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CAPITOLO 28

 

Cristo, nostro redentore, incomincia a chiamare e a ricevere i suoi discepoli alla presenza del Battista e dà inizio alla predicazione; l'Altissimo ordina a sua Madre di seguirlo.

 

1017. Gesù, dopo aver trascorso i dieci mesi successivi al digiuno spostandosi tra le genti della Giudea e operando privatamente grandi miracoli, decise di manifestarsi al mondo. In passato non aveva proclamato nascostamente la verità, ma non si era dichiarato Messia e maestro della vita; adesso, secondo il disegno della divina sapienza, era giunta l'ora di farlo. Tornò dunque dal suo precursore, affinché, mediante la testimonianza che questi doveva rendergli pubblicamente, la luce incominciasse a risplendere nelle tenebre. Giovanni, per una rivelazione dall'alto, apprese che colui che attendeva era arrivato e per lui era ormai tempo di farsi conoscere come redentore e vero Figlio dell'eterno Padre. Mentre aspettava con questa illuminazione interiore, lo vide avvicinarsi e con mirabile giubilo esclamò davanti ai suoi: «Ecco l'agnello di Dio!». Questa confessione richiamava e supponeva non solo quella che, nei medesimi termini, aveva fatto in altre occasioni, ma anche l'insegnamento che egli aveva dato, più in particolare, a quanti stavano ad ascoltarlo. Fu come se avesse detto: «Ecco l'agnello di Dio, del quale vi ho annunciato la venuta per riscattare l'umanità e aprire la strada del cielo». Questa fu l'ultima volta che egli stette con lui in modo naturale, anche se in un'altra maniera godette della sua presenza alla propria morte, come esporrò in seguito.

1018. Udirono il Battista due dei suoi primi discepoli e, in virtù dell'espressione da lui pronunciata e della grazia che ricevettero nell'intimo, si incamminarono dietro al Salvatore, il quale, volgendosi ad essi con amabilità, domandò che cosa cercassero. Risposero che desideravano sapere dove abitava, per cui egli li tenne con sé e quel giorno si fermarono presso di lui, come riferisce il quarto evangelista. Questi specifica che uno dei due era Andrea, fratello di Simon Pietro, senza indicare il nome dell'altro; secondo ciò che ho inteso, si trattava di lui stesso, ma non volle svelarlo per la sua profonda modestia. Così egli e il compagno furono le primizie dell'apostolato, perché, recependo le parole di colui che allora li guidava, seguirono all'istante il Signore senza alcun appello diretto da parte sua. Subito dopo Andrea s'imbatté in suo fratello, gli comunicò che aveva trovato il Messia, cioè il Cristo, e lo condusse a lui, che esclamò: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)». Tutto questo accadde ai confini della Giudea, da dove sua Maestà decise di partire l'indomani. Vide Filippo e lo chiamò con sé. Questi raccontò immediatamente a Natanaele ciò che gli era successo e come aveva incontrato il Messia, Gesù di Nazaret; portato al suo cospetto, dopo il colloquio narrato da san Giovanni alla fine del primo capitolo della sua opera anch'egli andò con lui.

1019. Con queste cinque persone, che furono le fondamenta iniziali per la costruzione della Chiesa, il Maestro entrò nella provincia della Galilea predicando e battezzando apertamente; dette così l'avvio alla vocazione dei Dodici. Quando si accostarono a lui, rischiarò i loro cuori, accese in essi il fuoco del divino amore e li preparò con larghe benedizioni. Non è possibile spiegare degnamente quanto gli costò l'educazione di questi e degli altri per edificare la comunità dei credenti: li cercò con sollecitudine e sconfinata cura; li attirò con potenti, frequenti ed efficaci aiuti della sua grazia; li illuminò con favori incomparabili; li accolse con mirabile clemenza; li nutrì col latte dolcissimo del suo insegnamento; li tollerò con invincibile mitezza; li accarezzò come un affettuosissimo padre i suoi bambini piccoli e teneri. La formazione che dava loro per farli passare dallo stato terreno a quello celeste, a cui egli li elevava con la dottrina e con l'esempio, era impegnativa, poiché la natura è stupida e rozza per le materie sublimi e delicate dell'interiorità, nelle quali essi dovevano essere non solamente perfetti discepoli, ma esperti pedagoghi. In questo egli lasciò ai superiori, ai principi e ai capi una somma lezione di pazienza, mansuetudine e carità su ciò che devono praticare verso i loro sudditi. Non fu minore la fiducia che diede a noi peccatori circa la sua benigna misericordia, giacché questa non venne meno con essi a causa dei loro difetti e delle loro mancanze, né delle loro inclinazioni e passioni; al contrario, cominciò a mostrare la sua magnanimità, affinché noi fossimo rincuorati e non ci scoraggiassimo tra le innumerevoli imperfezioni della nostra fragile e bassa condizione.

