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A Palazzo Caselli: fino al 1932


Nel 1929 le bambine salirono a 26; nei primi mesi dello stesso anno, arrivarono le due prime giovani aspiranti, ambedue da Bucita: Carmelina Cribari, attualmente Superiora della Casa di S. Fili, ed Emilia Arturi. Un'ex-suora, Dolorosa da C., accolta per viva raccomandazione di un sacerdote, fu ben presto dovuta rimandare.

Subito dopo la Pasqua, una dottoressa, tramite l'opera della Maternità ed Infanzia, ottenne da Roma un'inchiesta: una malata di tisi (Suor Elena) terrebbe nella stessa casa vecchi ammalati e piccole abbandonate! La commissione inviata dalla Prefettura (Dr. Mario Misasi, Francesco Misasi e il ragioniere Capo della Prefettura, dr. Volpe) costatò l'assoluta falsità della denuncia.

Nel 1° venerdí di marzo 1930, morí l'ultima delle tre sorelline ricoverate nel dicembre 1928: Sandrina Rende. Suor Elena fu colta improvvisamente dai fenomeni straordinari, mentre finiva amorevolmente di ornare di fiori l'esanime spoglia dell'angioletto; le suore la sollevarono e 1'adagiarono sul suo letto, dove i fenomeni si svolsero come di consueto.

Particolare benevolenza, in questo tempo, dimostrarono verso Suor Elena e le sue bambine, il Prefetto Dr. Bianchetti e la sua Signora, che animati da nobili sentimenti di carità cercavano di sollevare con ogni cura i poveri e i sofferenti. La Signora Bianchetti, in tale sua attività, volle ed ebbe spesso con sé Suor Elena, cui sembrava di ritornare indietro negli anni, quando nella nativa Montalto, si recava nelle famiglie piú colpite dalla sventura o ad assistere gl'infermi, piú bisognosi di una parola buona.

S. Teresa del Bambino Gesú mostrò talvolta la sua compiacenza alla piccola comunità che a lei s'intitolava, dando segno tangibile della sua protezione e vigile presenza. Un giorno, apparve dolcemente sorridente a tutte le piccole che nel laboratorio lavoravano recitando qualche preghiera; il chiasso che ne seguí fece accorrere Suor Elena dal piano superiore: eran tutte eccitate per « aver visto » la santa carmelitana. Risalendo donde era venuta, Elena vide anche lei S. Teresa che dalla soglia della stanza le sorrise.

Nell'agosto 1930 partecipò alla festa per la celebrazione della prima Messa del P. Francesco Mazza a Bucita, mentre nuovi dolori la tormentavano. Fu visitata, verso la fine di settembre, dal prof. Falcone, e subito dopo a Roma dal Prof. Bastianelli, che ordinò il taglio dell'appendice. L'operazione ebbe luogo nell'Ospedale Civile di Cosenza, soltanto ai 16 di novembre; Suor Elena aveva voluto prima finire l'arredamento necessario della picola casa, addossata alla Chiesa di S. Francesco di Paola, dove dovevano prendere alloggio i Padri Minimi, che ritornavano finalmente a Cosenza.

Nel dicembre, arrivò la terza aspirante: Concetta Laganà, nipote di Suor Gigia.

Il 13 giugno 1931, accrebbe il numero delle piccole, una bimba di appena 11 mesi: la mamma, costretta ad abbandonarla, l'affidò alle Suore né piú si rivide. Solo dopo diligenti indagini si venne a conoscere il nome di costei, e lo stesso nome venne dato alla bimba: Anna B. D.

Un'altra si aggiunse nel modo seguente: un tizio (Pasquale C.) da S. Vincenzo La Costa scendeva a Cosenza a vender ricotta e portava seco una bimba (sua figlia), che faceva circolare mal vestita per il quartiere di Panebianco a chieder l'elemosina; a sera, la legava al cesto e la riportava al paese. Un giorno, nei pressi del Palazzo Caselli, questo figuro contrattava con un giovane cocchiere, suo pari, la vendita della bimba per L. 30. Elena sentí il discorso e avvertí subito l'avv. Arabia, abitante là di fronte, invocando il suo intervento. I due compari se la squagliarono, abbandonando l'infelice bambina (Marietta C.) che Suor Elena prese con sé. La Questura, informata del caso, autorizzò la Suora a trattenere la bimba, contro qualsiasi eventuale pretesa o richiesta del padre.

Nell'agosto del 1931 si diffuse a Cosenza la scarlattina. Ne fu colpita Ernestina Rende: Suor Elena portò tutte le altre a Bucita, mentre la piccola infetta veniva trasferita al lazzaretto. Dal paese vicino, riapparve il venditore di ricotta, che cercò anche con la forza di portarsi via la bambina: la prontezza e la decisione di Suor Elena, che gliela tolse di mano, frustrarono l'insano proposito. Nella notte, in sogno Elena vide la casa di Cosenza dove erano rimaste Suor Gigia e Suor Carmelina, isolata sotto vigilanza sanitaria, mentre la piccola Anna B. veniva ricoverata anch'essa al lazzaretto. Il medico V. Vercillo, di ritorno da Cosenza, riferí a Suor Elena che, di fatto, aveva visto le guardie municipali recarsi a disinfettare l'abitazione delle Suore a Palazzo Caselli, ma non seppe dire altro. Elena preoccupata, si recò immediatamente a Cosenza: la casa era stata disinfettata e chiusa, Anna B. trasferita al lazzaretto; le due suore rimaste però stavano bene; nello stesso giorno, Elena ritornò a Bucita.

Nell'ottobre, cessata del tutto l'epidemia, con le bambine rientrate al completo, la comunità riprese a Palazzo Caselli la sua vita normale.

Cesare Guasti dedicò a sua figlia la traduzione dalla Imitazione di Cristo: « Perché tu impari - ad amare e a soffrire - cristianamente - ti raccomando questo libro - o mia Angiolina - tu - leggendo e meditando - ripensa a tuo padre »; e subito dopo, aggiunse questi versi:

« Qui trovi alle fugaci ore serene Degno obietto l'amore; Qui della vita nelle lunghe pene Cerchi conforto il cuore. Cosí, mentre la gioia e il duol s'alterna, Di chi s'affida in Dio la pace è eterna ». Quest'alternativa caratterizza il fluire del nostro tempo quaggiú; di essa è intessuta principalmente la storia di ogni opera buona, con frequenti tribolazioni: incomprensioni e magari persecuzioni da parte di alcuni, e ammirazione, fattiva simpatia e aiuti da parte di altri; e l'immutata Provvidenza divina, che tutto fa convergere al bene di chi Le si affida.

In via dello Spirito Santo (febbraio 1932 - settembre 1937)


Per la povertà di Suor Elena il fitto dell'abitazione era un peso non indifferente; anche qui venne inatteso l'aiuto.

Il Sac. Prof. D. Carlo De Cardona, fondatore e Direttore della Cassa Rurale, mise a disposizione dell'Istituto i vecchi locali della sua Banca siti in Via dello Spirito Santo, tra la Chiesa omonima e la strada che sale verso la Prefettura. Suor Elena e Suor Gigia si trasferirono subito nella nuova casa. I locali molto piú ampi permisero di aumentare il numero delle orfanelle e delle suore. Nell'agosto, celebrava a Bucita la sua prima Messa il P. Arturo Mazza; vi si recarono Suor Elena e Suor Concetta Laganà, per i consueti preparativi; ma quest'ultima si ammalava; ricoverata all'Ospedale di Cosenza, vi spirava serenamente alle 10 del 15 agosto.

Nel novembre 1932 erano accolte Suor Luisa Perna, che assisterà Suor Elena fino alla fine; e Suor Giulia Montemurro.

1933 - Anno Santo - Pellegrinaggio a Roma di Suor Elena e Suor Gigia, in autunno.

Nel settembre 1934, entrano: Suor Angela Padula, Suor Modesta Petrone, Suor Teresa Infusino, Suor Filomena Santelli, Suor Maria Saltelli; il 2 gennaio 1935, Suor Adelina Cristiano, Suor Laura Miceli.

Il 6 gennaio 1935 faceva il suo ingresso a Cosenza, il nuovo Arcivescovo, Mons. Roberto Nogara, eletto il 27 agosto precedente. Alcuni mesi prima, S. Ecc. Trussoni, dimissionario, aveva lasciato l'Arcidiocesi, fatto segno ad una commovente dimostrazione d'addio, da parte di tutta la cittadinanza. Il nuovo Pastore ebbe un'accoglienza entusiasta, oltremodo affettuosa e devota.

