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CAPITOLO 15

 

Maria santissima continua a dimorare con il bambino Gesù nella grotta della natività fino alla venuta dei Magi.

 

540. La nostra gloriosa Regina, per la scienza infusa che aveva delle divine Scritture e per le sublimi e sovrane rivelazioni che riceveva, sapeva che i re Magi dall'Oriente sarebbero venuti a riconoscere e ad adorare il suo Figlio santissimo come vero Dio. In modo speciale era stata di recente istruita circa questo mistero, poiché la notizia della nascita di Gesù era stata recata loro dall'angelo, e la vergine Madre conosceva ogni cosa. San Giuseppe non'era a conoscenza di questo mistero, perché non gli era stato rivelato, né la prudentissima sposa gli aveva comunicato il suo segreto, poiché in tutto era saggia e prudente, ed aspettava che la divina volontà operasse in questi misteri con la sua opportuna e soave disposizione. Perciò il santo sposo, celebrata la circoncisione, disse alla Regina del cielo che gli pareva necessario lasciare quel luogo disagiato e povero, ove era così difficile proteggere lei e il bambino, e che ormai in Betlemme si sarebbe trovato qualche albergo libero dove alloggiare, finché giungesse il tempo di poter portare il bambino a Gerusalemme, per presentarlo al tempio. Nella sua preoccupazione e sollecitudine, il fedelissimo sposo propose ciò perché non voleva che, a causa della sua povertà, gli mancassero l'abbondanza e gli agi che desiderava per servire il figlio e la madre, però disse che si rimetteva in tutto alla volontà della sua divina sposa.

541. L'umile Regina gli rispose senza manifestargli il mistero, e gli disse: «Sposo e signor mio, io mi rimetto all'ubbidienza vostra, e dove sarà di vostra volontà, vi seguirò con vivo compiacimento: disponete ciò che vi parrà meglio». La divina Signora era in qualche modo affezionata alla grotta per l'umiltà e la povertà del luogo, e perché il Verbo incarnato l'aveva consacrata con i misteri della sua nascita e circoncisione, e con ciò che attendeva dai Magi, benché non conoscesse il tempo della loro venuta. Pio era questo affetto e pieno di devozione e venerazione, ma con tutto ciò preferì l'ubbidienza del suo sposo alla sua particolare inclinazione, e ad essa si rimise per essere in tutto esemplare e modello di perfezione altissima. Questa rassegnazione ed uguaglianza suscitò in san Giuseppe una maggiore sollecitudine, perché egli desiderava che la sua sposa determinasse ciò che dovevano fare. In questa circostanza, il Signore rispose per via dei santi principi Michele e Gabriele, che assistevano corporalmente al servizio del loro Dio e Signore, ed alla grande Regina, e questi dissero: «La volontà divina ha ordinato che in questo stesso luogo adorino il Verbo incarnato i Magi, i tre re della terra che vengono in cerca del Re del cielo dall'Oriente. Sono dieci giorni che viaggiano, perché hanno avuto immediatamente notizia del santo natale, e subito si sono messi in cammino. Essi giungeranno qui tra breve, e si adempiranno così gli oracoli dei profeti, che assai da lontano conobbero e profetizzarono questo evento».

542. Questa inaspettata notizia lasciò san Giuseppe pieno di giubilo ed informato della volontà del Signore, e la sua sposa Maria santissima gli disse: «Signor mio, questo luogo scelto dall'Altissimo per misteri così magnifici, benché sia povero e disagiato agli occhi del mondo, a quelli però della sua sapienza è ricco, prezioso, stimabile ed il migliore della terra, giacché il Signore dei cieli se ne è appagato, consacrandolo con la sua reale presenza. Egli è potente, e fa sì che in questo luogo, che è la vera terra promessa, godiamo della sua vista. Se sarà sua volontà, ci darà qualche sollievo e riparo contro i rigori del tempo per i pochi giorni in cui ancora vi dimoreremo». Si consolò san Giuseppe e si animò assai con tutte queste ragioni della prudentissima Regina, a cui rispose che, siccome il bambino avrebbe adempita la legge della presentazione al tempio come aveva fatto rispetto a quella della circoncisione, sino a quel giorno avrebbero potuto trattenersi in quel sacro luogo senza. ritornare prima a Nazaret, essendo questa così distante ed il tempo inclemente. In caso poi che il rigore del freddo li obbligasse a ritirarsi nella città per ripararsene, lo potevano facilmente fare, poiché da Betlemme a Gerusalemme non vi era distanza maggiore di due leghe.

