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CAPITOLO 18

 

Lo stile di vita di Maria santissima nella casa di sua cugina.

 

231. Già santificato il precursore Giovanni e rinnovata sua madre santa Elisabetta con maggiori doni e benefici, scopo principale della visitazione, la grande regina Maria santissima determinò di ordinare le occupazioni cui doveva attendere a casa di Zaccaria, perché non in tutto potevano essere uguali a quelle di casa sua. Per questo, per orientare il suo desiderio con la direzione dello spirito divino, si raccolse e prostrò alla presenza dell'Altissimo e gli domandò, come soleva, di guidarla e di farle conoscere quello che doveva fare nel tempo in cui avrebbe abitato nella casa dei suoi servi Elisabetta e Zaccaria, perché tutto gli fosse accetto e si adempisse interamente il maggiore beneplacito della sua altissima maestà. Il Signore ascoltò la sua domanda e le rispose: «Sposa e colomba mia, io guiderò tutte le tue azioni, dirigerò i tuoi passi al mio maggiore servizio e compiacimento e ti indicherò il giorno in cui voglio che tu ritorni alla tua casa. Finché dimorerai presso la mia serva Elisabetta, fa' in modo di intrattenerti con lei; nel resto del tempo continua i tuoi esercizi e le tue preghiere, specialmente per la salvezza degli uomini e perché io non usi contro di loro la mia giustizia per le incessanti offese che moltiplicano contro la mia bontà. In questa preghiera mi offrirai per loro l'Agnello senza macchia' che porti in grembo, che toglie il peccato del mondo. Queste saranno per adesso le tue occupazioni».

232. Con questo insegnamento e nuovo precetto dell'Altissimo, la Principessa dei cieli ordinò tutte le sue attività a casa di sua cugina Elisabetta. Si alzava a mezzanotte, continuando sempre questo esercizio; in esso attendeva all'incessante contemplazione dei misteri divini, dando alla veglia ed al sonno ciò che corrispondeva perfettamente e nella giusta misura alle esigenze del corpo. In ciascuno di questi tempi riceveva nuovi favori, regali, illuminazioni ed elevazioni dall'Altissimo. Ebbe in quei tre mesi molte visioni di Dio in modo astrattivo, che era il più frequente; più ancora lo era la visione dell'umanità santissima del Verbo con l'unione ipostatica, perché il suo talamo verginale, dove lo portava, era il suo perpetuo altare ed oratorio. Lo guardava, vedendolo crescere ogni giorno; a tale vista ed a quella dei misteri che quotidianamente le venivano manifestati nel campo interminabile della Divinità e del potere divino, cresceva anche lo spirito di questa grande Signora, che molte volte per l'incendio del suo amore e dei suoi ardenti affetti sarebbe giunta a languirne sino a morire, se non fosse stata confortata dalla virtù del Signore. Attendeva, tra queste occupazi6ni nascoste, anche a tutte quelle necessarie per servire e consolare sua cugina santa Elisabetta, senza però spendervi un momento più di quello che la carità richiedeva. Subito, poi, tornava al suo ritiro ed alla solitudine, dove con maggiore libertà espandeva il suo spirito alla presenza del Signore.

233. Non rimaneva per questo oziosa all'esterno, perché nel medesimo tempo lavorava a lungo in alcune opere manuali. Fu in tutto fortunato il precursore Giovanni, perché questa grande Regina con le proprie mani gli fece e lavorò le fasce ed i pannicelli in cui fu avvolto. Gli ottennero questa felice sorte la devozione e l'attenzione di sua madre santa Elisabetta, la quale, con l'umiltà di serva che le dimostrava, supplicò di ciò l'umilissima Signora. Maria santissima lo fece con incredibile amore, per esercitarsi nell'ubbidienza verso colei che desiderava servire come l'ultima delle sue serve, perché sempre nell'umiltà e nell'ubbidienza superava tutti. Anche se santa Elisabetta cercava di affrettarsi in molte cose per servirla, ella, con la sua rara prudenza e la sua sapienza incomparabile, la preveniva in tutto, per guadagnare sempre il trionfo della virtù.

