme, anche se questa viene fatta pre­cedere per dare un ordine alla narrazione, come capita fre­quentemente pure nei Vangeli, che sono soliti fare alcune anticipazioni per completare il tema che stanno affron­tando; infatti, non riportano in forma di annali tutti gli eventi della loro storia, benché nell'essenziale osservino la successione temporale.

336. Premesso questo e ricollegandomi a quello che ho esposto sul conciliabolo che fu tenuto dopo i fatti accaduti sulla via di Damasco, informo che esso si protrasse abba­stanza a lungo e i principi delle tenebre scelsero svariati espedienti per distruggere la fede e cercare di far cadere la Vergine dallo stato sublime in cui la immaginavano collo­cata, sebbene al riguardo ignorassero infinitamente più di quanto conoscevano. Passati quei giorni, risalirono per met­tere in atto i consigli di malvagità che avevano escogitato. A capo di tutti uscì Lucifero ed è degno di attenzione con­siderare che il suo furore era tale che per questa impresa portò con sé più di due terzi dei suoi ministri. Senza dub­bio, avrebbe lasciato spopolato il suo regno caliginoso, se la sua stessa perfidia non lo avesse obbligato a farne rimane­re alcuni per angustiare i dannati; infatti, oltre al fuoco eter­no al quale sono destinati dalla giustizia celeste, e che non poteva mancare, non consentì che questi fossero privi della loro vista e compagnia, affinché non avessero un piccolo re­spiro in loro assenza. A tal fine, quelle caverne non sono mai vuote e non viene risparmiato un simile flagello agli in­felici che le abitano, nonostante che la cruentissima bestia abbia tanta avidità della rovina dei mortali. Così empio, fe­roce e inumano padrone servono gli sciagurati peccatori!

337. L'ira del maligno era arrivata al culmine e ad un punto inconcepibile, per quello che stava succedendo do­po la passione del Redentore, per l'eccellenza della Signo­ra e per la sua protezione, da lui sperimentata in Stefano, in Paolo e in altri casi. Perciò, pose la sua sede nella città santa per muovere personalmente l'attacco contro i più vi­gorosi e per dirigere da lì tutti i suoi squadroni, che sono ben disciplinati soltanto nel far guerra per la nostra per­dizione, mentre per il resto stanno immersi nello scompi­glio e nella confusione. L'Altissimo, però, non dette ad es­si licenza completa di compiere quello che la loro invidia bramava, giacché altrimenti in breve avrebbero sconvolto il mondo: pose dei limiti, così che facessero solo quanto era opportuno perché la comunità ecclesiale si fondasse sul sangue dei martiri, radicandosi più saldamente, e nel­le tribolazioni si manifestassero con più evidenza la sa­pienza e la virtù del timoniere di quella navicella. Imme­diatamente il serpente impose ai suoi di girare per l'inte­ro pianeta allo scopo di scoprire dove fossero i credenti e dove si predicasse Cristo, dandogli poi ragguaglio di tutto. Si stabilì il più lontano possibile dai luoghi consacrati dai misteri del nostro Salvatore, poiché essi erano per lui ter­ribili e in proporzione della loro vicinanza era indebolito e schiacciato dalla forza divina; hanno tuttora questo po­tere e lo avranno sino alla fine. È davvero motivo di in­tenso dolore che oggi siano in balìa dei pagani a causa del­le nostre colpe! Fortunati quei pochi che godono di que­sto privilegio, come i figli di san Francesco, nostro padre e restauratore della Chiesa!

338. Il drago ricevette una relazione sulla condizione di tutti i posti dove era annunciato Gesù e su quella dei bat­tezzati. Impartì ad alcuni dei suoi l'ordine di attendere as­siduamente a opprimerli, inviandoli in numero maggiore o minore secondo la differenza che c'era tra gli apostoli, i discepoli e i comuni fedeli. Ingiunse ad altri di andare e venire per rendergli conto di quanto avveniva e per tra­smettere le sue disposizioni. Indicò, inoltre, degli uomini increduli, cattivi e dai costumi depravati, affinché li irri­tassero, provocassero e riempissero di collera e gelosia con­tro i seguaci del Signore. Tra costoro ci furono il re Ero­de e molti giudei, per il loro odio verso colui che avevano crocifisso e il cui nome volevano cancellare dalla terra dei viventi; accanto ad essi, si valse anche di vari gentili, par­ticolarmente ciechi e attaccati all'idolatria. Tra gli uni e gli altri investigò con diligenza quali fossero i peggiori, per farli strumenti della sua iniquità. In tale maniera avviò la persecuzione, e sempre ha usato quest'arte diabolica per annientare l'efficacia e il frutto del nostro riscatto. Fece strage tra i primi cristiani, angariandoli in parecchi modi che non sono scritti e risaputi, anche se pure ai nuovi san­ti accadde all'incirca ciò che nella lettera agli Ebrei viene

riferito a quelli antichi'. Oltre che con questi patimenti este­riori, affliggeva i giusti con tentazioni, suggestioni e illu­sioni, come fa ancora con tutti coloro che desiderano camminare per i sentieri della legge di Dio e mettersi sul­le orme del nostro Maestro. Finché siamo quaggiù non pos­siamo avere notizia di tutto quello che pose in opera per estinguere la Chiesa ai suoi inizi, come neppure di quello che fa adesso con lo stesso intento.

