[ Ritorna al sito Gesu confido in Te! - Torna all'indice ]
A A A A A

CAPITOLO 26

 

Cristo, nostro salvatore, alla fine del suo digiuno permette a Lucifero di tentarlo e lo vince; la sua Madre santissima ha notizia di tutto.

 

995. Nel capitolo ventesimo di questo libro si dichiarò che il tentatore uscì dalle profonde caverne per trovare il nostro divino Maestro, il quale però gli si nascose fino a quando non andò nel deserto dove, dopo un digiuno di quasi quaranta giorni, permise che gli si accostasse, come afferma il Vangelo. Lucifero si rallegrò molto nel constatare che colui che cercava era solo, poiché Maria, che egli e i suoi ministri di tenebre consideravano nemica per le vittorie che riportava su di loro, non era presente. Dato che non era ancora iniziata la battaglia, la loro superbia presumeva che, in assenza della Madre beatissima, fosse sicuro il trionfo sul Figlio; tuttavia, avvicinandosi per conoscere meglio il combattente, si sentirono tutti timorosi e codardi, ma non perché capissero che era Dio vero, poiché di questo non avevano neppure il sospetto osservandolo così disprezzato, né per aver confrontato con lui le loro forze, che avevano messo alla prova soltanto contro la celeste Signora. Fu, piuttosto, lo scorgerlo assolutamente tranquillo, con un aspetto tanto pieno di maestà e con opere tanto alte ed eroiche, che li spaventò e scoraggiò; tali azioni e qualità, infatti, non erano come quelle degli altri, che essi seducevano e vincevano facilmente. Il dragone, parlando di questo con i suoi, disse loro: «Chi è mai costui, così austero e libero dai vizi dei quali ci serviamo solitamente? Se è così indifferente al mondo e conserva così soggetta e indebolita la sua carne, da dove entreremo noi per tentarlo? O come speriamo di sopraffarlo, se ci ha tolto le armi che usiamo per muovere guerra? Diffido molto di questo scontro». Tanto vale e tanto può il disprezzo delle cose terrene e la mortificazione da fare paura al diavolo ed a tutto l'inferno; la sua tracotanza non si innalzerebbe sino a questo punto, se non trovasse le persone sottomesse a lui ancor prima di circuirle.

996. Il Salvatore lasciò satana nell'inganno di crederlo una semplice creatura, sebbene assai giusta e retta, affinché dispiegasse tutto il suo vigore e la sua malizia per la contesa, come fa quando ravvisa in quelli che vuole irretire tali perfezioni ed eccellenze. Così questi, facendo ogni sforzo con la sua consueta arroganza e con tutta la sua abilità, incominciò il duello di cui né prima si vide né poi si vedrà altro simile sulla terra tra mortali e demoni. Egli e i suoi associati dimostrarono pienamente la propria energia e astuzia, aizzati dal loro stesso sdegno e furore contro la superiorità del Signore, che pure mitigava i suoi atti, la sua sapienza e la sua bontà infinita, e con equità e misura celava la causa originaria del suo immenso potere, manifestandone solo quanto bastava per ottenere il successo sugli avversari con la santità di uomo. Per lottare come tale pregò il Padre nella parte più elevata dello spirito, dove non arriva la conoscenza dell'infelice tiranno: «Dio mio, affronto il mio rivale per abbattere la sua furia e il suo orgoglio contro di voi e contro le anime che amo; per vostra gloria e loro bene voglio abbassarmi a sopportare l'audacia di questo serpente e schiacciare il suo capo, cioè la sua alterigia, affinché i cristiani lo trovino già vinto quando saranno attaccati da lui, se per propria colpa non gli si abbandoneranno. Vi supplico di ricordarvi del mio trionfo quando verranno tormentati da lui e di ritemprarne la fiacchezza, perché grazie ad esso conseguano il loro, si rinfranchino con il mio esempio e imparino come resistergli e sconfiggerlo».

