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CAPITOLO 11

Cristo, nostro salvatore, celebra la cena sacramentale ed istituisce l'eucaristia, consacrando il pane e il vino nel suo sacratissimo e vero corpo e sangue: le preghiere e le invocazioni che fece; come comunicò la sua santissima Madre, ed altri misteriosi prodigi che avvennero in questa occasione.

1180. Con gran timore mi accingo a trattare del Sacramento dei sacramenti, l'ineffabile eucaristia, e di ciò che fu necessario per la sua istituzione. Difatti, sollevando gli occhi dell'anima per ricevere la luce divina che mi guida e mi assiste in quest'Opera, la scienza che mi viene infusa su tante meraviglie e su misteri così eccelsi è tale che ho paura della mia piccolezza, rivelatami nello specchio della stessa luce. Le mie facoltà sono confuse, e non trovo né posso trovare parole congruenti per spiegare ciò che vedo e per dichiarare il mio pensiero, benché tanto inferiore all'oggetto dell'intelletto. Tuttavia parlerò come ignorante, lacunosa nei termini e inabile nelle capacità, per non mancare all'obbedienza e per tessere questa Storia, continuando a raccontare ciò che in queste meraviglie operò la gran signora del mondo, Maria santissima. Se non mi esprimerò con la competenza che richiede la materia, mi facciano da scusante la mia misera condizione e il mio stupore, perché non è facile discendere alle parole appropriate, quando la volontà desidera solo con i sentimenti supplire il limite della capacità di intendere e brama di godere in disparte ciò che non può né conviene manifestare.

1181. Cristo, nostro bene, celebrò la cena prevista dalla legge, come era suo solito, adagiato in terra con gli apostoli, sopra una mensa o predella che si alzava dal suolo poco più di sei o sette dita, conformemente all'usanza dei giudei. Terminata la lavanda dei piedi, sua Maestà ordinò di preparare un'altra mensa più alta, simile a quella che oggi usiamo per mangiare. Con questa cerimonia pose fine alle cene ed alle rappresentazioni sommesse e figurative, e diede inizio al nuovo convito in cui istituì la legge di grazia. Da qui prese avvio la consuetudine, che permane nella Chiesa cattolica, di consacrare su una mensa o su un altare. I santi apostoli coprirono la nuova mensa con una tovaglia molto preziosa e sopra di essa posero un piatto o sottocoppa ed una coppa grande a forma di calice, sufficiente a ricevere il vino necessario, secondo il volere di Cristo nostro salvatore che con la sua potenza e divina sapienza preveniva e disponeva tutto. Il padrone di quella casa mosso da un grande impulso gli offrì questi vasi preziosi, ricchi di pietra simile a smeraldo. In seguito, furono usati dai santi discepoli per la consacrazione, quando riconobbero il tempo più opportuno e conveniente per celebrare. Gesù si sedette a mensa con i Dodici e con altri seguaci, e chiese che gli portassero del pane genuino, senza lievito, che pose sul piatto, e del vino puro con il quale riempì il calice della quantità necessaria.

1182. Il Maestro della vita fece un dolcissimo discorso agli apostoli: le sue divine parole, che sempre penetravano sino all'intimo del cuore, in questo sermone furono come raggi accesi dal fuoco della carità, che scaldarono di questa dolce fiamma gli animi dei discepoli. Egli manifestò loro nuovi ed altissimi misteri sulla sua divinità e umanità, e sulle opere della sua redenzione; raccomandò la pace e l'unione della scambievole carità, che lasciò vincolata a quel sacro mistero che aveva stabilito di operare; promise ad essi che, se si fossero amati gli uni gli altri, il suo eterno Padre li avrebbe amati come amava lui, e infuse in loro la sapienza per comprendere questa promessa ed avere la cognizione di essere stati eletti per istituire la nuova Chiesa e la legge di grazia. Infine, rinnovò l'illuminazione, che già avevano, circa la suprema dignità, l'eccellenza e i privilegi della sua purissima Madre. Su tutti questi misteri san Giovanni ricevette una maggiore luce a causa del ministero a cui era destinato. Dalla stanza dove era ritirata in divina contemplazione, la celeste Signora vedeva tutto quello che il suo santissimo Figlio operava nel cenacolo, e con profonda intelligenza lo penetrava ed intendeva più di tutti gli apostoli, e perfino degli stessi angeli che assistevano, come si è detto sopra, in forma corporea, adorando il loro vero Signore, re e creatore. Dal luogo dove stavano, Enoch ed Elia furono trasportati nel cenacolo dagli angeli, perché il Signore aveva disposto che questi due padri, uno della legge naturale e l'altro di quella scritta, si trovassero presenti alla meravigliosa istituzione della nuova legge e fossero partecipi dei suoi mirabili misteri.