339. Nulla, però, restò celato alla prudentissima Princi­pessa, che nella chiarezza della sua eminente scienza pe­netrava tutti i suoi oscuri segreti. Le percosse e le ferite quando ci trovano preparati non fanno in noi grande im­pressione, ed ella era ben istruita sulle future sofferenze dei devoti, così che nessuna le poteva giungere inaspetta­ta; tuttavia esse, colpendoli, straziavano anche il suo cuo­re, nel quale teneva tutti racchiusi con amore sviscerato di pietosissima madre, e l'afflizione corrispondeva alla sua quasi immensa carità. Spesso la sua vita sarebbe venuta meno se, come ho ripetuto varie volte, non le fosse stata preservata miracolosamente. In ogni anima retta e perfet­ta nell'ardore per l'Onnipotente avrebbe prodotto rilevanti effetti la conoscenza dello sdegno e della malizia di tanti demoni astuti e vigilanti contro poche persone semplici, modeste, di natura fragile e piene di miserie. Con questa cognizione la Vergine avrebbe dimenticato qualunque sol­lecitudine per se stessa e le proprie angustie, se ne avesse avute, per dedicarsi a procurare rimedio e conforto ai suoi piccoli. Moltiplicava per loro le invocazioni, i sospiri, le la­crime e le attenzioni; dava a tutti degli ottimi consigli, esor­tandoli e ammonendoli per prepararli e incoraggiarli. So­vente comandava con autorità agli avversari e strappava alle loro grinfie innumerevoli creature che essi ingannavano e pervertivano, liberandole dalla seconda morte. In al­tre circostanze impediva tremende crudeltà e insidie tra­mate contro i servitori di sua Maestà, perché Lucifero mac­chinò di uccidere subito i Dodici, come aveva provato a fare per mezzo di Saulo, e quindi gli altri discepoli che proclamavano la fede.

340. La nostra Signora, per niente sconvolta dalle sue premurose preoccupazioni, conservava interiormente som­ma pace e tranquillità, e all'esterno imperturbabilità e com­postezza regale; tuttavia, con tali pensieri e tale compas­sione, le intime pene le conferivano un aspetto piuttosto triste se confrontato con il suo solito amabile contegno. Siccome Giovanni provvedeva a lei con considerevole cu­ra e dipendenza filiale come aquila assai perspicace, il lie­ve mutamento sul suo volto non poté sfuggirgli. Se ne ad­dolorò profondamente e, dopo aver meditato, andò a im­plorare luce per non errare: «Sovrano immenso e reden­tore del mondo, confesso che vi sono molto debitore per quanto mi avete donato, senza mio merito e soltanto per vostra benignità, dandomi per madre quella stessa che è veramente madre vostra, avendovi concepito, partorito e nutrito al suo petto. Un simile beneficio mi ha reso felice e mi ha arricchito del più prezioso tesoro del cielo e del­la terra. Ella, però, è rimasta sola e povera per la vostra mancanza, che non possono compensare tutti gli angeli e gli uomini insieme, e tanto meno questo vile verme e vo­stro schiavo. In questo momento vedo alquanto mesta co­lei nella quale vi siete incarnato e che è l'allegrezza del vo­stro popolo. Aspiro a consolarla, ma ne sono incapace; la ragione e l'affetto mi spronano, mentre la riverenza e la mia debolezza mi arrestano. Concedetemi l'energia neces­saria e illuminatemi su ciò che io debba fare per compia­cere voi ed essere utile a lei».

341. Dopo questa orazione, egli fu a lungo dubbioso sull'opportunità di chiedere a Maria beatissima la causa del suo abbattimento: da una parte lo bramava con dol­cezza e dall'altra non ardiva per timore santo e per ri­guardo; così, anche se per tre volte si fece animo e giun­se fino alla porta della stanza dove ella stava, la timidez­za lo trattenne dall'entrare. La Regina dell'umiltà, sapendo quanto accadeva in costui e quanto egli faceva, per il ri­spetto che ne aveva come sacerdote si alzò dalla preghie­ra e uscì a domandargli: «Signore, che cosa ordinate alla vostra ancella?». Ho già affermato che ella chiamava si­gnori i ministri del suo Unigenito. L'Evangelista, sollevato e aiutato da questo favore, sebbene non senza una certa ritrosia, disse: «La ragione e il desiderio di prodigarmi per voi mi hanno obbligato a riflettere sulla vostra tristezza e a giudicare che abbiate qualche afflizione, dalla quale ane­lo di trovarvi alleggerita».

