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CAPITOLO 21

 

Santa Elisabetta prega la Regina del cielo di assisterla nel suo parto e riceve luce sulla nascita di Giovanni.

 

261. Erano trascorsi ormai più di due mesi da quando la Principessa del cielo era giunta a casa di santa Elisabetta e questa prevedeva già il dolore che avrebbe sentito per la partenza e l'assenza della grande signora del mondo. Temeva con ragione di perdere il possesso di tanta fortuna e conosceva che questo non poteva dipendere da. meriti umani. Essendo umile e santa, ponderava nel cuore le proprie colpe, paventando che forse per esse si sarebbe allontanata da lei quella bella luna con il Sole di giustizia che racchiudeva nel suo talamo verginale. Piangeva e sospirava a volte in disparte, perché non trovava mezzi per trattenere il sole che le aveva causato così chiaro giorno di grazia e di luce. Supplicava con molte lacrime il Signore che mettesse in cuore alla sua cugina e signora Maria santissima di non lasciarla sola o almeno di non privarla così presto della sua amabile compagnia. La serviva con grande venerazione, assistenza e cura. Meditava che cosa avrebbe potuto fare per vincolarla a sé e non meraviglia che una così grande santa e così avveduta e prudente donna s'impegnasse tanto per conseguire ciò che gli stessi angeli avrebbero potuto desiderare con ardore. Infatti, oltre alla luce divina che con grande pienezza aveva ricevuto dallo Spirito Santo per conoscere la suprema santità e dignità della vergine Madre, questa da se stessa, con la sua dolcissima e divina conversazione e con gli effetti che santa Elisabetta sentiva per la familiarità con lei, le aveva rubato il cuore in modo tale che senza uno speciale favore non avrebbe potuto vivere allontanandosi da lei.

262. Per consolarsi in questa afflizione, santa Elisabetta determinò di palesarla all'umilissima Signora, che non la ignorava. Con grande umiltà le disse: «Cugina e signora mia, per il rispetto e per l'attenzione con cui devo servirvi, non ho ardito farvi conoscere finora il mio desiderio ed una pena che tiene oppresso il mio cuore. Se mi darete licenza di cercare sollievo manifestandovi i miei pensieri, ve li esporrò, perché vivo solamente con la speranza di quello che desidero. Il Signore per la sua divina benignità mi ha fatto lo straordinario dono di portarvi qui, dove io ho la fortuna, che non ho potuto meritare, di conversare con voi e di conoscere i misteri che la divina provvidenza tiene racchiusi in voi, Signora mia. Io, indegna, lo loderò eternamente per questo beneficio. Voi siete il tempio vivo della gloria dell'Altissimo, l'arca dell'alleanza contenente la manna, con la quale vivono i medesimi angeli; voi siete le tavole della legge vera, scritta con il medesimo essere di Dio. Considero la mia bassezza e quanto ricca mi ha resa sua Maestà in un istante, facendomi trovare senza mio merito con il tesoro dei cieli nella mia casa e con colei che egli ha scelto come madre sua tra le donne. Temo ormai con ragione che voi ed il frutto del vostro grembo, disgustati per i miei peccati, abbandonerete questa povera schiava, lasciandola priva di un così grande bene. Sarebbe possibile per il Signore, se ciò fosse anche volontà vostra, che io ottenessi la felicità di servirvi e di non allontanarmi da voi nel resto della mia vita. Se vi è qualche difficoltà che io venga insieme con voi alla vostra casa, sarà più facile che restiate voi nella mia e che richiamiamo il vostro santo sposo Giuseppe, affinché entrambi viviate qui come padroni e signori, che io servirò con l'affetto che muove il mio desiderio. Sebbene non meriti ciò che chiedo, vi supplico di non disprezzare la mia umile domanda, poiché l'Altissimo ha superato con i suoi favori i miei meriti e desideri».