543. Maria santissima si conformò in tutto alla volontà del suo vigilante sposo, inclinando sempre il suo desiderio a non abbandonare quel sacro luogo, più santo e venerabile del Sancta Sanctorum del tempio, finché giungesse il tempo di presentare in esso il suo unigenito, per il quale preparò tutto l'occorrente per difenderlo dai rigori del tempo. Sistemò anche la grotta per la venuta dei Magi, ripulendola tutta per quanto lo permettesse la naturale rustichezza e l'umile povertà del luogo. Quanto al bambino, la maggior diligenza e cautela che usò verso di lui fu di tenerlo sempre nelle sue braccia, quando non era necessario lasciarlo. Soprattutto usò del suo potere di Signora e regina di tutte le creature, quando infuriavano le intemperie invernali, perché comandava al freddo, ai venti, alle nevi ed ai geli di non danneggiare il loro Creatore, ma di usare su di lei sola i loro rigori, e gli aspri influssi che esercitavano. Diceva la celeste Signora: «Trattenete la vostra ira contro il vostro creatore e Signore, autore e conservatore, che vi ha dato l'essere, la forza e il principio attivo. Avvertite, o creature del mio diletto, che il vostro rigore vi è stato dato a causa della colpa, ed è indirizzato a castigare la disubbidienza del primo Adamo e della sua progenie. Però verso il secondo, che viene a riparare quella caduta e che non poteva aver parte in essa, dovete essere cortesi, portando rispetto e non facendo offesa a colui cui dovete ossequio e soggezione. Io vi comando in nome suo di non procurargli molestia alcuna».

544. Degna sarebbe stata della nostra ammirazione ed imitazione la pronta ubbidienza delle creature irrazionali alla volontà divina, intimata ad esse dalla Madre di Dio, poiché accadeva, quando ella comandava, che la neve e la pioggia non le si avvicinassero più di tanto, rimanendo a oltre otto metri di distanza, e i venti si contenessero, e il clima si mitigasse fino a cambiarsi in un caldo temperato. A questa meraviglia se rie aggiungeva un'altra. Infatti, nello stesso tempo in cui il bambino nelle sue braccia riceveva quest'ossequio dagli elementi, come se se ne stesse al coperto, la vergine Madre ne sperimentava gli influssi, e veniva ferita dal freddo e dall'asprezza delle inclemenze con tutta l'intensità che potevano raggiungere con la loro forza naturale. Ciò accadeva perché essi in tutto le ubbidivano, ed ella non voleva liberarsi dal peso da cui preservava il suo tenero bambino e magnifico Signore, come madre amorosa e Signora delle creature, su cui dominava. Il privilegio del dolce bambino si estendeva al santo e fortunato Giuseppe, e questi conosceva il cambiamento del tempo rigido in temperato, ma non sapeva che quegli effetti si verificassero per comando della sua divina sposa, e che fossero opera della sua potenza, perché ella non gli manifestava questo privilegio, finché non ne avesse avuto ordine dall'Altissimo.

545. Il modo che osservava la grande Regina del cielo, nell'alimentare il suo bambino Gesù, era di allattarlo con il suo latte verginale tre volte al giorno, e sempre con così grande venerazione, che prima gliene chiedeva il permesso, e lo pregava di perdonarle la sua indegnità, umiliandosi e riconoscendosi inferiore. Per lunghi intervalli, quando lo teneva nelle sue braccia, stava genuflessa adorandolo e, se era necessario sedersi, gliene domandava sempre il permesso. Con la medesima riverenza lo porgeva a san Giuseppe, e lo riceveva da lui. Molte volte gli baciava i piedi e, quando doveva baciarlo più volte, gli chiedeva interiormente il consenso. A queste carezze di Madre il suo dolcissimo Figlio le corrispondeva, non solamente mostrando gratitudine nel riceverle, accompagnata sempre da maestà, ma ancora con altre azioni che faceva al modo degli altri bambini, benché con differente serenità e serietà. Era sua consuetudine reclinarsi amorosamente sul petto della purissima Madre ed altre volte sulla spalla, stringendole il collo con le sue braccine. In queste carezze era così attenta e prudente l'imperatrice Maria, che non lo sollecitava a farle vezzeggiamenti e coccole, come sogliono le altre madri, né l'obbligava a ritirarsi con timore. In tutto era prudentissima e perfetta, senza difetto né eccesso riprovevole, ed il maggior amore del suo Figlio santissimo, e la manifestazione di questo amore, non serviva che a farla ancor più chinare verso la polvere, lasciandola con una profonda riverenza, che misurava i suoi affetti e dava ad essi maggiori risalti di magnificenza.