342. Non si diffuse in altre parole, ma ella conobbe che agognava interrogarla sulle sue sollecitudini e, prontissima nell'obbedire, rispose a ciò prima ancora che egli lo pale­sasse, stimandolo suo superiore. Si rivolse così a Gesù: «Dio e figlio mio, al vostro posto mi avete lasciato questo giovane, affinché mi accompagni e mi assista, ed io l'ho ricevuto come mio prelato e come colui che mi deve diri­gere; quindi, intendo essergli docile ed adempiere la sua volontà, qualora mi sia nota, perché la vostra serva si re­goli sempre secondo le vostre disposizioni. Datemi licenza di esaudirlo rivelandogli i miei affanni». Avvertì immedia­tamene il "fiat" divino e, postasi in ginocchio ai piedi di Giovanni, si fece benedire da lui e gli baciò la mano. Ot­tenuto il permesso di esprimersi, parlò in questo modo: «Signore, la mia sofferenza ha una motivazione: mi sono state manifestate le tribolazioni che sovrastano i credenti e le persecuzioni che essi, e soprattutto il collegio aposto­lico, dovranno patire. Ho potuto osservare che per orga­nizzare ed eseguire tale malvagità il drago infernale è sa­lito dalle caverne degli abissi con moltissime legioni, piene di implacabile furore per distruggere il corpo della Chie­sa. Gerusalemme sarà turbata per prima e più delle altre città, in essa ammazzeranno uno dei Dodici e prenderan­no e maltratteranno altri per opera del diavolo. Sono af­franta per la pietà che sento e per la resistenza che i ne­mici faranno alla magnificazione del nome dell'Altissimo e al rimedio delle anime».

343. A questo avviso egli restò sconcertato, ma, confor­tato dalla grazia, replicò: «Madre e signora mia, la vostra sapienza non ignora che dai travagli l'Onnipotente trarrà ampio profitto per i fedeli e che li sosterrà in essi. Noi apo­stoli siamo preparati a sacrificare le nostre vite per chi of­frì la sua per l'intero genere umano. Ci sono stati elargiti doni enormi e non è giusto che siano oziosi e sterili in noi. Quando eravamo bambini alla scuola del nostro Maestro, ci comportavamo da bambini; ma, allorché egli ci ha ar­ricchito con il suo Spirito ed ha acceso in noi la fiamma del suo amore, abbiamo perso la codardìa e vogliamo per­correre il sentiero della croce, che egli ci ha indicato con l'insegnamento e con l'esempio. Siamo consci che la co­munità ecclesiale si deve piantare e conservare con il san­gue dei suoi ministri e dei suoi membri. Invocate l'Eterno per noi, poiché con la virtù celeste e la vostra protezione trionferemo sui nostri avversari a sua gloria. Se in questo luogo, però, l'oppressione sarà più dura, mi pare che non sia consigliabile che l'aspettiate qui, affinché la rabbia dei demoni per mezzo della malizia dei mortali non tenti qual­che offesa contro il tabernacolo del Verbo».

344. La Vergine , per la tenerezza e la compassione ver­so i cristiani, era priva di paura e incline a rimanere lì, per consolare e incoraggiare tutti in quel frangente; ma non comunicò questa aspirazione perché, pur essendo co­sì santa, essa proveniva dal suo giudizio. Cedette all'umiltà e all'obbedienza che prestava a colui che riteneva suo su­periore e, arrendendosi senza ribattere, lo ringraziò per il valore con cui bramava i tormenti e il supplizio per il Re­dentore. Quanto all'andarsene, lo invitò a decidere come pensasse meglio, perché si sarebbe sottomessa da suddita e avrebbe supplicato il Creatore di guidarlo con la sua lu­ce affinché scegliesse quello che gli era più gradito e che più lo esaltava. Di fronte a questo abbandono, che ripren­de la nostra condotta e ci è di modello, egli decretò di tra­sferirsi a Efeso, in Asia minore, e lo propose: «Madre, per allontanarci da qui ed avere altrove occasione di impe­gnarci per l'onore del vostro Unigenito, mi sembra oppor­tuno che ci ritiriamo a Efeso, dove conseguirete quei ri­sultati che non spero qui. Mi piacerebbe essere uno di quel­li che stanno presso il trono della Trinità per attendere de­gnamente a voi nel tragitto, ma sono un misero verme del­la terra; il Salvatore, però, sarà con noi e lo avrete ovun­que propizio come Dio e figlio vostro».

