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CAPITOLO 18

 

Si continua a parlare di altre tribolazioni della nostra Regina e pecialmente di alcune che il Signore permise per mezzo delle creature e del serpente antico.

 

686. L'Altissimo continuava a rimanere nascosto agli occhi della Principessa del cielo. A tale tormento, che era il maggiore, ne aggiunse anche altri, perché, infiammandosi sempre più il castissimo amore della divina Signora, le si accrescesse il merito, la grazia e la corona. Intanto il grande drago e serpente antico Lucifero stava attento alle opere eroiche di Maria santissima e, sebbene di quelle interne non potesse essere testimone oculare, perché gli rimanevano nascoste, tuttavia guardava a quelle esteriori troppo sublimi e perfette per non tormentare la superbia e lo sdegno di questo invidioso nemico. Soprattutto lo crucciavano inconcepibilmente la purezza e la santità della bambina Maria.

687. Mosso dunque da questo furore, radunò un conciliabolo nell'inferno per consultare su questo affare i più ragguardevoli principi delle tenebre e, riunitili, propose loro questo ragionamento: «Il gran trionfo che oggi abbiamo nel mondo con la possessione di tante anime che abbiamo soggiogato alla nostra volontà, temo e sospetto che si debba vedere disfatto e annientato per mezzo di una donna e non possiamo ignorare questo pericolo, avendolo saputo al momento della nostra creazione ed essendoci stata in seguito notificata la sentenza che la donna ci avrebbe schiacciato il capo. Per questo ci conviene stare all'erta e non essere affatto trascurati. Avete già notizia di una bambina che è nata da Anna, va crescendo in età e ad un tempo si va segnalando nelle virtù. Io ho posto tutta la mia attenzione alle sue azioni ed opere e non ho riconosciuto, nel tempo in cui comunemente gli altri cominciano a ragionare e a sentire le passioni naturali, che in lei si scoprano gli effetti del nostro seme e della nostra malizia, come si scorge negli altri figli di Adamo. La vedo sempre composta e perfettissima, senza poterla piegare né indurre ai trastulli peccaminosi ed umani o naturali agli altri bambini. Da questi indizi sospetto che questa sia l'eletta ad essere la Madre di colui che deve farsi uomo».

688. «Però non posso persuadermi del tutto di ciò, perché ella è nata come gli altri, soggetta alle leggi comuni della creatura e i suoi genitori hanno fatto l'offerta e hanno pregato affinché a loro e a lei fosse condonata la colpa, quando è stata portata al tempio come tutte le altre bambine. Ciononostante, benché non sia l'eletta contro di noi, nella sua infanzia si scorgono grandi principi che promettono per l'avvenire celebre virtù e santità. Né io posso tollerare il suo modo di procedere con tanta prudenza e discrezione. La sua sapienza mi fa ribollire, la sua modestia mi irrita, la sua pazienza mi fa sdegnare, la sua umiltà mi opprime e mi annienta e in tutto ella mi provoca ad un intollerabile furore, cosicché io l'aborrisco più di tutti gli altri figli di Adamo. Ha un non so che di virtù speciale, per cui alcune volte, volendo avvicinarmi a lei, non posso, e se le insinuo delle suggestioni, non le riceve. Insomma, tutta la mia solerzia con lei sinora si è vanificata, rimanendo senza effetto alcuno. Qui importa a tutti trovare un rimedio ed impiegare la massima cura affinché il nostro principato non vada in rovina. Io desidero più la distruzione di quest'anima sola che non quella di tutto il mondo. Or dunque ditemi voi: quali mezzi, quali provvedimenti prenderemo noi per superarla e per farla finita una volta per tutte con costei? Io da parte mia offro i premi della mia liberalità a chi sappia farlo».

