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CAPITOLO 21

 

Si narra come san Giovanni, avendo ricevuto grandi favori da Maria beatissima, per ispirazione dello Spirito Santo inizia la sua predicazione e come invia alla celeste Signora una croce.

 

942. Nella seconda parte cominciai a raccontare alcuni favori che Maria beatissima, durante il periodo trascorso in Egitto e anche successivamente, fece alla cugina Elisabetta e a Giovanni, specialmente quando Erode prese la decisione di assassinare i bambini innocenti; dissi anche che il futuro precursore di Cristo, morta sua madre, rimase nel deserto, senza uscirne sino al momento stabilito dalla somma sapienza, ed ivi condusse una vita più angelica che terrena. Conversava con i ministri celesti e con il Signore e poiché questa era la sua consueta occupazione, praticando l'amore e l'esercizio delle virtù eroiche fin dal grembo materno, giammai cadde nel pericolo dell'ozio né la grazia fu mai in lui sterile o inoperosa, né le sue azioni furono mai prive della pienezza di eccellenza che egli col massimo sforzo poté dare ad esse. E tantomeno furono un ostacolo i sensi, sempre lontani dalle cose mondane che sogliono essere le finestre attraverso le quali la morte penetra nell'anima, nascosta sotto le immagini della bellezza fallace delle creature. Fu fortunato perché in lui l'illuminazione della luce divina precedette quella del sole materiale: con la prima egli pose in oblio ciò che la seconda gli rappresentava, e la sua vista interiore rimase immobile e fissa sull'oggetto nobilissimo dell'essenza del Padre e della sua infinita perfezione.

943. Le straordinarie elargizioni che furono concesse da Dio al felicissimo anacoreta nel silenzio e nel ritiro sorpassano di gran lunga ogni umano pensiero: la sua santità e i suoi grandissimi meriti si conosceranno dal premio che ottenne solo quando godremo della vista dell'Eterno e non prima. In questa Storia non devo distrarmi, giacché non è mio compito riferire ciò che mi è stato rivelato sulla sua vita, sulle sue doti e prerogative, avendolo già fatto i beati dottori e altri autori. Mi limito solo a comunicare quello che reputo necessario riguardo alla Regina, per mano ed intercessione della quale egli ricevette immensi benefici. Fintanto che il fanciullo non ebbe raggiunto i sette anni, per molti giorni gli fece arrivare il nutrimento attraverso gli esseri superni; da questa età in poi gli mandò solo il pane e, compiuti i nove anni, cessò tale privilegio: ella infatti capì che era volontà dell'Altissimo, nonché desiderio dello stesso Giovanni, che mangiasse solo radici, miele selvatico e locuste. Questo fu il pasto con cui si sostentò fino al tempo della predicazione. Gli mancò, è vero, il dono del cibo da parte della Vergine, ma ella continuò una volta alla settimana ad inviargli i suoi custodi affinché lo consolassero e lo mettessero al corrente delle arcane opere di sua Maestà.

944. Tale favore tra gli altri fini gli fu necessario per sopportare il peso della solitudine, non perché l'orrore di essa e la sua penitenza gli procurassero noia, dato che era sufficiente il suo ammirevole comportamento, ma affinché il ferventissimo amore verso Gesù e sua Madre non facesse risultare tanto molesta la lontananza e la privazione della loro conversazione e vista, da lui bramate come uomo santo e riconoscente. Non vi è dubbio che gli sarebbe stato di maggiore mortificazione e dolore reprimere questo anelito che soffrire le inclemenze del tempo, i digiuni, le penitenze, l'asperità delle montagne, se la cugina, attenta e sollecita, non avesse compensato tale rinuncia facendogli pervenire gli angeli a dargli notizia del suo amato. Egli li interrogava sul Salvatore e la Signora con la nostalgia della sposa; per mezzo di essi inviava ad entrambi gli intimi sospiri del cuore ferito dal loro affetto e dal loro distacco, e chiedeva alla Principessa che in suo nome supplicasse il Figlio di impartirgli la benedizione, lo adorasse e gli rendesse umile venerazione: egli stesso faceva ciò in spirito e verità dalla solitudine in cui si trovava e la stessa cosa domandava agli ambasciatori celesti che lo visitavano e agli altri che lo assistevano. Con queste ordinarie occupazioni arrivò all'età perfetta di trent'anni mentre l'Onnipotente lo preparava al ministero per il quale era stato scelto.

945. Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare (...), sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Era giunto il tempo favorevole stabilito dall'eterna sapienza perché si udisse la voce del Verbo incarnato, Giovanni, gridare nel deserto al fine di disporre tutti ad accogliere il Messia promesso ed atteso da tanti secoli, e di indicarlo affinché tutti potessero conoscerlo. Questo comando fu da lui sentito e compreso durante un'estasi in cui, per speciale virtù e potere superno, fu illuminato e riempito di nuovi doni di luce, grazia e scienza dello Spirito. In tale esperienza penetrò più profondamente i misteri della redenzione ed ebbe una visione astrattiva del Signore così mirabile che tutto il suo essere fu completamente trasformato e rinnovato, e in essa gli fu ordinato di preparare le vie all'annuncio della buona novella di Cristo, e inoltre di esercitare il ministero di precursore: di tutto fu istruito e per tutto gli furono dati abbondantissimi aiuti.

946. Il Battista lasciò il luogo del suo ritiro vestito di alcune pelli di cammello, con una cintura anch'essa di pelle, scalzo, a piedi nudi sulla terra, con il volto macilento ed estenuato, l'aspetto serissimo e meraviglioso, con incomparabile modestia e severa umiltà, con animo grande ed invincibile e infiammato di carità verso l'Altissimo e verso il prossimo. Le sue parole erano vive, gravi e brucianti come scintille di un raggio scagliato dal braccio del supremo sovrano e dal suo essere divino ed immutabile. Egli si mostrava affabile con i mansueti, amabile con gli umili, terribile con i superbi, spettacolo eccezionale per gli angeli e per gli uomini, spaventoso per i peccatori, orribile per i demoni; in breve, proprio il tipo di predicatore che conveniva che fosse in quanto strumento di sua Maestà, e nella misura che si richiedeva per quel popolo ebreo, duro, ingrato e testardo, che aveva governatori idolatri, sacerdoti avari e orgogliosi, ed era senza luce, senza profeti, senza pietà, senza timor di Dio, dopo tanti castighi e tante calamità a cui le sue colpe lo avevano condotto, affinché in così miserabile stato gli si aprissero gli occhi ed il cuore per conoscere e ricevere il suo Salvatore.

947. L 'anacoreta aveva costruito molti anni prima una croce, che teneva al suo capezzale e sulla quale praticava alcuni esercizi di penitenza ed elevava suppliche steso in forma di crocifisso. Non volendo abbandonare tale tesoro nel deserto, prima di andarsene la inviò alla Vergine per mano dei ministri celesti che in suo nome lo visitavano. Li implorò poi di dirle che la stessa era stata la compagnia più gradevole e di maggior conforto che avesse avuto nella sua vita, e che gliela consegnava come gioiello prezioso per ciò che su di essa si sarebbe dovuto compiere; egli l'aveva fatta proprio per questo ed anche perché gli era stato riferito che l'Unigenito pregava molte volte su un'altra croce, che conservava a questo scopo. Gli artefici erano stati i custodi, che per sua richiesta l'avevano forgiata da un albero di quel posto, poiché egli non aveva forze e strumenti per farla, né essi ne avevano bisogno per il potere conferito loro sulle cose corporali. I messaggeri tornarono da lei con questa ambasciata e con questo dono; ella lo accettò con dolcissimo dolore e con amara dolcezza, meditando nel suo intimo i misteri che presto si sarebbero dovuti realizzare su quel durissimo legno. Rivolgendosi teneramente ad esso lo collocò nel suo oratorio, dove lo custodì per sempre insieme a quello di suo Figlio. In seguito lasciò in eredità inestimabile questo ed altri pegni agli apostoli, che li portarono nelle province in cui proclamarono il Vangelo.