« Mons. Nogara - scrive il P. Russo - fu un vescovo fortemente conquiso dall'ansia delle anime. Aveva scelto come motto del suo episcopato " volentem duco nolentem traho ", e, come San Paolo, fu un irrequieto del Regno di Dio. Instancabile nel lavoro, trovava riposo nel cambiare occupazione. Anche nel modo di parlare era rapidissimo. Come in San Paolo, infinite volte ricorreva nei suoi discorsi il nome di Gesú. Fu di una rettitudine totale, donde quell'apparenza di austerità e di rigore; ma ebbe un cuore grande, aperto alla massima comprensione, incapace di doppiezza, sensibilissimo ai bisogni delle anime, del clero, dei tempi. Non poche volte, nel corso di visite pastorali, restò digiuno fino a sera, quando stanco rientrava nel suo episcopio, per non portare aggravio al misero bilancio dei parroci. Quante belle, grandi case canoniche volle per le parrocchie della sua Diocesi! ».

La figura di Mons. Nogara è rimasta scolpita nei cuori del clero cosentino, in special modo, nei cuori del giovane clero, ch'egli seguiva con una preoccupazione piú che paterna. Ed è unanime il rimpianto della sua immatura perdita. L'Arcidiocesi insensibilmente aveva ripreso la dinamica dei periodi migliori: l'azione pastorale era animata dalle direttive e dall'esempio dell'infaticato Pastore. L'esempio di una vita, tutta dedita al bene delle anime, dallo spirito di fede e di sacrificio, capace di ogni rinunzia, è come il vessillo che ritempra e sospinge l'ardore del soldato sul campo di battaglia.

« Quelli dunque di voi, che sono seniori (a capo delle comunità cristiane), - scrive S. Pietro (I Pt. 5, 14), - li esorto, io pure seniore e testimonio dei patimenti di Cristo...: pascete il gregge di Dio a voi affidato governandolo non per forza, ma volentieri, secondo Dio; né per vile guadagno, ma generosamente; né quasi spadroneggiando i dipendenti, ma facendovi modello del gregge (la Volgata, con una espressione tanto espressiva: " sed forma facti gregis ex animo ") ».

S. Ecc. Nogara presto si rese conto dello stato dell'arcidiocesi; e, per quanto interessa la nostra narrazione, dell'opera di bene compiuta da Suor Elena.

Il Canonico Saverio Mazzuca gli fece una relazione precisa dei fenomeni straordinari, avvenuti, come di consueto, nei venerdí di quaresima di quell'anno, e terminati al venerdí santo.

L'opera di Suor Elena aveva la sua predilezione e la sua stima. Ne è testimone la seguente lettera, che è un attestato, rivolta a Suor Elena: (Cosenza, Giovedí Santo 1935).

« L'Arcivescovo di Cosenza Alla Rev.da Suor Elena Aiello Cosenza

« Conoscendo l'opera veramente santa a cui ha dedicato tutta la sua vita, raccogliendo ed educando maternamente tante povere bambine abbandonate e pericolanti, compio il dovere di esprimerle tutta la mia riconoscenza ed assicurarla dell'interessamento col quale seguo lo sviluppo di una istituzione tanto benemerita e che ha incontrato tanto favore presso tutta la cittadinanza. E ciò sento il bisogno di manifestarle in modo speciale, per sfatare tutte le dicerie e le malevole insinuazioni colle quali si è tentato gettare dei sospetti e mettere in cattiva luce la stia attività, ispirata unicamente ai piú puri sensi della carità cristiana. Sono persuaso che questa attestazione del suo Arcivescovo mentre le assicurerà ed anzi aumenterà la benevolenza dei buoni che la seguono e le sono larghi di aiuto, le sarà anche di conforto e la compenserà almeno in parte delle amarezze incontrate: dico in parte, perché la vera ricompensa, ne son certo, non l'aspetta dagli uomini, ma da Dio unico giusto rimuneratore del poco di bene che possiamo fare in questa vita.

« Benedicendo cordialmente a Lei, a tutte le sue Consorelle, alle care Fanciulle ricoverate, mi confermo obb.mo    Roberto Nogara Arcivescovo ».

Le prove abbastanza penose cui l'Arcivescovo allude erano incominciate da qualche anno. Nel 1933 in occasione dell'Anno Santo, in ricordo della Redenzione, i fenomeni straordinari avvennero con una intensità particolare; nel loro corso, alcune persone riuscirono ad arrivare fino alla stanza di Elena, per avere qualche elemento per la loro critica « acerba e deleteria », sí da potere « confermare » (!) le insinuazioni di... « fenomeni simulati », dell'intervento di « forze occulte » e addirittura di perturbazioni « diaboliche ».

Si tentava di squalificare Elena e la sua istituzione; nessuna meraviglia, quando leggiamo, nel s. Evangelo, dell'insinuazione da parte dei capi giudaici, che Gesú benedetto avrebbe liberato gli ossessi... col potere medesimo di Satana! (Cf. Mc. 3, 22-30).

Negli appunti a nostra disposizione, si parla di una insegnante (R. B.) che tentò coinvolgere Elena e il suo istituto nelle poco liete vicende che tanto dolore avevano procurato al vicario, Mons. Sironi, e allo stesso Arcivescovo Mons. Trussoni. Questi tipi di persone che si vedono nelle chiese, non dinanzi ad un altare in preghiera, ma piú spesso nelle sagrestie a raccogliere e a formulare pettegolezzi, mentre con vera disinvoltura offendono poi nella vita la giustizia e la carità, costituiscono un vero scandalo, e fanno del gran male.

Si ripeteva quanto era avvenuto a Moltalto: alla benevolenza, alla stima della cittadinanza e delle autorità civili, non mancò mai il gruppetto dei critici, dei malevoli, talvolta minacciosamente ostili.

Elena per suggerimento dell'Arcivescovo Nogara sporse regolare querela e l'incauta diffamatrice fece a Sua Eccellenza, in presenza del rappresentante legale, piena confessione della sua maldicenza e della sua tendenziosa invenzione; chiese e ottenne col ritiro della querela anche il perdono di Suor Elena.

Appena arrivato il nuovo Pastore, gli furono presentate tutte insieme le rimostranze e le accuse contro l'invadenza della Suora che « si faceva » chiamar « santa » e con i suoi fenomeni, con la distribuzione di cartine con polvere dell'uva di S. Rita, ecc. e con la « scusa » delle orfanelle agiva indebitamente sulla buona fede della gente, a scapito degli altri istituti.

S. Ecc. Nogara chiamò Suor Elena, l'ascoltò attentamente, con quei suoi occhi vivi e penetranti e con quel fervore di carità che l'animava tutto. Elena espose con semplicità e con grande sicurezza il proprio operato in favore delle sue orfanelle il cui sostentamento proveniva soltanto dalla carità dei buoni.

S. Eccellenza Nogara s'impose con la sua dirittura; con la consueta energia tagliò corto alle manovre subdole e rivendicò ufficialmente i diritti della verità e della giustizia.

Quando nel febbraio del 1936 (novenario per la Madonna del Pilerio), il predicatore (ospite ingenuo) osò fare dal pulpito apprezzamenti poco lusinghieri su Suor Elena e la sua opera, S. Ecc. Nogara gli fece ritrattare, dallo stesso pulpito, quanto troppo leggermente aveva detto.

Frate Avemaria, eremita cieco di Don Orione, che visse in solitudine, preghiera e penitenza nell'impervio convento di sant'Alberto di Butrio, tra i castagneti della Val Staffora, rivolgeva agli sfiduciati queste parole « Ricordate che l'uomo non è stato creato per essere interamente creatore del proprio destino: è stato creato da Dio, che vuole essergli Padre, quindi per vivere in una famiglia divina. Guai a chi crede di poter fare da sé, a chi pensa di sbrogliare da se stesso i suoi problemi; Iddio vuole partecipare alla nostra vita, e ci è sempre accanto: è Lui che indirizza la nostra esistenza nella via giusta. Bisogna dire a tutti che non respingano Dio, ma che, dopo aver fatto serenamente quanto è da loro, guardino poi alla Provvidenza Divina con fiducia filiale... ».

Questa fiducia illimitata spiega la serenità di Suor Elena nella cura quotidiana delle piccole e della comunità intera e nel dare impulso sempre maggiore allo sviluppo della sua Opera. Ella stendeva la mano ai buoni, chiedeva pazienza e comprensione ai suoi creditori, ma principalmente volgeva il suo sguardo alla Divina Provvidenza, e portava ai piedi dell'altare le sue orfanelle.