345. La partenza fu fissata per quando tutto fosse sta­to sistemato in città e ciascuno fosse stato avvertito di quel­lo che era necessario. Maria entrò nel suo oratorio, dove fece la seguente implorazione: «Supremo sovrano, io, vile ancella, mi prostro davanti alla vostra presenza regale e con tutta me stessa vi scongiuro di dirigermi e di indiriz­zare al vostro maggiore beneplacito il viaggio che intra­prenderò per fare la volontà del vostro discepolo, che sarà sicuramente la vostra. Non è ragionevole che questa schia­va, a voi tanto debitrice, faccia un passo che non sia per rendervi omaggio. Accogliete la mia richiesta, perché io compia quello che è perfetto». Egli le disse: «Sposa e co­lomba mia, ho deciso che vi spostiate da un'altra parte per mio compiacimento. Assecondate Giovanni e stabilitevi a Efeso, dove, tramite voi e la vostra assistenza, al momen­to adatto mostrerò la mia clemenza verso alcuni». La pru­dente Principessa fu così sollevata e informata dei suoi di­segni; quindi, gli domandò la benedizione e la licenza di fare i preparativi per la data in cui l'Evangelista avrebbe determinato di mettersi in cammino. Piena del fuoco del­la carità bruciava nel desiderio del bene degli abitanti di quella località, perché sua Maestà le aveva dato speranza che da essi si sarebbe ricavato un frutto di suo gusto.

346. Tutta la sua sollecitudine era tesa alla crescita e alla dilatazione della Chiesa, al conforto dei credenti e al­la difesa di questi ultimi dal serpente nella persecuzione e nelle insidie che approntava. Nel suo incomparabile ardo­re, prima di lasciare Gerusalemme dispose molte cose co­me le fu possibile da se stessa e con l'intervento degli an­geli, allo scopo di prevenire tutto quello che le parve con­veniente per la sua assenza, perché allora non le era noto quanto sarebbe restata distante. La più grande diligenza che poté impiegare fu la sua continua ed efficace orazio­ne affinché Gesù con il vigore infinito del suo braccio cu­stodisse i suoi e schiacciasse la superbia di Lucifero, dis­sipando le scelleratezze che questi nella sua astuzia fab­bricava contro di lui. Ella era al corrente che il primo dei Dodici a spargere il suo sangue per la fede sarebbe stato Giacomo; per questo e per l'affetto che gli portava, inter­cedette soprattutto per lui.

347. Mentre era intenta in tali preghiere, a quattro gior­ni dalla partenza, sentì nel suo castissimo cuore degli ef­fetti dolcissimi, come le succedeva altre volte quando le stava per venire concesso qualche dono singolare. Queste opere nello stile della Scrittura si chiamano parole del Si­gnore, e ad esse la Maestra della scienza rispose: «Mio Re, che cosa mi comandate di fare? Che cosa volete da me? Parlate, perché la vostra serva vi ascolta». Mentre replica­va ciò, vide Cristo scendere in persona dall'empireo a vi­sitarla su un seggio di ineffabile splendore, scortato da in­numerevoli spiriti celesti di tutti gli ordini, e fare con que­sta magnificenza il suo ingresso nella stanza. La religiosa e modesta Vergine lo adorò con somma venerazione, pro­cedente dal suo purissimo intimo. Subito egli affermò: «Madre mia, dalla quale ricevetti la natura umana per ri­scattare il mondo, sono attento alle vostre suppliche, san­te e accette ai miei occhi. Sosterrò la mia Chiesa e ne sarò il padre e il protettore, affinché non sia vinta e le porte degli inferi non prevalgano contro di essa'. Sapete già che per la mia esaltazione bisogna che gli apostoli si affati­chino con il mio aiuto e infine vengano dietro a me sulla via della croce e della morte che io ho patito per la re­denzione; il primo che mi imiterà su di essa sarà Giaco­mo, mio servitore fedele, che qui subirà il martirio. Per­ché egli torni, come anche per altri considerevoli fini, è mio volere che andiate immediatamente da lui in Spagna, dove sta predicando. Recatevi a Saragozza e invitatelo a rientrare, ma solo dopo avere eretto là un edificio sacro a voi dedicato; in esso sarete invocata per quel paese, ad ono­re mio e di tutta la Trinità ».

348. Ella accolse queste indicazioni con nuovo godi­mento e, con degna sottomissione e riconoscenza, riprese: «Mio vero sovrano, la vostra volontà si adempia in me per sempre e tutti vi celebrino senza termine per le meraviglie che nella vostra immensa misericordia realizzate per colo­ro che vi seguono. Mi faccio voce di ciascuno nel lodarvi e nel ringraziarvi per esse. Permettetemi di promettere in vostro nome che la vostra destra onnipotente darà specia­le soccorso nel tempio di cui chiedete la costruzione, e che esso sarà parte della mia eredità a vantaggio di chiunque lì si rivolgerà a voi e a me, come mediatrice presso la vo­stra clemenza».

