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CAPITOLO 11

 

I santi angeli annunciano il natale del nostro Salvatore, e i pastori vengono ad adorarlo.

 

489. Dopo che le schiere celesti avevano celebrato nella grotta di Betlemme la natività del loro Dio fatto uomo, nostro redentore, alcune di esse furono subito inviate dal Signore in diverse parti, perché annunziassero la buona notizia a coloro che, secondo la divina volontà, erano pronti ad accoglierla. Il santo principe Michele si recò dai santi padri del limbo, e annunciò loro che era già nato l'Unigenito dell'eterno Padre fatto uomo, e che si trovava in una mangiatoia tra animali, umile e mansueto, come essi lo avevano profetizzato. Specialmente parlò ai santi Gioacchino ed Anna da parte della fortunata madre, perché ella stessa glielo aveva ordinato, e si congratulò con loro, perché la loro figlia teneva già nelle sue braccia l'atteso dalle genti, annunziato da tutti i Profeti e Patriarchi. Quello fu il giorno della maggior consolazione ed esultanza, che in un così lungo esilio avesse ricevuto tutto quel gran numero di giusti e santi. Riconoscendo tutti il nuovo uomo e Dio vero come l'autore della salvezza eterna, formarono nuovi cantici di lode in suo onore, lo adorarono e gli resero culto. San Gioacchino e sant'Anna, per mezzo del messo celeste san Michele, pregarono Maria santissima, loro figlia, di venerare a nome di entrambi il bambino Gesù, frutto benedetto del suo grembo verginale. La gran Regina del mondo, all'udire con estremo giubilo tutto ciò che il santo principe le riferì rispetto ai padri del limbo, esaudì subito questo desiderio.

490. Un altro angelo, di quelli che assistevano e custodivano la divina Madre, fu inviato a santa Elisabetta ed al suo figlio Giovanni. Quando fu loro annunziata la recente nascita del redentore, la prudente madre ed il suo tenero bambino si prostrarono a terra ed adorarono il loro Dio incarnato, in spirito e verità. Il bambino, consacrato suo precursore e rinnovato interiormente, fu ricolmo di Spirito Santo con un ardore maggiore di quello di Elia. Questi misteri suscitarono negli stessi angeli nuova meraviglia e lode. Anche san Giovanni e sua madre pregarono la nostra Regina, per mezzo degli angeli, di adorare in nome di entrambi il suo Figlio santissimo, al quale nuovamente si offrirono per servirlo, e ciò fu subito adempiuto dalla celeste regina.

491. Santa Elisabetta si affrettò a mandare uno dei suoi a Betlemme, inviando per suo tramite un regalo alla felice Madre del bambino Gesù, consistente in una certa somma di danaro, un telo ed altre cose per il neonato, la sua povera madre ed il suo sposo. Il messaggero parti col solo ordine di visitare sua cugina e Giuseppe, di osservare lo stato e la necessità in cui si trovavano, e di riportarle notizie certe e chiare di ogni cosa e della loro salute. Questo uomo non ebbe altra notizia del mistero all'infuori di quella che appariva all'esterno; tuttavia, meravigliato e toccato da una forza divina, tornò rinnovato interiormente, e con ammirabile giubilo raccontò a santa Elisabetta la povertà e l'affabilità della sua parente, del bambino e di Giuseppe, e ciò che aveva sperimentato nel vedere tutto ciò. Una così sincera relazione produsse meravigliosi effetti nel docile cuore della pia madre e, se non fosse intervenuta la divina volontà che ordinava di custodire il segreto di un così alto mistero, non avrebbe potuto trattenersi dal visitare la Madre vergine ed il bambino Gesù. Delle cose che ella loro inviò, la Regina si valse solo in parte per supplire in una certa misura alla povertà in cui si trovava, e distribuì il rimanente ai poveri, perché voleva che restassero con lei tutti i giorni in cui avrebbe dimorato nella grotta della natività.

492. Anche altri angeli si recarono a dare le medesime notizie a Zaccaria, a Simeone, alla profetessa Anna, e ad alcuni altri giusti e santi, ai quali si poteva confidare il nuovo mistero della nostra redenzione. Poiché il Signore li aveva trovati degnamente preparati per riceverlo con lode e frutto, pareva come dovuto alla loro virtù rivelare ad essi il beneficio che veniva concesso al genere umano. Sebbene non tutti i giusti della terra conoscessero allora questo mistero, ognuno di essi sentì alcuni effetti divini nell'ora in cui nacque il Salvatore del mondo, perché tutti quelli che avevano in sé la grazia avvertirono un intimo giubilo nuovo e soprannaturale, benché ne ignorassero la causa. Questi cambiamenti non avvennero solo negli angeli e nei giusti, ma anche in esseri inanimati, dal momento che tutti gli influssi dei pianeti furono rinnovati e potenziati. Il sole affrettò il suo corso, le stelle divennero più luminose e, in quella notte, per i Magi si formò la miracolosa stella che li indirizzò a Betlemme. Molti alberi fiorirono ed altri fruttificarono. Alcuni templi dedicati agli idoli crollarono, altri simulacri andarono in frantumi e da essi uscirono i demoni. Gli uomini attribuirono tutti questi miracoli, e molti altri che in quel giorno si verificarono nel mondo, a cause diverse, deviando dalla verità. Solamente tra i giusti vi furono molti che, per ispirazione divina, intuirono o credettero che Dio fosse venuto nel mondo, benché nessuno lo sapesse con certezza, salvo quelli ai quali egli stesso lo aveva rivelato. Fra essi vi erano i tre re Magi, ai quali vennero inviati altri angeli della custodia della Regina, che a ciascuno singolarmente, nel proprio luogo di provenienza in Oriente, rivelarono intellettualmente per via di locuzione interiore, che il Redentore del genere umano era nato in povertà ed umiltà. Con questa rivelazione vennero loro infusi nuovi desideri di cercarlo e di adorarlo, e subito videro la prodigiosa stella, che li guidò a Betlemme, come riferirò in seguito.

