[ Ritorna al sito Gesu confido in Te! - Torna all'indice ]
A A A A A

Appendice I. - I fenomeni straordinari


Ecco la relazione che il medico dr. Adolfo Turano scrisse sulla prima manifestazione del fenomeno:

« Il primo venerdí di marzo 1923, verso le 15 fui chiamato a casa di Elena Aiello che giaceva supina, con gli occhi semichiusi, con la testa reclinata da un lato. Dalla fronte gocciolava del sangue, che, in rivoletti, si spandeva per le guance, per il collo, ed aveva impiastricciato tutto il cuscino.

« Le braccia abbandonate, i lineamenti del volto esprimenti una grande tristezza, la testa piegata in avanti e lateralmente, le labbra leggermente dischiuse, le palpebre semiaperte, davano all'inferma un aspetto mistico.

1 A. Fabrizio - A. Turano, Di un singolarissimo ed unico caso di stillicidio sanguigno dalla fronte di un'isterica nei venerdí di Quaresima, in Rinascita Medica, del 15 marzo 1925 e nel numero successivo; relazione riprodotta ancora dal Prof. V. Bianchi, nel suo art. Sudor sanguigno e stigmate religiose in Rivista di Psicologia, 1 gennaio 1926.

« Di tanto in tanto l'inferma s'irrigidiva, sollevava la testa, spalancava le palpebre semiaperte, sbarrava gli occhi, come se guardasse intensamente in un punto, ed assumeva diversi atteggiamenti.

« La mimica del volto lasciava facilmente indovinare lo stato emotivo che attraversava quella psiche; lo spavento, il dolore, la contemplazione estatica, il gaudio.

« Con la contrazione dei muscoli della fronte si accompagnava un gemizio di sangue che veniva fuori dalla pelle.

« Piú numerose erano le goccioline di sangue sulla fronte e propriamente al centro, altre fuoriuscivano dal cuoio capelluto, specie lungo la sutura sagittale.

« Dopo l'atteggiamento di estasi, la paziente con flebile voce ma chiara, narrava di aver visto comparire Gesú sulla croce, di averne contemplate le ferite sanguinanti. Lo strano e meraviglioso fenomeno richiamò al capezzale dell'inferma, oltre che i familiari, il confessore, i parenti, gli amici, ai quali questa chiedeva se avessero anche essi assistito allo stesso spettacolo.

« Il fenomeno durò tre ore, ripetendosi a brevi intervalli gli atteggiamenti mimici piú diversi e lo stillicidio sanguigno.

« Indi, l'inferma rientrò nello stato normale. Rimase un po' debole, sfinita, ma si riebbe ben presto tanto che al mattino seguente, levatasi dal letto, poté riprendere le sue abituali occupazioni ».

Sullo stesso tema ecco la narrazione dell'avv. Di Napoli, testimone oculare di quanto avvenne nel venerdí santo del 1924:

« Al capezzale di Elena Aiello, denominata "Monaca Santa" fu in quella occasione un uomo di scienza, il Prof. Fabrizio dell'università di Napoli, invitato dal dott. A. Turano, medico di famiglia, intelligente e preparatissimo professionista, il quale, con l'avvicinarsi della primavera, aveva tentato di convincere mastro Pasquale a fare ricoverare la figlia nella clinica del Prof. Fabrizio per essere sottoposta ad osservazione se si fossero verificati i fenomeni dell'anno precedente. Al netto rifiuto del padre che tanta cura aveva per i figli, cresciuti con affettuosa riservatezza, il dott. Turano, gli chiese che almeno avesse acconsentito al Prof. Fabrizio di visitarla a casa e cosí avvenne.

« E, puntualmente, durante i venerdí di quaresima il fenomeno riapparve. Durante una delle tante visioni, Elena pregò il Signore di risparmiarle le piaghe alle mani per non destare la curiosità e Gesú l'accontentò sostituendo alle ferite delle mani atroci sofferenze interne.

« Iniziati i fenomeni il decano Mauro, durante i venerdí, volendosi accertare che realmente non si trattasse di fissazione religiosa, di esaltazione isterica, la sottopose a diversi esperimenti. Il terzo venerdí essa volle essere accompagnata dalla sorella Emma nella camera da pranzo, ma alle 15 precise avvertí fortissimi dolori per tutto il corpo. La paziente e afflitta Emma, vedendola in quelle condizioni, l'incitò di recarsi a letto, ma Elena si oppose per " ubbidire all'ordine di resistere ". Ma le sue angustie non perdonavano ed infine sentí il bisogno di andare a letto. Fatti pochi passi, presa dalla crisi, cadde per terra urtando, nella caduta, col fianco destro allo spigolo di un tavolo, per cui ne ebbe per piú mesi.

« Venerdí Santo dell'anno 1924, oltre il sudore dalla fronte, ci furono le stimmate ai piedi e ulcerazioni alle ginocchia. Fui presente dallo inizio alla fine. C'era quel giorno una folla enorme, appena appena i carabinieri riuscivano a mantenere le persone convenute anche dai paesi vicini e da altre località, che si accontentavano di " spiare " velocemente dalla porta, restando commosse dallo spettacolo pietoso che offriva Elena, sofferente a letto, col busto coperto da un copertino bianco a righe, fuori le coltri all'altezza delle ascelle.

« Fuori e per le scale " pellegrini " a frotte, sostare, salire e scendere, commentare, o in tacite meditazioni, e nell'ampia stanza due file, in andirivieni, nel labirinto formato da alcuni familiari, da parenti ed amici, sbalorditi dal flusso e riflusso degli estranei. Nessuno si preoccupava del pavimento sottoposto al collaudo di un peso superiore alla sua portata.

« La porticina intercomunicante era aperta.

« Quando giunsi io accompagnato dal fotografo Gabriele Serra munito di apparecchio al magnesio, Elena aveva gli occhi aperti rivolti fissamente in alto, in estatica contemplazione di gaudio.

« Il fenomeno sangue fu preceduto da vari gemiti, come se fosse stata torturata; ma quando il sangue copiosissimo iniziò ad uscirle dalla fronte irrigandole il volto, Elena piú volte disse: "Com'è lieve questa corona di spine che mi cinge la testa! Dio mio, che cosa rappresenta questa sofferenza in confronto alla tua?! " - Di tanto in tanto si muoveva, estranea a noi, poi cadeva in uno stato di prostrazione, i gemizi si arrestavano, per ripigliare qualche minuto dopo. Erano le ore 10,30 del 18 aprile 1924, ora in cui la processione dei Misteri, muovendo dalla piccola chiesa di S. Giacomo, in piazza Municipio, si avviava per percorrere le vie del paese. Tale controllo era stato predisposto per verificare se effettivamente, come lo scorso anno, a detta dei familiari, il fenomeno coincidesse con l'inizio della processione.

« Il Prof. Fabrizio giunse verso le undici, a fenomeno iniziato, accompagnato dal dott. Turano, quando già ai gemizi si alternavano piccoli periodi di estasi. Il dott. Matteo Caracciolo, medico condotto; il dott. Adolfo Scotti, altro medico condotto; il cav. Giuseppe Paglilla - sindaco; l'avv. Marc. Giorgio Alimena; ed altri che fave, vano accompagnato, osservarono un attimo ed andarono via.