546. Un'altra maniera di carezze più sublime si scambiavano il bambino divino e la vergine Madre, perché, oltre al fatto che grazie alla luce divina ella conosceva sempre gli atti interni dell'anima santissima del suo unigenito, accadeva anche molte volte che, mentre lo teneva tra le braccia, con un altro nuovo beneficio le si manifestasse l'umanità del figlio come un vetro cristallino, e per essa ed in essa contemplava l'unione ipostatica, l'anima di Gesù, e tutti gli atti interiori che faceva quando pregava l'eterno Padre per il genere umano. La nostra Signora andava imitando queste intime disposizioni e suppliche, restando tutta assorta e trasformata nel suo medesimo Figlio. Perciò sua Maestà la guardava con inaspettata delizia, come ricreandosi nella purezza di tale creatura, e rallegrandosi d'averla creata. Inoltre si compiaceva del fatto che la Divinità si fosse incarnata per formare una così viva immagine di se stessa, e dell'umanità che aveva preso dalla sua sostanza verginale. In questo mistero mi venne alla mente ciò che dissero ad Oloferne i suoi generali, quando videro la bella Giuditta nelle campagne di Betulia: «Chi potrebbe disprezzare un popolo che ha delle donne così belle? Certo non sarebbe vantaggioso lasciare in vita anche un solo uomo!». Misteriosa e vera pare questa ragione nel Verbo incarnato, poiché egli poté dire lo stesso al suo eterno Padre, e a tutto il resto delle creature, con più giusta causa: «Chi non riterrà ben predisposto e calcolato l'essere io venuto dal cielo a prendere carne umana sulla terra, e ad abbattere il demonio, il mondo e la carne, superandoli ed annientandoli, se tra i figli di Adamo si trova una donna tale quale mia Madre?». O dolce amor mio, virtù della mia virtù, vita dell'anima mia, Gesù amoroso, quale stupore che solo Maria santissima, nella natura umana, sia fornita di tale e tanta bellezza! Perciò è unica ed eletta, e così perfetta per il vostro compiacimento, mio Signore e padrone, che non solo uguaglia, ma eccede, senza confronti o limiti, tutto il resto del vostro popolo, ed ella sola compensa la bruttezza di tutta la posterità di Adamo.

547. La dolce Madre, fra queste delizie del suo unigenito bambino vero Dio, sentiva effetti tali, che la lasciavano tutta spiritualizzata e nuovamente divinizzata. Nei voli in cui il suo spirito purissimo era rapito, molte volte si sarebbero rotti i legami del corpo terreno, e da esso, come in deliquio, sarebbe sprigionata la sua anima per l'incendio del suo amore, se miracolosamente non fosse stata confortata e preservata. Scambiava col suo Figlio santissimo, interiormente ed esteriormente, parole tanto degne e di tal peso, che non entrano nel nostro grossolano linguaggio. Tutto quello che io potrei riferire sarebbe molto poco in confronto a ciò che mi è stato manifestato. Ella gli diceva: «O amor mio, dolce vita dell'anima mia, chi siete voi e chi sono io? Che cosa volete fare di me, giacché la vostra grandezza e magnificenza tanto si umilia per favorire la polvere inutile? Che farà la vostra schiava per amor vostro, e per tutto quanto riconosce di dovervi? Che cosa vi potrò dare in cambio del molto che avete dato a me? Il mio essere, la mia vita, le mie capacità, i sensi, i desideri, gli aneliti più profondi, tutto questo è vostro. Consolate questa serva e madre vostra, affinché non venga meno nell'affettuoso desiderio di servirvi, vedendo la propria insufficienza, e che non muore per amarvi. O quanto è limitata la capacità umana, quanto coartato il potere, quanto limitati gli affetti, che non possono giungere a soddisfare con equità il vostro amore! Però sempre voi dovete vincere nell'essere magnifico e misericordioso con le vostre creature, e cantar vittorie e trionfi di amore; e noi altri, riconoscenti, dobbiamo arrenderci e confessarci superati dal vostro potere. Così noi resteremo umiliati e confusi con la polvere, e la vostra grandezza magnificata ed esaltata per tutta l'eternità». La celeste Signora, nella scienza del suo Figlio santissimo, conosceva alcune volte le anime, che nel corso della nuova legge di grazia si dovevano specializzare nell'amore divino, le opere che dovevano fare, i martiri che dovevano patire per imitare lo stesso Signore, e per questa conoscenza si andava infiammando di un'emulazione d'amore così forte, che era maggior martirio quello del desiderio della Regina che non tutti gli altri consumati in concreto. Allora le capitava ciò che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici, cioè che l'emulazione dell'amore era forte come la morte, e tenace come l'inferno. Quanto al desiderio che l'amorosa Madre nutriva di morire perché infatti non moriva, le rispose il Figlio santissimo con le parole che ivi si riferiscono: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, dandole l'intendimento di come realizzarlo. Con questo divino martirio, Maria santissima fu martire prima di tutti i martiri. Fra questi gigli pascolava l'agnello mansuetissimo Gesù, mentre faceva nascere il giorno della grazia, e declinavano le ombre della legge antica.