689. Si esaminò il caso in quel confuso conciliabolo, organizzato soltanto a nostro danno, e, tra i molti pareri, uno di quegli orribili consiglieri disse: «Principe e signore nostro, non ti crucciare per una cosa così da poco, perché una debole donnicciola non sarà tanto potente e invincibile quanto lo siamo noi tutti che ti seguiamo. Tu ingannasti Eva, precipitandola dal felice stato in cui si trovava, e per mezzo di lei vincesti il suo capo Adamo. Dunque, come non supererai questa sua discendente nata dopo la sua prima caduta? Ripromettiti fin d'ora la vittoria e per ottenerla si determini, benché resista molte volte, di perseverare nel tentarla; se sarà necessario che deroghiamo perciò in qualche cosa alla nostra grandezza e presunzione, non vi si badi, purché la inganniamo; e se ciò non bastera, faremo in modo di toglierle l'onore o anche di troncarle la vita».

690. Altri demoni rivolsero ancora a Lucifero le seguenti parole: «Abbiamo esperienza, o principe potente, che per rovinare molte anime è mezzo efficace il valerci di altre creature. Questo è un ottimo espediente per operare tutto ciò che con le nostre sole forze non possiamo. Per questa via disporremo e provocheremo la rovina di questa donna, osservando perciò il tempo e le circostanze più opportune che ci presenterà ella medesima col suo procedere. Ma soprattutto importa che applichiamo la nostra sagacia ed astuzia a far sì che cominci a perdere una volta la grazia con qualche peccato. Così, appena le mancherà questo appoggio e questo scudo dei giusti, la perseguiteremo e tra tutti la cattureremo come colei che, trovandosi sola senza Dio in se stessa, non ha chi possa liberarla dalle nostre mani. Quindi ci daremo da fare per farla disperare del rimedio».

691. Lucifero gradì questi consigli e incoraggiamenti che gli diedero i suoi seguaci, cooperatori nella malvagità. Ed egli a sua volta inculcò e comandò loro che i più astuti nella malizia accompagnassero lui che si costituiva di nuovo condottiero di così ardua impresa, non volendo affidarla ad altre mani che alle proprie. Così, quantunque assistessero altri demoni, Lucifero in persona fu sempre il primo nel tentare Maria e il suo Figlio santissimo: questi nel deserto ed entrambi nel corso della loro vita, come vedremo più avanti.

692. Per tutto questo tempo la nostra divina Principessa permaneva nelle sue pene ed afflizioni per la lontananza del suo amato, quand'ecco che la squadra infernale la investì in gran numero per tentarla. Ma la virtù divina, che le faceva scudo, impedì gli sforzi di Lucifero perché non potesse avvicinarsi troppo a lei, né mettere in opera tutto ciò che intentava; solo, col permesso dell'Altissimo, le insinuava nella mente molte suggestioni e vari pensieri di somma iniquità e malizia. Infatti il Signore non impedì che la Madre della grazia, sebbene senza peccato, fosse tentata in tutto, come doveva succedere in seguito al suo Figlio santissimo.

693. In questo nuovo conflitto non si può facilmente concepire quanto patisse il purissimo e candidissimo cuore di Maria vedendosi circondata da suggestioni così aliene e lontane dalla sua ineffabile purezza e dall'altezza dei suoi divini pensieri. E poiché il serpente antico vide la gran Signora piangente e afflitta, si animò grandemente e concepì maggiori speranze, essendo accecato dalla sua stessa superbia, perché non conosceva il segreto del cielo. Perciò, animando i suoi infernali ministri, disse loro: «Perseguitiamola adesso, perseguitiamola, poiché si scorge che già otteniamo il nostro intento e già ella sente la tristezza, strada alla disperazione». In tale inganno l'assalirono con nuovi pensieri di scoraggiamento e di diffidenza, combattendola con terribili immaginazioni. Ma tutto invano, dato che la pietra della virtù generosa, quanto più è percossa con forza, tanto più manda fuori scintille e fuoco di amore divino. La nostra invincibile Regina rimase talmente superiore e immobile contro le squadre dell'inferno, che dentro di sé non si alterò affatto, né si lasciò influenzare da tante suggestioni, se non in quanto ne prese occasione per confermarsi ancor più nelle sue incomparabili virtù e per far avvampare maggiormente la fiamma del divino incendio di amore che ardeva nel suo cuore.