349. Il Salvatore continuò: «Mia carissima, nella quale incessantemente mi compiaccio, vi do la mia parola rega­le che guarderò con particolare benevolenza e riempirò di larghe benedizioni quelli che con riverenza e devozione verso di voi in quel luogo mi imploreranno per vostro trami­te. Ho deposto nelle vostre mani tutti i miei tesori; fate le mie veci e avete la mia autorità, per cui potete arricchire e distinguere quel santuario e garantire in esso il vostro favore, poiché esaudirò i vostri desideri, a me tanto gra­diti». Appena ella ebbe reso grazie per tale assicurazione, per ordine di sua Maestà moltissimi degli esseri superni che lo accompagnavano formarono un trono con una ful­gida nube e ve la posero come signora dell'universo; gli al­tri risalirono con lui, dopo che l'ebbe benedetta, mentre, sorretta dai serafini, insieme ai suoi mille custodi e agli al­tri, si dirigeva in anima e corpo verso Saragozza. Anche se il viaggio avrebbe potuto essere brevissimo, il suo Unige­nito stabilì che si eseguisse in modo tale che essi le into­nassero con leggiadra armonia inni di giubilo.

350. Alcuni attaccavano l"'Ave Maria", altri "Salve, sanc­ta Parens" e "Salve Regina", altri ancora il "Regina coeli", alternandosi gli uni agli altri con una consonanza tanto ben concertata che ci è impossibile immaginarla. Ella, al­lora, riferendo quel tributo all'Autore che glielo accordava, con umiltà proporzionata all'altezza del beneficio ripeteva: «Santo, santo, santo, Dio sabaoth, abbi pietà della misera progenie di Eva. Tua è la gloria e tua è la potenza. Tu so­lo sei il Santo e il Signore degli eserciti e dell'intero crea­to». Essi, quindi, rispondevano a questi cantici tanto ama­bili per l'Eterno, e così arrivarono a destinazione quando era già prossima la mezzanotte.

351. Il felicissimo Giacomo era fuori della città, vicino al muro presso la riva del fiume Ebro, e per mettersi in orazione si era discostato un po' dai suoi discepoli. Qual­cuno di essi dormiva, qualcun altro pregava come il suo maestro, ma nessuno si aspettava la novità che stava sopravvenendo. Per questo, la processione angelica con la musica si allungò alquanto, in maniera tale che ognuno la potesse udire. Chi era nel sonno si risvegliò e tutti furono colmati di soavità interiore e di stupore, con una consola­zione divina che si impossessò di loro e li lasciò come mu­ti, attoniti e tra lacrime di gioia. Videro una luce sfolgo­rante, come se fosse stato mezzogiorno, benché essa fosse solo in un certo spazio a forma di grossa sfera, non dap­pertutto. Assorti in questa meraviglia e in questo gaudio, stettero immobili finché l'Apostolo non li chiamò. Attra­verso simili effetti, furono preparati ad essere attenti al su­blime mistero che sarebbe stato rivelato loro. Il trono fu posto davanti a Giacomo, che era in profonda contempla­zione e più degli altri sentiva il suono e percepiva il ba­gliore. Gli spiriti celesti avevano con sé una piccola co­lonna di marmo o di diaspro e avevano fatto in un altro materiale una raffigurazione della Vergine, che alcuni te­nevano con sommo ossequio; avevano approntato tutto ciò in quella notte, con il potere con cui operano nelle cose alle quali si estende la loro forza.

352. La Madre stava sulla nuvola, circondata dai vari cori, ciascuno dei quali aveva mirabile bellezza, anche se ella superava tutti in tutto. Da lì si manifestò al fortunato Apostolo, che prostratosi la riverì intensamente, osservan­do pure quello che veniva trasportato. Ella, per conto di Gesù, gli parlò: «Figlio mio, ministro dell'Altissimo, siate benedetto dalla sua destra; egli vi regga e vi palesi l'alle­grezza del suo volto». Tutti gli angeli esclamarono: «Amen». Proseguì: «L'eccelso Re ha prescelto questo posto affinché in esso gli innalziate un tempio, dove sotto il titolo del mio nome il suo sia magnificato e dove i suoi tesori siano co­municati con abbondanza; egli darà libero corso alle sue antiche misericordie a vantaggio dei credenti e questi per mezzo della mia intercessione le otterranno, se le doman­deranno con autentica confidenza e pia devozione. Da parte sua prometto loro enormi favori e la mia protezione, perché questa deve essere mia abitazione e mia eredità. In testimonianza di ciò, questo pilastro con sopra la mia im­magine resterà qui e durerà con la santa fede sino alla fi­ne dei tempi. Darete senza indugio inizio ai lavori e dopo avergli reso tale servizio partirete per Gerusalemme, poi­ché il Salvatore vuole che gli sacrifichiate la vostra vita là dove egli consegnò la sua per il riscatto degli uomini».