234. Le due cugine gareggiavano in questo con sommo compiacimento dell'Altissimo e con ammirazione da parte degli angeli. Santa Elisabetta era molto sollecita e premurosa nel servire la nostra Signora e grande regina e procurava che così facessero tutti quelli della sua famiglia; ma colei che era maestra delle virtù, Maria santissima, più attenta e diligente, preveniva ed ostacolava le sollecitudini della cugina. Le diceva: «Amica e cugina mia, io trovo la mia consolazione nel ricevere comandi e nell'ubbidire in tutta la mia vita; non è bene che il vostro amore mi privi del piacere che provo in questo, tanto più che, essendo io la più giovane, la ragione stessa vuole che io serva non solo voi come madre mia, ma tutti quelli della vostra casa. Trattatemi, dunque, come serva, finché starò in vostra compagnia». Santa Elisabetta rispose: «Signora e diletta mia, tocca piuttosto a me l'ubbidirvi ed a voi il comandarmi e dirigermi in tutto. Io chiedo questo con più giustizia, perché se voi, Signora, volete esercitare l'umiltà, io devo culto e ossequio al mio Dio e Signore che portate nel vostro grembo verginale e conosco bene la vostra dignità meritevole di ogni onore e riverenza». Replicava la prudentissima Vergine: «Il mio figlio e Signore non mi scelse come madre perché in questa vita mi venerassero come signora, perché il suo regno non è di questo mondo, né viene per essere servito, ma per servire, patire ed insegnare ai mortali ad ubbidire e ad umiliarsi, condannando la superbia ed il fasto. Ora, se sua Maestà altissima m'insegna questo e si definisce infamia degli uomini, come io, che sono sua schiava e non merito la compagnia delle creature, consentirò che mi servano esse, che sono formate a sua immagine e somiglianza?»

235. Santa Elisabetta, tuttavia, insisteva: «Signora e rifugio mio, questo sarà per chi ignora il mistero che si racchiude in voi; ma io, che senza meritarlo ho ricevuto dal Signore questa conoscenza, sarei molto riprensibile alla sua presenza se non gli dessi in voi quella venerazione che gli devo come Dio e se non dessi a voi quello che vi devo come sua madre, perché è giusto che io serva entrambi come la schiava i suoi padroni». Rispose a questo Maria santissima: «Diletta e sorella mia, la riverenza che desiderate usare è dovuta al Signore che porto nel mio grembo, che è vero e sommo bene e salvatore nostro; ma quanto a me, che sono semplice creatura e fra le creature un povero vermiciattolo, reputatemi per quello che io sono da me stessa, benché adoriate il Creatore che mi ha eletta come povera per sua abitazione. Così con la medesima luce della verità darete a Dio quello che gli si deve ed a me ciò che mi spetta, cioè servire ed essere inferiore a tutti; vi domando questo per mia consolazione e per il medesimo Signore che porto nel mio grembo».

236. In queste felicissime gare, Maria santissima e la sua parente santa Elisabetta trascorrevano parte del loro tempo. La sapienza celeste della nostra Regina, però, la rendeva tanto accorta ed ingegnosa in materia di umiltà e di ubbidienza che sempre risultava vittoriosa, trovando modi e vie per ubbidire ed essere comandata. Così fece con santa Elisabetta per tutto il tempo in cui dimorarono insieme, ma in maniera tale che entrambe rispettivamente trattavano con magnificenza il mistero del Signore che stava nascosto nei loro cuori, depositato in Maria santissima come madre e signora delle virtù e della grazia, ed in sua cugina come in donna prudentissima e piena della luce divina dello Spirito Santo. Con tale luce santa Elisabetta dispose come doveva comportarsi con la Madre di Dio, compiacendola ed ubbidendole in ciò che poteva ed insieme venerando la sua dignità, ed in lei il suo Creatore. Propose nel suo cuore che, se avesse dovuto comandare qualcosa alla Madre di Dio, lo avrebbe fatto per ubbidirla e per soddisfare alla sua volontà; quando lo faceva, chiedeva licenza e perdono al Signore ed inoltre non le ordinava con imperio, ma pregandola. Solamente in ciò che stimava essere di sollievo alla celeste Regina, come nell'ordinarle che mangiasse e dormisse, lo faceva con maggiore forza. Ancora le chiese di eseguire per lei alcuni lavori manuali e Maria li fece; mai, però, la santa li usò, custodendoli con venerazione.