« Qualche rappresentante della stampa vi fece capolino ed uscí per attingere notizie. La presenza del Prof. Fabrizio mise tutti in soggezione e data la ristrettezza dell'ambiente, furono osservate le disposizioni da lui gentilmente impartite, che nessuno avesse accesso nella cameretta dell'inferma, all'infuori dei due medici Turano e Fabrizio, di me e del fotografo Serra.

« Elena ebbe qualche istante di completo risveglio e provò disgusto nel vedere noi quattro importuni nella sua camera, ma il dott. Turano la calmò, avvicinandosi al capezzale dicendole: " Elenuccia, sono il tuo compare (la sorella Agnese l'aveva cresimata), Adolfo Turano, non ti faccio nulla di male ". Il Prof. Fabrizio si avvicinò, a sua volta ed approfittando di una nuova abbondante effusione di sangue, con alcuni vetrini raccolse gocce di sangue e poi con piccole provette. Vetrini e provette, passati sulla fronte, nei punti ove il sangue usciva, producevano in Elena sensazioni dolorosissime e soffriva forte. Il fotografo Serra aggrinzava! Non riusciva a far scattare l'obbiettivo. Prima di procedere a vari esperimenti, il Prof. Fabrizio chiese di poter vedere le stimmate dei piedi, e le ulcerazioni alle ginocchia. Il dott. Turano sospese il piede destro tanto da consentire al prof. Fabrizio di adagiare due cerini sulle parti opposte della stimmata, tenendo fra le dita la capocchia di accensione, premendo e affondando discretamente i cerini, fra lo strazio di Elena. Si ebbe l'impressione che tutta quella massa di ossicini, di nervi e di tendini fosse molle e bucata.

« Quell'esperimento richiamò l'attenzione dei familiari, i quali intervennero irritati, e, se pur garbatamente, intimarono di procedere meno crudelmente, sicché solamente di sfuggita si poterono osservare le ulcerazioni alle ginocchia e nessuna altra parte del corpo, salvo le braccia scoperte e il petto superiormente.

« Seguí una serie di altri esperimenti sulla sensibilità. I dottori lavoravano per i fatti propri; io segnavo sul mio taccuino; il fotografo era impressionatissimo e impappinato.

« Poi i due dottori uscirono dalla cameretta e si soffermarono a discutere avanti la porta, lasciando a me l'incarico di guidare il fotografo e di avvisarlo di fare scattare l'obiettivo in occasione di qualche momento ancora piú straordinario, essendosi sparsa la voce che si fosse verificata anche la levitazione. Il Serra ne eseguí qualcuna fuori fuoco; ma il tanto atteso momento non giungeva mai.

« Ed ecco il prof. Fabrizio entrare con la cartella clinica, dalla quale partí anche il Prof. Bianchi per redigere la sua relazione nell'anno 1925.

" - ... di valida costituzione scheletrica, senza deformità o asimmetria, con apparato muscolare ben sviluppato e sanguinazione normale.

« Nessuna sensazione l'inferma avverte, allorché cogliamo il sangue sul viso per lo strisciamento leggero da noi praticato, mentre emette grida di dolore e si contorce per lo spasimo, allorché tale manovra pratichiamo sulla fronte, e specialmente sui punti gementi.

« Accuratamente detergiamo la fronte con un batuffolo di cotone idrofilo per osservare i punti gementi, e per quanto lunga fosse l'osservazione non ci è dato possibile notare lesioni di continuo anche piccolissime.

« Alla faccia dorsale di ambedue i piedi, in corrispondenza del terzo superiore dello spazio fra il secondo e il terzo metatarso osserviamo due lesioni di continuo, quasi identiche, circolari, della grandezza di un centesimo a margini leggermente dentellati, a fondo rosso vivo con scarsissima secrezione ematica. Alla parte plantare - e quasi nella parte mediana di entrambi i piedi, notiamo due lesioni di continuo, piú piccole delle prime con gli stessi caratteri, con la sola differenza dei margini che sono piú irregolari, quasi frastagliati. Tali lesioni per la loro forma, per la loro ubicazione, per la configurazione dei margini danno l'impressione dei due fori di entrata e di uscita di un chiodo.

« Identiche lesioni, che appena possiamo osservare per la riluttanza dell'inferma, si trovano nella faccia anteriore delle estremità del ginocchio.

« La temperatura massima dell'inferma è di gradi 37, sei C., polsi radiali 134. espirazione 28. « La sensibilità tattile, dolorifica e termica abolite sulla massima parte della superficie del corpo. L'inferma non sente né il contatto dei vari oggetti, né le punture di spilli, né il freddo, né il caldo, pure avendole prodotte delle scottature di terzo grado all'avambraccio sinistro e sul petto con un ferro quasi rovente. Alla fronte invece, e specialmente sui punti gementi, alla regione cardiaca, alle ginocchia, alle facce dorsali e palmari delle mani, a quelle dorsali e palmari dei piedi notasi iperalgesis molto accentuata, giacché lievissimi contatti con le barbe di una penna, o toccamenti con oggetti che abbiano una temperatura di poco diversa del normale, producono forti dolori, per cui l'inferma emette grida disperate accompagnate da un senso di angoscia, da frequenza del ritmo cardiaco, da lagrimazione.

« Notasi leggero esoftalmo, con midriasi, la quale si accentua notevolmente durante i rapimenti d'estasi. Vi è aneurosi quasi completa, non sapendo distinguere neppure i familiari che la circondavano da altre persone.

« Alla luce del fiammifero, ed anche a quella del magnesio non si ottiene nessuna reazione pupillare. Il senso del gusto è completamente sovvertito.

« Le somministriamo pochi sorsi di aceto avvertendola che è rosolio, e lei accusa invece un forte sapore amaro; le mettiamo in bocca un pezzetto di zucchero, che ricaccia subito, contraendo i muscoli facciali e dicendo che le abbiamo somministrato fiele. Il senso dell'olfatto è abolito, dappoiché tenendole sotto il naso, per lungo tempo, dell'acqua di colonia, prima, dell'ammoniaca dopo, non avverte nessuna senzazione né piacevole, né sgradita, mentre la respirazione non subisce alcuna modificazione.

« Il senso dell'udito è parzialmente abolito. L'inferma ode le parole che le rivolgiamo e risponde anche adeguatamente; non ode però affatto né rumore, né suoni.

« Non ode le ore suonate da un orologio a ripetizione, né il suono molto acuto di un campanello da bicicletta accostato all'orecchio. Richiamata la sua attenzione su quello delle campane della chiesa che in effetti non suonano, risponde che essendo venerdí santo non possono suonare né campane, né campanelle. Per completare l'osservazione facciamo funzionare delle nacchere accostate all'orecchio, ma neppure il rumore di queste percepisce, né il suono della musica, che a breve distanza nella via esegue una marcia funebre.

« Nulla di obiettivamente patologico notiamo all'esame degli organi interni ».

