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CAPITOLO 28

 

Il bambino Gesù dopo aver compiuto un anno parla a san Giuseppe. Maria santissima pensa di metterlo in piedi e di calzarlo per farlo camminare, poi incomincia a celebrare i giorni dell'incarnazione e della nascita.

 

681. In uno dei colloqui e dei ragionamenti che Maria santissima ed il suo sposo Giuseppe facevano circa i misteri del Signore, un giorno accadde che il bambino Gesù, compiuto il primo anno, decise di rompere il silenzio e parlare con voce chiara e modulata al fedelissimo Giuseppe, che svolgeva la missione di padre sollecito, dato che aveva parlato alla divina Madre dalla sua nascita, secondo quanto dissi nel capitolo decimo. I due santissimi sposi trattavano dell'essere infinito di Dio e della bontà che lo aveva indotto ad un amore tanto grande da inviare dal cielo il suo Unigenito per maestro e redentore degli uomini, dandogli natura umana, affinché potesse abitare in mezzo a loro, e patire le fragilità della natura corrotta. San Giuseppe, in questa meditazione, si meravigliava molto delle opere del Signore, e si accendeva in slanci di riconoscenza e lode del suo amore. In questa occasione il bambino Dio, che stava nelle braccia di sua Madre, formando con esse la sua prima cattedra di maestro, parlò a san Giuseppe con voce intelligibile, dicendo: «Padre mio, io venni dal cielo sulla terra per essere luce del mondo e per riscattarlo dalle tenebre del peccato; per cercare e conoscere le mie pecorelle come buon pastore, dare loro pascolo ed alimento di vita eterna, insegnare ad esse il cammino per arrivarvi ed aprire le porte che per i loro peccati si erano chiuse. Voglio perciò che siate entrambi figli della luce, poiché l'avete così vicina a voi».

682. Queste parole del bambino Gesù, piene di vita e d'efficacia divina, infusero nel cuore del patriarca san Giuseppe nuovo amore, allegrezza e riverenza. S'inginocchiò ai piedi del bambino Dio con umiltà profondissima e gli rese grazie, perché la prima parola che gli aveva udito pronunziare era stata quella di chiamarlo padre. Chiese a sua Maestà, tra molte lacrime, che la sua luce divina lo illuminasse e lo conducesse all'adempimento perfetto della sua volontà, e che gli insegnasse ad essere grato per grazie tanto incomparabili, come erano quelle che riceveva dalla sua liberalissima mano. I padri che amano molto i loro figli ricevono gran consolazione e gloria, quando in essi scoprono qualche presagio che saranno sapienti o grandi nelle virtù; anche quando questi non lo sono, per la naturale predilezione che tuttavia hanno per loro, sono soliti lodare ed esagerare molto quello che i loro figli fanno e dicono: tanto può il tenero affetto verso i figli. piccolini. San Giuseppe non era padre naturale del bambino Dio, ma putativo; l'amore che però gli portava, eccedeva senza misura tutto quello con cui i padri naturali hanno amato i loro figli, perché in lui la grazia ed anche la natura furono più forti che in altri, anzi più che in tutti i padri messi insieme. Con questo amore e con l'onore che aveva di essere padre putativo del bambino Gesù, si deve misurare il giubilo della sua anima purissima nell'udirsi chiamare padre del Figlio dello stesso Dio ed eterno Padre, nel vederlo così bello e pieno di grazia, e nell'udirlo parlare con così alta dottrina e sapienza.

683. In quel primo anno di vita del bambino Dio, la sua dolcissima Madre lo aveva portato avvolto nelle fasce e nei panni in cui di solito stanno gli altri bambini, poiché egli anche in questo non volle apparire diverso, per testimoniare la sua vera umanità ed anche il suo amore verso i mortali, per i quali tollerava quella molestia che avrebbe potuto evitare. Giudicando la prudentissima Madre essere giunto il tempo opportuno per scioglierlo dalle fasce e metterlo in piedi o calzarlo - come dicono qui - si pose inginocchiata davanti al bambino Dio, che stava nella culla, e gli disse: «Figlio mio, amore dolcissimo dell'anima mia e mio Signore, desidero, quale vostra schiava, essere precisa nel compiacervi. Luce dei miei occhi, già siete stato molto tempo oppresso nei legami delle fasce, ed in questo avete mostrato una grande delicatezza di amore verso gli uomini; è tempo che cambiate modo di vestire. Ditemi, mio Signore, che farò per mettervi in piedi?».