237. In questo modo, Maria santissima già praticava ciò che il Verbo incarnato veniva ad insegnare, umiliandosi, egli che era irradiazione della gloria del Padre eterno, impronta della sua sostanza e Dio vero da Dio vero, per prendere la forma e la condizione di servo. Questa Signora era madre di Dio, regina dell'intero creato, superiore in eccellenza e dignità a tutte le creature; tuttavia, fu sempre serva umile della più piccola di esse, mai accettò ossequio né servizio alcuno come se le fosse dovuto, mai si vantò né cessò di avere di sé un bassissimo concetto. Che dirà qui la nostra esecrabile presunzione e superbia? Quasi tutti noi, infatti, pur essendo pieni di abominevoli eccessi, siamo tanto insensati che con orribile follia giudichiamo che ci sia dovuta la venerazione di tutto il mondo. E se per caso ci è negata, perdiamo in un momento quel poco giudizio che le nostre passioni ci hanno lasciato. Tutta questa divina Storia è un ritratto dell'umiltà ed una sentenza contro la nostra superbia. Poiché, però, a me non spetta l'insegnare né il correggere, ma piuttosto l'essere istruita e guidata, prego e supplico tutti i fedeli, figli della luce: poniamo questo esempio dinanzi ai nostri occhi, per apprendere alla sua vista ad umiliarci!

238. Non sarebbe stato difficile al Signore allontanare la sua Madre santissima da tanti estremi di umiltà e da molte azioni con cui la esercitava; avrebbe, inoltre, potuto renderla giande presso le creature, disponendo che fosse acclamata, onorata e rispettata da tutte, con le dimostrazioni che sa fare il mondo verso quelli che vuole onorare e celebrare, come fece Assuero con Mardocheo. Se avesse dovuto regolare ciò il giudizio umano, avrebbe senza dubbio disposto che una donna, più santa di tutti gli ordini del cielo e che portava nel suo grembo il Creatore dei medesimi angeli e dei cieli, fosse sempre custodita, vivesse appartata e venisse venerata da tutti. Sarebbe parso loro indegno che ella si dedicasse ad attività umili e servili, piuttosto che comandare tutto e accettare ogni riverenza ed autorità. Sin qui arriva l'umana sapienza, se si può chiamare così quella che tanto poco conosce. Questo inganno, però, non può aver luogo nella conoscenza vera dei santi, partecipata dalla sapienza infinita del Creatore, che dà il nome ed il valore giusto agli onori e non scambia le sorti delle creature. Molto avrebbe tolto e poco avrebbe dato l'Altissimo alla sua diletta Madre in questa vita, se l'avesse privata delle opere di profondissima umiltà allontanandola da esse e l'avesse innalzata con il plauso esteriore degli uomini. E molto sarebbe mancato al mondo se non avesse avuto questo insegnamento, questa scuola in cui apprendere e questo esempio con cui umiliare e confondere la propria superbia.

239. Santa Elisabetta fu molto favorita dal Signore dal giorno in cui lo ebbe per ospite in casa sua nel grembo della sua Madre vergine. Come per i continui dialoghi ed il tratto familiare di questa divina Principessa andava conoscendo i misteri dell'incarnazione, così ancora andava crescendo in ogni genere di santità che beveva alla sua fonte. Talora meritava di vedere Maria santissima in orazione assorta e sollevata da terra e tutta così piena di divini splendori e di bellezza che non poteva guardarla in faccia, né avrebbe potuto resistere alla sua presenza se non le avesse dato forza la virtù divina. In queste occasioni ed in altre, quando poteva guardarla senza che Maria santissima se ne accorgesse, si prostrava e, genuflessa alla sua presenza, adorava il Verbo incarnato nel tempio del grembo verginale della beatissima madre. Custodì nel suo cuore tutti i misteri che conobbe per mezzo della luce divina e della conversazione con la grande Regina, come depositaria fedelissima e custode assai prudente di ciò che le era stato confidato. Solamente con suo figlio Giovanni e con Zaccaria, per quel tempo che visse dopo la nascita del figlio, santa Elisabetta poté parlare un po' di tali misteri, dei quali tutti loro erano già a conoscenza; in tutto fu donna forte, saggia e molto santa.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