694. Il drago ignorava l'imperscrutabile sapienza e prudenza della nostra celeste Principessa, per cui, sebbene la riconoscesse forte e imperturbabile nelle sue facoltà e sebbene sentisse la resistenza della virtù divina, con tutto ciò perseverava nella sua antica superbia, dando assalto alla Città di Dio in diversi modi. Così questo astuto nemico, senza cambiare l'intenzione, cambiava le insidie e, tuttavia, le sue macchinazioni venivano sempre ad essere come quelle di una debole formica contro un muro diamantino. La nostra Principessa era quella donna forte, di cui il cuore del marito può fidarsi senza timore di restare deluso nei suoi desideri. Suo ornamento era la fortezza che la colmava di bellezza; sua veste, che aumentava il suo splendore, erano la purezza e la carità. L'immondo ed arrogante serpente non poteva soffrire questo oggetto, la cui vista lo accecava e turbava con sempre nuova confusione. Così decise di toglierle la vita e in ciò molto si sforzò tutta quella imponente schiera di spiriti maligni. In tale impresa impiegarono un certo tempo, senza però migliore riuscita che nelle altre.

695. La conoscenza di questa segreta e sacra battaglia mi causò grande ammirazione, considerando da una parte il grande furore di Lucifero contro Maria santissima nei suoi primi anni e, dall'altra, l'occulta e vigilante protezione dell'Altissimo per difenderla. Vedo quanto il Signore stesse attento alla sua eletta ed unica sposa fra le creature e osservo, allo stesso tempo, tutto l'inferno rivolto con furore contro di lei con un tale sdegno, quale fino allora non aveva posto in opera contro alcun'altra creatura; e la facilità con la quale il potere divino rendeva vana tutta la potenza e l'astuzia infernale. O più che infelice e misero Lucifero! Quanto è più grande la tua arroganza e superbia della tua forza! Per certo sei debole e inabile ad un'impresa così stolta; diffida ormai di te stesso e non ti ripromettere tanti trionfi, poiché una tenera bambina ti ha schiacciato il capo ed in tutto ti ha lasciato vinto e deluso. Confessa che poco vali e meno sai, poiché non hai conosciuto il più grande mistero del Re, dalla cui potenza sei stato umiliato con lo strumento stesso che hai disprezzato, cioè una donna per sua condizione naturale debole e bambina. Oh, come sarebbe grande la tua ignoranza, se i mortali si valessero della protezione dell'Altissimo, nonché dell'esempio, dell'imitazione e dell'intercessione di questa vittoriosa e trionfatrice Signora degli angeli e degli uomini!

696. Fra queste tentazioni e battaglie che si andavano alternando, era incessante e fervorosa l'orazione di Maria santissima, che diceva al Signore: «Ora, Dio mio altissimo, che sono nella tribolazione, starete con me; ora, che con tutto il mio cuore vi chiamo e custodisco i vostri precetti, arriveranno le mie domande ai vostri orecchi; ora, che patisco così gran violenza, risponderete per me. Voi, Signore e Padre mio, voi siete la mia fortezza e il mio rifugio e per il vostro santo nome mi libererete dal pericolo e mi guiderete per il cammino sicuro, sostenendomi come figlia vostra». Ripeteva anche molti misteri della sacra Scrittura, specialmente i salmi che parlano contro i nemici invisibili, e con queste armi insuperabili, senza perdere un atomo della pace, uniformità e conformità interna, anzi, confermandosi ancor più in essa, tenendo sollevato il suo purissimo spirito nelle altezze, combatteva, respingeva e vinceva Lucifero, con incomparabile compiacimento del Signore e con accrescimento dei suoi meriti.