997. I custodi celesti stavano a contemplare questa battaglia, ma nascosti per disposizione dell'Altissimo, affinché il maligno non si accorgesse di loro, né scoprisse qualcosa della potenza divina di Cristo; davano tutti gloria e lode al Padre ed allo Spirito Santo, i quali si compiacevano delle sue ammirabili azioni. Pure la Regina guardava quanto stava avvenendo dal suo luogo di orazione. La tentazione ebbe inizio il trentacinquesimo giorno del digiuno e della solitudine di Gesù e durò sino al termine dei quaranta giorni scritti nel Vangelo. Il drago gli si presentò in forma umana, come sé non fosse già stato riconosciuto da lui, e per raggiungere il suo scopo assunse un'apparenza risplendente come angelo di luce; pensando che dopo un tempo tanto lungo avesse fame, gli si rivolse così: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Gli chiese ciò perché era quello di cui aveva maggior timore e desiderava avere qualche indizio al riguardo. Il Redentore, però, ribatté soltanto: «Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio», riprendendo il capitolo ottavo del Deuteronomio. L'altro non penetrò il senso in cui esso era stato citato, ma capì che anche senza alimento corporale sua Maestà poteva sostenere l'esistenza terrena. Sebbene ciò fosse vero, dal momento che si esprimeva pure questo, il significato dato a tale espressione era più ampio, perché era come dirgli: «Colui con il quale tu parli vive nella Parola di Dio, che è il Verbo eterno, a cui è ipostaticamente unito»; benché costui bramasse sapere proprio questo, non meritò d'intenderlo, perché non accettò di adorarlo.

998. Satana si sentì bloccato dal vigore di tale risposta e dalla virtù occulta che conteneva, ma non volle far trasparire debolezza né arrendersi. Il Signore gli concesse di persistere e di condurlo a Gerusalemme, dove fu posto sopra il pinnacolo del tempio, da cui poteva osservare un ampio numero di persone senza essere scorto da alcuno. Qui il nemico, stimolando la sua immaginazione, affermò che, se lo avessero visto cadere da un luogo tanto alto senza riportare alcuna lesione, lo avrebbero acclamato grande, santo e operatore di prodigi; nel farlo si avvalse ancora del testo sacro ed esclamò: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». Gli spiriti del cielo accompagnavano il loro Re per assistere a tale impresa, solo in vista del vantaggio che ne sarebbe risultato all'umanità, meravigliati che avesse accondisceso a lasciarsi trasportare fisicamente da Lucifero, con il quale erano presenti moltissimi demoni, tanto che l'inferno era restato quasi spopolato. L'Autore della sapienza replicò: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». In tal modo il Salvatore si mostrava incomparabilmente mansueto, profondamente umile e tanto superiore al principe delle tenebre nella maestà e nella fermezza che questi, per tale nobiltà e completa imperturbabilità, si alterò ancor più nella sua indomita superbia, con nuovo tormento e affanno.

999. Il diavolo provò un altro stratagemma per attaccarlo, cioè quello dell'ambizione, offrendogli parte del proprio dominio; perciò lo fece ascendere su un monte elevato dal quale si distinguevano parecchie terre e, con perfidia e sfacciataggine, gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Esorbitante arroganza, più che assurda menzogna e ingannevole perfidia! Assicurava, infatti, ciò che non aveva né poteva cedere, giacché il mondo, i regni, i principati, le ricchezze e i tesori, tutto è del Signore, che li dona e li toglie a chi vuole e quando gli piace e lo crede opportuno. Costui non può mai regalare qualche bene che sia suo, anche di quelli temporali, per cui tutte le sue promesse sono false. Gli fu risposto con autorità incontrastabile: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». Nell'intimargli di andarsene, Cristo gli tolse la facoltà di tentarlo e, con onnipotente comando, fece precipitare lui e tutte le sue legioni nelle più remote caverne sotterranee, dove per tre giorni sostarono fissi e inchiodati senza riuscire a muoversi. Avuta poi licenza di rialzarsi, trovandosi così distrutti e inerti, incominciarono a sospettare che chi li aveva abbattuti fosse effettivamente il Figlio di Dio fatto carne, e rimasero in tale dubbio senza arrivare mai ad averne la certezza sino a quando egli spirò. Il serpente, intanto, si disperava per il danno che aveva subito in questa battaglia e si consumava nel suo furore.