240. Figlia mia, i benefici dell'Altissimo e la conoscenza dei suoi divini misteri inclinano le anime attente ad esercitare e stimare l'umiltà, che con forza soave ed efficace le conduce verso il loro luogo legittimo e naturale, come la leggerezza muove il fuoco e la gravità la pietra. Questo fa la vera luce, che colloca e stabilisce la creatura nella cognizione chiara di se stessa e riconduce le opere della grazia alla loro origine, da cui procede ogni dono perfetto, stabilendo così ciascuno nel suo centro. Questo è l'ordine rettissimo della buona ragione, che viene turbato e come violentato dalla presunzione dei mortali. Perciò la superbia, ed il cuore in cui essa vive, non sa desiderare il disprezzo né accettarlo, non sopporta superiori, anche degli uguali si offende e fa violenza a tutto per essere sola e sopra tutti. Il cuore umile, invece, ricevendo benefici maggiori, si annienta ancor più. Questi gli fanno nascere un'avidità ed un'ansia grande, sebbene tranquilla, di abbassarsi e cercare l'ultimo posto, cosicché soffre quando non lo occupa inferiore a tutti e quando gli manca l'umiliazione.

241. In me conoscerai, carissima, la vera pratica di questo insegnamento, poiché nessuno dei favori che la divina destra operò in me fu piccolo, eppure mai il mio cuore si innalzò sopra se stesso con presunzione, ne seppe bramare altro più che l'abbassamento e l'ultimo posto fra tutte le creature. Con speciale desiderio voglio da te questa imitazione e voglio che la tua sollecitudine consista nell'essere la minore fra tutte, nell'essere comandata, umiliata e reputata inutile; alla presenza del Signore e degli uomini, poi, ti devi stimare meno che la medesima polvere della terra. Non puoi negare che nessun'altra fu più beneficata di te e che nessuna l'ha meritato meno. Come pagherai questo grande debito se non ti umilii con tutti e più di tutti i figli di Adamo e se non ti formi concetti sublimi e sentimenti pieni di amore per l'umiltà? Buona cosa è ubbidire ai tuoi superiori e maestri e così devi fare sempre. Io, però, voglio che tu avanzi di più e che ubbidisca anche al più piccolo in tutto ciò che non sarà colpa, come ubbidiresti al maggiore dei superiore; in questo è mia volontà che tu sia molto diligente, come lo ero io.

242. Solamente con le tue suddite farai attenzione nel dispensarti da questa sottomissione con più cura, affinché non avvenga che esse, conoscendo il tuo desiderio di ubbidire, vogliano a volte che tu lo faccia in quello che non conviene. Anche senza che perdano la dovuta sottomissione puoi guadagnare molto dando loro esempio assoggettandoti sempre nel giusto, senza derogare all'autorità di superiora. Accetta con grande stima tutti i dispiaceri e le ingiurie, se toccano la tua persona solamente, senza dire niente per difenderti o lamentarti; rimprovera, però, le offese contro Dio, senza mischiare la tua causa con quella di sua Maestà, perché mai devi trovare motivo per difendere te stessa, ma per l'onore di Dio lo devi trovare sempre. In nessuno dei due casi, però, devi muoverti con ira o sdegno disordinato. Ancora, voglio che tu abbia 'grande prudenza nel dissimulare e nascondere i favori del Signore, perché il segreto del re non si deve manifestare con leggerezza e l'uomo naturale non è capace né degno dei misteri dello Spirito Santo. Imitami e seguimi in tutto, dal momento che desideri essere mia figlia carissima; ubbidendomi otterrai ciò e spingerai l'Onnipotente a fortificarti e ad indirizzare i tuoi passi verso ciò che egli vuole operare in te. Non gli resistere, ma disponi il tuo cuore in modo che sia docile e pronto ad ubbidire alla sua luce e grazia. Non permettere che questa stia oziosa in te, ma opera con diligenza, cosicché le tue azioni procedano piene di perfezione.