« Dopo la visita il Prof. Fabrizio e il dott. Turano andarono a pranzare in casa del sindaco, essendo lo zio di costui, il colonnello a riposo Ercole Paglilla, amico del Fabrizio. Nel pomeriggio in casa Turano vi fu una riunione di medici e ciascuno espresse il proprio parere. Quelli del Dott. Turano e del Prof. Fabrizio furono conformi, ritenendo che "la strana fenomenologia doveva inquadrarsi perfettamente in quella sindrone tanto complessa e polimorfe che è denominata isterismo ". - Cosí conclusero alquanti mesi dopo nella relazione citata.

« Il dott. Matteo Caracciolo, con la sua caratteristica flemma, egli che non era uomo di chiesa, cosí concluse:

« Per me vi è qualcosa di soprannaturale! ".

« Mentre si discuteva in casa Turano, dopo il passaggio della processione (seconda fase), questa volta davanti la casa di Elena Aiello, per deporre le statue dei Misteri nella chiesuola di San Giacomo, il fenomeno andò scomparendo. Sull'imbrunire cessò definitivamente ».

Il fenomeno si ripeterà ogni anno. Ecco ora la relazione che il 23 novembre 1938, il Dott. Cav. G. Battista Molezzi, scrisse a Cosenza, per S. Ecc. l'Arcivescovo Mons. Roberto Nogara.

« Suor Elena Aiello e le sue stigmate ».

« Quello che io dirò intorno a Suor Elena Aiello, il cui organismo in ogni Venerdí di Passione presenta fenomeni tali da rendere straordinariamente sorpresi, risulta da mie dirette osservazioni fatte nella sua casa in Montalto Uffugo ed a Cosenza nell'istesso suo Asilo delle " Piccole Abbandonate ".

« Non entrerò in vane discussioni, né in argomenti dove per poco entri la religione, ma riferirò soltanto quanto ho visto, e quello che mi ha colpito di meraviglia e di viva commozione allorquando ne' detti Venerdí di Passione vidi prodursi in modo impressionante le diverse stigmate sanguinanti, come appresso descriverò, ed il quadro veramente tragico delle sofferenze che martoriano quel povero corpo.

« Tralascio di parlare delle gravi malattie delle quali suor Elena guarí senza i rimedi della scienza, ma in seguito a soprannaturali interventi com'essa stessa narra, e su' quali mi prefiggo, se il Signore me ne darà la forza e l'attitudine, d'intrattenermi, sperando di tracciare un giorno la vita della stigmatizzata.

« Molti de' fenomeni furono studiati da scienziati quali il Fabrizio ed il Martelli, ma senza poter venire a capo di una spiegazione qualsiasi.

« Innanzi tutto bisogna accennare all'esistenza fisica di Suor Elena, che senza concedersi sia anche un pasto frugale, ma cibandosi semplicemente di un po' di legumi e bevendo solo acqua, sopporta una vita di lavoro ininterrotto che fiaccherebbe ogni altro organismo ben costituito, e ciò nonostante le sofferenze alle quali il suo fisico va soggetto. Può dirsi che Suor Elena viva del suo digiuno che se non è straordinario, come quello dell'altra stigmatizzata, Suor Teresa Neumann, non è men degno di nota.

« Ma quel che sorprende è la comparsa delle stigmate sanguinanti che ogni Venerdí di Passione e propriamente nelle ore in cui N. Signore Gesú Cristo soffrí sulla croce, si manifestano attorno alla fronte con la comparsa di numerosi punti emorragici come se prodotti da acute spine, e poi al costato, alle mani, a' piedi, e, fenomeno piú spettacoloso, questi forati da parte a parte come si è verificato spingendo uno stecco di legno attraverso tutte e due le piante, come se veri chiodi le avessero traforate.

« Tutte queste stigmate sanguinano abbondantemente tanto da restarne inzuppata molta biancheria.

« Suor Elena resta allora in istato sonnambolico interrotto spesso da estasi dolorose, durante le quali rimane con le braccia aperte come su una croce, e gli occhi, spalancati, esterrefatti, fissantisi come su una lontana visione paurosa. Nello svegliarsi, e quando ha man mano ben ripreso la coscienza, afferma essere stata spettatrice della Passione di N. Signore, ed a parte di quella Tragedia Divina.

« Tutti questi fenomeni cessano d'incanto passato il Venerdí Santo; delle stigmate sul costato, sulle mani e su' piedi restano macchie cicatriziali epidermiche che alle volte si coloriscono in rosa, e permangono, come puossi constatare in ogni tempo. Degno di nota è che Suor Elena da uno stato di prostrazione profonda, anzi di vera adinamia durante la quale piú di una volta fa temere per la sua vita, la mattina del Sabato Santo si leva da letto ilare e forte, dà ordini, sopraintende a tutto, ed inizia la sua vita di operosità e di bene, come se nulla fosse successo nel suo organismo.

« Or quanto abbiamo descritto si è voluto spiegare con i soliti fenomeni d'isterismo o con l'influsso del sistema nervoso. Ma vi è invece da domandarsi: ci troviamo d'innanzi ad un evento straordinario? E' ignoranza la nostra che non spiega la fenomenologia biologica e patologica oppure siamo d'innanzi alla manifestazione di un mistero intorno al quale la scienza si affatica invano?

« Il certo è questo che uscendo dalla casa dove si è assistito allo strazio di quel povero corpo, si ha sempre presente agli occhi quel volto inanimato rigato di sangue che cola dalla fronte e dalle tempie, quella maschera di spasimi, ed il corpo sussultante ad ogni toccamento che il visitatore incauto si permette fare su quelle piaghe.

« Sotto l'incubo di un pensiero per ciò che non è conosciuto e spiegato, l'uomo comune o di scienza rimane turbato e perplesso, e la mente non rifugge dal pensare all'influsso di una forza ignota ed occulta che spinge il dubbio ai margini del mistero. E dubbio e meraviglia crescono nel segreto di un pensiero: come cioè quest'anima portata dal vento dell'amore, possa dar forza al corpo martoriato continuamente da molteplici sofferenze se non sorretta da un potere Supremo.

« Questo è quanto in mia fede e coscienza, ed anche nella mia qualità di medico curante, mi è dato affermare su quanto interessa la vita straordinaria di Suor Elena Aiello ».
Giudizio

« Dal su esposto e da quanto ho potuto fare oggetto delle mie considerazioni, una sola cosa parmi certa ed è che tutto quello che si verifica in Suor Elena Aiello avviene sotto l'influsso di una forza soprannaturale, e che pertanto sfugge ad ogni controllo scientifico.

« Quest'umile Serva che, con la certezza infallibile de' Santi, partí dal suo paesello alla conquista di un Regno, quello di Dio, e che pertanto compie le sue opere di bene che non sarebbero possibili senza una serie ininterrotta di eventi miracolosi, presenta manifesti segni di un potere che trascende ogni umana concezione.

D. G. Battista Molezzi ». La relazione Fabrizio-Turano e l'art. del Bianchi che ne dipende descrivono i fatti, e parlano di isterismo.

Altri medici, presa visione diretta dei fenomeni e tenendo debito conto di tutte le circostanze e degli altri eventi che li precedettero e li seguirono, si pronunciarono allo stesso modo

del Dr. Molezzi nella sua relazione, e del Dottor Matteo Caracciolo.