684. Rispose allora il bambino Gesù: «Madre mia, per l'amore che porto alle anime che io creai e vengo a riscattare, non mi sono sembrati molesti i legami della mia infanzia, poiché in età adulta dovrò essere legato, preso e dato in potere ai miei nemici, e per essi alla morte. Se questa memoria mi è dolce per amore del mio eterno Padre, tutto il resto mi sarà facile. Il mio vestito deve essere solo uno in questo mondo, perché di esso voglio solo ciò che mi deve coprire. Benché tutto il creato sia mio per avergli dato l'essere, l'ho consegnato tutto agli uomini affinché mi siano maggiormente riconoscenti, ed anche per insegnar loro come, sul mio esempio e per amor mio, debbano rinunciare e disprezzare tutto ciò che è superfluo per la vita naturale. Mi vestirete, Madre mia, con una tunica di colore umile e comune. Questa sola io porterò ed essa crescerà con me. Inoltre deve essere quella sulla quale, alla mia morte, si tirerà la sorte, perché anche questa non deve restare a disposizione mia, ma degli altri, perché gli uomini vedano che nacqui e che voglio vivere povero e nudo delle cose visibili, le quali, essendo terrene, opprimono ed ottenebrano il cuore umano. Nell'istante in cui fui concepito nel vostro grembo verginale, volli abbandonare e rinunziare a quanto il mondo racchiude e contiene, benché tutto sia mio per l'unione della mia natura umana con la Persona divina. E non ebbi altra intenzione verso il mondo, se non di offrirlo tutto al mio eterno Padre, rifiutandolo per suo amore e ricevendone solo quello di cui avrebbe avuto bisogno la vita umana, per poterla in seguito donare per gli uomini. Con questo esempio voglio riprendere ed ammaestrare il mondo affinché ami la povertà e non la disprezzi, perché quando io, che sono il Signore di tutte le cose, lo allontano da me e vi rinuncio completamente, l'avere avidità di ciò che io insegnai a disprezzare, sarà di vergogna per quelli che mi conosceranno per mezzo della fede».

685. Le parole del bambino Gesù produssero nella divina Madre affetti mirabili e diversi. Infatti, la memoria e la rappresentazione della cattura e della morte del suo santissimo Figlio trafisse il suo cuore candido e misericordioso; inoltre, la dottrina e l'esempio di una povertà tanto estrema le furono di meraviglia e di stimolo alla sua imitazione. L'amore immenso verso i mortali la infiammò ancora per ringraziarne il Signore da parte di tutti, ed in questo fece atti eroici di molte virtù. Sapendo che il bambino Gesù non voleva altro vestito né calzari, disse a sua Maestà: «Figlio e Signore mio, vostra Madre non avrà cuore né animo di farvi stare sulla nuda terra a piedi nudi, in età così tenera; accettate, amore mio, su di essi qualche riparo che vi protegga. So anche che il rozzo abito che mi chiedete, senza volerne usare sotto un altro di tela, deve tormentare molto la vostra delicata costituzione ed età». Il bambino Gesù rispose: «Madre mia, accetto per i piedi qualche cosa povera, sino a che giunga il tempo della mia predicazione; perché allora la debbo eseguire scalzo. La tela, però, non voglio usarla, perché è fomento della carne e di molti vizi negli uomini. Con il mio esempio voglio insegnare a molti che vi rinunzieranno per mio amore ed imitazione».

686. La celeste Regina pose subito grande cura nell'adempiere la volontà del suo santissimo Figlio. Procurandosi lana naturale senza tintura, la filò molto sottile con le sue mani e con essa tessé misteriosamente, in un piccolo telaio, come quello che si usa per i merletti, una tunica tutta di un pezzo senza cuciture, inconsutile; più propriamente sembrava ciò che noi chiamiamo "terliz", perché formava un cordoncino e non era come il panno liscio. In tutto ciò vi furono due cose miracolose: l'una, che riuscì tutta uguale e senza increspature, l'altra, che per volontà della divina Signora, il colore naturale della lana acquistò delle belle sfumature cangianti, tra il colore viola cupo, l'argenteo e il grigio, fissandosi in una tonalità da non potersi definire con alcun colore, perché non sembrava né del tutto viola, né argentea o grigia, ma partecipava di tutti questi colori. Lavorò anche alcuni sandali di un filo forte, come quelli che qui in Spagna chiamano "alpargatas", con i quali calzò il bambino Gesù. Gli fece inoltre una mezza tunica di tela, perché gli servisse come sottoveste di onestà. Nel capitolo seguente dirò ciò che successe nel vestire il bambino Gesù.