263. Maria santissima ascoltò con dolcissimo compiacimento la proposta e la preghiera di sua cugina santa Elisabetta e le rispose: «Carissima amica mia, i vostri sentimenti santi e pii saranno accetti all'Altissimo ed i vostri desideri graditi ai suoi occhi. Io ve ne sono profondamente grata, ma in tutti i nostri pensieri e propositi è doveroso che ricorriamo alla volontà divina e che ad essa subordiniamo con perfetto abbandono la nostra. Sebbene siano tenuti a questo tutti i mortali, sapete bene, amica mia, che io gli devo più di ogni altro, perché la potenza del suo braccio mi ha sollevata dalla polvere e con pietà immensa ha guardato la mia piccolezza. Tutte le mie parole ed i miei movimenti devono essere guidati dalla volontà del mio Signore e figlio; io non devo volere o non volere altro che ciò che egli dispone. Presenteremo a sua Maestà i vostri desideri ed eseguiremo ciò che egli comanderà come a lui più gradito. Devo anche ubbidire al mio sposo Giuseppe e senza suo ordine non posso, carissima, scegliere le mie occupazioni né il luogo e la casa dove vivere. È ragionevole che stiamo soggette a coloro che sono nostri capi e supenori».

264. Santa Elisabetta sottomise i suoi sentimenti ed i suoi desideri a queste ragioni tanto convincenti della Principessa del cielo e con umile rassegnazione disse: «Signora mia, voglio ubbidire alla vostra volontà e venero il vostro insegnamento. Solo, vi presento di nuovo l'intimo amore del mio cuore dedicato al vostro servizio. Se non posso ottenere quanto vi ho proposto circa i miei desideri né ciò è conforme alla volontà divina, vorrei almeno, se sara possibile, Regina mia, che non mi abbandoniate prima che venga alla luce mio figlio. Come dal mio grembo egli ha conosciuto ed adorato il suo Redentore che portate nel vostro, così possa godere della sua divina presenza e luce prima che di ogni altra creatura e riceva la vostra benedizione, che dia principio ai passi della sua vita alla vista di colui che glieli deve indirizzare rettamente. E voi, che siete la Madre della grazia, lo presenterete al suo Creatore e gli otterrete dalla sua bontà immensa la perseveranza in quella grazia che egli ricevette per mezzo della vostra dolcissima voce, quando io senza meritarlo la sentii. Permettete dunque, rifugio mio, che io veda mio figlio tra le vostre braccia, dove dovrà riposare lo stesso Dio, che creò e formò il cielo e la terra e per ordine del quale essi sussistono. Non si restringa né si abbrevi per le mie colpe la grandezza della vostra materna pietà, non negate a me questa consolazione ed a mio figlio così grande fortuna, che come madre gli procuro e desidero per lui senza meritarla».

265. Maria santissima non volle negare quest'ultima richiesta alla sua santa cugina, per cui si offrì di chiedere al Signore l'adempimento di tale desiderio ed incaricò lei di fare lo stesso per conoscere la sua santissima volontà. Con quest'accordo le due madri dei due migliori figli che sono nati nel mondo si ritirarono nell'oratorio della santissima Principessa e, postesi in preghiera, presentarono all'Altissimo le loro domande. Maria santissima ebbe un'estasi in cui conobbe con nuova luce divina il mistero, la vita ed i meriti del precursore san Giovanni e ciò che egli doveva operare, preparando con la sua predicazione le vie dei cuori a ricevere il loro Redentore e maestro. Di questi grandi misteri manifestò a santa Elisabetta solo la parte che conveniva fosse intesa da lei. Conobbe anche la grande santità di sua cugina e che la sua morte sarebbe avvenuta presto, e prima quella di Zaccaria. Per l'amore che la nostra compassionevole Madre portava alla sua parente, pregò il Signore di assisterla nell'ora della morte. Presentò anche i suoi desideri in ordine a ciò che le aveva domandato circa il parto di suo figlio. Quanto al rimanere a casa di Zaccaria, la prudentissima Vergine non chiese niente, perché con la sua conoscenza divina comprese subito che non era opportuno né volontà dell'Altissimo che vivesse sempre in casa di sua cugina come questa desiderava.