1020. La Regina , la quale nei modi da me più volte ripetuti conosceva tutti i prodigi che il Signore realizzava in tali circostanze, ringraziava il Padre per i primi fedeli e nel suo spirito li accettava come figli suoi, così come lo erano di Cristo, offrendoli con nuovi cantici di lode e di giubilo. In questa occasione ebbe una visione particolare, in cui l'Altissimo le palesò ancora le sue determinazioni circa la redenzione e la maniera in cui questa doveva essere principiata ed eseguita. Le fu detto: «Carissima colomba mia, prescelta tra migliaia, è necessario che tu accompagni ed assista il mio e tuo Unigenito nelle fatiche che sosterrà per salvare gli uomini; già si avvicina il tempo della sua afflizione e io devo manifestare la mia sapienza e benevolenza per colmarli dei miei tesori. Voglio affrancarli per mezzo di lui dalla schiavitù del demonio, e diffondere l'abbondanza della mia grazia e dei miei doni su tutti coloro che si disporranno a confessare il Verbo fatto carne e a seguirlo come guida dei loro sentieri verso la felicità senza fine che tengo in serbo per essi. Voglio sollevare dalla polvere e arricchire i poveri, abbattere i superbi, innalzare gli umili e dare la vista ai ciechi che stanno nelle tenebre della morte. Voglio esaltare i miei amici ed eletti e rendere noto il mio grande e santo nome. Voglio inoltre, nel concretizzare questo, che tu, mia diletta, collabori col tuo amato e lo imiti, perché io sarò con te in tutto ciò che farai».

1021. Maria rispose: «Re supremo dell'intero universo, dalla cui mano ogni essere è plasmato e mantenuto in esistenza, benché questo vile verme sia polvere e cenere parlerò davanti a voi per la vostra bontà immensa. Ricevete dunque, Dio eterno, il cuore della vostra ancella, pronto per l'adempimento del vostro beneplacito. Gradite l'olocausto non solo delle mie labbra, ma anche del più intimo dell'anima mia; con questo intendo obbedire alla vostra volontà. Eccomi prostrata alla vostra presenza regale: si compia interamente in me ciò che a voi piace. In caso fosse possibile, però, io aspirerei a patire fino all'estremo, sia per affrontare la morte con il vostro e mio Figlio, sia per liberarlo da essa: questo esaudirebbe tutti i miei desideri e sarei al culmine della gioia se la spada della vostra giustizia ferisse me, che sono stata più vicina alla colpa. Sua Maestà è impeccabile per natura e per gli attributi della sua divinità. O sovrano rettissimo, so che, essendo voi offeso dall'ingiuria delle trasgressioni, la vostra equità esige soddisfazione da una persona uguale a voi e tutti sono infinitamente distanti da questa dignità; ma è anche vero che ciascuna delle opere di Cristo è sovrabbondante per il riscatto del mondo, ed egli ne ha già effettuate molte. Se, posto ciò, è ammissibile che io perisca affinché sia conservata la sua vita di valore inestimabile, sono risoluta a farlo; se invece la vostra decisione è immutabile, concedetemi almeno, eccelso Padre, qualora sia per voi ragionevole, che io mi consumi con lui. Asseconderò questo vostro comando come già quello di stargli accanto nei suoi affanni. Mi soccorra, però, il potere della vostra destra, perché possa conformarmi a lui e attuare il vostro decreto e il mio anelito».

1022. Non riesco con le mie parole a illustrare più chiaramente ciò che ho compreso circa i gesti eroici e mirabili che la nostra Signora fece in tale frangente, nell'ascoltare questo precetto celeste, e il fervore ardentissimo col quale bramò la sofferenza, sia per risparmiarla a Gesù sia per sopportarla con lui. Le azioni ardenti di profondo affetto obbligano tanto l'Altissimo che egli, anche quando risultano impossibili, si considera servito e appagato dalla leale e integra intenzione, e in qualche maniera le premia come se fossero state eseguite. Quanto, allora, non dovette meritare la Madre della grazia e della pietà offrendosi in sacrificio? Né il pensiero umano né quello angelico arrivano a penetrare un così sublime sacramento d'amore, giacché per lei sarebbe stato dolce penare e morire, e il dolore di non farlo con il suo Unigenito fu maggiore che quello di restare viva giungendo fino a vederlo crocifisso; ma al riguardo dirò meglio a suo tempo. Da questo si coglie la somiglianza che la sua gloria ha con quella del Salvatore e che la sua santità ha col suo modello; infatti, in lei tutto era proporzionato a tale carità, che si estese al sommo grado immaginabile per una semplice creatura. Con questa disposizione ella uscì dalla suddetta estasi. Fu ordinato di nuovo ai custodi di dirigerla e aiutarla in ciò che doveva realizzare ed essi, come suoi fedelissimi ministri, presero ad assisterla abitualmente in forma visibile, accompagnandola ovunque.