548. Il bambino divino non si cibò di cosa alcuna, finché ricevette il nutrimento dal seno verginale della sua Madre santissima, perché si alimentò solo col latte. E questo era estremamente soave, dolce e sostanzioso, poiché generato in un corpo così puro, perfetto, e di raffinatissime caratteristiche somatiche e proporzioni, con qualità ben ordinate in parti uguali. Nessun altro corpo fu simile al suo e nessun'altra salute alla sua, e il sacro latte, benché conservato per molto tempo, fu preservato dalla corruzione per le sue stesse qualità naturali, e per speciale privilegio rimase sempre inalterato e incorrotto, mentre il latte delle altre donne, come insegna l'esperienza, subito insipidisce e si altera.

549. Il felicissimo sposo Giuseppe non solo godeva, come testimone oculare, dei favori e delle carezze che passavano tra il figlio e la madre santissimi, ma anche fu degno di riceverne immediatamente dallo stesso Gesù. Molte volte infatti la divina Madre glielo poneva tra le braccia, quando era necessario che ella facesse qualcosa per cui non poteva tenerlo con sé, come preparare il pranzo, accomodare le fasce del bambino e spazzare la casa. In tali occasioni lo teneva san Giuseppe, che sempre sentiva effetti divini nell'anima sua, mentre esteriormente, con l'espressione del volto, il bambino Gesù gli mostrava il suo compiacimento; poi si reclinava sul petto del santo e, pur nella sua serietà e maestà di Re, gli faceva alcune carezze in segno d'affetto, proprio come sogliono fare i bambini con i loro padri. Però con san Giuseppe ciò non avveniva così spesso né con tanta tenerezza, come con la vergine Madre, la quale, quando lo lasciava, teneva con sé la reliquia della circoncisione, che ordinariamente il glorioso san Giuseppe portava con sé, affinché gli servisse di conforto. I due santi sposi erano sempre nella ricchezza: ella col Figlio santissimo, ed egli con il suo sacro sangue e la sua carne divinizzata. Tenevano questa reliquia in una caraffina di cristallo, che san Giuseppe aveva acquistato col denaro inviato loro da santa Elisabetta. In essa la gran Signora rinchiuse il prepuzio ed il sangue che si sparse nella circoncisione, dopo aver ritagliato dal pannolino utilizzato per la circostanza, i pezzetti su cui era caduto. E per meglio assicurare tutto, poiché la caraffina era guarnita di argento nella bocca, la potente Regina la serrò col solo suo potere. A tale pressione, si unirono e si saldarono le labbra d'argento nella superficie, assai meglio che se le avesse aggiustate l'artefice che le fece. In questa forma, la prudente Madre conservò per tutto il tempo della sua vita queste reliquie, poi consegnò tale prezioso tesoro agli Apostoli, e lo lasciò loro come vincolato alla santa Chiesa. Nel mare immenso di questi misteri, mi trovo così sommersa ed impossibilitata per la mia ignoranza di donna e per l'inadeguatezza dei termini usati per spiegarli, che molti di essi li rimetto alla fede e alla pietà cristiana.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