1183. Mentre tutti questi personaggi che ho nominato si trovavano assieme, aspettando con stupore ciò che stava per fare l'Autore della vita, apparvero nel cenacolo le persone dell'eterno Padre e dello Spirito Santo, come era accaduto al Giordano e sul Tabor. Quantunque tutti gli apostoli e i discepoli sentissero qualche effetto di questa visione, solo alcuni l'avvertirono, e tra questi in modo speciale l'evangelista san Giovanni, che nei divini misteri ebbe sempre il privilegio di un acume penetrante come la vista di un'aquila. Tutto il cielo si trasferì nel cenacolo di Gerusalemme. Tanto doveva essere e fu magnifica l'opera con la quale si istituì la Chiesa del Nuovo Testamento, si stabilì la legge di grazia e si preparò la nostra eterna salvezza! Per comprendere quanto operò il Verbo incarnato, desidero sottolineare che avendo egli due nature, divina e umana, presenti entrambe nella sua stessa persona, le azioni di ambedue le nature si dichiarano e si predicano attribuendole ad un'unica persona, quella del vero Dio e vero uomo. Conformemente a ciò, quando dico che il Verbo incarnato parlava e pregava il suo eterno Padre, non si deve intendere che egli parlasse e pregasse con la natura divina, nella quale era uguale al Padre, ma con quella umana, in cui era inferiore e costituito come noi di anima e corpo. In questa forma Cristo, nostro bene, nel cenacolo rese onore, magnificenza e lode all'Onnipotente per la sua divinità e per il suo essere infinito, ed intercedendo a favore del genere umano pregò dicendo:

1184. «Padre mio e Dio eterno, io vi onoro, vi lodo e vi magnifico nell'essere infinito della vostra divinità inaccessibile, nella quale sono una medesima cosa con voi e con lo Spirito Santo, perché sono stato generato "ab aeterno" dal vostro intelletto, come impronta della vostra sostanza ed immagine della vostra stessa indivisibile natura. Io voglio portare a termine l'opera della redenzione umana che mi avete affidato nella natura che presi nel grembo verginale di mia Madre; desidero espletarla nel modo più perfetto e con la pienezza del vostro divino consenso e così passare da questo mondo alla vostra destra portandovi tutti quelli che mi avete dato senza che alcuno vada perduto, per quanto dipenda dalla nostra volontà e dalla forza stessa della redenzione. Ho posto le mie delizie tra i figli degli uomini che in mia assenza resteranno orfani e soli, se li lascio senza assistenza. Voglio, perciò, Padre mio, lasciare loro un pegno certo e sicuro del mio inestinguibile amore e del premio eterno che per essi ho preparato. Voglio lasciare loro un ricordo indefettibile di ciò che ho operato e patito per essi. Voglio che ritrovino nei miei meriti un facile ed efficace rimedio al peccato, di cui furono partecipi per la disobbedienza del primo uomo; e voglio restituire ad essi copiosamente il diritto, che perdettero, di prender parte alla felicità eterna, per la quale furono creati».

1185. «E proprio perché saranno pochi coloro che accederanno a questo stato di perfezione, è necessario che rimangano altri mezzi di riscatto con cui riacquistarlo, ricevendo nuovi doni e grandissimi favori dalla vostra ineffabile clemenza, per restare giustificati e santificati tramite diverse vie, durante il loro pericoloso pellegrinaggio terreno. La nostra volontà eterna, con la quale decretammo la creazione dell'uomo dal nulla, affinché egli prendesse esistenza e la conservasse, fu al fine di donargli le perfezioni e la beatitudine della nostra divinità; ma il vostro amore, che mi obbligò a nascere con un corpo corruttibile e ad umiliarmi per gli uomini fino alla morte di crocee, non resta soddisfatto se non trova nuove maniere di comunicarsi ad essi, secondo la loro capacità e la nostra sapienza. Ciò deve avvenire con segni visibili e sensibili, percepibili dalla natura fisica dei mortali, ma che abbiano effetti invisibili, di cui sia partecipe il loro spirito immortale».

1186. «Per il fine altissimo della vostra esaltazione e della vostra gloria chiedo, Signore e Padre mio, il "fiat" della vostra eterna volontà, nel nome mio e di tutti i figli poveri ed afflitti di Adamo. E se le loro colpe provocano la vostra giustizia, la loro condizione di miseria e di bisogno invoca la vostra infinita misericordia, accanto alla quale io interpongo le opere della mia umanità unita con vincolo indissolubile alla mia divinità: l'obbedienza con la quale accettai di essere passibile sino alla morte; l'umiltà con la quale mi assoggettai agli uomini ed ai loro depravati giudizi; la povertà e le sofferenze della mia vita; le ignominie, la passione e morte; e infine l'amore con cui accettai tutto ciò per la vostra gloria, e perché voi siate riconosciuto ed adorato da tutte le creature capaci di ricevere la vostra grazia e di magnificarvi. Voi, Signore e Padre mio, mi rendeste fratello degli uomini e capo di tutti gli eletti che devono godere con noi per sempre della nostra divinità, affinché come figli siano eredi con me dei vostri beni eterni e come membra partecipino dell'influsso del capo: effetto che io bramo di comunicare loro, per l'amore che come per fratelli ho verso di essi. E per quanto mi riguarda, voglio condurli tutti con me alla vostra amicizia e comunione, per la quale furono formati nel loro capo naturale, il primo uomo, da cui discendono».