493. Fra tutti furono assai fortunati i pastori di quella regione, che vigilanti custodivano i loro greggi nell'ora stessa della natività, non solo perché vegliavano con quella onesta sollecitudine e ansia che provavano per Dio, ma anche perché erano poveri, umili e disprezzati dal mondo, giusti e sinceri di cuore. Costoro facevano parte del numero di quelli che nel popolo d'Israele attendevano e desideravano con fervore la venuta del Messia, e ne parlavano fra loro frequentemente. Tanto più assomigliavano all'Autore della vita, quanto più erano lontani dal lusso, dall'ostentazione mondana e dalla sua diabolica malizia. Con queste nobili qualità rappresentavano il compito che veniva a svolgere il buon Pastore, a riconoscere cioè le sue pecorelle, e ad essere da esse riconosciuto. Appunto perché si trovavano in così conveniente disposizione, meritarono di essere chiamati dal Signore, come primizie dei santi, ad essere i primi tra i mortali ai quali il Verbo eterno incarnato si manifestava e comunicava, ricevendo da loro la lode, il servizio e l'adorazione. A questo scopo fu inviato il santo arcangelo Gabriele che, mentre vegliavano, apparve loro in forma umana visibile, con grande splendore di candidissima luce.

494. I pastori improvvisamente si trovarono circondati e avvolti da un fulgore celeste, ed alla vista dell'angelo, non essendo abituati a tali rivelazioni, ebbero gran timore. Allora il santo principe li rincuorò e disse loro: «Uomini sinceri, non temete, perché io vi annunzio una grande gioia: oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, Cristo nostro Signore. Come segno a conferma di questa verità, troverete un bambino avvolto in fasce, e deposto in una mangiatoia». A queste parole del santo arcangelo apparve all'improvviso una grande schiera celeste, che con dolci voci armoniose inneggiava all'Altissimo, dicendo: «Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». Ripetendo questo divino cantico, così nuovo nel mondo, i santi angeli si dileguarono, e tutto ciò avvenne durante la quarta vigilia della notte, cioè nelle ore immediatamente prima dell'alba. In seguito a questa visione angelica, gli umili e fortunati pastori rimasero pieni di luce divina, profondamente animati ed accesi dal desiderio comune di aumentare la loro felicità, e di recarsi a riconoscere con i propri occhi il mistero altissimo, che quell'annuncio aveva loro rivelato.

495. I segni dati dal santo arcangelo non parevano loro adeguati, né proporzionati alla grandezza del neonato. Infatti, l'indicazione del bambino nella mangiatoia avvolto in umili e poveri panni non sarebbe stata sufficiente a far conoscere loro la maestà del Re, se non fosse stata rivelata per ispirazione divina, dalla quale furono illuminati e guidati. Tuttavia, essendo privi dell'arroganza e della sapienza mondana, furono prontamente istruiti nella scienza divina. Parlando tra loro di ciò che ciascuno pensava di quella ispirazione, decisero di portarsi in tutta fretta a Betlemme, per vedere la meraviglia che avevano udito da parte del Signore. Partirono senza indugio e, giunti alla grotta, trovarono, come dice san Luca, Maria, Giuseppe, e il bambino adagiato nel presepio. A tale vista, conobbero la verità di ciò che avevano udito del bambino. Questa esperienza e visione fu seguita da un'ulteriore illuminazione, che ricevettero alla vista del Verbo incarnato, perché quando i pastori posero gli occhi su di lui, anch'egli volse loro lo sguardo, emanando dal viso un grande splendore, i cui fulgidi raggi ferirono il cuore sincero di ciascuno di quegli uomini poveri e felici. Con potenza divina egli li rinnovò e trasformò interiormente, comunicando loro un essere nuovo di grazia e santità, elevazione spirituale e pienezza di conoscenza divina dei misteri altissimi dell'incarnazione e redenzione del genere umano.