La guarigione istantanea del 22 maggio 1924 è attestata anche nella relazione dr. A. Turanoprof. Fabrizio:

« In seguito a questo nuovo insuccesso (gli ostacoli, cioè, incontrati per la statua di S. Rita), i suoi mali si acuirono: l'alimentazione divenne piú difficile, piú forte il dolore alla spalla, piú completa la paralisi del braccio, ed intorno alla ferita operatoria, non ancora cicatrizzata, si veggono comparire numerose piaghe.

« Il collega Turano, che viene chiamato per gli opportuni rimedi, osserva queste piaghe di forma circolare, con margini tagliati a picco come fatti con uno stampo a fondo rosso sporco, sanguinanti e situate a corimbo. Per lungo tempo, accuratamente medicate, non guariscono, anzi vanno peggiorando.

«Dopo alcun tempo, però, di notte, ha una nuova visione della Santa, la quale, poggiandole una mano sullo stomaco, amorevolmente la ammonisce che le sue sofferenze finiranno presto. « All'indomani, infatti, allo svegliarsi, si accorge, con grande sua meraviglia, che può aprire liberamente la bocca, muove il braccio, paralitico da diversi mesi, e le piaghe vanno rapidamente guarendo senza alcun rimedio terapico». La relazione offre non poche imprecisioni nei particolari!

Molto si è scritto sui fenomeni del sudore di sangue e delle stigmate a proposito di P. Pio da Pietralcina e di Teresa Neumann di Konnersreuth.

Nel leggere il libro di Luciano Berra z, ci colpi la peculiare analogia tra gli eventi che caratterizzano la gioventú di Teresa e quella di Elena.

Anche Teresa nasce nella settimana santa, il 9 aprile 1898, da una famiglia veramente cristiana; suo padre, Ferdinando, è sarto. A scuola, come le altre bambine; una sola cosa l'attirava: il racconto della Passione di Gesú; la piccola scolara timida e pigra, s'incantava, ascoltandola.

Resl (Teresina) era una fanciulla, come tutte le altre; le piaceva giocare, le piaceva cantare. Le sue tristezze erano fugaci; era contenta del suo mondo, né la tormentava alcun desiderio e alcuna invidia. Anche il lavoro non le pesava: dopo le ore di scuola, lavorava in campagna; lo sforzo fisico la rendeva piú ilare.

Nel 1912 lasciava la scuola; la sua semplicità era rimasta intatta. Venne la prima guerra mondiale (1914). Teresa passò serva di campagna in casa d'altri. In casa del sarto, infatti, la vita trascorreva grigia e penosa come in tutte le case dei poveri. Nella sua miseria, Ferdinando Neumann era, con la sua sposa, tutto abbandonato a Dio; il pensiero della Provvidenza illuminava e consolava spesso i suoi discorsi.

Il 18 marzo 1918, una domenica, scoppia un incendio nella fattoria di Martino Neumann, dove Resl serviva. Mentre si adopera anch'essa a spegnere le fiamme, è colpita da un male tremendo, alla spina dorsale. Teresa che da lunghi anni portava nell'animo il desiderio di consacrarsi missionaria (e già aveva ottenuto il permesso di entrare tra le Benedettine di Tutzing), ormai non è piú che un corpo invecchiato e dolorante. Non può camminare: lesione alla spina dorsale. Due mesi di ospedale non servono a nulla; torna a casa a Konnersreuth; il male l'ha scarnita, ròsa, contorta. Nell'ottobre 1918, diviene anche cieca. Non può piú inghiottire cibo solido.

Anni di sofferenze, di silenzio, nel suo tettuccio; mentre l'animo è sorretto sempre dalla preghiera, dalla fiducia in Dio.

Il 23 aprile 1923 riacquista la vista: è una grazia di S. Teresa del Bambino Gesú, nel giorno della sua beatificazione.

Il piede si rattrappisce e dalle piaghe brucianti manda sangue e materia fetida e schifosa; anche questa volta i medici non possono nulla: bisogna tagliare. Ma Resl prega S. Teresa del Bambino Gesú; una monaca carmelitana le ha mandato tre petali di rosa che a Lisieux han toccato la tomba della piccola Santa; chiede che li pongano sulla carne malata quando le fasciano il piede; passano pochi secondi ed il piede ritorna sano.

Il 17 maggio 1925, giorno della sua Canonizzazione, S. Teresa del Bambino Gesú le appare; una luce splendente riempie la stanzetta di Resl: la piccola Santa di Lisieux la guarisce: Resl può camminare, dopo sette lunghi anni che il male la teneva inchiodata al letto.

Nuova apparizione, il 30 settembre 1925: S. Teresa del B. G. le dice: « Tu puoi ora camminare, senza che alcuno ti sorregga ».

Il 7 novembre 1925, insorgono atroci dolori, si tratta di appendicite.

Alla presenza dei familiari, del medico e del Parroco, Resl entra in estasi, le appare S. Teresa del B. G., che immediatamente la guarisce. Ritornata in sé, vuole recarsi subito in chiesa, perché cosí la Santa le ha detto.

A metà quaresima del 1926, con la visione del giardino del Getsemani, hanno inizio le contemplazioni estatiche della passione di Gesú (cf. pp. 46-64).

« Ecco prima Gesú sul monte degli Ulivi (cosí Teresa racconta la sua visione) inginocchiato mentre gli Apostoli riposano. Poi ella vede Giuda...; è il tradimento. Si avanza allora la soldataglia... Quindi la flagellazione.

« Le scene si susseguono, si ricostruiscono davanti agli occhi attoniti di Teresa che è ormai insensibile ad ogni richiamo, insensibile alla voce, alla carezza, a qualsiasi cosa che sfiori la sua carne.

« Seguono la condanna... la via Crucis... il Cireneo, la Veronica... la crocifissione... Ai piedi della Croce Teresa non vede che la Vergine e San Giovanni. Nell'ombra che cala improvvisa, soltanto la Croce appare in luce. La sofferenza di Gesú è atroce. Teresa ode - nell'aramaico di quel tempo - le sconsolate parole: Eloi, Eloi, lamma sabacthani! Mio Dio, Mio Dio, perché mi avete abbandonato?

« Poi, dopo un ultimo sussulto, Gesú muore. « La visione scompare. E Teresa che, per una forza misteriosa, durante tutto il succedersi delle tragiche scene, è rimasta rapita, con le mani levate verso l'alto, quasi sospesa, né coricata né completamente seduta, s'abbandona pesantemente, come tutti i suoi nervi si siano rilassati improvvisamente. E' un corpo morto che cade, che s'abbandona stanco, sfinito, non avendo piú forza alcuna di reggersi.

« Ella, infatti, durante la visione, ha molto sofferto. Non ha soltanto visto ma ha pure partecipato, per cosí dire, a quell'ora di passione. Nella sua carne, si sono, cioè, ripercossi gli spasimi del corpo tormentato di Gesú: ella ha sofferto delle battiture, delle trafitture delle spine e dei chiodi, ha sentito gravare sopra di sé il peso della croce. Le grida della folla accecata di odio le sono riecheggiate nell'anima dolorosamente. Le ha dato gioia l'atto pio della Veronica, l'aiuto del Cireneo. Ma per pochi istanti. La sofferenza l'ha subito nuovamente posseduta. Dalla ferita del cuore il sangue è uscito continuamente.