1187. «Con questo amore immenso dispongo, Signore e Padre mio, che tutti i mortali da questo momento possano essere rigenerati nella pienezza della vostra amicizia e della vostra grazia con il sacramento del battesimo. Essi lo possono ricevere subito dopo essere venuti alla luce, senza volere proprio, manifestandolo altri per loro, affinché rinascano nella vostra accettazione. Da quel momento in poi saranno eredi della vostra gloria; resteranno contrassegnati come figli della Chiesa con un carattere indelebile, che non potranno mai più perdere; rimarranno purificati dalla macchia del peccato originale; e riceveranno i doni delle virtù teologali, fede, speranza e carità, con le quali potranno operare come figli, riconoscendovi Signore, sperando in voi ed amandovi per voi stesso. Gli uomini riceveranno anche le virtù con cui frenare e governare le passioni disordinate del peccato, e sapranno discernere senza inganno il bene ed il male. Il battesimo sia il vestibolo d'ingresso alla mia Chiesa, e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti ed ai nuovi benefici della grazia. Dispongo ancora che dopo questo sacramento ne ricevano un altro, dal quale siano corroborati e confermati nella santa fede che hanno professato, e che devono professare e difendere con fortezza arrivando all'uso della ragione. E poiché gli uomini per la loro fragilità mancheranno facilmente nell'osservanza della mia legge, e la mia carità non sopporta che vengano lasciati senza un rimedio facile ed opportuno, voglio che serva a questo fine la penitenza. Per suo mezzo i figli della Chiesa, riconoscendo le loro colpe con dolore e confessandole, potranno ritornare nello stato di giustizia e raggiungere la gloria che ho promesso loro. Lucifero e i suoi seguaci in tal modo non riporteranno il trionfo di averli allontanati dallo stato di grazia e di sicurezza in cui li aveva posti il battesimo».

1188. «1 mortali giustificati per mezzo di questi sacramenti si ritroveranno abilitati ad amare in sommo grado e ad essere in piena comunione con me, durante l'esilio della loro vita terrena: unione che stabiliranno ricevendomi in un modo del tutto ineffabile nelle specie del pane e del vino in cui lascerò il mio corpo e il mio sangue. Ed in ciascuno sarò presente tutto, realmente e veramente, attraverso il misterioso sacramento dell'eucaristia, perché mi dono in forma di alimento proporzionato alla condizione umana ed allo stato dei viatori, per i quali opero queste meraviglie e con i quali sarò presente in questo modo tutti i giorni fino alla fine del mondo. Ed affinché gli uomini abbiano un altro mezzo che li purifichi e li difenda, quando giungeranno al termine della vita, istituisco per essi l'estrema unzione, che sarà anche una specie di pegno della loro risurrezione nei medesimi corpi segnati da questo sacro sigillo. Tutti questi sacramenti sono indirizzati a santificare le membra del corpo mistico della mia Chiesa, nella quale si deve osservare in modo sommo l'ordine e la concordia, dando a ciascuno l'autorità corrispondente al proprio ufficio. Voglio così che coloro che li conferiscono siano ordinati mediante un altro sacramento che li collochi nel supremo grado di sacerdoti rispetto a tutti gli altri fedeli: a tale effetto serva l'ordine, perché li contrassegni, li distingua e li santifichi in modo speciale ed eminente. E benché tutti ricevano da me questa eccellente investitura, dispongo che ciò avvenga per mezzo di un capo che sia mio vicario, rappresenti la mia persona, e sia il supremo sacerdote nella cui volontà deposito le chiavi del cielo ed al quale tutti devono ubbidire sulla terra. Infine, per una più alta perfezione della mia Chiesa istituisco il matrimonio, perché santifichi il vincolo naturale ordinato alla procreazione umana. Per effetto di questi sacramenti tutti i gradi della Chiesa saranno così arricchiti ed ornati dei miei infiniti meriti. Questa, eterno Padre, è la mia ultima volontà, con la quale faccio tutti i mortali eredi dei miei tesori, che vincolo alla mia nuova Chiesa, in cui li lascio depositati».

1189. Cristo, nostro redentore, fece questa preghiera solamente in presenza degli apostoli. Ma la beatissima Regina, che dal luogo dove stava ritirata l'osservava e l'accompagnava con le sue orazioni, si prostrò a terra ed offrì, come madre, all'eterno Padre le suppliche del Figlio. E quantunque non potesse intensificare, con tutte le sue forze, le opere del nostro Salvatore, alla richiesta che egli presentava all'Onnipotente concorse anch'ella, come sua coadiutrice, similmente a quanto aveva fatto in altre occasioni, fomentando da parte sua la divina misericordia, affinché l'eterno Padre non guardasse mai il suo Unigenito da solo, ma sempre in compagnia di sua Madre. E così fece l'Onnipotente, guardando entrambi con tenerezza ed attenzione, ed accettando le preghiere e le suppliche del Figlio e della Madre per la salvezza degli uomini. In quest'occasione la Regina operò anche un'altra cosa, perché il suo santissimo Figlio la affidò a lei. Per intendere questo è opportuno considerare che Lucifero si trovò presente alla lavanda degli apostoli, come si è già detto nel precedente capitolo; egli, pertanto, non avendo avuto il permesso di uscire dal cenacolo, da ciò che vide fare a Cristo nostro bene, arguì con astuzia che volesse operare qualcosa di portentoso a beneficio dei Dodici. E benché il dragone si riconoscesse molto debilitato e senza forze per lottare contro il Redentore, con implacabile furore e superbia volle investigare quei misteri per escogitare qualche malvagità. La gran Signora vide questo estremo tentativo di Lucifero e che il suo santissimo Figlio rimetteva a lei questa causa; pertanto accesa di zelo e di amore per la gloria dell'Altissimo, con autorevolezza di regina ordinò al dragone e a tutte le sue schiere che proprio in quello stesso momento uscissero dal cenacolo e sprofondassero nell'inferno.