687. Si compì, in quel tempo, il primo anno dai misteri dell'incarnazione e della nascita di Gesù, e ciascuno dei due, rispettivamente, venne a compiersi quando essi dimoravano in Egitto. La celeste Regina incominciò il primo anno l'usanza di celebrare questi giorni così festivi per lei, e la conservò per tutto il tempo della sua vita, come si dirà nella terza parte anche in ordine ai misteri che in seguito accaddero. Ella celebrava quello dell'incarnazione, incominciando nove giorni prima grandi esercizi in corrispondenza di quei nove che lo avevano preceduto, nei quali il Signore l'aveva preparata con grazie grandi e mirabili, come ho riferito all'inizio di questa seconda parte. Nel giorno poi che corrispondeva a quello dell'incarnazione e dell'annunciazione, invitava i santi angeli del cielo con quelli che erano suoi custodi, perché l'aiutassero a celebrare questi magnifici misteri, ad esserne riconoscente e a renderne degne grazie all'Altissimo. Prostrata in terra in forma di croce, pregava lo stesso bambino Gesù, che lodasse l'eterno Padre per lei, lo ringraziasse in suo nome per quanto la sua divina destra l'aveva favorita, e per ciò che aveva fatto a favore del genere umano, dandogli il suo medesimo Unigenito. Faceva lo stesso quando si compiva l'anno del suo parto verginale. In tali giorni là divina Signora era molto favorita e colmata di beni dall'Altissimo, poiché rinnovava la continua memoria e riconoscenza di segni tanto grandi. E poiché aveva intuito che obbligava l'eterno Padre e gli dava soddisfazione il sacrificio di dolore che ella faceva prostrata in terra in forma di croce, col rammentarsi che in questa doveva essere inchiodato il suo divino agnello, praticava questo esercizio in tutte le festività, chiedendo che la giustizia divina si placasse, e sollecitando la misericordia per i peccatori. Si alzava infiammata nel fuoco della carità e dava fine alla celebrazione della festività con cantici stupendi; ella rispondeva così dolcemente alla musica celeste e vibrante dei santi angeli radunati in coro, che superava i più alti serafini e beati, poiché risuonava l'eco delle sue eccellenti virtù e giungeva al consesso della santissima Trinità e al tribunale dell'eterno Dio.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

688. Figlia mia, la tua capacità e quella di tutte le creature insieme non possono comprendere perfettamente quale fu lo spirito di povertà del mio santissimo Figlio, e quello che egli m'insegnò. Da quanto io ti ho manifestato, però, puoi conoscere molto dell'eccellenza di questa virtù che il suo autore e maestro amò tanto, e di quanto egli detestò il vizio dell'avidità. Non poteva il Creatore aborrire le medesime cose alle quali egli aveva dato l'essere; tuttavia, conobbe con la sua infinita sapienza l'incomparabile danno che gli uomini avrebbero ricevuto dall'avarizia e dalla sregolata ingordigia delle cose terrene, e che questo insano amore avrebbe pervertito la maggior parte della natura umana. La ripugnanza verso il vizio dell'avarizia e dell'avidità fu in proporzione alla conoscenza che ebbe del numero dei peccatori e dei predestinati che si sarebbero persi a causa di esse.

689. Per rimediare a questo danno e per preparargli qualche antidoto e cura, il santissimo Figlio elesse la povertà e la insegnò con le parole e con l'esempio di una così ammirabile essenzialità. Si comportò così anche per il fatto che, se i mortali non avessero approfittato del medicamento, sarebbe stato il medico che preparava il rimedio per la loro salute a convalidare la sua causa. Io esercitai ed insegnai questa stessa dottrina in tutta la vita, e con essa gli Apostoli piantarono la Chiesa; lo stesso hanno praticato ed insegnato i Patriarchi e i Santi che l'hanno riformata e la sostengono. Tutti hanno amato la povertà, come mezzo unico ed efficace della santità ed hanno aborrito le ricchezze, come incentivo di tutti i mali e radice dei vizi. Io voglio che tu ami questa povertà e la ricerchi con diligenza, perché è l'ornamento delle spose del mio santissimo Figlio. Senza di essa ti assicuro, o carissima, che egli le misconosce, anzi, le ripudia come mostruosamente diverse e dissomiglianti; infatti, non vi è relazione tra la sposa ricca e abbondante di superflue suppellettili e lo sposo poverissimo e privo di tutto, né vi può essere amore reciproco in tanta disuguaglianza.

690. Se quale figlia legittima vuoi imitarmi perfettamente secondo le tue forze, come devi fare, è chiaro che io, povera, non ti riconoscerò per figlia, se anche tu non sei tale, né amerò in te ciò che detestai per me stessa. Ti avverto ancora di non dimenticarti dei benefici dell'Altissimo che con tanta generosità ricevi; se in questo non sei molto attenta e grata, per la stessa lentezza e pesantezza della natura verrai con facilità ad incorrere in questa dimenticanza e grossolanità. Rinnova giornalmente questa memoria molte volte, rendendo sempre grazie al Signore con umile ed amoroso affetto. Tra tutti i benefici che non puoi dimenticare, vi sono quelli di averti chiamata ed aspettata, di avere dissimulato e nascosto le tue mancanze e, come se non bastasse, di averti moltiplicato favori tanto frequenti. Questo ricordo susciterà nel tuo cuore dolci e forti sentimenti di amore, per lavorare con diligenza. Nel Signore, poi, ritroverai grazia e nuova ricompensa, poiché egli si sente molto vincolato dal cuore fedele e riconoscente; al contrario, si offende grandemente quando i suoi benefici e le sue opere non sono stimate e gradite, perché come egli le fa con pienezza di amore, così vuole essere corrisposto con gratitudine premurosa, leale ed affettuosa.