1000. Il nostro beato vincitore glorificò l'eterno Padre e lo magnificò con lodi e rendimenti di grazie perché gli aveva concesso di prevalere sul comune nemico dei mortali. Fu ricondotto nel deserto da una gran moltitudine di angeli che allora, cantandogli armoniosi inni per il suo trionfo, lo tennero proprio sulle loro mani, benché non ne avesse bisogno in quanto avrebbe avuto la possibilità di far uso del suo potere. Quel rispetto gli era dovuto in contraccambio della sfrontatezza con cui il drago aveva osato far salire sul pinnacolo del tempio e sull'altura la sua umanità santissima, nella quale stava sostanzialmente e realmente la divinità. Non si sarebbe mai potuto pensare che Gesù gli avesse dato tale permesso, se ciò non venisse detto nel Vangelo. Non so, però, quello che per noi è causa di maggior stupore, se l'avere acconsentito ad essere portato in diversi luoghi da lui, che non lo conosceva, o ad essere tradito da Giuda e ricevuto nel sacramento da quel discepolo maligno e da tanti credenti che, nonostante lo confessino Dio e Signore, si accostano all'eucaristia tanto indegnamente. Ciò che di sicuro deve lasciarci sbalorditi è che egli abbia tollerato tali offese e continui a sopportare quest'ultima per noi, per vincolarci e trarci a sé con la mitezza e con la pazienza della sua carità. O dolcissimo Redentore mio, quanto siete soave, benigno e clemente verso le anime! Per loro scendeste dal cielo, patiste e deste la vita per salvarle. Con misericordia le aspettate e le sostenete, le chiamate, le cercate, le accogliete, vi introducete nel loro intimo, siete tutto per esse e volete che ciascuna sia tutta per voi. Quello che mi trafigge e spezza il cuore è che, mentre il vostro vero amore ci attira, noi fuggiamo da voi e corrispondiamo con ingratitudini a simile tenerezza. Oh, amore immenso, tanto malamente accettato e ripagato! Date lacrime ai miei occhi per piangere una cosa così meritevole di essere biasimata e in ciò mi aiutino tutti i giusti. La Scrittura afferma che, dopo aver riaccompagnato Cristo in quel luogo arido, i custodi iniziarono a servirlo; infatti, alla fine di queste prove e dell'astinenza dal cibo, gliene presentarono uno divino affinché ne mangiasse, e con questo il suo sacro corpo recuperò le forze naturali. A tale pasto non assistettero solo essi, che si congratularono per la vittoria, ma anche gli uccelli della zona, accorsi a ricreare i sensi del loro Artefice fatto uomo con armonie e voli molto graziosi e accordati. A modo loro fecero lo stesso le belve della montagna, spogliandosi della propria ferocia, con gradevoli bràmiti e movimenti per colui che attestavano loro sovrano.

1001. Ritorniamo a Nazaret, dove dal suo oratorio Maria guardava con sublimi illuminazioni la lotta del Figlio e, intanto, riceveva ininterrottamente notizie attraverso i suoi messaggeri. Nel momento stesso in cui egli si rivolse al Padre prima di entrare nel conflitto della tentazione, fece la medesima preghiera. Combatté insieme con lui, benché invisibilmente e in spirito; condannò e sconfisse il principe delle tenebre e i suoi seguaci, cooperando in tutto a nostro favore con le azioni di sua Maestà. Quando seppe che questi veniva fatto passare da una parte all'altra, gemette amaramente perché la malvagità del peccato costringeva lo stesso Re dei re e Signore dei signori a dare tale autorizzazione e ad essere tanto accondiscendente. Per i successi da lui riportati sul demonio, compose nuovi inni a esaltazione della divinità e dell'umanità santissima, che poi gli angeli gli intonarono, e tramite loro gli mandò le sue felicitazioni per il trionfo e per il beneficio che con esso otteneva per tutti. Egli la confortò per mezzo degli stessi e si complimentò ancora per ciò che anch'ella, imitandolo e rimanendogli accanto, aveva compiuto con fatica contro satana.

1002. Essendo stata compagna fedele e partecipe del tormento e del digiuno, era opportuno e ragionevole che la Vergine fosse tale pure nella consolazione. Perciò, l'Unigenito che tanto l'amava le inviò un po' dell'alimento che gli esseri celesti gli avevano recato e comandò ad essi che glielo offrissero. Oh, meraviglia! Un enorme stormo dei medesimi uccelli che lo stavano contemplando li seguirono a Nazaret, meno rapidi, ma ugualmente molto veloci. Irruppero nella casa della Regina e signora dell'universo e, mentre ella consumava quanto le era stato posto davanti, eseguirono per lei gli stessi canti e gorgheggi con i quali avevano onorato il Salvatore. Tali vivande, migliori perché venivano dalle mani di Cristo ed erano state benedette da esse, la rinvigorirono e ristorarono dagli effetti di così prolungate privazioni. Ella ringraziò l'Onnipotente e si umiliò sino a terra. Furono tanti e tali gli atti eroici di virtù esercitati da lei in quel frangente che non è possibile tradurli in parole, perché sorpassano la nostra capacità di espressione. Li vedremo in Dio quando godremo di lui; allora gli daremo la lode che il mondo intero gli deve per doni talmente ineffabili.