Per qualche tempo si serví anche di un modesto foglio inviato ai benefattori, con sulla testata, ai due lati una piccola effigie di S. Francesco di Paola e una di S. Teresa del Bambino Gesú « alla cui protezione è affidata la Prima Casa del novello Istituto ». Per qualche difficoltà piú notevole Elena si rivolgeva talvolta alla Prefettura. Negli appunti è ricordato il suo primo incontro con il Prefetto Giacone. Elena si era recata in prefettura per domandare un sussidio; S. Eccellenza il Prefetto volle conoscerla e parlarle personalmente; non nascose la sua commozione: « Ho sempre desiderato di fare la vostra conoscenza ed ora ho il piacere di vederVi nel mio ufficio a chiedere il mio aiuto. Non so esprimerVi a parole la mia soddisfazione. Farò quanto è nelle mie possibilità per aiutarVi nella Vostra opera benefica ».

Stabiliva come primo contributo, 10 (dieci) Kg. di pane al giorno e 250 lire mensili. E quindi non lasciava sfuggire l'occasione per ricordarsi dell'Istituto.

Un giorno, non avendo pagato il canone per il consumo dell'energia elettrica, fu interrotta l'erogazione della corrente, sicché si passò una serata al buio. Elena, dopo aver pregato, si recò alla Direzione della Società chiedendo la loro comprensione e la collaborazione. E il Direttore non solo impartí immediatamente l'ordine di erogazione della corrente, ma dispose che Suor Elena « non venisse disturbata », quando non poteva pagare.

Quello che ha sempre colpito di piú è l'aiuto modesto offerto da povera gente, da semplici artigiani: talvolta si trattava - un ricordo d'infanzia - di alcuni di quei grossi pani che da Donnici venivano a vendere nel capoluogo, e che erano comprati e mandati «alle bambine di Suor Elena».

Ma ci voleva ben altro per equilibrare e assicurare un bilancio, tra oneri quotidiani sicuri e offerte inadeguate alterne utili per superare difficoltà contingenti.

Questa sproporzione evidente fa intravedere l'azione della Provvidenza, che, con interventi anche straordinari, non fece mancare mai il necessario.

L'11 settembre 1935, mentre Suor Gigia si reca con i fratelli a Bucita, Suor Elena passa sofferente la notte. Al mattino del 12, benché sfinita, inizia la consueta attività: non c'era proprio nulla in cucina per il pranzo. Mentre Suor Angela chiede alla Superiora del denaro, entra un sacerdote che domanda di dir Messa e passa subito in sagrestia; Suor Elena, che non aveva nulla, rispose a Suor Angela di ascoltare prima la Messa, in qualche modo il Signore avrebbe poi provveduto.

E la preghiera di Elena, delle Suore e delle orfanelle fu subito accolta: dopo l'elevazione per la Cappella si avvertí un forte profumo; Suor Elena che recitava l'ufficio della Madonna, nel suo libretto, alla 2a pagina, vide tra 1'immaginetta della Madonna Addolorata e quella di S. Teresina, un biglietto da L. 50. Era sicura che prima nel suo libretto non c'era proprio nulla; aveva recitato la sera precedente le medesime preghiere, nella medesima pagina.

Comunque, finita la S. Messa e donate le 50 lire per la spesa del giorno, Suor Elena con le sue bambine ritornò in Cappella pregando il Signore, a udita di tutte « di far trovare altre cinquanta lire allo stesso posto nel libro, per dimostrare chiaramente che le prime cinquanta lire erano state non dimenticate da qualcuno, ma mandate realmente dalla Provvidenza »!

Durante la giornata qualcuna delle orfanelle piú grandi e l'una o l'altra delle Suore andarono a spiare, nel libretto rimasto lí al suo posto.

A sera, quando la comunità si adunò in cappella per le ultime preghiere, durante la recita del Confiteor si avvertí lo stesso profumo del mattino. Grande fu la commozione di Elena, che non osò aprire il libretto, ma lo passò a tale scopo a Suor Teresa. La Suora ubbidí e nello stesso punto, tra le due immaginette, furono trovate altre cinquanta lire, con scritto nel rotondo bianco a lapis verde 50+50=100 e con alcune lettere dell'alfabeto greco ». Al mattino seguente, Elena raccontò l'episodio al confessore, Can. Mazzuca, che volle vedere il biglietto delle cinquanta lire, 01670 e 0039; ma la scritta nel tondo bianco era completamente scomparsa. Il biglietto volle conservarlo il P. Beniamino Mazza, che intanto lo scambiò con uno di cento lire, ed è in nostro possesso.

Nel 1934, vigilia di S. Giuseppe, si doveva pagare al signor Pietro Rizzo di Montalto l'importo per un quintale di olio. Suor Elena adunò le sue orfanelle intorno all'altare, pregando il grande santo, capo della S. Famiglia; verso sera si presentò all'Istituto un benefattore con un'offerta, corrispondente con esattezza all'importo dovuto per il quintale di olio.

Un giorno (già nell'attuale Casa Generalizia, 1937), mancando il pane, la Suora che chiedeva del danaro per andarlo a comprare, si sentí rispondere di andare ancora a credito dal fornaio. La Suora non ne ebbe il coraggio (ché il credito durava già da tempo!) e ritornò all'Istituto a mani vuote. Quando si fu a mensa, Elena nel dare la benedizione si accorse della mancanza del pane, e mentalmente ne rivolse preghiera al Signore. In quel momento, una guardia municipale bussò per consegnare all'Istituto trentasei kg. di pane, sequestrato in quella mattinata.

Un'altra volta, Suor Elena vide avvicinarsi delle bambine per riferirle una costatazione poco simpatica: in cucina c'era soltanto la pasta. Suor Elena accarezzandole le portò con sé in cappella: « Pregate e vedrete che il Signore provvederà ». Di lí a poco, Elena fu chiamata: era giunto il Questore con 18 (diciotto) kg. di pesce. E grande fu la commozione del funzionario quando sentí riferire da Elena quanto ora abbiamo narrato e quando, invitato a entrare in Cappella, vide le bambine intente ancora a pregare.

Nel 1938, suor Angela accolse un signore, che visitato l'Istituto, lasciava un'offerta di L. 5.000. La Suora ne fu commossa; spiegava al benefattore che proprio in quel giorno, il fornaio aveva sospeso l'invio del pane all'Istituto perché il debito era arrivato a L. 5.000!

Come già a Montalto, molti si rivolgevano a Suor Elena, per moribondi restii a ricevere i Sacramenti. Ed ella pregava ed accorreva anche di persona. Cosí per l'intagliatore Antonio, dalla vita disordinata. In fin di vita, per un cancro da fumatori, non voleva nessuno in casa. La madre dell'infermo ne parlò a Suor Elena; nella stessa sera, questa si presentò con dei mandarini, cosí per salutarlo (diceva) e avere notizie della sua salute. L'ammalato apparve tanto lieto della visita inattesa. Suor Elena s'intrattenne a lungo, parlando della ferita e invitandolo a bere un po' di acqua zuccherata... confortandolo e conquistando la fiducia dell'infermo. Suor Elena si diceva pronta a ritornare a visitarlo purché fosse ben disposto a ricevere i Sacramenti. L'infermo acconsentí di buon grado e chiese del Superiore dei Minimi. Suor Elena l'accontentò immediatamente; il Superiore nella stessa sera lo confessava e comunicava. L'ammalato dalla mezzanotte perdeva la parola; riprendeva i sensi a mezzogiorno e chiedeva l'estrema unzione, amministratagli ancora dal Superiore dei Minimi. E quasi subito dopo spirava, sempre assistito da Elena.

Accennerò a un altro solo caso: « Conoscendo la poco religiosità della famiglia..., Suor Elena raccomandava al Superiore della Chiesa di S. Francesco, di portare loro un bel quadretto del Santo, in occasione della questua, per la imminente festa. Mentre era in atto la questua, Elena sogna che il Signor N. (della suddetta famiglia) si era suicidato. Al mattino, al P. Superiore dei Minimi, Suor Elena raccomanda vivamente di recarsi dalla famiglia..., riferendogli il sogno avuto. Era circa mezzogiorno. Il P. Superiore, uscito dall'Istituto, si diresse direttamente a casa dei S., accompagnato dal Signor Giulio Domma. Mentre salgono le scale, odono una forte, doppia detonazione di fucile: accorrono e unendosi al figlio maggiore Alberto, irrompono nella stanza del signor N.: in un momento di aberrazione, col fucile da caccia, si era sparato due colpi sotto il mento; una mascella inferiore era quasi asportata del tutto insieme a parte della superiore fino all'occhio. - Era stato un attimo di pazzia e ne era pentito -, disse il suicida al Superiore, e ben disposto volle confessarsi col Parroco della Cattedrale, D. Antonio Del Vecchio, e cosí assistito piamente ricevette anche gli altri Sacramenti ».