« Fino a quel giorno Teresa aveva potuto nascondere ai suoi di casa la ferita: soltanto sua sorella Crescenzia sapeva. Ma non soltanto dal cuore il sangue era uscito: gli occhi avevano pianto lagrime di sangue; il volto s'era rigato di rosso e le lagrime sanguigne s'erano fermate e incrostate agli angoli della bocca piegata in una smorfia di dolore.

« Ed ora che l'estasi è trascorsa e s'abbandona spossata, Teresa sente che altro sangue le esce dalle mani e dai piedi. Ma il sangue, raggrumato sugli occhi, le impedisce di vedere cosa sia. Non dice niente a quanti le sono vicini. Soltanto a sera chiama sua sorella Crescenzia.

« Ho tanto male alle mani e ai piedi e sento del sangue, guarda cos'ho ».

« La giovinetta la scopre e vede che i piedi e le mani della sorella sono segnati da ferite dalle quali esce il sangue. Allora ne informa i genitori che fanno subito chiamare il parroco.

« Teresa non vorrebbe mostrare queste sue piaghe. Bisogna che il sacerdote glielo comandi, glielo imponga per obbedienza ed allora mostra le sue mani sanguinanti ed i suoi piedi. Sono come il segno di una trafittura. Sono - non c'è dubbio e incertezza nel giudizio del sacerdote confuso e tremante egli stesso nel farne la costatazione - il segno delle piaghe del Salvatore: le stigmate.

« Pallida, col volto incrostato di sangue, le braccia un poco allargate, Teresa è lí nel suo letto senza saper parlare, senza poter vedere, tra gente che piange in silenzio. Le piaghe aperte la fanno soffrire, ma non si lamenta, non si turba. A momenti un sorriso lieve le sfiora il volto e par quasi una luce che la faccia tutta risplendere.

« La quiete del piccolo borgo è rotta. Il nome di Konnersreuth che le guide non segnano, che i turisti non conoscono, che le carte geografiche dimenticano, è ormai conosciuto come quello di una metropoli. Sulle strade del paesotto bavarese s'incammina una folla di pellegrini che vengono da tutti i paesi e parlano tutte le lingue. I giornali portano lunghe cronache del "caso di Konnersreuth ". Il nome di Teresa Neumann passa tutte le frontiere e già molti la invocano come quello di una protettrice. Gente che crede e gente che non crede viene al capezzale della contadina e taluno s'inginocchia e tal'altro guarda soltanto con occhi curiosi e con sorriso scettico. Chi parla di santità e chi di trucco, chi di grazia divina e chi d'isterismo. Non sono soltanto donne e curiosi che vengono a Konnersreuth, ma scienziati non usi a lasciarsi trascinare dall'entusiasmo, abituati al freddo e preciso esame scientifico, alle diagnosi mediche, alle severe indagini. Uomini che non hanno dubbi sulla loro scienza; dei mistici della scienza alla quale credono come alla verità suprema, insorpassabile. S'avvicinano al letto della sofferente, la sottopongono a lunghi esami, la interrogano: vorrebbero toccare con le loro mani il fondo del mistero e dar una spiegazione anche agli enigmi (l'inspiegabile secondo leggi naturali è per taluno enigma) piú oscuri. Molti si arrendono e confessano l'impossibilità per la scienza di spiegare alcuni dei fenomeni che maggiormente hanno attirata l'attenzione. Altri tentano il ragionamento scientifico, hanno pronte le loro teorie che dovrebbero sciogliere ogni mistero e porre il " caso di Konnersreuth " in una luce umana. Altri ancora vanno piú in là e affermano che si è sotto il dominio di leggi soprannaturali ».

E infine, a p. 66 ss.: « Chi ha assistito ad una di queste estasi n'è rimasto fortemente impressionato. E' una visione tragica. Una donna che non ha piú percezione di quanto è attorno a lei, soffre atrocemente e piange, e si dibatte nel suo letto con le mani tese verso l'alto, verso " qualcosa " che soltanto i suoi occhi sanguinanti scorgono. Una sofferenza sovrumana tortura la carne e l'anima di lei che pare non aver forza bastante per sopportarla. Si può credere o essere degli scettici, si può pensare ciò che si vuole dei fenomeni straordinari che si manifestano, ma di fronte a questa scena in cui il dolore appare in una evidenza straziante, non si può essere degli indifferenti. Né per un solo istante può passare nella mente il pensiero d'essere davanti ad una commediante. C'è qualcosa di misterioso che sublima la scena e che incute, a quanti vi assistono, sgomento e rispetto. « Anche quando finalmente Teresa, dopo un ultimo gemito, dopo che le sue braccia per l'ultima volta si sono levate verso l'alto, spossata cade riversa sui cuscini, placata e pacificata, l'anima degli spettatori non s'acquieta. Rimane qualcosa che tiene desti e inquieti. Non si può dimenticare e nel tempo stesso non si può ritornare col pensiero a quanto si è visto senza sentirsene nuovamente turbati. Uomini scettici e rudi hanno ritrovato presso il letto di Teresa le loro lagrime. Altri ch'erano andati a Konnersreutth con l'anima arida e impigrita ne sono venuti via smarriti come tutte le volte che si scopre una realtà nuova, superba e dominatrice ».

Perdonerà il lettore se rileverò ancora qualche dato comune ai tre stigmatizzati: P. Pio da Pietralcina, Teresa Neumann ed Elena Aiello.

Luciano Berra, nel libro citato (p. 145 ss.), cosí lo descrive:

« Teresa legge nel segreto delle coscienze. Il suo occhio entra nella piú profonda intimità. Non si rivelano cose nuovissime raccontando certi fatti che sono ormai famigliari a quanti conoscono Teresa Neumann, e che sono stati riportati in tutti i libri che parlano di lei. Uno dei piú clamorosi è l'episodio raccontato da Mons. Schrembs, Vescovo di Cleveland, che fu a Konnersreuth nella primavera del 1928 accompagnato dal suo Cancelliere Mons. Fadden e da alcuni pellegrini. Mons. Schrembs è oriundo bavarese ed era assai bene a conoscenza del " caso di Konnersreuth ". La visita alla Neumann è stata da lui stesso raccontata ed è qualcosa di piú d'una semplice " impressione ". è altissima testimonianza di un fatto sul cui valore non vi possono essere giudizi discordi. Appunto per questo lascio

a lui stesso la parola, riportando quanto egli scrisse, nella traduzione che è apparsa in diverse pubblicazioni.