1190. In questa impresa, per la pertinacia del principe delle tenebre, il braccio dell'Onnipotente diede a Maria santissima una nuova forza a cui non resistette nessuno dei demoni. Furono così ricacciati nelle caverne infernali fino a quando ebbero il nuovo permesso di uscire e di trovarsi presenti alla passione e morte del nostro Redentore, con la quale dovevano rimanere del tutto vinti ed accertati che Cristo fosse effettivamente il Messia e il salvatore del mondo, vero Dio e vero uomo. Da ciò si può comprendere il motivo per cui Lucifero e i suoi seguaci furono presenti alla cena prevista dalla legge, alla lavanda degli apostoli e poi a tutta la passione, ma non si trovarono all'istituzione della santa eucaristia né alla comunione che i discepoli ricevettero dalle mani dello stesso Cristo, nostro Signore. Subito dopo, la gran Regina si elevò all'adempimento di un più sublime esercizio e alla contemplazione dei misteri che si preparavano. I santi angeli la magnificarono come valorosa e nuova Giuditta cantandole inni di gloria per il trionfo riportato contro il dragone infernale. Nello stesso tempo Cristo, nostro bene, compose un altro cantico in onore dell'eterno Padre, rendendogli grazie per i favori concessi a beneficio degli uomini.

1191. Dopo quanto si è detto, il divin Maestro prese nelle sue venerabili mani il pane che era sul piatto, chiedendo interiormente al Padre quasi il permesso e il beneplacito per farsi veramente e realmente presente nell'ostia, sia in quell'ora che anche dopo nella santa Chiesa, in virtù delle parole che stava per pronunciare. In atto di obbedienza, alzò allora gli occhi al cielo con tanta maestosità da suscitare negli apostoli, negli angeli e nella stessa Vergine un nuovo timore riverenziale. In seguito proferì le parole della consacrazione sopra il pane, lasciandolo mutato transustanzialmente nel suo vero corpo, e sopra il calice del vino, convertendolo nel suo vero sangue. Nel momento in cui Cristo nostro Signore terminò di pronunziare la formula, risuonò la voce dell'eterno Padre che diceva: «Questi è il mio Figlio dilettissimo, in cui è e sarà il mio compiacimento sino alla fine del mondo; egli starà con gli uomini per tutto il tempo che durerà il loro esilio terreno». Questa stessa dichiarazione fu confermata anche dallo Spirito Santo. La santissima umanità di Cristo, nella persona del Verbo, fece un profondo inchino alla divinità presente nel suo corpo e nel suo stesso sangue. La vergine Madre, che se ne stava ritirata e raccolta in preghiera, in quell'istante si prostrò a terra e adorò il suo Figlio sacramentato con incomparabile rispetto; similmente fecero anche gli angeli assegnati alla sua custodia, tutti gli spiriti celesti, ed infine Enoch ed Elia in nome loro e degli antichi patriarchi e profeti delle leggi naturale e scritta.

1192. Tutti gli apostoli e i discepoli prestarono fede a questo eccelso mistero - eccetto Giuda il traditore - e lo adorarono con profonda umiltà e venerazione, ciascuno secondo la propria disposizione. Quindi il nostro gran sacerdote Cristo innalzò il suo corpo e il suo sangue, affinché lo adorassero tutti coloro che assistevano a questa prima Messa: e così avvenne. In questa solenne elevazione furono illuminati interiormente più degli altri la sua purissima Madre, san Giovanni, Enoch ed Elia perché conoscessero in modo sublime come nelle specie del pane fosse presente il sacratissimo corpo, in quelle del vino il sangue, ed in entrambe tutto Cristo vivo e vero, per l'unione inseparabile della sua santissima anima con il suo corpo e il suo sangue. Essi avrebbero compreso anche come in questo sacramento vi fosse la presenza dell'intera Divinità, come nella persona del Verbo stessero quelle del Padre e dello Spirito Santo, e come in modo mirabile e misterioso per mezzo di queste unioni, di queste esistenze inseparabili e concomitanti restassero presenti nell'eucaristia tutte e tre le Persone con la perfetta umanità di Cristo nostro Signore. La divina Signora penetrò profondamente tutto ciò, mentre gli altri lo capirono nella misura a ciascuno conveniente. Tutti coloro che erano presenti a questo prodigioso evento poterono comprendere anche l'efficacia delle parole della consacrazione, e come queste fossero già cariche della forza divina affinché, pronunziate con l'intenzione di Cristo da qualsiasi sacerdote presente e futuro sui rispettivi elementi, convertissero la sostanza del pane nel suo corpo e quella del vino nel suo sangue, lasciando gli accidenti senza soggetto e con una nuova maniera di sussistere, senza andare perduti. Tutto ciò riporta una certezza così assoluta ed infallibile che scompariranno il cielo e la terra prima che manchi l'efficacia di questa formula di consacrazione, purché venga debitamente pronunziata dal ministro e sacerdote di Cristo.