Nell'attuale Casa Generalizia (1937)


Nel novembre 1956, in occasione del I° Capitolo Generalizio, fu stesa una relazione particolareggiata sul governo, sulle condizioni disciplinari e personali dell'Istituto.

In tale relazione, che è un documento ufficiale, dopo avere accennato alla Casa in Via Revocati (1928), vien cosí descritta l'opera lí svolta: « Felici di aver raggiunto il nostro ideale tanto desiderato, abbiamo deciso di raccogliere i bambini per l'asilo, un centinaio, mentre l'Arcivescovo c'invitava a fare il catechismo nella Chiesa del Rito a Panebianco... e nella Chiesa di S. Giovanni.

Ci siamo occupate inoltre delle comunioni tardive, dell'assistenza ai moribondi...

In Vico II Revocati siamo state oltre un anno ». Segue quindi la dimora a Palazzo Caselli « con locali molto ampi, adatti allo sviluppo dell'opera. Difatti, oltre all'asilo, si poté bene avviare un dopo-scuola, un laboratorio di ricamo e di cucito per le ragazze del rione; e assumere la direzione di un oratorio festivo ».

La relazione continua: « Il 4 dic. del 1929 ho fatto celebrare una Messa nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi dal Superiore P. Giovanni Corrao per avere una chiara manifestazione della missione (precisa) che avremmo dovuto svolgere nella nostra opera e che per mezzogiorno aspettavamo qualche segno indicatore. A mezzogiorno si presentò Mons. Sironi, a nome dell'Arcivescovo, ed il signor Giovanni Zeni... con una fotografia della moglie morta ed una bambina orfana, Rita Panno di Portapiana, che voleva ricoverare in memoria della moglie defunta, offrendo lire 50 mensili e una spilla ecc. Dal 4 al 18 dic. entrarono altre 6 bambine ecc. »

« L'idea fu benedetta da Dio ed incoraggiata dall'Arcivescovo Mons. Trussoni, ebbe il plauso del popolo cosentino che non mancò mai d'incoraggiarla e sostenerla con aiuti e protezione ».

Si accenna quindi al passaggio nella vecchia sede della Cassa rurale, nel rione dello Spirito Santo, dove « le bambine raggiunsero il numero di 60 »; in particolare, si ricorda con gratitudine, « la premurosa benevolenza dei Prefetti: Bianchetti, Giacone, La Russa, Palmardita, Bellini, Arinolfi, Endrise (dal 1942 in poi), Adami, Marfisa, Lo Monaco e di tutte le autorità della Provincia ».

Si mette in rilievo l'azione dei fratelli della M. Vicaria: i rev. Padri Mazza « sono stati per noi veri Angeli tutelari; ci hanno seguito passo passo fin dall'inizio dell'opera e ci sono stati di guida e di buon esempio in tutte le difficoltà. Non potremo mai dimenticare tutto il bene che essi come ministri di Dio hanno fatto alle anime nostre e anche per gli aiuti materiali elargiti dalla loro famiglia ».

Ed ecco come viene descritta l'azione in favore delle orfanelle: « Il piccolo seme si sviluppò rigogliosamente. Giorno per giorno, la Provvidenza non fece mancare il necessario.

« Si è potuto provvedere anche alla loro formazione spirituale e materiale per prepararle alla vita sociale e renderle buone massaie, esperte nel cucito, nel taglio e nella maglieria: le orfanelle devono frequentare la scuola fino alla V elementare.

« Le piccole possono rimanere nell'Istituto fino all'età di 22 anni. Non debbono essere date come persone di servizio, ma solo per essere o legittiinate o sposate. Altrimenti, resteranno nella comunità, essendo questo il fine specifico dell'Istituto.

« Durante la dimora, nel rione dello Spirito Santo, furono adottate, come figlie: Franceschina Chiodo, Iolanda Bianco, Maria Gallo, Mariantonia Torchio ».

Quindi la relazione passa a narrare l'acquisto della attuale Casa Generalizia.

« Durante i quattro anni della nostra dimora nel suddetto rione, le Suore e le piccole abbandonate crebbero continuamente »; il sospiro continuo di Elena era « una casa molto piú grande e possibilmente con giardino ».

« Di fronte ai nostri balconi (proprio al di là del fiume) si profilava il fabbricato grezzo (un bell'isolato, destinato ad abitazione privata, ma rimasto incompiuto; proprietà dei Ferri, residenti a Bologna) con un vasto giardino annesso. Si presentava al nostro pensiero come un sogno, un desiderio irrealizzabile. Sentivo tuttavia una spinta interna a pregare e a far pregare le piccole, perché nulla è impossibile a Dio.

« E il Signore accolse le nostre insistenti preghiere. Ne parlammo nell'estate del 1935 ai fratelli della M. Vicaria e all'Avvocato Francesco Cribari (che sarà sempre affezionatissimo all'Istituto), i quali, presa visione del fabbricato incompleto e del vasto terreno, decisero di farne immediatamente l'acquisto.

« L'avv. Cribari partí per Bologna e per mezzo di Giuseppe D'Andrea (cosentino), Ispettore Generale della Polizia segreta, poté ottenere da Giacomino Ferri, nipote del senatore Giacomo Ferri, la casa con annesso terreno per la somma di L. 165.000.

« L'Arcivescovo Nogara diede molto incoraggiamento per la compera; era infatti entusiasta e della casa e della posizione: essendo la casa ampia e salubre. E promise che non appena fosse entrata in nostro possesso, ci avrebbe ottenuto un prestito dalla Banca del Lavoro, tramite suo nipote Aldisio, Direttore Generale della medesima ».

La proprietà suddetta era stata donata dal senatore Ferri al nipotino Giacomino, residente a Bologna, che ad un dato momento decise di venderla. Molti cercarono di acquistarla; tra gli altri le Suore C., che rifiutarono di prenderla per centomila lire.

Anche suor Gigia, per mandato di Suor Elena, si recò dall'avvocato amministratore, il quale, conoscendo la povertà delle due Suore, fu molto spiccio: « Avete del denaro? » chiese. E sentí rispondersi «coraggiosamente»: «Niente». «Ebbene, - concludeva l'avvocato - se la volete, com'è, potrò cedere la proprietà Ferri soltanto per 148.000 lire».

L'avv. Cribari andò - com'abbiam visto - a Bologna a trattarne direttamente con i Ferri.

Il contratto fu stipolato a Cosenza il 29 giugno 1936. La sera precedente, Elena era rientrata molto stanca; aveva girato, cercando indarno di raccogliere almeno i denari necessari per il giorno dopo; « a tarda ora diceva nel salotto il rosario, avendo di fronte un grande quadro del Sacro Cuore di Gesú; nel sentirsi i piedi rotti a sangue, ad un dato momento esclamò: « O Signore, abbi pietà di me. Non ti basta il foro dei piedi con i tuoi chiodi? Aiutaci tu ». Si sentí allora un forte crepitio, come se si fosse spaccato il vetro che ricopriva il quadro. Il rumore fu sí forte che suor Gigia già a letto, si levava preoccupata; accesa la luce, non fu riscontrata alcuna rottura. Interpretarono quel rumore come un segno, dato dal Signore, circa la sua assistenza. E in realtà, al mattino, Suor Elena recatasi dall'avv. Cribari, mentre chiedeva come avrebbero fatto a versare il danaro necessario per la conclusione dell'atto di compravendita, il notaio Francesco Goffredo telefonava all'avv. di recarsi subito da lui, perché se Suor Elena non si trovava il denaro disponibile, l'avrebbe volentieri anticipato lui. Mentre le due Suore si recavano per il contratto, il cav. Piro diede loro L. 10, con le quali poterono comprare il foglio di carta bollata ».

Il notaio Goffredo anticipò le prime 14.000 lire per le spese dello strumento; Suor Elena non aveva che L. 1.000 ricevute in prestito dal sig. Francesco Florio.

Bisognò ultimare i lavori e rendere abitabile la bella casa acquistata. Dietro consiglio di S. Ecc. Nogara i lavori furono fatti ad economia: si chiamò a Cosenza Maestro Vincenzo Laganà, cognato della M. Vicaria, come persona di fiducia, che si incaricò di organizzare tutto il lavoro necessario per il completamento del fabbricato e di tutte le baracche circostanti. Furono chiamati venti operai e molte ditte di Cosenza: Mancuso, Cipparrone, Pignitore, fornirono il materiale a credito senza impegno alcuno.

La prima offerta pervenuta per la nuova casa, fu un libretto di 5.000 lire, dato da don Filippo Nigro, parroco di Zumpano: per interessamento del Prefetto Palmardita e del Direttore della Banca d'Italia detto parroco era riuscito a recuperare il denaro depositato presso una banca allora fallita.