« Mentre mi trovavo nella camera delle visioni - scrive Mons. Schrembs - con molti altri pellegrini, entrò la madre di Teresa. Mons. James A. Mac Fadden, mio cancelliere, sedeva dietro di me. Ad un tratto Teresa, che non poteva aver avvertita l'entrata della madre, disse a voce bassa: - Mamma, questo signore accanto a te (voleva dire me) è originario di questo paese. Nacque non molto lontano di qui. Tuttavia egli abita ora al di là del mare e svolge una grande attività per la causa di Dio. Egli è chiamato a fare ancora molto. Ho da dire qualche cosa, " a lui solo ". - I pellegrini raccolti nella stanza incominciarono ad uscire e con loro anche Mons. Mac Fadden. Allora Teresa disse: - Il signore dietro di te, può restare; tanto non capisce il tedesco. - E cosí Monsignore divenne l'unico testimonio auricolare del colloquio confidenzialissimo svoltosi fra Teresa e me. Ella svelò i segreti piú profondi della mia anima che solo Iddio ed io conoscevamo. Mi parlò poi del passato e dell'avvenire ».

Di Elena Aiello si narrano, da parte degl'interessati, molti episodi analoghi; alcuni sono a nostra conoscenza. In attesa però che ne siano raccolte le testimonianze giurate, ci siamo limitati a riferire, nel corso di questi appunti, soltanto quei pochi di cui possiamo garantire, di persona, la precisa formulazione e la oggettiva rispondenza con l'avvenuta realizzazione.

Ancora a p. 95, di Teresa Neumann il Berra scrive: « Ella dice di parlare per la verità. La verità è questa: e lo dice placidamente paga della sua affermazione. Il non essere creduta non la tormenta per sé, quanto - dice - per il rispetto dovuto alle cose divine.

« Questa sua semplicità e questa sua limpidezza tolgono al visitatore ogni soggezione. Passato il primo istante di incertezza si discorre con Teresa come la si conoscesse da chissà quanto tempo. Il suo buon umore ravviva spesso la conversazione ».

E piú oltre (p. 97): « E sorprende, in una contadina, certa finezza di osservazione che giunge ad intendere l'opportunità di tacere una notizia o un particolare quando possano trascinare responsabilità altrui. Di sé nulla nasconde e nulla tace, della sua vita nulla nasconde e nulla vuole si nasconda ».

« In Teresa tutto ciò (il parlare della " scienza ") è naturale e spontaneo: parole che sgorgano con tutta semplicità come dopo un'intima riflessione. In lei, del resto, tutto è naturale e spontaneo. Non artificiosità, non pose, non arie di sapiente. Si può quasi dimenticare - parlandole in ore normali, quando non è rapita in estasi - di essere accanto ad una donna, protagonista di cosí eccezionali avvenimenti.

« Domina la conversazione senza che lo si avverta » (p. 99).

« In paese tutti parlano del " miracolo ". Pochissimi non vi credono e parlano di "trucco". Il contadino non è uso a distinzioni ed alle sottigliezze. Teresa la chiamano " la Santa " e credono che veramente abbia in sé potenze non umane » (p. 105). Da ciò l'accorrere sempre crescente a lei per ogni sofferenza, per ogni caso doloroso, in cerca di preghiere e per consigli.


Appendice II. - Elenco delle case


Ecco lo schema delle Case, con l'indicazione dell'anno di apertura e qualche cenno dell'attività specifica:

1. - Cosenza, Via dei Martiri 9. Casa Generalizia. « Istituto S. Teresa del Bambino Gesú ». Dal 20 settembre 1937. (In Vico II Revocati, gennaio 1928. Palazzo Caselli, nov. 1928. Rione Spirito Santo, febbr. 1932).

A parte: noviziato - probandato.

Attività: Orfanotrofio con orfanelle e piccole abbandonate dai tre ai ventuno anni. Scuole elementari. Laboratorio professionale di taglio, cucito, maglieria, merletteria e ricamo.

Asilo infantile « Vera Palmardita ». Organizzazione delle colonie estive, per 710 assistiti, in due turni.

Assistenza parrocchiale: catechismo, Azione Cattolica, Messa del fanciullo nelle seguenti Chiese: S. Francesco di Paola, Spirito Santo, S.mo Crocifisso, S. Agostino, S. Giovanni, S. Lucia, S. Aniello. Piú di un centinaio di bambine.

2. - S. Fili. Orfanotrofio « S. Francesco di Paola ». Dal 4 ottobre 1939. Superiora': Suor Vittoria Greco, con 4 Suore professe. Orfanotrofio. Scuola Materna.

3. - Bucita. Orfanotrofio « S. Lucia ». Dal 13 dicembre 1941. Superiora: Suor Gertrude Fiorita, con 4 Suore professe.

4. - Rovito. Asilo Infantile « S. Barbara ». Dall'11 ottobre 1942. Superiora: Suor Filomena Santelli, con 4 Suore professe. Con laboratorio professionale: taglio, cucito, ricamo.

5. - Castrolibero. Asilo Infantile « S. Antonio di Padova ». Dal 4 aprile 1943. Superiora: Suor Cherubina Smeriglio, con 3 Suore professe.

6. - Montalto Uffugo. Istituto Magistrale « S. Rita da Cascia ». Dal 12 aprile 1943. Complesso grandioso, che domina dall'alto il paese e l'ampia valle del Crati. Superiora: Suor Angelica Trotta (attuale M. Vicaria Generale), con 10 Suore professe. Aspirandato. Asilo Infantile. Scuole Elementari. Scuola Media, Scuola Magistrale: legalmente parificate. Orfanotrofio e Collegio. Laboratorio professionale.

7. - Ivi. Orfanotrofio « S. Chiara », dal 7 ottobre 1958; con 3 professe e un altro asilo in. fantile.

8. - Paola (Marina), Via S. Leonardo 7. Istituto « S. Gemma Galgani ». Dal 23 novembre 1944. L'immobile fu acquistato da Suor Elena il 22 dicembre 1939; danneggiato dai bombardamenti nel 1943, dovette essere « funditus » restaurato. Solo nel 1954 ebbero fine tali lavori ed è stata ripresa tutta l'attività. Il numero delle bambine interne è di 65.

Orfanotrofio. Asilo Infantile. Scuole Elementari. Laboratorio professionale. Superiora: Suor Teresa Infusino, con 8 Suore professe.

La Casa consta di tre piani: nel I° sono 4 grandi vani; nel II° 8 e nel III° ancora 8.

9. - Spezzano Piccolo. Asilo Infantile « S. Giuseppe ». Dal 17 marzo 1946. Superiora: Suor Gemma Infusino, con 3 suore professe. Asilo Infantile e Laboratorio di taglio, cucito, ricamo.

10. - Carolei. Asilo Infantile « S. Luigi Gonzaga ». Dal 30 aprile 1947, nuovo edificio (Già dal 1939, le Suore vi tenevano un asilo parrocchiale). Superiora: Suor Francesca Scovino, con 5 Suore professe. Oltre all'asilo: orfanotrofio e laboratorio professionale.

11. - Marano Marchesato. Orfanotrofio « S. Cuore di Gesú ». Dal 31 ottobre 1950. Superiora: Suor Rita Osso, con 4 Suore professe. Attività, come alla Casa precedente.

12. - San Sisto. Asilo Infantile « P. Bernardino Clausi ». Dal 15 giugno 1952. Superiora: Suor Antonietta Mazzei con 3 professe. Asilo e Laboratorio professionale.