353. Concluse il discorso comandando ai custodi di col­locare la colonna e la raffigurazione nel punto in cui si tro­vano ancora oggi, cosa che fu fatta all'istante. Subito do­po, essi confessarono quel luogo come casa di Dio, porta del cielo,,, terra consacrata per la sua esaltazione e per l'in­vocazione di Maria; lo fecero con Giacomo che, in attesta­zione di questo, si inginocchiò e celebrò con inni insieme a loro la dedicazione della prima chiesa fondata dopo la re­denzione, e intitolata alla Regina. Questa fu la felice origi­ne del santuario di "Nuestra Senora del Pilar", cioè del pi­lastro, in Saragozza, che a ragione si dice camera angeli­ca, dimora dell'Unigenito e della sua castissima genitrice, degna della venerazione di tutti e garanzia certa e ferma dei benefici che i nostri peccati non giungeranno a deme­ritare. Mi pare che il nostro grande patrono, il secondo Gia­cobbe, abbia dato ad esso un principio più glorioso di quel­lo che il primo dette al suo di Betel quando, andando pel­legrino in Mesopotamia, eresse la pietra che eppure segnò la posizione del futuro tempio di Salomone. Là in sogno questi scorse in figura e in ombra la scala mistica con gli angeli, ma qui il nostro Giacobbe scorse la scala vera del cielo con gli occhi del corpo, e un numero più elevato di messaggeri superni. Là fu alzata la stele per una costru­zione sacra che avrebbe dovuto essere distrutta parecchie volte e avere termine dopo alcuni secoli, ma qui, nella sta­bilità della colonna, l'edificio, la fede e il culto divino fu­rono assicurati per tutta la durata del mondo, ascendendo e discendendo gli spiriti dalle altezze con le preghiere dei cristiani e gli incomparabili doni che la Principessa distri­buisce a coloro che vanno a implorarla ed onorarla.

354. Il nostro Apostolo la ringraziò e la supplicò di di­fendere in modo speciale la Spagna , e soprattutto quel luo­go a lei consacrato. Ella si impegnò riguardo a tutto e, im­partitagli di nuovo la sua benedizione, fu riportata al ce­nacolo nella medesima maniera. Su sua richiesta, il Si­gnore dispose che presso il santuario rimanesse un custo­de, che da quel giorno persevera in tale ministero e così farà fino a quando vi staranno il pilastro e l'immagine. Per­ciò, come tutti i cattolici riconoscono con meraviglia, es­so si è mantenuto intatto per più di milleseicento anni, tra la perfidia dei giudei, l'idolatria dei romani, l'eresia degli ariani e la barbara furia dei mori e dei pagani; e l'ammi­razione sarebbe maggiore se fossero note le macchinazio­ni escogitate in ogni epoca dall'inferno per abbatterlo per mano di tutti costoro. Non mi trattengo a riferire questi avvenimenti, perché non è necessario ed essi non appar­tengono al mio intento; basti asserire che Lucifero ha so­vente tentato di farlo per mezzo di tutti questi nemici del supremo sovrano, e sempre l'angelo l'ha fermato.

355. Avviso, però, di due cose che mi sono state svela­te. Innanzitutto, le promesse di Gesù e di sua Madre cir­ca la conservazione di quel tempio, benché sembrino as­solute, hanno implicita una condizione, come accade per molte altre della Bibbia che concernono elargizioni parti­colari: la nostra condotta non deve disobbligare sua Mae­stà, privandoci di quanto ci offre. Egli non lo spiega né di­chiara poiché riserva nel segreto della sua equità il peso delle mancanze per le quali ciò può succedere, e affinché siamo avvertiti che quello che ci dà non ci è concesso perché lo usiamo contro di lui e pecchiamo confidando nella sua liberalità; infatti, non c'è alcuna offesa che ce ne ren­da altrettanto indegni. Di tali e tante macchie possono co­prirsi questi regni che arriviamo a perdere la grazia ecce­zionale del patrocinio della Signora!

356. Non meno importante è prendere atto che i de­moni, sapendo tutto questo, hanno provato e provano ad introdurre nell'illustre località e nei suoi abitanti vizi peg­giori che nelle altre, specialmente quelli che oltraggiano maggiormente la purezza della Vergine, e inoltre con più efficacia e astuzia. Il serpente mira a due fini esecrabili: se può, ottenere che l'Onnipotente sia sciolto dall'impegno di salvaguardare il santuario, conseguendo per questa stra­da quello che per vie diverse finora non ha potuto; se non ci riesce, almeno impedire nelle anime la devozione per es­so e gli immensi doni che Maria intende accordare lì a chi li domanderà nel modo conveniente. Satana e i suoi han­no ben chiaro che chi vive a Saragozza e nelle vicinanze le deve più di chi sta in differenti province della cristia­nità, perché ha dentro le mura la fonte dei favori che gli altri vengono a cercare da lontano. Se con il possesso di un simile tesoro fossero più cattivi e trascurassero la be­nignità e la clemenza che nessuno era in grado di guada­gnare, questa ingratitudine verso l'Altissimo e la Regina beatissima sarebbe meritevole di sdegno più grande e di un castigo più grave della giustizia celeste. Confesso con gioia a coloro che leggeranno la presente Storia che, aven­dola scritta a solo due giornate di distanza, stimo per me fortunatissima questa prossimità e ho profondo affetto per quel luogo sacro, per il debito che tutti comprenderanno che io ho con la mia Maestra. Ne ho uno anche con la pietà di tale città ed in contraccambio di ciò vorrei ri­chiamare alla memoria di quanti vi risiedono, con voce pe­netrante e forte, la cordiale ed intima venerazione cui so­no tenuti, nonché quello che con essa possono conquistare e al contrario con la dimenticanza e la poca attenzione possono lasciarsi sfuggire. Si considerino, dunque, più be­neficati e vincolati degli altri, apprezzino la loro ricchez­za, ne godano felicemente e non facciano del propiziato­rio di Dio una casa inutile e ordinaria; infatti, così mute­rebbero in tribunale di giudizio quell'edificio che fu stabi­lito come tribunale di misericordia.