697. Superate queste tentazioni e lotte, incominciò un nuovo duello del serpente per mezzo ed intervento delle creature. A questo scopo egli gettò nascostamente alcune scintille d'invidia e di gelosia contro Maria santissima nel cuore delle giovani sue compagne, che vivevano nel tempio. Il rimedio a questo contagio era ancor più difficile in quanto provocato dalla precisione con cui la nostra divina Principessa attendeva all'esercizio di tutte le virtù, crescendo in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini. Infatti, quando punge l'ambizione, gli stessi splendori della virtù, che si vede in altri, abbagliano e offùscano l'intelletto, accendendo la fiamma dell'invidia. Il drago infondeva nell'animo di quelle ignare giovani molte suggestioni interiori, persuadendole che in presenza di quel sole, che era Maria santissima, esse restavano oscurate e poco stimate, che le loro negligenze venivano ad essere maggiormente notate dalla maestra e dai sacerdoti e che solo Maria sarebbe stata preferita nello stato e nelle richieste di matrimonio e nella stima di tutti.

698. Le compagne della nostra Regina accolsero nel loro cuore questa cattiva semente ed essendo poco pratiche ed esercitate nelle battaglie spirituali, la lasciarono tanto crescere che arrivò a mutarsi in una ripugnanza interiore contro la purissima Maria. Questo odio poi passò a sdegno, con cui la guardavano e trattavano non potendo soffrire la modestia della candida colomba, perché il drago incitava quelle incaute, rivestendole dello stesso furore che egli aveva concepito contro la madre delle virtù. Continuando poi la tentazione, venne a manifestarsi negli effetti, e le giovani giunsero a parlarne fra loro, non sapendo da quale spirito erano spinte. Perciò concertarono di molestare e perseguitare la Principessa del mondo, non conosciuta da loro per tale, sino a farla cacciare dal tempio. Per questo, chiamandola in disparte, le dissero parole molto offensive, trattandola in modo assai imperioso da simulatrice ed ipocrita, quasi che mirasse soltanto a guadagnarsi con artificio la grazia della maestra e dei sacerdoti e a screditare le altre compagne, mormorando contro di esse ed esagerando le loro mancanze, mentre ella era la più inutile di tutte; le dissero anche che per questo l'aborrivano come il demonio.

699. La prudentissima Vergine ascoltò queste e molte altre ingiurie senza turbarsi affatto e, con umiltà, rispose: «Amiche e signore mie, avete certamente ragione nel dire che io sono la più piccola e la più imperfetta di tutte, ma voi mie sorelle, come più avvedute, dovete perdonare i miei difetti ed ammaestrare la mia ignoranza, dirigendomi in modo che riesca a fare ciò che è meglio e a darvi soddisfazione. Io vi supplico, amiche, che quantunque sia tanto inutile, non mi neghiate la vostra grazia, né crediate di me che non desideri meritarla, perché vi amo e riverisco come serva, e lo sarò in tutto ciò in cui vi piacerà fare esperienza della mia buona volontà. Comandatemi, dunque, e ditemi ciò che da me volete».

700. Queste umili e soavi parole della modestissima regina Maria non ammorbidirono il cuore indurito delle sue amiche e compagne, possedute già dalla furiosa rabbia che il drago aveva contro di lei; anzi, questi, sdegnandosi maggiormente, le incitava ed irritava ancor più, come se col dolce antidoto s'inasprisse di più la morsicatura e il veleno serpentino sparso contro la donna, che gli era stata mostrata come segno grande nel cielo. Questa persecuzione continuò molti giorni, senza che l'umiltà, la pazienza, la modestia e la tolleranza della divina Signora bastassero a moderare l'odio delle sue compagne. Anzi, il demonio si spinse a infondere loro molte suggestioni piene di temerità, cioè che mettessero le mani sulla mansuetissima agnellina, la maltrattassero e le togliessero persino la vita. Ma il Signore non permise che pensieri tanto sacrileghi avessero effetto e il massimo a cui si spinsero fu l'ingiuriarla a parole, dandole alcune spinte. Questa battaglia avveniva in segreto senza che ne giungesse notizia alla maestra e ai sacerdoti; nel frattempo la santissima Maria acquistava incomparabili meriti e doni dall'Altissimo, per la materia che le si offriva di esercitare tutte le virtù verso sua Maestà e verso le creature che la perseguitavano e aborrivano. Verso queste fece atti eroici di carità ed umiltà, rendendo bene per male, benedizioni per maledizioni, fervide preghiere per bestemmie e praticando la divina legge in ciò che ha di più perfetto e sublime. Verso l'Altissimo esercitò le più eccellenti virtù, pregando per le creature che la perseguitavano, umiliandosi con ammirazione degli angeli, come se fosse stata la più vile dei mortali e meritevole di ciò che operavano contro di lei. Ella eseguiva tutte queste opere con tale perfezione da superare ogni giudizio umano, e con un tal merito da superare il merito più alto dei serafini.