Domanda che feci alla Regina del cielo, Maria santissima

1003. Nostra eccelsa sovrana, è così premurosa la vostra disponibilità che mi infonde la fiducia di sottoporvi, come a maestra e madre della sapienza, un'incertezza che mi si presenta su ciò che in questo ed in altri capitoli la vostra sublime luce ed istruzione mi ha manifestato circa il cibo celeste che i custodi somministrarono a Gesù nel deserto. Io comprendo che questo dovette essere dello stesso genere degli altri che portarono a lui e a voi in alcuni casi in cui, per sua disposizione, vi mancava il nutrimento comune. Ora io l'ho chiamato "cibo celeste" dato che non conosco altri termini con cui spiegarmi, ma non so se questi siano pertinenti, perché ignoro da dove esso venisse e che qualità avesse, come anche se in cielo vi possano essere alimenti per provvedere ai corpi, perché là non è necessario un simile modo di vivere e un sostentamento terreno. Sebbene anche nei beati i sensi abbiano talune cose per loro gradevoli e, tra gli altri, il gusto percepisca qualche sapore, credo che questo non avvenga attraverso le diverse vivande, ma come effetto della sovrabbondanza della gloria dell'anima, della quale anch'essi partecipano stupendamente, ciascuno nella maniera che gli è propria, senza l'imperfezione e la rozzezza che durante l'esistenza mortale hanno le loro operazioni e i loro oggetti. Su tutto ciò, come persona incompetente, desidero essere rischiarata dalla vostra pietosa e materna benignità.

Risposta e insegnamento di Maria santissima

1004. Figlia mia, hai fatto bene a dubitare perché è vero che nell'empireo non vi è alcun nutrimento materiale, come hai recepito e affermato. Quanto al cibo che fu servito al Signore e a me nelle condizioni di cui hai scritto, tu lo definisci giustamente "celeste" come io stessa ti ho detto; infatti, le sue proprietà furono date dal cielo e non dalla terra, dove tutto è grossolano e assai limitato. Per capire la sua peculiarità ed il modo in cui la provvidenza lo forma, devi renderti conto che, quando la generosità divina stabiliva di sfamarci con esso mandandocelo portentosamente tramite i santi messaggeri per supplire alla penuria di altro, si avvaleva di qualche realtà tangibile. La più comune era l'acqua, sia per la sua trasparenza e semplicità sia perché l'Altissimo per questi prodigi non vuole niente di molto complesso, mentre altre volte si trattava di pane e di frutta; a tutto ciò il suo potere conferiva una tale squisitezza da trasformarlo in qualcosa di superiore ai piatti più prelibati tanto quanto il cielo è distante dalla terra. Non vi è nulla al mondo con cui paragonarlo perché tutto al confronto è insipido e senza efficacia. Affinché tu intenda meglio ti saranno utili i seguenti esempi. Il primo è quello della focaccia che fu donata ad Elia; essa aveva una tale forza che lo sostenne nel cammino sino al monte Oreb. Il secondo è quello della manna, che è chiamata pane degli angeli, perché essi la preparavano condensando il vapore del suolo, che poi spargevano dopo averlo diviso in granelli; aveva molta varietà di sapori, come dicono le Scritture, e una grande capacità di alimentare. Il terzo è il segno che Cristo fece alle nozze di Cana, cambiando l'acqua in vino di eccellente qualità, come si può desumere dallo stupore di quelli che lo assaggiarono.

1005. La potenza di Dio dava bontà e doti eccezionali a questo elemento oppure lo mutava in altra bevanda soavissima e delicata, e faceva lo stesso con il pane e la frutta, rendendo tutto più spiritualizzato e in grado di nutrire, deliziare e ristorare in modo mirabile: la debolezza umana diventava vigorosa, agile e pronta per opere ardue, e questo avveniva senza malessere né appesantimento. Di tale specie era quello che fu presentato a mio Figlio dopo il digiuno, come anche quello che nei deserti d'Egitto e in altre occasioni ricevemmo col mio sposo Giuseppe. Sua Maestà ha mostrato questa prodigalità verso molti suoi amici e servi, fornendo loro simili mezzi di sussistenza, benché non così frequentemente, né con tante circostanze miracolose. Ciò ti basti come risposta e adesso sta' attenta alla dottrina di questo capitolo.