357. Finita la visione, Giacomo fece venire a sé i di­scepoli, che erano assorti per la musica e lo splendore an­che se non scorgevano né udivano niente, e li informò di quanto era opportuno affinché lo aiutassero nella costru­zione, alla quale pose mano con ogni zelo. Prima di an­darsene, con l'assistenza degli spiriti superni completò la piccola cappella dove stanno l'immagine e la colonna. Pian piano, poi, i cattolici hanno innalzato il sontuoso tempio e il resto che adorna quel santuario tanto famoso. Per il momento Giovanni non ebbe notizia di tale apparizione, né la Principessa gliela manifestò, perché non faceva par­te della fede universale della Chiesa e per questo era da lei custodita nel proprio petto; tuttavia, ella ne rivelò a lui e agli altri evangelisti alcune più eccellenti, poiché neces­sarie all'istruzione dei credenti. San Giacomo, però, al suo rimpatrio attraversò Efeso e dette ragguaglio al fratello di quello che gli era capitato mentre peregrinava in Spagna, parlandogli delle due occasioni in cui aveva avuto il pri­vilegio di contemplare la nostra sovrana, di ciò che era accaduto nella seconda e di ciò che aveva eretto. Dalla re­lazione che questi fece tanti degli apostoli e degli altri fu­rono messi al corrente del miracolo, ed egli stesso in se­guito lo comunicò loro in Gerusalemme per confermarli nella riverenza verso di lei e nella fiducia nella sua me­diazione. Così fu, perché coloro ai quali esso fu annun­ciato cominciarono ad invocarla nelle tribolazioni e nei bisogni, ed ella soccorse molti, anzi tutti, in vari frangenti e pericoli.

358. Questo prodigio si verificò all'inizio del quaranta dopo Cristo, la notte tra il due e il tre gennaio. Dal prin­cipio della missione di Giacomo erano trascorsi quattro an­ni, quattro mesi e dieci giorni. Egli era partito il venti ago­sto del trentacinque e, dopo la visita della Signora appena riportata, spese un anno, due mesi e ventitré giorni nell'o­pera di edificazione, nel rientro e nella predicazione; morì, poi, il venticinque marzo dell'anno quarantunesimo dalla redenzione. La Vergine , quando gli si mostrò in Saragoz­za, aveva cinquantaquattro anni, tre mesi e ventiquattro giorni e si mise in viaggio verso Efeso il quarto giorno dal suo ritorno al cenacolo. Quindi, quel santuario le fu dedi­cato assai prima del suo insigne transito, come si capirà meglio allorché al termine di questa Vita farò sapere quan­do esso avvenne e l'età che ella aveva allora; passarono, in­fatti, più anni di quanti se ne assegnano comunemente. In Spagna ella era già ossequiata pubblicamente e con so­lennità in diversi templi, che erano subito sorti ad imita­zione di quello del Pilar.

359. Questo regno ottenne su tutti gli altri la palma nel culto di Maria e, mentre ella era ancora sulla terra, si se­gnalò nel celebrarla e nell'implorarla più di quanto essi ab­biano fatto dopo la sua definitiva salita al cielo; ciò lo no­bilita al di sopra di quello che si potrà mai proclamare. Ho afferrato che, in ricompensa di questa vecchia e diffu­sa devozione, ella lo ha tanto impreziosito di sue immagi­ni comparse e di santuari a lei intitolati, in numero mag­giore che negli altri. Con tali favori ha voluto rendersi qui più familiare, offrendo il suo patrocinio con tante chiese, venendoci incontro in ogni provincia affinché la ricono­sciamo come nostra madre e protettrice e intendiamo che ci affida la difesa del suo onore e la dilatazione della sua gloria per tutto il mondo.

360. Prego, supplico umilmente e ammonisco tutti gli spagnoli perché risveglino la memoria, ravvivino la fede, risuscitino il primitivo fervore stimandosi più tenuti degli altri al suo servizio, abbiano in singolare considerazione il santuario di Saragozza, attribuendogli la preminenza sugli altri in quanto origine della loro pietà verso costei. Tutti i lettori credano che ricevemmo le nostre antiche fortune e grandezze per lei e per la sua venerazione; ora esse sono in tanta rovina e quasi perdute a motivo della nostra ne­gligenza, con la quale ci attiriamo l'abbandono che stiamo sperimentando, e se desideriamo un rimedio per simili ca­lamità lo troveremo solo con il suo potente intervento, ob­bligandola a questo con nuove dimostrazioni. Poiché il mi­rabile beneficio dell'essere cattolici e gli altri che ho rife­rito ci sono venuti per mezzo del nostro patrono Giacomo, si rinnovino anche gli appelli a lui, affinché per sua inter­cessione Dio ripeta le sue meraviglie.