701. Avvenne un giorno che quelle donne, invasate dalla tentazione diabolica, condussero la principessa Maria in una stanza isolata e, giudicando di poter agire indisturbate, la caricarono d'ingiurie e di offese smisurate per irritare la sua mansuetudine e distoglierla dalla sua immutabile modestia, facendole fare qualche gesto sgarbato. Ma non potendo la Regina delle virtù essere schiava di vizio alcuno nemmeno per un istante, mostrò più invincibile la sua pazienza quando era più necessaria, per cui rispose loro con tanta maggior grazia e dolcezza. Quelle, offese di non conseguire il loro malvagio intento, alzarono così alte grida che furono udite nel tempio, dove l'insolito baccano provocò grande sorpresa e confusione. Al rumore accorsero i sacerdoti e la maestra e, permettendo il Signore questa nuova afflizione della sua sposa, chiesero con gran severità la ragione di quella inquietudine. Poiché la mansuetissima colomba taceva, le altre giovani risposero con molto sdegno e dissero: «Maria di Nazaret, con la sua indole orribile, ci disturba e ci inquieta tutte e, quando non siete presenti, ci affligge e provoca; per cui, se non uscirà dal tempio, non sarà possibile mantenerci tutte in pace con lei. Se la sopportiamo diventa altera, se la riprendiamo si burla di tutte prostrandosi ai nostri piedi con finta umiltà, e poi con le sue mormorazioni semina la discordia e la confusione tra tutte noi».

702. I sacerdoti e la maestra condussero in un'altra stanza la Signora del mondo, e qui la ripresero con severità corrispondente al credito che avevano prestato in quel momento alle sue compagne e, avendola esortata ad emendarsi e a procedere come chi viveva nella casa di Dio, la minacciarono che, se non l'avesse fatto, l'avrebbero congedata e cacciata via dal tempio. Questo era il maggior castigo che potevano darle, quand'anche avesse avuto qualche colpa, mentre invece era innocente in tutto ciò che le si imputava. Chi avesse intelligenza per conoscere almeno in parte la profondissima umiltà di Maria santissima, intenderebbe qualcosa degli effetti che questi misteri operavano nel suo candidissimo cuore, perché ella si giudicava la più vile delle creature e la più indegna di vivere fra loro, indegna persino di calpestare la terra. A questa minaccia la prudentissima Vergine, tra le lacrime, rispose ai sacerdoti dicendo: «Signori, io gradisco il favore che mi fate col correggere ed istruire me, così imperfetta e vile, ma vi supplico di perdonarmi, giacché siete ministri dell'Altissimo, e di guidarmi in tutto, non tenendo conto dei miei difetti, in modo che io riesca meglio per l'avvenire a compiacere sua Maestà, nonché le mie sorelle e compagne, perché con la grazia del Signore propongo di nuovo di fare così e comincerò da oggi in poi».