496. Si prostrarono tutti a terra ed adorarono il Verbo incarnato; non come persone rozze e ignoranti, ma sagge e prudenti lo lodarono, confessarono ed esaltarono per vero Dio ed uomo, salvatore e redentore del genere umano. La Signora del cielo, madre del bambino Gesù, era attenta a tutto ciò che i pastori dicevano e facevano, sia esteriormente che interiormente, perché penetrava l'intimo dei loro cuori. Con altissima sapienza e prudenza meditava e custodiva tutte queste cose nel suo cuore, contemplandole alla luce dei misteri che in esso serbava, e con le sacre Scritture e profezie. Poiché ella era allora la voce dello Spirito Santo e la lingua del bambinello, parlò ai pastori, e li istruì, esortandoli alla perseveranza nell'amore divino e nel servizio dell'Altissimo. Essi ancora la interrogarono a modo loro, e risposero molte cose circa i misteri che avevano conosciuto. Rimasero nella grotta dallo spuntar dell'alba sino a dopo il mezzogiorno, tempo in cui la nostra gran Regina, dopo aver dato loro da mangiare, li congedò pieni di grazie e di consolazioni celesti.

497. Nei giorni seguenti, in cui Maria santissima, il bambino Gesù e san Giuseppe dimorarono nella grotta, questi santi pastori ritornarono alcune volte a visitarli, portando in regalo ciò che la loro povertà permetteva di donare. Ciò che l'evangelista san Luca riferisce, cioè che coloro che avevano udito i pastori parlare delle cose da loro vedute erano pieni di meraviglia, non avvenne se non dopo che la Regina del cielo, Gesù e Giuseppe se n'erano andati da Betlemme, perché così aveva disposto la sapienza divina, la quale fece sì che i pastori non potessero rivelare prima di allora l'accaduto. Non tutti quelli che li udirono però diedero loro credito, perché per alcuni erano solo gente grezza e incolta, ma essi furono santi e ripieni di conoscenza divina sino alla morte. Tra quelli che credettero loro vi fu Erode, benché non per fede o devozione, ma per timore vile e mondano di perdere il regno. Egli tolse la vita a tanti bambini, ed anche alcuni figli di questi uomini santi meritarono la stessa sorte gloriosa. I loro padri li offrirono con gioia al martirio che essi desideravano, soffrendo per il Signore che già conoscevano.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

498. Figlia mia, la comune dimenticanza e poca avvertenza che i mortali hanno in ordine alle opere del loro Salvatore è cosa riprovevole, perché tutti questi misteri sono pieni di amore, di misericordia e di insegnamento per loro. Tu sei stata chiamata ed eletta affinché, con la luce e la conoscenza che ricevi, non incorra in questa pericolosa stoltezza e ignoranza. Perciò voglio che, nei misteri da te ora descritti, consideri e mediti l'ardentissimo amore del mio Figlio santissimo nel comunicarsi agli uomini fin dalla sua stessa nascita, nel desiderio che subito partecipassero del frutto e della gioia della sua venuta. Gli uomini non riconoscono quest'obbligo, perché pochi sono quelli che comprendono gli impegni che comportano dei benefici così singolari, come anche fu piccolo il numero di quelli che videro il Verbo incarnato subito dopo la nascita, e lo ringraziarono per la sua venuta. Intanto ignorano la causa della loro sventura e cecità, che non fu né è da parte del Signore né del suo amore, ma da parte loro, per i peccati e la cattiva inclinazione naturale, perché se non lo avesse impedito la loro colpa originale, a tutti o a molti sarebbe stata concessa la stessa luce, che fu data ai giusti, ai pastori ed ai Magi. Poiché questi furono così pochi, comprenderai in quale infelice condizione si trovasse il mondo alla nascita del Verbo incarnato, e il misero stato in cui adesso si trovano gli uomini, i quali, pur avendo maggiore consapevolezza della propria condizione, si dimenticano di corrispondere e di rendere grazie come dovrebbero.

499. Medita ora il disinteresse dei mortali nel secolo presente, in cui, pur essendo la luce del Vangelo così manifestata e confermata dalle opere meravigliose che Dio ha operato nella sua Chiesa, sono così pochi i perfetti e quelli che vogliono disporsi per partecipare maggiormente degli effetti e del frutto della redenzione. Anche se si è tanto esteso il numero degli stolti e i vizi si sono dilatati a dismisura, alcuni pensano che siano molti i perfetti, perché non vedono tanta temerarietà contro Dio. Tuttavia, non sono tanti come si crede, anzi molto meno di quelli che dovrebbero essere in un tempo in cui Dio è tanto offeso dagli infedeli, e tanto desideroso di comunicare i tesori della sua grazia alla santa Chiesa per i meriti del suo Unigenito fatto uomo. Considera intanto, carissima, gli impegni cui ti richiama la conferma tanto chiara che ricevi di queste verità. Sii attenta, sollecita e vigilante per corrispondere a chi ti obbliga a tanto, senza che tu perda tempo od occasione nell'operare ciò che conosci come più santo e perfetto, perché, se t'impegnerai di meno, non soddisferai il tuo obbligo. Vedi come ti ammonisco, istruisco e comando di non accogliere invano un favore tanto singolare; non tenere dunque oziosa la grazia e la luce che ricevi, ma opera con pienezza di perfezione e gratitudine.