 

Insegnamento della Regina del cielo

361. Carissima, sei già stata avvertita che non senza mi­stero nel corso di questa Storia ti ho sovente illuminato sui segreti, sui consigli e sui tradimenti orditi dall'inferno contro gli uomini, nonché sulla furiosa rabbia e vigilanza con cui esso si sforza in ciò, senza trascurare alcuna op­portunità e senza lasciare pietra che non muova né sen­tiero, stato o persona a cui non tenda molti lacci nei qua­li vada a cadere; e i più insidiosi, perché più occulti, li di­spiega contro chi aspira con sollecitudine alla salvezza eter­na e all'amicizia con il Signore. Oltre a questi avvisi ge­nerali, ti sono stati palesati spesso i conciliaboli e le mac­chinazioni che tiene e dispone contro di te.

362. Per i figli della Chiesa è importantissimo uscire dal­l'ignoranza nella quale vivono così inevitabili minacce, sen­za avere cognizione che la mancanza di luce su di esse è castigo del primo peccato, e in seguito, quando potrebbero meritarla, ne diventano sempre più indegni con quelli propri. In tal modo parecchi degli stessi cristiani vanno avan­ti dimentichi, come se non ci fossero demoni a persegui­tarli ed ingannarli, e se talora riflettono su questo lo fan­no superficialmente e di passaggio, tornando immediata­mente alla propria sventatezza, che in tanti non è causa di meno che delle pene perenni. Se in tutti i tempi e i luoghi, in tutte le opere e le circostanze, Lucifero trama contro di essi, sarebbe doveroso che non facessero nessun passo sen­za chiedere l'aiuto divino per vedere il pericolo e non in­ciamparvi. Siccome, però, a questo proposito è tanto profonda la smemoratezza dei discendenti di Adamo, fan­no appena qualcosa senza essere feriti dal serpente e dal veleno che egli sparge dalla sua bocca. Quindi, accumula­no colpe su colpe e vizi su vizi, irritando con essi la giu­stizia celeste e divenendo incapaci di ottenere misericordia.

363. Poiché ti è noto che l'ira e l'attenzione degli astu­ti nemici sono maggiori contro di te, tra queste trappole abbile anche tu contro di loro con grazia così abbondan­te e continua come conviene per vincerli. Medita su quel­lo che feci allorché scoprii la loro intenzione di combatte­re me e l'intera comunità ecclesiale: moltiplicai le orazio­ni, le lacrime e i sospiri. Inoltre, dato che si volevano va­lere di Erode e dei giudei di Gerusalemme, anche se avrei potuto restare con meno timore in città e mi sentivo in­cline a ciò, me ne andai per dare esempio di cautela e di obbedienza: di cautela, allontanandomi dai rischi; di ob­bedienza, facendomi governare dagli ordini di Giovanni. Tu non sei forte e sei esposta a cose peggiori rispetto alle altre creature; per di più, sei mia discepola ed hai i miei atti e il mio comportamento come modello sul quale re­golarti. Dunque, appena distingui una minaccia, discosta­tene e, se ce ne sarà bisogno, troncagli ogni via, comin­ciando da quello cui sei più sensibile. Appoggiati costan­temente sul volere dei tuoi superiori, come guida sicura e colonna solida per non cascare. Indaga bene se sotto un'apparente pietà siano nascosti dei tranelli, e bada di non fa­re danno alla tua anima per guadagnare altri. Non fidarti del tuo dettame, benché ti sembri buono e retto; non ave­re mai difficoltà nell'essere docile, perché io per sottomis­sione uscii a peregrinare con molti disagi e incomodi.

364. Conferma anche il proposito di ricalcare con per­fezione le mie orme per proseguire quello che rimane del­la narrazione e scriverlo nel tuo cuore. Corri per la strada dell'umiltà e dell'obbedienza dietro l'odore della mia vita e delle mie virtù; infatti, se mi ascolterai - come da te bra­mo e tanto frequentemente ti ripeto -, ti assisterò nelle tue necessità e tribolazioni e il mio Unigenito adempirà in te la sua volontà come spera, prima che tu sia giunta alla conclusione. Avranno, così, effetto le promesse che hai in­teso molte volte da noi e sarai benedetta dalla sua destra onnipotente. Magnifica ed esalta l'Altissimo per il favore che fece al mio servo Giacomo in Saragozza e per il tem­pio che lì mi edificò prima del mio transito, nonché per quanto ancora ti ho rivelato di questo prodigio e perché quel santuario fu il primo, e di sommo compiacimento per la beatissima Trinità.