703. La nostra Regina aggiunse altre ragioni, piene di soavissimo candore e dolcissima modestia, dopodiché la maestra e i sacerdoti la lasciarono, avvertendola di nuovo con lo stesso insegnamento nel quale ella era sapientissima maestra. Subito se ne andò dalle sue compagne e, prostrandosi ai loro piedi, domandò loro perdono, come se i difetti che le imputavano avessero potuto entrare in lei che era madre dell'innocenza. Esse allora l'accolsero meglio, giudicando che le sue lacrime fossero effetto del castigo e della riprensione dei sacerdoti e della maestra, che avevano attirati al loro intento sregolato. Di conseguenza il drago, che nascostamente ordiva questa tela, innalzò a maggior alterigia e presunzione gli incauti cuori di tutte quelle donne e, come avevano già fatto con i sacerdoti, proseguirono con maggiore audacia a screditare e a mettere loro contro la purissima Vergine. A tal fine escogitarono nuove frottole e menzogne con l'istinto del medesimo demonio, ma l'Altissimo non permise mai che si dicesse o si presumesse cosa molto grave o disdicevole di colei che egli aveva eletto Madre santissima del suo Unigenito. Permise solamente che lo sdegno e l'inganno delle giovani del tempio arrivasse ad esagerare molto alcuni piccoli, seppur finti, difetti che le imputavano, e al massimo che esse facessero alcuni gesti femminili e scomposti sufficienti a dichiarare la loro inquietudine. E ciò affinché, per tale irrequietezza e per i rimproveri della maestra e dei sacerdoti, la nostra umilissima Signora avesse occasione di esercitare le virtù, aumentare i doni dell'Altissimo e giungere al colmo dei meriti.

704. Ciò appunto faceva la nostra Regina con pieno compiacimento agli occhi del Signore, che si ricreava all'odore soavissimo di quell'umile nardo, maltrattato e disprezzato dalle creature che non lo conoscevano. Ella ripeteva i suoi lamenti e gemiti per la lontananza prolungata del suo diletto e in una di queste occasioni gli disse: «Sommo bene e Signore mio di misericordia infinita, se voi che siete il mio padrone e il mio creatore mi avete abbandonata, non è molto che tutto il resto delle creature mi aborrisca e si rivolti contro di me. Ben lo merita la mia ingratitudine ai vostri benefici, ma sempre vi riconosco e vi confesso mio rifugio e mio tesoro. Voi solo siete il mio bene, il mio amore, il mio riposo, e se siete tale, ed io invece vi tengo lontano, come potrà riposare il mio cuore afflitto? Le creature fanno con me ciò che devono, ma non giungono a trattarmi come merito, perché voi, Signore e Padre mio, nell'affliggere siete parco e nel premiare liberalissimo. Serva, o Signore, a scontare le mie negligenze il dolore di avervi io costretto a nascondervi al mio cuore, pagate con larga mano il bene che le vostre creature mi fanno guadagnare, obbligandomi a conoscere meglio la vostra bontà e la mia vita. Sollevate, o Signore, questa indigente dalla polvere della terra e rinnovate colei che è povera e vilissima tra le creature; veda io il vostro divino volto e sarò salva».

705. Non è possibile né necessario riferiré tutto ciò che accadde alla nostra grande Principessa in questa prova delle sue virtù. Basti dire per ora che ella può servire a noi da vivo esempio per sopportare con generosità di cuore qualunque tribolazione; a noi, dico, che abbiamo bisogno di pene e di duri colpi per soddisfare ai nostri peccati e per domare la nostra dura cervice col giogo della mortificazione. Non commise colpa, né si trovò inganno nella nostra innocentissima colomba, eppure con umile silenzio e tolleranza si contentò di essere disprezzata e perseguitata senza aver provocato ciò. Vergognamoci dunque, alla sua presenza, noi tutti che reputiamo insopportabile ingiuria, fino al punto di vendicarci, un'offesa insignificante! L'Altissimo avrebbe certamente potuto allontanare dalla sua eletta e Madre qualunque persecuzione e contrarietà; se però in questo avesse usato del suo potere, non lo avrebbe potuto manifestare nel conservarla illesa tra le persecuzioni, né le avrebbe dato pegni così sicuri del suo amore, né ella avrebbe ottenuto il dolce frutto di amare i nemici e i persecutori. Noi invece ci rendiamo indegni di tanto bene quando nelle prove alziamo il grido contro le creature ed il cuore superbo contro Dio, che in tutto le governa, non volendo assoggettarci al nostro creatore e salvatore, che sa ciò di cui abbiamo bisogno per la nostra salvezza.