550. Figlia mia, sei stata avvertita nel capitolo precedente di non ricercare per via soprannaturale cosa alcuna dal Signore, né per alleggerirti dal patire, né per naturale inclinazione, e molto meno per vana curiosità. Ora ti avverto, che nemmeno per uno di questi motivi devi abbandonarti ai tuoi affetti nel bramare ansiosamente o nell'eseguire cosa alcuna naturale od esteriore, perché in tutte le attività delle tue facoltà, e negli atti dei sensi, devi moderare e domare le tue inclinazioni, senza concedere loro ciò che domandano, quand'anche fossero in apparenza colorate di virtù o di pietà. Io non correvo pericolo di eccedere in questi affetti per la mia incolpabile innocenza, e neppure mancava di pietà il desiderio che io avevo di rimanere nella grotta, dove il mio Figlio santissimo era nato ed aveva ricevuto la circoncisione. Tuttavia non volli manifestare il mio desiderio, sebbene interrogata dal mio sposo, perché preferii l'ubbidienza a questa pietà, ed imparai che è più sicuro per le anime, e di maggior compiacimento del Signore, ricercare la sua volontà per via dei consigli e del parere altrui, che per mezzo della propria inclinazione. Ciò in me fu maggior merito e perfezione, ma in te, e nelle altre anime che corrono pericolo di errare col proprio giudizio, questa legge deve essere più rigorosa per prevenirlo e deviarlo con accorgimento e diligenza. Infatti, la creatura ignorante e di cuore limitato, si riposa facilmente con i suoi affetti e con le sue fanciullesche inclinazioni su piccole cose, e talvolta si occupa tutta tanto del poco, quanto del molto, e ciò che è niente le sembra qualche cosa. Tutto ciò la inabilita, e la priva di grandi beni spirituali, di grazia, luce e merito.

551. Questo insegnamento, con tutto quello che mi resta da darti, tu lo scriverai nel tuo cuore, e procura di formare in esso un libro di memorie di tutto quello che io ho fatto, perché nella misura in cui lo conosci, tu lo comprenda ed esegua. Rifletti alla riverenza, all'amore, alla sollecitudine ed al timore santo e circospetto, con cui io trattavo il mio Figlio santissimo. Anche se ho sempre vissuto con questa vigilanza, dopo averlo concepito nel mio grembo, non l'ho mai perso di vista, né mi sono intiepidita nell'amore che allora mi comunicava l'Altezza sua. Per questo ardore di compiacerlo di più, il mio cuore non riposava, fino a che unita ed assorta nella partecipazione di quel sommo Bene ed ultimo fine, mi quietavo a certi intervalli, trovando in lui il mio centro. Però subito ritornavo alla mia continua sollecitudine, come chi prosegue il suo viaggio senza trattenersi in ciò che non aiuta, ritardando così il suo desiderio. Tanto era lontano il mio cuore dall'attaccarsi a cosa alcuna di quelle della terra, e dal seguire qualsiasi inclinazione sensibile, che, in ordine a questo, io vivevo come se non fossi stata della comune natura terrena. Se poi le altre creature non si vedono libere dalle passioni, o non le superano nel grado a loro possibile, non si lamentino della natura, ma della loro stessa volontà, dal momento che, anzi, la natura debole si può lamentare di esse, perché potrebbero, col potere della ragione, reggerla ed indirizzarla, ma non lo fanno, lasciandole al contrario seguire i suoi disordini, e la aiutano in ciò con la libera volontà, e con l'intelletto le procurano un maggior numero di oggetti pericolosi e di occasioni nelle quali si perde. Per questi precipizi, che offre la vita umana, ti avverto, o mia carissima, di non bramare né cercare alcuna cosa sensibile, anche se all'apparenza molto giusta. Rispetto a tutto ciò che usi per necessità, come la cella, il vestito, il sostentamento ed il resto, usane per ubbidienza, e col beneplacito dei superiori, perché il Signore lo vuole ed io l'approvo, affinché ne usi a servizio dell'Onnipotente. Per tanti accorgimenti, quanti sono quelli che ti ho suggerito, deve passare tutto ciò che opererai.