1193. La nostra divina Regina conobbe anche, con speciale visione, come il sacro corpo di Cristo nostro Signore stesse nascosto sotto gli accidenti del pane e del vino senza alterarli, né essere alterato da loro: difatti, né il corpo può essere soggetto di essi né essi possono essere forme del corpo. Le specie stanno con la stessa estensione e con le stesse qualità prima e dopo la consacrazione, occupando il medesimo spazio, come si vede nell'ostia consacrata. Il sacratissimo corpo, benché abbia tutta la sua grandezza, vi è presente in modo indiscutibile senza che una parte si confonda con l'altra: Cristo è tutto in tutta l'ostia, e tutto in qualunque parte di essa, senza che l'ostia dilati o limiti il corpo né il corpo l'ostia, perché né l'estensione propria del corpo ha relazione con quella delle specie accidentali, né quella delle specie dipende dal santissimo corpo. E così hanno un diverso modo di esistenza. Il corpo compenetra la quantità degli accidenti senza che questi lo impediscano. E sebbene in natura con la sua estensione la testa ricerchi luogo e spazio diversi dalle mani e queste dal petto e dalle altre membra, con la potenza divina il corpo consacrato si pone con tutta la sua grandezza in un medesimo spazio, perché non ha alcuna relazione con l'area che naturalmente occupa, dispensandosi da tutti questi rapporti e risultando senza di essi un corpo quantitativo. Né si trova presente in un luogo solo, né in una sola ostia, ma in molte nello stesso tempo, quantunque le particole consacrate siano di numero infinito.

1194. Comprese, similmente, la nostra Signora che il corpo e il sangue, benché non avessero dipendenza naturale dagli accidenti nel modo sopraddetto, non si sarebbero conservati in essi sacramentati al di là del tempo in cui le specie sarebbero durate, senza decomporsi, disponendo così la santissima volontà di Cristo, autore di queste meraviglie. E questo fu espressione di una dipendenza volontaria dell'esistenza miracolosa del suo corpo e del suo sangue dall'esistenza incorrotta del pane e del vino. E nel momento in cui questi si corrompono e vengono distrutti o alterati dalle cause naturali - come accade per azione del calore dello stomaco dopo aver ricevuto il Santissimo Sacramento, oppure come succede per altre cause che possono produrre lo stesso effetto - allora Iddio crea un'altra nuova sostanza, nell'istante in cui le specie stanno per subire l'ultima trasformazione. Con questa sostanza, in cui non esiste più il sacro corpo, si attua la nutrizione del fisico, che in tal modo si alimenta lasciando subentrare la forma umana che è l'anima. Questo evento meraviglioso della creazione di una nuova sostanza, che riceva gli accidenti alterati e decomposti, scaturisce da una parte dalla volontà divina, che ha stabilito che il corpo non perduri con l'alterazione delle specie, e dall'altra dall'ordine di natura, perché il fisico dell'uomo, incline ad alimentarsi, non può aumentare la propria massa se non con un'altra nuova sostanza che le si aggiunga senza che gli accidenti continuino ad avere in essa le loro proprietà.

1195. La destra dell'Onnipotente racchiuse in questo Santissimo Sacramento questi ed altri misteri. La Signora del cielo e della terra li penetrò tutti profondamente, mentre san Giovanni, i due padri dell'antica legge, che si trovavano nel cenacolo, e gli apostoli ne capirono una buona parte nel modo a loro confacente. La purissima Regina non solo comprese questo beneficio così comune ed altrettanto grande, ma venne a conoscenza anche dell'ingratitudine con cui i mortali si sarebbero comportati verso un mistero così ineffabile, istituito a loro rimedio. Decise, allora, da quel momento in poi, di considerare suo dovere il compito di compensare e supplire con tutte le sue forze la nostra villania e noncuranza, rendendo grazie all'eterno Padre ed al suo santissimo Figlio per una meraviglia così rara, creata in favore del genere umano. E nutrì questa speciale attenzione per tutto il tempo della vita; e molte volte eseguiva questo esercizio spargendo lacrime di sangue dal suo ardentissimo cuore al fine di riparare la nostra riprensibile e vergognosa dimenticanza.

1196. Un'ammirazione ancor più grande mi desta quel che successe a Gesù; egli dopo aver innalzato il Santissimo Sacramento affinché - come ho già detto - i discepoli lo adorassero, lo spezzò con le sue sacre mani, comunicando innanzitutto se stesso, come primo e sommo sacerdote. E riconoscendosi, in quanto uomo, inferiore alla Divinità che egli riceveva nel suo stesso corpo e sangue, si umiliò, si prostrò fino all'annientamento ed ebbe come un tremore nella parte sensitiva, manifestando, con ciò, due cose: l'una, la riverenza con cui si doveva ricevere il suo sacratissimo corpo; l'altra, il dolore che sentiva per la temerità e l'audacia con cui molti uomini avrebbero ardito accostarsi a questo altissimo ed eminente sacramento per riceverlo o toccarlo. Gli effetti che produsse in Cristo, nostro bene, la comunione furono mirabilmente divini, perché per un breve lasso di tempo ridondò in tutto il suo corpo lo splendore della gloria della sua santissima anima, come sul Tabor. Questa meraviglia fu manifestata pienamente alla sua purissima Madre e ne compresero solo qualcosa san Giovanni, Enoch ed Elia. Con questo privilegio la santissima umanità si dispensò dal ricevere sollievo o dal nutrire sino alla morte qualche desiderio. La vergine Madre vide anche con speciale visione come il suo santissimo Figlio ricevesse se stesso sacramentato e rimanesse così nel suo divin petto. Tutto ciò provocò magnifici effetti nella nostra Regina.