I lavori durarono circa un anno. Furono spese circa 170.000 lire: « la Provvidenza faceva pervenire offerte ed aiuti, da poter saldare, volta per volta, tutte le spese ».

Nell'estate del 1937 una parte della comunità si trasferí nella nuova sede: Suor Elena volle aspettare il completamento della Cappella, per potersi trasferire insieme a Gesú Eucaristia. Il 20 settembre, finalmente, ebbe luogo la solenne inaugurazione alla presenza di tutte le autorità ecclesiastiche e civili, primi fra tutti e entusiasti: S. Ecc. Nogara e il Prefetto Palmardita.

Nella relazione leggiamo ancora:

« Durante questo periodo di tempo dal 1937 al 1942 il numero delle piccole è salito a 80, quello delle Suore a 52 di cui 22 professe, 14 novizie e 16 aspiranti.

Di dette Suore, 14 si sono diplomate di taglio e cucito, 4 presero il diploma di maglieria, 6 di ricamo.

« Nello stesso anno, si raccoglievano tra le piccole abbandonate le prime vocazioni: Suor Angelica Trotta (l'attuale M. Vicaria, fin dall'inizio di quella casa: Superiora a Montalto) e Suor Veronica.

« Nel 1940, è stato riconosciuto il Laboratorio Professionale per l'insegnamento tecnico ed abbiamo esposto, i lavori alla prima mostra alla presenza del ministro Bottai e siamo state premiate con n. quattro macchine di maglieria, fra le quali una macchina commerciale, e L. 5.000 ».

A questo punto, dopo un accenno « alle contrarietà e alle invidie dei ciechi », la relazione cita per intero la lettera di S. Ecc. Nogara, già da noi riportata. Indi continua: « Nel 1941, n. 4 Suore hanno studiato per conseguire il diploma di Maestra giardiniera e nel 1942 si sono diplomate a Roma nell'Istituto Magistrale e Scuola di Metodo del P. Giovanni Semeria.

« Nel 1942, il 24 febbraio, cinque novizie hanno emesso la professione e n. 14 postulanti hanno fatto la vestizione.

« Nel 1942, il 10 luglio alle ore 10,30, siamo state ricevute in udienza privata dal S. Padre (Pio XII) io, la Madre Vicaria e altre quattro Suore.

« Il S. Padre ci domandò quante Suore eravamo ed il fine specifico dell'Istituto, con quali fondi si andava innanzi; ho risposto che l'Opera si sosteneva con la carità dei buoni. Udito questo il volto del Papa s'illuminò di gioia dicendomi: « Figlie buone, siate tranquille, vi assicuro che la Vostra opera progredirà perché fondata sulla Provvidenza ». Profezia santa! Cosí fu e la nostra Opera andò sempre piú affermandosi.

« La guerra con l'invasione del 1943 ha determinato una sosta di accettazione di nuove Suore, poiché anche noi sfollate a Montalto abbiamo avuto le conseguenze dei bombardamenti bellici con gravi danni per cui le novizie non hanno potuto professare ed otto postulanti non hanno potuto fare la vestizione.

« Però subito nel 1946 abbiamo ripreso le nostre attività con l'accettazione di nuove probande. « Nel 1947 hanno fatto la vestizione n. 13 postulanti, ed il 1948 la professione dei voti temporanei.

« Nel 1949 hanno emesso per la prima volta i voti perpetui n. 25 suore.

« Dal 1949 al 1955 (incluso) altre 42 Suore han fatto la professione temporanea.

« Nel 1956 altre 8 probande sono state ammesse al noviziato e n. 22 Suore hanno fatto la professione dei voti perpetui.

« Avendo affidata l'opera alla potente intercessione di S. Francesco di Paola, per la particolare devozione da noi avuta sempre verso il gran Santo della carità, per seguire una norma sicura di vita religiosa ci siamo ispirate piú che alle Regole allo spirito di S. Francesco di Paola. Stesi poi un regolamento al quale man mano vennero aggiunte altre pie pratiche e norme suggerite dalla quotidiana esperienza, perché servissero meglio a raggiungere lo scopo specifico dell'Istituto.

« Il 21 aprile del 1944 fu eletto il Consiglio Generalizio: composto dalla Madre Generale Suor Elena Aiello, dalla M. Vicaria Suor Gigia Mazza, assistite da 3 Suore anziane e cioè: Suor Carmelina Cribari, Suor Teresa Infusino e Suor Angela Padula. L'Istituto ha funzionato sempre con piú vigore e disciplina benché lo spirito religioso non fosse mai mancato. Si è provveduto alla formazione spirituale con tutte le cure possibili. Ogni anno si sono tenuti corsi di S. Spirituali esercizi ai quali tutte le Suore hanno potuto partecipare ed il ritiro mensile tenuto dal Rev.mo Padre Francesco Mazza, dei Minimi. In seguito trovandosi il P. Mazza a Palermo come Superiore, ne assunse l'incarico il Sac. Don Aniello Calcara, mentre per Direttore venne nominato il Rev.mo P. Saragò dei Minimi. Dopo il ritorno da Palermo, il  Rev.mo P. Mazza eletto Provinciale per desiderio espresso dal Padre Francesco Saragò, trasferito a Roma, ha ripreso il suo lavoro e dal 1946 continua con il ritiro mensile alle Suore mentre il Padre Vincenzo Donnarumma, ritornato a Cosenza come P. Superiore, venne nominato Direttore ».

Purtroppo, nell'aprile 1940, una morte immatura rapiva all'Arcidiocesi il suo Pastore.

« Nel settembre 1939, Suor Elena mi diceva: « Nel prossimo anno di questi tempi, S. Eccellenza non sarà piú a Cosenza ».

« Non chiesi altro, né badai alla gravità con cui quelle parole mi erano state rivolte, e andando da S. Ecellenza, che accompagnavo spesso, riferii le parole della Suora; siccome da qualche tempo era Amministratore di Reggio Calabria, credetti, nel mio entusiasmo, che sarebbe stato trasferito a Reggio Calabria, anche perché fino a quel momento S. Ecc. appariva in ottima salute.

« Il giorno dopo quando la informai che avevo riferito le sue parole a S. Eccellenza, intendendole di un suo trasferimento a Reggio Calabria, Suor Elena visibilmente si rattristò; quindi con la consueta semplicità accennò che si trattava di ben altro ».

Nel novembre si ebbero i primi sintomi dell'aggravarsi del male. S. Eccellenza era lieto per avere in qualche modo cooperato alla Beatificazione di Gemma Galgani: i due miracoli esaminati ed accolti per l'occasione, erano avvenuti nella Arcidiocesi di Cosenza, ed egli col consueto dinamismo aveva svolto quanto era necessario. Egli aspettava da Gemma la guarigione. Ma il Signore aveva stabilito diversamente. Troppo tardi si pensò ad un intervento chirurgico, che non fu piú possibile. Suor Elena si recò a visitarlo, quando, sempre in piena lucidità, aspettava ormai la fine: appena entrata, - come mi narrò - scorse accanto al letto da un lato la sorella dell'Arcivescovo M. Giulia, Superiora delle Adoratrici del Garda, e dall'altro Gemma Galgani.

S. Eccellenza Nogara, prima di morire, disse a M. Giulia, che avrebbe desiderato una sola cosa: poter dare l'approvazione, il riconoscimento giuridico all'Istituto di Suor Elena.

Con la scomparsa di S. Ecc. Nogara incomincerà ben presto per Suor Elena e il suo Istituto un lungo periodo di grandi sofferenze dell'animo, permanendo quelle fisiche, fino a divenire una linea continua, con solo brevi interruzioni. Alla paterna bontà, all'illuminata comprensione di S. Ecc. Trussoni, alla protezione, al sincero, fattivo interessamento di S. Ecc. Nogara, che aveva formato come un palladio per l'Istituto, e per Suor Elena uno sprone, un conforto a superare le varie, immancabili avversità, succederà ben presto l'incomprensione, la diffidenza, frequenti atti e manifestazioni che, - prescindendo dalle intenzioni - mortificavano, umiliavano la fondatrice, le sue Suore, la Sua istituzione.

L'Istituto alla morte di S. Ecc. Nogara era già solidamente, saldamente rafforzato; sprizzava ormai di salute; piú che fondamenta aveva messo radici robuste, che - come si vide - compresse in un punto, spuntavano rigogliose altrove; era pronto ormai per quel moto espansivo che sotto l'impulso straordinario di questa donna, sofferente e tanto energica, diffonderà l'opera benedetta da Dio, moltiplicherà il lavoro benefico, tramite le sue figlie, per 1'Arcidiocesi e fuori, fino a Roma.