948. Riguardo a tale evento arcano mi venne un dubbio che io proposi alla Regina della sapienza, dicendole: «Mia Signora, santissima fra i santi ed eletta fra tutte le creature per madre del medesimo Dio, in ciò che lascio scritto mi si presenta una difficoltà, come a donna ignorante e rozza. Se mi date licenza, la proporrò a voi che siete maestra della prudenza e per vostra benignità avete voluto esercitare nei miei confronti l'ufficio e il magistero di illuminare le mie tenebre e regalarmi parole di salvezza e di vita eterna. Il mio dubbio nasce dall'aver inteso che non solo il precursore ma anche voi tenevate in venerazione la croce prima che Cristo vi morisse, mentre ho sempre pensato che sino ad allora servisse come patibolo per castigare i delinquenti, e per questo motivo fosse ritenuta scandalosa e vile. La Chiesa poi ci insegna che tutto il valore e la dignità le derivò dal contatto che con essa ebbe il nostro Salvatore e dal mistero della redenzione umana che vi si operò».

Risposta della Regina del cielo

949. Carissima, volentieri soddisferò il tuo desiderio e ti risponderò. È giusto quello che proponi, cioè che la croce era ignominiosa - prima che Gesù la santificasse con la sua passione e che per questo le si deve ora l'onore che le viene dato. Se qualcuno, non essendo al corrente delle ragioni che avevamo io e san Giovanni, avesse preteso di dar culto ad essa prima della redenzione umana, avrebbe commesso errore e idolatria, perché avrebbe adorato ciò che non meritava vera adorazione; noi due però avevamo diversi motivi per farlo: anzitutto, perché possedevamo la certezza infallibile di quello che vi avrebbe dovuto compiere sua Maestà; inoltre perché egli, prima di arrivare a tale momento, aveva cominciato a consacrare quel segno col suo contatto, mettendosi a pregare su di esso e offrendosi alla morte volontariamente. II Padre aveva accettato tutto questo con immutabile disposizione e approvazione. Quando io e il Battista ci accostavamo alla croce tenevamo presente tale verità e non la veneravamo per se stessa, né per il materiale, perché non le era dovuto culto di latria finché la redenzione non fosse stata portata a compimento; tuttavia ne valutavamo e rispettavamo la rappresentazione formale: il Verbo incarnato era il termine a cui mirava e per il quale aveva senso l'ossequio tributatole.

950. In considerazione di questo pondera ora il tuo obbligo e quello di tutti gli uomini di tenerla in grande stima. Infatti, se prima che il nostro Salvatore morisse su di essa io e il suo precursore lo imitammo nell'amore e negli esercizi che vi eseguivamo, che cosa dovrebbero fare i credenti ora che nella luce della fede lo vedono già crocifisso e hanno la sua immagine davanti agli occhi? Voglio perciò che tu ti stringa al duro legno con incomparabile riverenza, che te lo applichi come gioiello preziosissimo e che ti abitui talmente a quanto compi su di esso, che mai di tua volontà smetta o te ne dimentichi, se l'obbedienza non te lo impedisce. Quando ti accingerai a fare azioni tanto venerabili, ciò avvenga con profonda devozione e meditazione del martirio dell'amato del tuo cuore. Procura d'introdurre la stessa consuetudine fra le tue religiose consigliandola loro, perché nessun'altra è più legittima tra le spose di Cristo; questo gli sarà di sommo compiacimento, ove sia fatto con pietà. Similmente voglio che tu, ad emulazione di Giovanni, prepari il tuo intimo per ciò che lo Spirito vorrà operare in te a sua gloria e a beneficio altrui. Inoltre, per quanto dipende da te, ama la solitudine e ritira le tue facoltà dalla confusione. Nelle cose poi in cui il Signore ti obbligherà a trattare con gli altri, cerca il tuo proprio merito e l'edificazione del prossimo, in modo che nelle tue conversazioni risplendano lo zelo e lo spirito che sono dentro di te. Le eminentissime virtù che hai conosciuto ti servano da stimolo e modello: impegnati, come un'ape diligente, a fabbricare il favo dolcissimo della perfezione e purezza, che brama in te il nostro Maestro. Sappi distinguere tra l'ufficio di questo piccolo volatile e quello del ragno, poiché il primo converte il suo alimento in soavità e utilità e l'altro in veleno. Raccogli dai fiori e dalla santità dei beati, nel giardino della Chiesa, quanto con le tue deboli forze, aiutate dalla grazia, potrai imitare: sollecita e laboriosa, fa' in modo che risulti a favore dei vivi e dei defunti, e fuggi dal veleno della colpa, dannosa per tutti.