1197. Cristo, nostro bene, nel comunicarsi elevò un canto di lode all'eterno Padre ed offrì se stesso sacramentato per la salvezza di tutti i mortali. Immediatamente dopo, spezzò un'altra parte del pane consacrato e la consegnò all'arcangelo Gabriele, perché la portasse a Maria santissima e la comunicasse. I santi angeli, per questo privilegio, rimasero soddisfatti e ripagati dalla delusione che la dignità sacerdotale, così eccelsa, fosse spettata agli uomini e non a loro. Infatti, solo l'aver tenuto nelle loro mani il corpo sacramentato del Signore e vero Dio suscitò in essi una nuova e grande letizia. La divina Signora, versando copiose lacrime, stava già in attesa della santa comunione, quando giunse san Gabriele con una schiera innumerevole di angeli; ella così ricevette questo particolare beneficio dalla mano del santo principe, e fu la prima a comunicarsi dopo il suo santissimo Figlio, imitandolo nell'umiliazione, nella riverenza e nel santo timore. Il Santissimo Sacramento restò depositato nel petto di Maria santissima, dentro il suo cuore, come in un legittimo sacrario e tabernacolo dell'Altissimo. Questa dimora dell'eucaristia durò per tutto il tempo che intercorse tra quella notte e il momento in cui, dopo la risurrezione, san Pietro celebrò la prima Messa, come si dirà in seguito. L'onnipotente Signore dispose questa meraviglia per consolare la celeste Regina, ed anche per adempiere, anticipatamente, la promessa fatta alla sua Chiesa: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Difatti, dopo la sua morte la sua santissima umanità non poteva essere presente nella Chiesa in un'altra maniera che non fosse quella di restare depositata in Maria purissima: arca viva che conteneva la vera manna con tutta la legge evangelica, allo stesso modo dell'arca di Mosè che aveva anticamente custodito le figure. Nel petto della Signora e regina del cielo fino alla nuova consacrazione le specie sacramentali non si consumarono né si alterarono.

1198. La celeste Principessa, ricevuta la santa comunione, rese grazie all'eterno Padre ed al suo santissimo Figlio con nuovi cantici, ad imitazione di ciò che aveva fatto il Verbo divino incarnato. Subito dopo il nostro Salvatore diede il pane sacramentato agli apostoli ed ordinò che lo distribuissero fra loro e lo mangiassero. Con questo comando conferì loro la dignità sacerdotale, che essi prontamente cominciarono ad esercitare, comunicando ciascuno se stesso, con somma riverenza, versando copiose lacrime e rendendo culto al corpo ed al sangue del Redentore, che avevano ricevuto. Nel ministero del sacerdozio ebbero così la preminenza più antica, come si addiceva a coloro che dovevano essere fondatori della Chiesa. San Pietro, per ordine di Cristo, prese altre particole consacrate e comunicò i due antichi padri, Enoch ed Elia; e così con il giubilo e per gli effetti della santa eucaristia questi rimasero nuovamente confortati ed esortati a pazientare sino alla fine del mondo nell'attesa della visione beatifica, che per tanti secoli viene loro rimandata dalla divina volontà. I due patriarchi, per questo beneficio, elevarono ferventi lodi e resero umili grazie all'Onnipotente; furono così riportati al loro luogo per ministero dei santi angeli. Il Signore dispose questa meraviglia per rendere partecipi della sua incarnazione, e della redenzione e risurrezione generale, tutti coloro che erano vincolati alle due leggi, naturale e scritta. Infatti il sacramento dell'eucaristia, che racchiudeva in sé tutti questi misteri, venendo comunicato ai due santi uomini Enoch ed Elia, che si ritrovavano vivi in carne mortale, si estendeva nella comunione ai due stati della legge, naturale e scritta, perché gli altri che lo ricevettero appartenevano alla nuova legge di grazia, i cui padri erano gli apostoli. I santi Enoch ed Elia conobbero tutto ciò, ed in nome degli altri santi delle loro rispettive leggi resero lode al loro e nostro Redentore per questo arcano privilegio.