Dal 1940 al 1961, l'opera iniziata nel 1928 ebbe il suo coronamento, con il riconoscimento giuridico della S. Sede.

Le realizzazioni di Suor Elena (1940-1961)


Le Case aperte da Suor Elena sono 18: in Appendice ne è dato l'elenco, cronologicamente, con l'indicazione dell'anno di apertura e qualche cenno dell'attività specifica per ciascuna.

Inoltre, per diversi anni le Suore, richieste con insistenza da quel rev. Parroco, ebbero una Casa a Pentone (Catanzaro), aperta il 10 febbraio 1952, con asilo infantile e laboratorio di taglio, cucito e ricamo.

Per qualche tempo furono a Pietrapaola (Arcidiocesi di Rossano) che lasciarono il 31 agosto del 1953.

Dovunque, alle attività specifiche della Congregazione (educazione delle bambine), le Suore han sempre congiunto, come indicato in appendice, per la Casa Generalizia, l'assistenza nelle parrocchie, con catechismo, azione cattolica, Messa del fanciullo.

Ciascuna di queste case ha una propria storia; per la fondazione di alcune, Suor Elena dovette sostenere una dura battaglia: per ben due volte, dovette decidere in suo favore la S. Congregazione dei Religiosi; per S. Sisto, in particolare. Dovette inoltre superare difficoltà di altro genere, contro la burocrazia, per le innumeri pratiche richieste.

Con uno stile, un po' enfatico, la relazione letta nel 2° capitolo generalizio, del 1961, celebrato appena dopo la morte di Suor Elena, nel consuntivo delle realizzazioni, aggiunge qualche altro particolare.

Parla del nuovo edificio, destinato al noviziato, costruito accanto alla Casa Generalizia; ricorda che la casa di ricovero per anziani, aperta a S. Fili è dovuta al « nobile cuore dei Fratelli Emma e Carlo Manes »; che S. Eccellenza Mons. Barbieri, Vescovo di Cassano Ionio, nel 1958 « ha voluto alcune delle nostre Suore perché nei mesi estivi prestassero la loro opera nel Seminario di Mormanno »; ricorda l'acquisto della casa di via dei Baldassini, a Roma, fatto da Suor Elena, venuta per l'occasione nella capitale, accompagnata da Suor Imelda Mazzulla e da Suor M. Francesca Lopez, (29 novembre 1957); si sofferma quindi su Montalto Uffugo e sulla Casa di Cosenza-S. Vito.

« Nel 1958 a Montalto il vecchio edificio dell'Istituto " S. Rita da Cascia " a causa di alcuni muri resisi pericolanti, dovette essere ricostruito. La perspicacia e l'attività febbrile della cara Madre Fondatrice svolta presso il Ministero dei Lavori Pubblici, ci fanno ottenere nel giugno del 1959 un primo stanziamento di dodici milioni e ad opera del Genio Civile di Catanzaro si dà inizio ai lavori di demolizione, cui seguono quelli di ricostruzione. Dopo tre anni circa, con uno stanziamento globale di 83 milioni, l'edificio può dirsi completato. Esso, oggi, dalla posizione eminente, dalla visuale panoramica incantevole, ha assunto un aspetto tutto nuovo, grandioso, imponente. E' un complesso di due piani rialzati e di uno seminterrato con 36 ampi vani oltre la Cappella e i servizi igienici e tale da ospitare circa un centinaio di educande.

« Una vasta ala dell'edificio è adibita a scuola. Oltre alle classi elementari, c'è la Scuola Media e l'Istituto Magistrale. La prima, già da anni, è legalmente riconosciuta; la parifica della 4a classe delle Magistrali, avvenuta nel 1960, ha coronato tutti gli sforzi, tutti i sacrifici, le difficoltà, le ansie che ne hanno accompagnato il sorgere e lo sviluppo ».

Suor Elena ne comprese l'importanza e l'utilità per la giovane Congregazione, e non badò a spese, e ne sollecitò insistentemente il riconoscimento giuridico. Mons. Umberto Cameli, della S. Congregazione delle Università e dei Seminari, le prestò valido aiuto, con i suoi consigli e le sue direttive.

« Oggi le due Scuole costituiscono una ben solida, benefica istituzione apprezzata non solo in paese, ma soprattutto in provincia e oltre. L'ottima preparazione culturale dei docenti e lo zelo instancabile della Superiora (Suor Angelica Trotta: attuale M. Vicaria) concorrono sempre piú alla sua piena affermazione.

« Notevoli benefici la Scuola ha reso, principalmente alla Comunità, dando la possibilità ad alcune di conseguire il diploma di abilitazione magistrale, e ad altre di accedere alla Facoltà di Magistero ».

Due, già laureate, insegnano nella Scuola a Montalto; un'altra è prossima alla laurea; quattro sono insegnanti elementari e dieci diplomate all'insegnamento di grado preparatorio ».

La Casa di Cosenza, rione di S. Vito, « diventa una realtà, il 1° Ottobre 1960. Fu costruita su un suolo avuto dal Barone Mollo. Non sembra vero: la buona Madre aveva dato l'avvio ai lavori, disponendo soltanto di L. 15.000! E i lavori sono stati portati a termine, con le offerte ricevute e con le prestazioni di mano d'opera di vari cantieri di lavoro.

« L'Istituto dedicato al Cuore Immacolato di Maria, Mediatrice tra gli uomini e Dio, ospita circa 50 bambini dell'ENAOLI ».

Abbiamo accennato al clima creatosi dopo la morte di S. Ecc. Nogara: atmosfera di ufficiosa ostilità. Il Signore permetteva ciò per accentuare forse, direi quasi perché fosse manifesto, che l'Opera e il suo sviluppo erano un effetto peculiare della Sua Provvidenza. E questa, nella sua azione forte e soave, raggiunge i suoi fini con i mezzi piú impensati. Cosí per Suor Elena e il suo Istituto, se da una parte permise l'incomprensione, l'ostilità suddetta, dall'altra, oltre che alla schiera sempre crescente di benefattori anche autorevoli, suscitò il vivo interessamento di persone capaci di far superare direttamente ogni ostacolo.

Al primo posto, il compianto Mons. Roberto Sposetti (almeno fino al 1953), esperto e anziano Aiutante di Studio, della S. Congregazione dei Religiosi. Quindi i due rev.mi Padri Assistenti, di cui parleremo: P. Giuseppe Manzo S. J. (1949-1952), già Padre Provinciale a Napoli, e P. Bonaventura da Pavullo (dal 1952), tuttora Assistente Pontificio dell'Istituto. Abbiamo già ricordato il rev.mo P. Francesco Saragò.

Infine, il sacerdote, cui dobbiamo gran parte delle notizie dal 1937 in poi. Egli ci ha gentilmente trasmesso un dossier interessante, con un centinaio di lettere, tra quelle da lui conservate. E' la voce di un testimone.

Praticamente dal 1935 ha potuto seguire le vicende che cerchiamo di delineare in questi appunti.

Come, prevalentemente, nelle lettere è chiamato dalla M. Generale, lo nomineremo senz'altro don Franco, e lo mostriamo subito in azione nel saggio di documentazione che qui doniamo, soltanto a titolo di esemplificazione.

Per la Casa di S. Sisto, si dovette faticare dal gennaio del 1951 fino al 5 marzo 1952.

Il 29.5.51 Suor Elena cosí scriveva al P. Manzo: « Come già ho informato V. P. per la casa di S. Sisto, dal mese di gennaio u.s., per mezzo del Rev.mo P. Saragò, Assistente Generale dei Minimi (di passaggio allora per Cosenza) chiesi ed ottenni da S. E. l'autorizzazione di poter andare a prendere possesso del lascito di questi benefattori ed aprire la casa » (da loro donata all'Istituto).

Eguale dichiarazione in una lettera a S.Ecc. Prefetto di Cosenza del 21 luglio 1951, quando questi proibí la colonia estiva, già concordata, per S. Sisto, per la opposizione dell'autorità ecclesiastica.

Da gennaio a maggio, infatti, la situazione era mutata. Quando, in aprile, la M. Generale mandò alcune Suore per preparare l'apertura della casa, adattata nel frattempo allo scopo, si ebbe ostentatamente l'ostilità del giovane Parroco: per impedire che esse ascoltassero la S. Messa, incominciò a celebrare a porte chiuse (eccettuata la domenica). La popolazione reagí contro di lui; da Cosenza invece fu chiesto ai Carabinieri di allontanare le Suore Minime da S. Sisto; questi, invece, dal risultato dell'inchiesta, conclusero all'unica responsabilità del Parroco.