13. - Cerchiara (Diocesi di Cassano Ionio). Orfanotrofio « S. Maria delle Armi ». Dal 3 dicembre 1954. Superiora: Suor Nicolina Ramundo, con 3 professe. Oltre all'orfanotrofio: asilo infantile e Laboratorio professionale.

14. - Orsomarso (Diocesi di Cassano Ionio). Asilo Infantile « Madonna di Fatima ». Dal 10 maggio 1956. Superiora: Suor Margherita Casciaro, con 3 Suore professe. Anche Laboratorio professionale.

15. - San Lucido. Casa di riposo « Antonio e Pierina Manes ». Dal 6 novembre 1957. Superiora: Suor Carmelina Cribari, con 3 professe. Per alcuni anni, le Suore ebbero in fitto annuo un grande edificio, in prossimità della spiaggia, per le colonie estive.

16. - Roma, Via dei Baldassini 18. Asilo Infantile « Madonna di Fatima ». Dal 23 settembre 1959. Superiora: Suor Imelda Mazzulla, con 5 Suore professe. Educande.

17. - Lauropoli (Diocesi di Cassano Ionio). Asilo Infantile « S. Maria Cabrini ». Dal 24 ottobre 1959. Superiora: Suor Colomba Celestino, con 3 professe. Asilo e orfanotrofio.

18. - Cosenza - Panebianco - Verso S. Vito. Istituto « Cuore Immacolato di Maria ». Dal 1 ottobre 1960. Superiora: Suor Candida Trifilio, con 6 Suore professe. Asilo. Orfanotrofio. Scuole Elementari.

Le suddette Case sono di proprietà dell'Istituto, tranne quelle di Marano, Spezzano Piccolo, Cerchiara e Lauropoli.
Appendice III

In occasione della morte di Suor Elena, le Suore Minime ricevettero diverse lettere che parlano di grazie ottenute per intercessione della loro Madre Fondatrice.

1. - Da Pontebba (Udine), 21 giugno 1961, la signora Venerina Englaro (Via Mazzini), cosí scrive: « Ho appreso dal giornale che Suor E. A. è morta ieri... Per riconoscenza mi sento in dovere di comunicarvi che per intercessione di Suor Elena nel lontano 1940 ottenni da Dio la guarigione prima di un mio figlio, e poi dell'altro salvato miracolosamente per aver tenuto sul petto la lettera che Suor Elena mi aveva scritto. Attraverso i pericoli della guerra e sono trascorsi 21 anni; ho qui mentre scrivo la lettera ingiallita dal tempo. P. S. Accludo la busta della lettera e riconoscerete la sua calligrafia ».

2. - Il 9 luglio 1961, da Pisa, Ippolita Barberini (Via San Mattia, 63, Napoli) che parla di una grazia ricevuta.

3. - L'8 novembre 1961, Antonietta Dionisio (Via Giandomenico Patroni, 6, Bari) : « R. M. Superiora, la sottoscritta è una miracolata della vostra consorella, Suor Elena Aiello. Soffrivo molto ai denti; poco dopo la morte di Suor Elena la pregai di vero cuore se mi otteneva la guarigione... ho sperimentato il suo soccorso ed è mio dovere pubblicarlo a gloria Sua ».

4. - Il 21.6.1962, Maria Tanzi vedova D'Angiò, da Foggia: « L'anno scorso il giorno 22 giugno, mi trovavo in viaggio da Bari a Foggia di ritorno da una Clinica: con l'aiuto della Croce Rossa, riportavo mio marito grave, ormai condannato alla morte da un male ribelle. Affranta dal dolore, mi disperavo per la salvezza della sua anima, poiché contrario ai Sacramenti e da molto tempo lontano.

« Lungo il viaggio, non so come, mi capitò tra le mani un frammento di giornale, dove appresi che in quello stesso giorno avrebbero avuto luogo i funerali della Suora santa.

« Io allora, con tanta fede, mi misi a pregare Suor Elena per la conversione di mio marito, promettendo di far pubblicare detta grazia.

« Sono sicura che è stato per la sua intercessione che mio marito ricevette i Sacramenti e morí rassegnato.

« Io pregherò sempre Suor Elena Aiello in ogni mio bisogno, specie per ottenere una buona morte ».

5. - L'l1.1.62, il signor Rocco Bottiglieri (Via Manin, 59, San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno) comunica che nell'estate dell'anno precedente dovendo subire un'operazione al collo, e data la stessa indecisione dei medici, sia per la sua età avanzata che per l'alta azotemia, si rivolse a Suor Elena, "passando" piú volte sul collo un batuffolo col sangue preso dal pannello, di cui abbiamo parlato.

« Ripresi coraggio, speranza, vita ». Fu operato felicemente « senza un lamento ».

« E' stata la santa che ha fatto il miracolo ed io La ringrazio vivamente e La prego tutti i giorni come la mia Santa Benefattrice ».

6. - Da Roma (Via Tor Sapienza, 73), il 5.4.1963, la signora Lucioli Francesca cosí scrive: « Non ricordo la data precisa se fu l'ultimo di novembre o i primi di dicembre del 1961. Ero disperata a motivo che il mio figlio, di 12 anni e mezzo, ha avuto un abbassamento di vista. Ho invocato Cielo e terra per venirmi in aiuto...

La notte, del giorno sopra indicato, mi sogno tanta gente che camminava per la strada e gridava: Suor Elena, Suor Aiello e pregavano e chiedevano grazie. Io mi sono messa insieme a loro. Arrivati a un certo punto, abbiamo visto una tomba chiusa di fresco: sembrò che tutta quella gente piú non ci fosse. Ad un tratto ho visto una persona come in seguito spiego.

« Subito le dico: " Suor Elena, mio figlio guarisce? ". Lei mi guarda e mi dice: " Sí, fra un anno ".

« La mattina, col vivo ricordo del sogno, che rimane tutt'ora come se fosse stato adesso, non sapendo chi fosse questa Suor Elena, telefono ad una mia zia, cui racconto tutto. Ignorava anch'essa chi fosse Suor Elena e suggeriva non si trattasse di santa Rita: ma non mi convincevo perché le rassomiglianze non c'erano.

« Dopo due o tre giorni, mio figlio si trovava sul marciapiedi dinanzi al nostro negozio di frutta; passa un signore che noi conosciamo, con della carta per avvolgere la roba; e cosí dà a mio figlio qualche foglio di carta. Questi, nello sfogliare la rivista, trova un articolo che parla di una suora, e conoscendo il mio interesse per tali articoli, entra e mi dice: " Mamma, questo è per te ".

« Con mia grande meraviglia e sorpresa e non so dire quale gioia, era la persona che avevo sognato » (Dal foglio accluso alla lettera, su cui la donna ha scritto: " Me l'ho sognato proprio cosí ", risulta essere "Grazia" del 4 giugno 1961, p. 60 s.: la foto ritrae Suor Elena nel suo letto, con accanto visibile il pannello di masonite con l'effigie che essuda sangue).

« Leggo il nome e cognome proprio quello che io prima di allora non avevo mai inteso nominare, né mai sentito parlare di questa suora.