266. Alle richieste della Regina, sua Maestà rispose: «Sposa e colomba mia, la mia volontà è che tu assista e consoli la mia serva Elisabetta al momento del suo parto, che è già assai vicino, perché vi mancano solamente otto giorni. Dopo la circoncisione del figlio che partorirà, ritornerai a casa tua con Giuseppe tuo sposo. Mi presenterai il mio servo Giovanni dopo la sua nascita, perché sarà sacrificio a me gradito. Persevera, amica mia, nel chiedermi la salvezza eterna per le anime». Nello stesso tempo santa Elisabetta con le sue domande accompagnava quelle della Regina del cielo e della terra e supplicava il Signore di ordinare alla sua santissima madre e sposa che non l'abbandonasse nel suo parto. Le fu rivelato che questo era già vicino e ricevette anche altre illuminazioni che le furono di grande sollievo e consolazione nelle sue afflizioni.

267. Maria santissima uscì dall'estasi e, terminata l'orazione, le due madri parlarono di come, secondo l'avviso del Signore ricevuto da entrambe, già si avvicinava il parto di santa Elisabetta. Questa, con il desiderio ardente della sua buona sorte, domandò subito alla nostra Regina: «Signora mia, ditemi, vi supplico, se meriterò il bene che vi ho chiesto, di avervi con me al momento del mio parto già tanto prossimo». Rispose sua Maestà: «Amica e cugina mia, l'Altissimo ha udito ed accolto le nostre richieste e si è degnato di comandaimi che io soddisfi il vostro desiderio e vi serva in questa occasione, come farò, attendendo non solo il vostro parto, ma anche che il vostro bambino sia circonciso secondo la legge. Tutto ciò avverrà entro quindici giorni». Con questa determinazione di Maria santissima si rinnovò il giubilo della sua santa cugina Elisabetta, la quale, riconoscendo così grande beneficio, ne rese umili grazie al Signore ed anche alla Regina santissima. Essendosi, poi, confortata e rianimata con i suoi avvisi ed avvertimenti, si occupò della preparazione al parto ed alla partenza della sua sovrana cugina.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

268. Figlia mia, quando il desiderio della creatura nasce da affetto pio e devoto, indirizzato con retta intenzione a fini santi, non dispiace all'Altissimo che gli sia proposto, purché ciò sia fatto con sottomissione al suo maggiore compiacimento e con abbandono per eseguire ciò che su tutto la sua divina provvidenza disporrà. Quando le anime si pongono alla presenza del Signore con questa disposizione d'animo, allora egli le guarda come padre compassionevole e concede sempre ciò che è giusto, mentre nega e rimuove ciò che non lo è o non serve al loro vero bene. Da zelo pio e buono nacque il desiderio che mia cugina Elisabetta aveva di stare in mia compagnia per tutto il tempo della sua vita e di non allontanarsi da me; però questo non era opportuno, secondo la determinazione dell'Altissimo circa tutte le mie opere, il mio pellegrinare e gli avvenimenti che mi aspettavano. Anche se le fu negato l'esaudimento di questa richiesta, ella nel presentarla non dispiacque al Signore, che le concesse ciò che non impediva i decreti della sua santa volontà e sapienza infinita e che risultava conveniente a lei ed a suo figlio Giovanni. Per l'amore che a me portarono il figlio e la madre e per la mia intercessione, l'Onnipotente li arricchì di beni e favori grandi. Sempre è mezzo efficacissimo presso sua Maestà pregarlo con buona volontà e con retta intenzione per mezzo della mia intercessione e della devozione verso di me.

269. Voglio che tu offra tutte le tue suppliche in nome del mio Figlio santissimo ed in nome mio; confida senza timore che saranno accolte, se le indirizzerai con rettissima intenzione, cercando il compiacimento di Dio. Guardami con amore come madre, difesa e rifugio tuo; datti tutta alla devozione e all'amore verso di me. Sappi, carissima, che il desiderio del tuo maggiore bene mi spinge ad insegnarti il mezzo più potente ed efficace per il quale con la divina grazia tu potrai giungere a conseguire grandi tesori e benefici dalla liberalissima mano del Signore. Non renderti incapace di riceverli e non ritardarli con la tua timida tiepidezza. Se desideri conquistare il mio cuore, cosicché io ti ami come figlia mia diletta, sforzati nell'imitare ciò che di me ti paleso ed insegno; impiega in questo le tue forze ed energie, stimando bene speso quanto tu faticherai per conseguire l'effetto del mio insegnamento.