Nel mese di giugno da S. E. fu trasmessa alla S. Congregazione dei Religiosi la fandonia che Suor Elena si era recata a S. Sisto a mostrare le « stimmate », i fori delle mani e a parlare di visioni!

Suor Elena era andata, sofferente, per alcuni rilievi che un tecnico venuto con lei, doveva fare nella loro Casa; dalla macchina era stata aiutata a entrare nella casa, senza che nessuno sapesse della sua visita a S. Sisto. Ne erano ripartiti allo stesso modo, appena finito il sopraluogo.

L'offerta della casa di S. Sisto era arrivata proprio al momento buono; quando cioè il Genio Civile dichiarava inabitabile la casa di Paola (Marina) e si imponeva pertanto il problema di ricoverare altrove le bambine di quella casa. E' il motivo cui accenna esplicitamente la lettera del delegato arcivescovile, del 16.6.51:

« M. Rev. Suor Elena Aiello, Cosenza in risposta alle due Sue lettere, Le comunico che è a nostra diretta conoscenza come per ben due volte con lettere del 24 e del 26 dello scorso maggio, Le è stato negato esplicitamente il permesso di aprire una casa religiosa a S. Sisto dei Valdesi. Per le bambine di Paola - cosí ha scritto a Lei... - provvedete presso le altre vostre case o diversamente.

Quindi non possiamo far altro che ricordare il grave dovere di osservare gli ordini espliciti... La ossequiamo il Delegato »

Dopo alcuni mesi, infine, a un deciso intervento del P. Manzo, S. E. rispose che avrebbe tolto il parroco e permesso alle Suore Minime di rimanere a S. Sisto, a condizione però che la M. Generale firmasse la dichiarazione che veniva acclusa alla lettera; nella dichiarazione era Suor Elena a confessare di essere in difetto. La M. Generale, per ubbidire al P. Manzo, che nella sua qualità di Assistente Religioso dell'Istituto le consigliava di firmare, fece apporre il proprio nome da altra Suora, informandone il Rev. Padre con la consueta chiarezza, in una lettera in cui vibra l'animo, colpito nel suo innato culto per la verità e per la giustizia.

Il caso veniva chiuso dalla seguente comunicazione:

« Alla Superiora Generale delle Suore Minime Cosenza 5.3.1952 « Giacché mi faceste pervenire la lodevole dichiarazione del 2.2.1952, dalla quale rilevai il rinnovato e praticato proposito d'una sollecita obbedienza ossequiosa, e giacché mi è finalmente riuscito di rimettere in ordine, mandandovi un altro Sacerdote, la Parrocchia di S. Sisto, ben di cuore permetto che nel detto paese apriate la Vostra casa, dove le Suore possono andare anche subito. Ne avviserete il Parroco prima.

Le accompagno con la mia benedizione pastorale, perché con la promessa e dovuta docilità al Parroco, lavorino molto e bene per la salvezza delle anime e la gloria di Dio.

Paternamente vi benedico nel Signore ». Nello stesso anno (1951), falliva l'apertura di un asilo, in un paesetto della Diocesi di Tropea, ne dava notizia alla M. Generale, il P. Oreste De Simone, dei Redentoristi (15.XI.1951), a motivo di informazioni "poco soddisfacenti" date da S. E. 1'A.

Eguale sorte subí la donazione di una Casa a Lago (Cs.).

Con testamento pubblico ricevuto dal Notaio Avv. Luigi Goffredo in data 13 febbraio 1952 e pubblicato il 5 Giugno 1953, il Signor Michele Adamo lasciava la « Casa di Salute » a Suor Elena, per il ricovero delle Orfanelle. La M. Generale inviava copia del testamento a S. E. 1'A. chiedendo il suo beneplacito per l'apertura dell'Orfanotrofio, secondo la volontà del defunto (6.7.1953).

Sua Eccellenza benevolmente dava il permesso, con la seguente lettera:

« Alla molto Rev.da Suor Elena ecc. Cosenza « Prese le necessarie informazioni, siamo lieti di poter permettere, in conformità alla vostra domanda in data 6.7.953, che apriate una Casa nella Parrocchia di Lago, a fine di tenervi un ricovero per le Orfanelle...

« Quanto all'assistenza alle opere parrocchiali che già vien fatta dalle Suore della Divina Provvidenza, le vostre Suore faranno quanto al Parroco sembrerà utile chiedere per la esatta coordinazione delle attività e il regolare funzionamento di esse.

« Per l'inaugurazione della Casa, vi compiacerete di prendere i necessari accordi col molto Rev.mo Parroco D. Federico Faraco, al quale vorrete comunicare anche copia della presente lettera. « Paternamente benediciamo ».

Il 17 agosto 1955 arrivava anche « il nulla osta della S. Congregazione dei Religiosi » per l'accettazione, da parte dell'Istituto di Suor Elena, della eredità disposta dal Signor Adamo.

« Al Lago si recava ancora il Rev.mo P. Assistente con la Madre Vicaria, e restavano pienamente d'intesa col Parroco.

« L'unica difficoltà per l'Opera era costituita dalla presenza di inquilini col fitto bloccato.

« Ora mentre si era in attesa che gli inquilini se n'andassero, la sorella del defunto donatore, ottenuto il permesso da S. Ecc. l'Arcivescovo, ha mandato via gli inquilini e ha immesso d'accordo col Parroco nel dic. 1964 nella casa di nostra proprietà una ex Suora Francescana, con cinque vecchi ».

Né si ottenne altro.

Per i due asili di Carolei e S. Fili, don Franco cosí scriveva a S. Ecc. Calcara, da Roma, il 22 setsembre 1956: « Eccellenza Rev.ma, oggi, alla segreteria di Mons. Carol, ho appreso che han già concordato, il suddetto ufficio con la Eccellenza V., per l'attribuzione del nuovo asilo di Carolei, ieri inaugurato, alle Suore Minime della Passione; per quello di S. Fili, invece, l'Eccellenza V. penserebbe alle Suore della Divina Provvidenza...

« Sono rimasto molto sorpreso (dalle V. parole, quando in questi mesi si parlò sull'argomento, avevo la convinzione della benevola considerazione della Eccellenza V. nei riguardi delle Suore Minime, per i due, asili) e addolorato per questa esclusione delle Suore Minime, lí a S. Fili, dove sono da diversi anni. Esclusione che evidentemente comporta, nel fatto stesso, un giudizio sfavorevole ai danni della giovane Congregazione.

« Mi permetto rivolgere alla Eccellenza V. viva preghiera perché voglia risparmiare alla Congregazione delle Suore Minime, oltre tutto, questa umiliazione.

« Mi prostro... »

E ne aveva la seguente risposta: Cosenza, 28 settembre 1956

« Rev.mo Professore, il pensiero del Parroco di Carolei che vuole alla direzione della Casa del Fanciullo le Minime, e il pensiero del Parroco di S. Fili che non le vuole, mi riguarda fino a un certo punto, perché sarò io a decidere. Ma per decidere attendo una risposta proprio dall'ufficio di Mons. Carol...

« Intanto occorre prendere definitivamente una decisione da parte vostra, perché non abbiano a rinnovarsi gli equivoci con disagio di tutti e danno all'Istituto delle Minime, a cui si vorrebbe invece giovare. Dopo che la S. Congregazione dei Religiosi ha chiarita la situazione giuridica di questo Istituto come Istituto di diritto diocesano I, il suo protettore è l'Arcivescovo, come lo è stato in passato, e quindi voi, e qualche altro con voi, dovete smetterla dal fare da protettori del mentovato Istituto, perché si ha l'impressione, specie dalle interessate, che lo esercitiate per difendere le Minime nientemeno che dall'Arcivescovo che ne sarebbe... ciò che fanno pensare certi ricorsi stilati da persone che sanno scrivere.

« Cessi dunque una volta per sempre l'insano equivoco, e le Minime riacquistino una fiducia incondizionata nel loro Arcivescovo, la quale non deve venir meno neppure se talvolta egli dovrà decidere diversamente dalla loro opinione e dal loro desiderio, cosa che potrebbe fare in certe circostanze, come pur si suole, per provarne la virtú e saggiarne lo spirito di obbedienza, che è fondamento della perfezione spirituale.

« Siete intelligente e però avete compreso che l'unico modo di giovare a far progredire l'Istituto che pur vi sta a cuore, è quello da me suggerito. « In questa certezza vi benedico di cuore  + A. Calcara Arciv. ».

« - Convincete le Suore Minime a venire direttamente da me, come fanno tutte le altre Suore, sia per la faccenda della Casa del Fanciullo che per altre cose che possono riguardarle. E' la via normale.