1199. Mentre gli apostoli ricevevano il Santissimo Sacramento accadde anche un altro miracolo, rimasto nel segreto: il perfido traditore, Giuda, vedendo che il divin Maestro ordinava loro di comunicarsi, decise come uomo infedele di non farlo e, se avesse potuto, di conservare il sacro corpo, per poi portarlo nascostamente ai sacerdoti e ai farisei e farne così un capo d'accusa. Il suo proposito era quello di riferire a questi che il divin Maestro asseriva che quel pane era il suo stesso corpo, affinché essi gli imputassero ciò come un grave delitto. E se per caso non avesse potuto raggiungere tale scopo, avrebbe ordito qualche altro vituperio al divin Sacramento. La Signora e regina del cielo, la quale per visione chiarissima stava osservando tutto ciò che succedeva - sia la predisposizione con cui gli apostoli internamente ed esternamente ricevevano la santa comunione, sia gli effetti di questa e i loro sentimenti - si accorse anche degli esecrabili intenti dell'ostinato Giuda. Come madre, sposa e figlia si accese allora di zelo per la gloria del suo Signore e, conoscendo che era volontà divina che usasse in quell'occasione l'autorità di regina, ordinò ai suoi angeli che estraessero di bocca al malvagio discepolo il pane e il vino consacrati subito dopo che li ebbe ricevuti, e li ponessero dove stava il rimanente. In quella circostanza spettava a lei difendere l'onore del suo santissimo Figlio, affinché Giuda non lo ingiuriasse come sperava con quella nuova ignominia che aveva macchinato. Gli angeli ubbidirono e, quando il peggiore dei viventi giunse a comunicarsi, gli tolsero di bocca le specie sacramentali. Le purificarono di ciò di cui si erano impregnate nell'immondissimo luogo della sua bocca, le riportarono nello stato di prima e le posero nascostamente fra le altre, mentre il Signore zelava l'onore del suo nemico ed ostinato Apostolo. Queste specie furono poi ricevute da coloro che si comunicarono dopo Giuda, secondo l'ordine di anzianità, poiché egli non fu né il primo né l'ultimo a prenderle. I santi angeli eseguirono tutto in pochissimo tempo. Il nostro Salvatore, in seguito, rese grazie all'eterno Padre e così diede compimento ai misteri della cena sacramentale, prevista dalla legge, e dette inizio a quelli della sua passione, che io riferirò nei successivi capitoli. La Regina dei cieli continuava a ponderarli e ad ammirarli tutti, e ad intonare inni di lode e di magnificenza all'altissimo Signore.

Insegnamento della Regina del cielo

1200. Oh, figlia mia, se coloro che professano la fede cattolica aprissero i cuori induriti e ostinati alla vera conoscenza del misterioso beneficio della santa eucaristia! Oh, se distaccandosi e alienandosi dagli affetti terreni, e moderando le loro passioni, si applicassero con viva fede a comprendere nella divina luce il felice privilegio di avere sempre presente in mezzo a loro l'eterno Dio sacramentato e di poterlo ricevere e frequentare, rendendosi partecipi degli effetti di questa manna del cielo! Oh, se conoscessero degnamente questo grande dono; se stimassero questo tesoro; se gustassero la sua dolcezza; se in esso avessero parte delle virtù nascoste del loro Dio onnipotente! Essi non avrebbero più nulla da desiderare né da temere durante questo esilio terreno. I mortali non devono lamentarsi nel tempo propizio della legge di grazia di essere afflitti dalle passioni e dalla loro fragilità, perché in questo pane del cielo hanno in mano la salvezza e la fortezza. Né devono risentirsi di essere tentati e perseguitati dal demonio, perché lo vinceranno con il buon uso di questo ineffabile sacramento, ed accostandovisi degnamente. I fedeli hanno la colpa di non attendere a questo divino mistero, e di non valersi della sua infinita potenza per tutti i loro bisogni e travagli, in risposta e a rimedio dei quali lo istituì il mio santissimo Figlio. In verità ti dico, o carissima, che Lucifero e i suoi demoni hanno un tale timore alla presenza dell'eucaristia che il solo avvicinarsi ad essa provoca loro maggiori tormenti che stare nell'inferno. E sebbene entrino nelle chiese per tentare i credenti, in realtà violentano se stessi, perché per precipitare un'anima, obbligandola o attirandola a commettere un peccato principalmente nei luoghi sacri ed alla presenza dell'eucaristia, vengono a patire crudeli pene. Ma è lo sdegno che nutrono contro Dio e contro le anime che li spinge ad usare tutte le loro forze, sebbene si debbano esporre al nuovo tormento di stare vicini a Cristo sacramentato.