« Io aspettavo la grazia, ma siccome l'anno è passato e la grazia sembra che ancora non è arrivata, da qualche giorno mi è venuta la pressante idea di scrivere. Prego di pregarla voi, di fare qualche triduo o novena... che mi concederà la grazia da me tanto aspettata. Forse vuole che la pregate voialtri che sapete veramente pregare... ».

7. Da Roma, 9-10-1963: « Io qui sottoscritta, Emilia Francavilla, abitante a Via delle Acacie, 152, dichiaro che la Signora Anna De Vita di Cosenza mentre ero gravissima in Policlinico, con viva fede, il 25 maggio corrente anno, mi ha passato sul corpo la reliquia (!) di N. S. Gesú Cristo (quella imbevuta del sangue che scorreva alla parete del letto di « Suor Elena Aiello »), implorando la grazia della mia guarigione con l'intercessione della suddetta " Suor Elena Àiello ".

« La Signora Anna De Vita passandomi sul corpo la "santa reliquia" ha detto: "se vedrò in piedi questa ammalata le farò scrivere la dichiarazione ".

« Infatti due giorni prima che ella (Sig.ra De Vita) lasciasse il Policlinico, io accompagnata da mia sorella sono andata al bagno. Ancora non sono completamente guarita; sto un periodo bene ed un altro malissimo, però fido nella intercessione di Suor Elena Aiello e terrò sempre nel mio petto la reliquia preziosa ».

Segue una lettera del marito Signor Gabriele Serena, firmata anche a nome dei figli: in essa è detto che il « giorno tre ottobre è uscita mia moglie da una morte sicura, dopo sei mesi di dolore, di sofferenza ».

Sono in mio possesso due lettere, di alcuni anni piú indietro, scritte a Suor Elena Aiello, per grazie ricevute.

La prima è del 13 ottobre 1955, da Cliffside Park, New Jersey. « Reverenda e cara Madre, il giorno 29 settembre scorso sentii la sua voce e un po' della sua storia dalla prima trasmissione di Lucio Basco e mi commossi un poco, ma non ci pensai tanto a lungo.

« Alla mezzanotte dello stesso giorno il mio bambino di 4 anni e tre mesi fu preso da un grave attacco di grupp alla gola e stava soffocando. Venne subito il dottore e me lo fece portare subito all'Ospedale dove gli diedero l'ossigeno e gli apprestarono altre cure del caso e lo specialista accorso d'urgenza non si peritò di dirmi che il caso era molto grave e se nelle prossime poche ore non avesse migliorato l'unico tentativo era di operarlo praticandogli un'apertura nella gola e intromettergli un tubo per portare aria ai polmoni.

« Mi sentii agghiacciare e sedetti vicino al suo lettino contemplando quel corpicino scosso e tormentato da un respiro che sembrava un sibilo inumano senza avere nemmeno la forza né di pensare né di pregare.

« Alle quattro del mattino era lo stesso; mi ricordai della trasmissione radio e di voi; allora mi avvicinai alla finestra e rivolgendo gli occhi al Cielo dissi: " Signore se non puoi per me che sono cattiva e non merito, per l'amore che Ti porta Suor Elena Aiello, salva il mio bambino ".

« Sentii subito una nuova speranza e dopo qualche minuto incominciò a migliorare. Alle otto e mezzo del mattino era fuori pericolo.

« Ora è a casa ed è quasi guarito e senza operazione e ciò io l'attribuisco a una grazia Celeste che il Signore ha voluto fare per amor vostro.

« Accludo la foto del bambino e una modesta offerta per i suoi orfanelli sperando che volete ricordarci nelle vostre preghiere ora e sempre, devotissima

Teresa Aceto

236 Lincoln Avenue - Cliffside Park New Yersey ».

La seconda, è del 13-11-1958, da Palermo. « Rev.ma Madre,

Perdonate il mio ritardo nello scrivere per ringraziarvi di aver spedito la pezzolina bagnata del sangue del volto di Gesú. Forse non ricorderete piú di che cosa si tratta.

« Il mio figliolo Ignazio si trovava a quel tempo ricoverato in un sanatorio ammalato di tubercolosi polmonare, fu nel maggio del 1957 che il suo stato divenne molto grave. Fin dal primo giorno non ho fatto che pregare Iddio e la Santa Vergine con una tale forza d'animo da infondere nel mio cuore una potente speranza, fu in quel periodo che lessi sul giornale dell'esistenza di quella Vostra miracolosa immagine del Volto di Gesú e vi ho subito scritto, nell'attesa che tale risposta aumentava il calore delle mie preghiere e di quelle del mio figliolo che consapevole del suo stato grave rafforzava anche lui le sue preghiere; ci accostavamo spesso al Sacramento della Comunione, facevamo mamma e figliolo un rito che non aveva altro scopo che pregare, ottenere da Dio il perdono dei nostri peccati in cambio della sua salute.

« La vostra risposta mi giunse dopo tre mesi tanto che fu per me proprio inaspettata.

« Presi subito il tram e con quella reliquia dentro la borsetta, commossa confusa per tanta fortuna, corsi al sanatorio, posi la stessa dentro un sacchettino di stoffa e la misi al collo di mio figlio con mille raccomandazioni di non perderla o di non farsela togliere da nessuno.

« Lui fu tanto contento quel giorno ci abbracciammo commossi e da quel momento sentimmo che Dio ci avrebbe esauditi.

« Venne l'inverno, il male si era fermato, verso la primavera i medici decisero un intervento chirurgico e si giunse al mese di maggio, ma quando gli fecero una lastra prima dell'operazione trovarono che il male non c'era piú, che per lui ormai occorreva solo un po' d'aria di montagna e lo mandarono a Trento un posto bellissimo dove io speravo che rimanesse un poco perché si ritemprasse bene, ma prima che finisse maggio me lo vedo spuntare a casa d'improvviso, i medici lo avevano mandato via perché lasciasse il posto a quelli che ne avevano bisogno perché lui stava benissimo: poteva tornare a casa.

« Perdoni cara Madre, il mal scritto, ma sono troppo commossa: perdonatemi ancora se non ho scritto subito, una serie continua di contrarietà mi ha impedito di farlo; sarebbe troppo lungo parlarne. Solo Vi dico, mio figlio si era ammalato a causa della miseria, fu a lungo disoccupato, ora ha la salute ma non ha il posto che ha cercato di avere ma per ora con il sussidio del Sanatorio, ma noi preghiamo sempre e confidiamo nella Divina Provvidenza che dopo avergli dato la salute gli dia anche il suo pane quotidiano.

« Voglia, cara Madre, gradire questa piccola offerta di L. 1.000 che in segno di gratitudine le invio per un mazzo di fiori da fare alla Sacra Immagine del Volto di Gesú.

« Spero vorrà ricordarmi nelle sue preghiere per aiutarmi ad ottenere da Dio il perdono dei miei peccati per essere degna di ottenere la grazia che gli chiedo incessantemente.

« Nel nome di Gesú e di Maria mi dico sua devotissima

Anna Patricolo Via Costantino Lascaris, 8 Palermo »