1006. Per una miglior comprensione di quanto hai annotato in esso, voglio che tu rifletta in maniera particolare su tre finalità che Gesù si propose fra le altre per scontrarsi con Lucifero e i suoi ministri infernali; questo ti darà più intelligenza e coraggio contro di essi. La prima fu distruggere il male e la semenza che per la caduta dei progenitori costui aveva posto nella nostra natura con i sette vizi capitali: la superbia, l'avarizia, la lussuria e i rimanenti, che sono le sue sette teste. Il dragone usò l'astuzia di mettere un demonio a capo degli altri per ciascuno di questi, che venivano utilizzati come armi, suddivise per attaccare i discendenti di Adamo e circuirli nell'ordine confuso di cui parlasti all'inizio della Storia. Proprio per questo il mio Unigenito entrò in battaglia con i principi delle tenebre e li debellò con le sue virtù. Sebbene nel Vangelo siano nominate solo tre tentazioni, perché furono le più manifeste, la lotta e la vittoria furono maggiormente gloriose in quanto prevalse su tutte le legioni avversarie. Sconfisse la superbia con l'umiltà, l'ira con la mansuetudine, l'avarizia con il disprezzo delle ricchezze ed in modo analogo gli altri peccati. Il più grande danno e abbattimento per i nemici fu il conoscere con certezza, ai piedi della croce, che colui che li aveva prostrati ed oppressi era il Verbo disceso tra noi. Fu allora che cominciarono a dubitare di avere la meglio sui mortali, almeno su quelli che si sarebbero avvalsi del suo potere e dei suoi trionfi.

1007. La seconda finalità fu obbedire all'eterno Padre, il quale gli aveva comandato non solo di dare la vita per gli uomini e salvarli con la sua passione, ma anche di affrontare questo conflitto con i diavoli e di piegarli con il valore spirituale dei suoi incomparabili meriti. La terza è una conseguenza delle precedenti e fu quella di lasciare l'esempio e l'insegnamento per sgominarli, perché nessuno fosse sorpreso nel vedersi perseguitato da essi e tutti avessero, nelle tribolazioni, la consolazione di sapere che il loro Redentore le aveva sofferte in se stesso prima di loro. Queste prove, benché in qualche modo differenti, in sostanza furono le stesse, solo presentate con più durezza e malizia da parte di satana. Cristo gli diede licenza di dispiegare contro di lui tutte le sue forze con la massima intensità, per soggiogarle con la sua potenza divina rendendole più fiacche per gli assalti che avrebbe fatto in seguito, i quali così sarebbero stati più facilmente superabili, se le loro vittime avessero voluto approfittare del beneficio che veniva elargito loro.

1008. A tutti sono necessarie queste istruzioni per sopraffare il maligno, ma tu, mia cara, ne hai bisogno più degli altri, perché il suo furore contro di te è immenso e la tua natura è fragile per resistere, se non ti avvali delle mie parole e del modello che hai di fronte. Innanzitutto devi tenere sottomessi il mondo e la carne: questa, mortificandola con prudente rigore; quello, fuggendo ogni essere e nascondendoti nel segreto della tua interiorità. Potrai vincerli entrambi non uscendo da tale ritiro, non perdendo d'occhio il bene e la luce che lì ricevi e non attaccandoti a niente di visibile più di quanto ti permetta la carità. Riguardo a ciò ti ricordo di nuovo il precetto strettissimo che tante volte ti ho imposto: Dio ti ha donato una disposizione innata ad amare molto e desideriamo che questa si consacri interamente ed in pienezza a noi; non devi perciò acconsentire con la volontà neanche ad un solo moto dell'istinto, per quanto sembri leggero, né devi accettare l'impulso dei tuoi sensi, se non per l'esaltazione dell'Altissimo e per fare o patire qualche cosa per lui e a vantaggio del tuo prossimo. Se mi darai ascolto in tutto, farò in modo che tu sia munita e corazzata contro questo crudele serpente per combattere le guerre del Signore: sarai circondata da mille scudi, con i quali tu possa difenderti e colpirlo. Stai sempre attenta a giovarti contro di lui dei versetti della Scrittura, senza frapporre, con un rivale così astuto, né ragionamenti né molti discorsi. Le creature deboli non devono iniziare discussioni con il maestro della menzogna; proprio per questo il mio Figlio santissimo, che era onnipotente e infinitamente sapiente, non lo fece, affinché guardando a lui le anime apprendessero tale cautela e tale maniera di procedere. Armati di fede viva, speranza ferma, carità fervente e umiltà profonda, le virtù che schiacciano ed annientano questo mostro; contro di esse egli non osa fare niente e scappa, perché sono strumenti estremamente efficaci contro la sua arroganza e protervia.