 

Insegnamento della Regina del cielo

1023. Carissima, tutti gli atti di Cristo manifestano l'amore divino verso di noi e rivelano quanto questo sia differente dal nostro. Noi, infatti, siamo tanto meschini, limitati, avari e deboli che di solito non amiamo se non siamo provocati da qualche bene che supponiamo nell'amato; dunque, il nostro amore nasce dal bene che trova nell'oggetto. Quello divino, invece, siccome ha origine in se stesso ed è efficace per fare ciò che vuole, non cerca le anime in quanto degne, ma piuttosto le ama per renderle tali con l'amore. Quindi, nessuno deve diffidare della bontà del Signore; non deve, però, neppure confidare in questa verità in modo vano e temerario, aspettandosi da lui i favori che demerita, perché egli osserva una giustizia a noi nascosta e, benché abbia amore per tutti e desideri che tutti siamo salvi, nella distribuzione dei suoi doni e dei frutti di tale sentimento, che non nega ad alcuno, usa una determinata misura. Non possiamo esaminare né penetrare questo segreto, per cui bisogna stare attenti a non far diventare inutile la prima grazia e vocazione, perché non sappiamo se essendo ingrati perderemo la seconda, ma solamente che in caso contrario questa non ci verrà negata. Al principio viene concessa un'illuminazione interiore, affinché in presenza di essa gli uomini siano redarguiti e convinti dei loro peccati, del loro infelice stato e del pericolo della dannazione; ma la superbia li fa tanto stolti e duri di cuore che molti sono quelli che fanno resistenza, mentre altri sono pigri nel muoversi e non cominciano mai a corrispondere, così che si lasciano sfuggire gli effetti iniziali dell'amore di Dio e si rendono inadatti per altri. Senza l'ausilio della grazia non si può né evitare il male, né fare il bene, né discernerlo; da ciò nasce il precipitare di abisso in abisso, perché, non apprezzandola e rifiutandola, e privandosi conseguentemente degli altri sostegni, inevitabilmente si cade in maniera rovinosa in colpe abominevoli e ci si immerge ciecamente in esse.

1024. Rifletti, dunque, accuratamente alla luce che la generosità dell'Onnipotente ha infuso nel tuo intimo, giacché per quella che hai ricevuto con la conoscenza della mia storia, quando anche non ne avessi avuto altra, saresti già tanto obbligata da essere più riprensibile di tutti agli occhi di Dio e ai miei, davanti agli angeli e ai mortali, se non te ne giovassi. Ti serva ancora di esempio ciò che fecero i discepoli del mio beatissimo Figlio e la prontezza con cui lo seguirono e imitarono. Anche se da parte sua il tollerarli, sopportarli ed educarli fu un beneficio speciale, essi lo valorizzarono al meglio mettendo in pratica i suoi insegnamenti. Nonostante fossero di natura fragile, non si impedirono di accoglierne altri più grandi dalla sua mano ed estesero le loro aspirazioni a molto più di quello che era possibile alle loro forze. Facendo questo con sincerità e diligenza, voglio che tu ti conformi a me in quello che a tal fine ti ho narrato delle mie opere e nell'anelito che avevo di perire per lui o con lui, se mi fosse stato consentito. Prepara il tuo cuore per quanto ti svelerò in seguito riguardo alla sua passione e al resto della mia vita; con tali cognizioni compirai ciò che è più elevato e santo. Ti avverto, mia diletta, che ho da rimproverare i cristiani, come altre volte ti ho accennato, per la dimenticanza e la poca considerazione che hanno per quello che Gesù ed io affrontammo per essi. Si consolano con una fede superficiale e, immemori, non ponderano quanto ottengono per ciascuna di tali azioni e quale sarebbe il dovuto contraccambio. Tu, però, non darmi questo dispiacere, dal momento che ti faccio capace e partecipe di arcani tanto venerabili e di così magnifici misteri, nei quali troverai intelligenza, ammaestramento e l'esercizio della più alta e sublime perfezione. Sollevati sopra te stessa ed impegnati coscienziosamente, affinché ti sia data sempre più grazia e, corrispondendo ad essa, ti riesca di assommare molti meriti e premi eterni.