 

Insegnamento della regina del cielo Maria santissima

 

706. Poiché tu, figlia mia, vai riflettendo sull'esempio che si vuole ricavare da questi avvenimenti, io voglio appunto che questo ti serva da ammaestramento dottrinale da racchiudere nel tuo cuore con stima, allargandolo per ricevere con letizia le persecuzioni e le calunnie delle creature, se parteciperai a questo beneficio. I figli della perdizione, i quali servendo alla vanità non sanno qual tesoro sia il patire ingiurie e il perdonarle, si fanno un onore della vendetta, quantunque essa, anche nei termini della legge naturale, sia la maggiore viltà e il più brutto di tutti i vizi, perché si oppone più degli altri alla ragione naturale e nasce da cuore non umano, ma brutale e ferino. Al contrario, colui che perdona le ingiurie e le dimentica, benché non abbia la fede divina né la luce del Vangelo, per mezzo di questa magnanimità si fa superiore e come re della medesima natura, perché conserva di questa ciò che essa ha di più nobile ed eccellente e non paga il vilissimo tributo di farsi bestia irrazionale con la vendetta.

707. Infatti, se il vizio della vendetta si oppone tanto alla natura, considera ora, o carissima, quale opposizione avrà con la grazia e quanto odioso e spregevole sarà il vendicativo agli occhi del mio Figlio santissimo, che si fece uomo, morì e patì solo per perdonare e perché il genere umano ottenesse il perdono delle ingiurie commesse contro il medesimo Signore. A questa sua intenzione e alle sue opere, anzi alla sua stessa natura e bontà infinita, si oppone il vendicativo. Così facendo, egli distrugge completamente, per quanto dipende da lui, Dio stesso insieme con le sue opere. Perciò egli merita con questo peccato, in modo tutto particolare, che Dio distrugga lui. Tra colui che perdona e sopporta le ingiurie e il vendicativo, vi è la stessa differenza che c'è tra il figlio unico ed erede e il nemico mortale: questo provoca tutta la forza dell'indignazione divina e l'altro merita tutti i beni e li acquista, perché in questa grazia è immagine perfettissima del Padre celeste.

708. Voglio, o anima, che tu comprenda come il patire le ingiurie con uniformità di cuore e il perdonarle interamente per il Signore è cosa più gradita ai suoi occhi che se di tua volontà facessi rigide penitenze e spargessi il tuo stesso sangue. Umiliati, dunque, davanti a quelli che ti perseguitano, amali e prega per loro di vero cuore e con questo indurrai il cuore di Dio ad amarti, giungerai alla perfezione della santità e vincerai tutto l'inferno. Con l'umiltà e la mansuetudine io confondevo quel dragone che tutti perseguita: non potendo il suo furore tollerare quelle virtù, fuggiva dalla mia presenza più veloce della folgore. Così, mediante tali virtù, ottenni vittorie grandi per l'anima mia e gloriosi trionfi a esaltazione della Divinità. Quando qualche creatura si muoveva contro di me, io non mi sdegnavo contro di lei, perché sapevo per certo che quella era uno strumento dell'Altissimo, guidato dalla sua provvidenza per il mio stesso bene e questa consapevolezza, come anche il considerare che quella era creatura del mio Signore e capace della sua grazia, mi portava ad amarla con sincerità e forza, né mi acquietavo fino a che non l'avessi ricompensata di tale beneficio col procurarle, per quanto mi era possibile, la salvezza eterna.

709. Con tutto l'impegno, dunque, sforzati di imitarmi in ciò che hai compreso e scritto. Mostrati mansuetissima, pacifica e grata verso coloro che ti saranno molesti; stimali sinceramente nel tuo cuore e non vendicarti del Signore, vendicandoti dei suoi strumenti; non disprezzare la stimabile gemma delle ingiurie; ma, per quanto dipende da te, rendi loro sempre bene per male, benefici per offese, amore per odio, lode per insulti, benedizioni per maledizioni; così sarai figlia perfetta del tuo Padre, sposa amata del tuo Signore, mia carissima e mia amica.