1201. Quando il Santissimo Sacramento viene condotto per le strade in processione, i demoni ordinariamente fuggono e si allontanano in tutta fretta, e non ardirebbero accostarsi a coloro che lo accompagnano se non fosse per l'abilità e per la lunga esperienza che hanno di vincerne alcuni, inducendoli a mancare di rispetto al Signore. Per questo fine, essi si affaticano tanto a ordire insidie nei templi, perché sanno quanto grave sia in questi luoghi sacri l'ingiuria al Signore, il quale vi si trova sacramentato per amore, aspettando gli uomini per santificarli ed attendendo che gli rendano il contraccambio del dolcissimo amore che egli dimostra loro con tante finezze. Da quanto ti ho detto potrai comprendere quale potere possieda chi riceve degnamente questo sacro pane degli angeli, e come i demoni temerebbero gli uomini, se questi lo frequentassero con devozione e purezza di cuore, cercando di conservarsi in questo stato fino alla comunione successiva. Ma sono molto pochi quelli che vivono con questa sollecitudine, mentre il nemico è sempre in agguato, spiando e cercando che subito i mortali si trascurino, si intiepidiscano e si distraggano affinché non si valgano contro di lui di armi così poderose. Imprimi nel tuo cuore questo insegnamento; e poiché, senza che tu lo meriti, l'Altissimo ha disposto che tu riceva ogni giorno, per obbedienza, il Santissimo Sacramento, cerca con tutte le forze di mantenerti nello stato in cui ti disponi per la comunione sino a quando non farai la successiva. La volontà del mio Signore - e anche la mia - è che con questa spada tu combatta le guerre dell'Altissimo, in nome della santa Chiesa, contro i nemici invisibili che oggi affliggono e contristano la Signora delle genti, senza che vi sia chi la consoli o chi degnamente consideri ciò. Piangi per questa causa e il tuo cuore si spezzi per il dolore perché, nonostante l'onnipotente e giusto giudice sia sdegnato contro i cattolici per avere essi provocato la sua giustizia con peccati così continui e smisurati - malgrado la fede che professano -, non vi è chi consideri, ponderi e tema un danno così grande. E non vi è neppure chi si disponga ad un sincero pentimento: rimedio che i fedeli potrebbero subito sollecitare con il buon uso del divino sacramento dell'eucaristia, con l'accostarvisi e con la mia intercessione.

1202. In questa colpa, gravissima in tutti i figli della Chiesa, sono più riprensibili i sacerdoti indegni e cattivi, perché dall'irriverenza con cui trattano il Santissimo Sacramento dell'altare gli altri cattolici hanno attinto l'occasione per disprezzarlo. Difatti, se il popolo cristiano vedesse i presbiteri accostarsi ai divini misteri con timore e tremore riverenziale, ben comprenderebbe che con lo stesso timore e tremore tutti dovrebbero trattare e ricevere il loro Dio sacramentato. Coloro che si comportano conformemente a quanto detto risplendono nel cielo come il sole tra le stelle, perché dalla gloria del mio santissimo Figlio ridonda su quelli che lo accolgono con riverenza una luce speciale, che non possiedono quelli che non frequentano con devozione la santa eucaristia. Inoltre i corpi gloriosi di questi zelanti fedeli porteranno sul petto, dove lo ricevettero, un segno o uno stemma brillantissimo e bellissimo a testimonianza del fatto che furono degni tabernacoli del Santissimo Sacramento. Ciò sarà, a loro insaputa, motivo di gaudio e di godimento per essi, di giubilo e lode per gli angeli e di ammirazione per tutti. Essi riceveranno anche un altro premio accidentale, perché conosceranno e vedranno con speciale intelligenza il modo in cui il mio santissimo Figlio è presente nell'eucaristia, e tutti i miracoli che si racchiudono in essa. Ciò desterà in loro un gaudio così grande che basterebbe a ricrearli eternamente, quando non ne avessero altro nel cielo. Anzi, la gloria di coloro che si saranno comunicati con degna devozione e purezza di cuore uguaglierà e addirittura supererà quella di alcuni martiri che non ricevettero l'eucaristia.

1203. Voglio ancora, figlia mia, che proprio dalla mia bocca tu ascolti ciò che io reputavo di me stessa, quando durante il mio pellegrinaggio terreno dovevo ricevere il mio figlio e Signore sacramentato. Ed affinché tu lo capisca meglio, rinnova nella tua memoria tutto quello che hai inteso della mia vita, nella misura in cui io te l'ho manifestato: fui preservata nella mia concezione dalla colpa originale; superai in amore i supremi serafini; non commisi mai peccati; esercitai sempre tutte le virtù eroicamente, avendo in ogni mia opera un altissimo fine; imitai il mio santissimo Figlio con somma perfezione; lavorai fedelmente; patii con coraggio e cooperai a tutte le opere del Redentore nella misura che mi spettava; e non cessai mai di amarlo e di conseguire la pienezza di grazia e di gloria in grado eminentissimo. Eppure ritenni che tutti questi meriti mi fossero degnamente ricompensati con il ricevere una sola volta il suo sacratissimo corpo nell'eucaristia, non stimandomi all'altezza di un così grande beneficio. Considera adesso, figlia mia, ciò che tu e gli altri figli di Adamo dovete meditare quando vi accostate a ricevere questo mirabile sacramento. E se per il più grande dei santi sarebbe premio sovrabbondante una sola comunione, che cosa dovrebbero sentire e fare i sacerdoti e i fedeli che la frequentano? Apri i tuoi occhi tra le dense tenebre e la cecità degli uomini, e innalzati verso la divina luce per penetrare questi misteri. Giudica le tue opere piccole e misere, i tuoi meriti molto limitati, le tue fatiche leggerissime, e considera la tua gratitudine molto scarsa ed esigua rispetto ad un beneficio così raro qual è quello che la santa Chiesa abbia Cristo, il mio santissimo figlio, sacramentato e desideroso che tutti lo ricevano per arricchirli. E poiché per questo bene non hai da offrirgli una degna retribuzione, almeno umiliati sino a lambire la polvere e giudicati indegna con tutta la verità del cuore. Magnifica l'Altissimo, benedicilo e lodalo, mantenendoti sempre pronta e disposta con fervidi affetti a riceverlo e a patire molte sofferenze al fine di conseguire un bene così grande.