« - Sollecitate l'informazione che attendo personalmente da Mons. Carol ».

Don Franco che aveva copia delle lettere inviate in precedenza da Suor Elena a S. E. sull'argomento, e conosceva bene l'iter della pratica, tramite la stessa segreteria di Mons. Carol, poteva rettificare con precisione:

« Eccellenza Rev.ma Le sono grato per la lettera del 28 u.s. Mi sono recato, con essa, all'ufficio di Mons. Carol; mi è stata rimessa, a firma del Segretario, la risposta che accludo. Per Mons. Carol, la questione è chiusa; han tutto rimesso nelle Sue mani. La M. Generale, Suor Elena Aiello, dispone, mi risulta, di altri nominativi (non suore, ma facenti parte dell'Istituto), con il titolo richiesto.

« Per il mio interessamento, attuale, - di cui parlai a voce con l'Eccellenza V. - nulla ho scritto alla M. Generale, delle informazioni avute e della preghiera a Lei da me trasmessa.

« Per il passato, non è possibile esporLe per lettera quanto dovrei; mi riservo di farlo a voce, se l'Eccellenza V. lo desidera, alla prima occasione...

« Veda, Eccellenza; le altre Suore non hanno un Assistente Pontificio che, per mandato della S. Congregazione, avochi tutto a sé, come lo hanno le Suore Minime nella persona del Rev.mo P. Bonaventura da Pavullo... ».

La M. Generale, da parte sua, il 9 ottobre 1956 cosí scriveva a S. Ecc.:

« Eccellenza Reverendissima, accludo le altre due copie dei diplomi richiesti - Per Carolei la Signorina Franca Turano che fa parte della nostra Comunità, per S. Fili la Signorina Flora Alcise. Le altre due copie dei diplomi delle Suore: Suor Crocifissa Vetere e Suor Rita Osso, sono state inviate alla Eccellenza Vostra in data 1.6.1956 che già sono in possesso della Federazione Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia. Le accludo altre 4 copie dei diplomi che 1'Ecc. Vostra può conservare nell'Archivio; come pure copia conforme del riconoscimento dell'Asilo S. Francesco di Paola - S. Fili, riconosciuto il 23 11.1939 e S. Luigi Gonzaga Carolei, riconosciuto il 2.12.1938.

« Per i suddetti Asili sono stati iscritti n. 50 bambini a S. Fili e n. 55 a Carolei.

« Pertanto mi affido alla bontà dell'Ecc. Vostra Rev.ma affinché i predetti asili siano aperti al piú presto possibile perché la popolazione aspetta.

« Prostrata al bacio del S. Anello imploro la S. Benedizione dev.ma ».

Anche questa partita finiva positivamente. Con vero calore invece le Suore erano accolte a Pentone (Diocesi di Catanzaro).

Il Parroco cosí ne scriveva alla M. Generale (11.2.1952):

« Rev.ma Madre, « L'ingresso delle Sue Suore a Pentone è stato un avvenimento, che rimarrà incancellabile nella mente e nel cuore di tutti.

« La manifestazione di giubilo e di simpatia per le Suore, riuscita spontanea ed entusiastica, è stata la prova piú evidente della fede religiosa di questo popolo, di cui indegnamente sono Padre e Pastore.

« Le Sue Figlie, che Lei affida alle mie cure spirituali, formeranno la porzione piú cara e prediletta del mio gregge, e quindi saranno custodite e protette con la massima premura e attenzione.

« La nostra dolce Madonna di Termine benedica il loro lavoro, perché possa produrre frutti abbondanti di bene all'infanzia e al popolo.

« Siamo piú che certi che la presenza delle Sue ottime Suore porterà nella Parrocchia un maggiore risveglio di vita religiosa per la gloria di Dio e per la salute delle anime.

« Ringraziandola della sua particolare benevolenza e del dono tanto gradito, Le porgo il mio cordiale saluto e la mia piú profonda riconoscenza, in unione di preghiere.

Dev.mo in G.C. Sac. Virgilio Tarantino Arciprete ».

E il 31.7.1955 inviava alla M. Generale una relazione accurata sulla benefica attività delle Suore, nel triplice campo: asilo-cura delle orfanelle, apostolato nell'Azione Cattolica e insegnamento della Dottrina Cristiana in Parrocchia. L'acquisto della casa di Roma, concluso personalmente dalla M. Generale nel 1957, fu preceduto da tutta una lunga serie di tentativi, compiuti a dir poco a partire dal 1948. Tramite altri conoscenti e Don Franco tentò a Via di Porta Latina, a Viale Cortina d'Ampezzo, nei pressi di Via Gallia (accanto alla Parrocchia), e in ultimo ad Acilia: circa 11 ettari con una casetta.

In una lettera del 22.1.1951 la M. Generale cosí scrive:

«Rev.mo Don Franco, Rispondo subito alla vostra ultima per informarvi che proprio ieri, mi ha scritto la Signorina Maria Di Marco dicendo che la Signora B. vuole per la casa (nei pressi di Via Gallia) venti milioni e diversi dei quali all'atto di possesso.

« Questo mi ha molto sorpreso perché nella sua ultima diceva che per quattordici milioni era disposta a darla, nell'atto della vendita le dovevamo dare due milioni e il rimanente dopo dieci anni. Per assicurarvi meglio vi potete informare dalla Signora B. Se risulta a verità quello della Signorina Maria, bisogna bussare a qualche altra porta.

« So da fonte sicura che le case servite durante l'anno Santo sono in vendita pagando una certa somma per diversi anni. Vedete ancora con l'On. Foderaro per la casa del Fascio. Con i presenti fogli bianchi ve ne potete servire per fare la domanda.

« Vi accludo nella presente quanto mi avete chiesto a riguardo della nostra Congregazione: l'elenco del numero delle Suore, quello delle case aperte e quelle prossime ad aprire, vi mando anche l'attività svolta dall'Istituto che da ciò potete rilevare tante cose.

« Vi mando questo indirizzo dove vi potete rivolgere a questo Avvocato per avere qualche villino che si paga mensilmente.

« Voglia il Signore appagare i nostri desideri. « Gradite gli ossequi della Vicaria. Vi bacio la mano.

« Bacio la mano anche a Mons. Sposetti ».

La difficoltà qui era la mancanza del denaro, e l'ottimo principio di non contrarre grossi debiti. Finalmente, Suor Elena poté disporre del denaro: la Signorina Manes, costruita la casa di Ricovero per i vecchi a S. Fili, mise a disposizione dell'istituto lire 10 milioni, per il suo funzionamento. La M. Generale assunse su di sé l'impegno e l'onere del sostentamento dei ricoverati, e ottenne dalla benefattrice di poter usare la suddetta somma per acquistare una casa a Roma.

Ancora a metà novembre 1957 si pensava all'acquisto del terreno ad Acilia, ma per raggiungere la cifra richiesta erano necessari altri 10 milioni.

Il 13.11.1957 Suor Elena cosí scriveva a D. Franco:

« Giorno 5 c. m. sono andata a San Lucido per l'inaugurazione dell'ospizio dei vecchi; grazie a Dio è riuscita una bellissima festa.

« Giorno 7 c. m. è venuto il rev.mo Padre Bonaventura il quale si è recato dal Vescovo per far presente la situazione delle ex Suore M. e L. M.; gli ha fatto anche un esposto di cui in appresso vi manderò la copia.

« Padre Bonaventura m'incarica di pregarvi come poter trovare la forma per contrarre il mutuo di 10.000.000 onde poter acquistare la proprietà di Acilia.

« Ci siamo messi d'accordo con il Padre Assistente che quando si farà lo strumento della Proprietà di Acilia verrà a Roma.

« Sarei venuta subito, ma il Signore vuole che io debba soffrire, mi trovo con una foruncolosi dietro le orecchie e per conseguenza non posso viaggiare; se mi sento meglio conto di venire il 21 o il 22 c. m.

« In pari data ho avvisato anche la Signora Campanari.

« Assicurandovi il mio ricordo nella preghiera per tutte le vostre intenzioni, vi bacio la mano assieme alla Vicaria Dev.ma Suor Elena Aiello « P.S. - Il Padre Provinciale si trova a Roma, cercate di mettervi d'accordo per portarlo a vedere la proprietà di Acilia».

Il 21 novembre Suor Elena venne a Roma, ospite delle Suore di S. Brigida, in Via delle Isole, accompagnata da Suor Imelda e da Suor M. Francesca; come al solito, inferma.

Scartò la proprietà di Acilia, non riuscendo tra l'altro ad avere il mutuo suddetto e concluse invece l'atto di acquisto della casa di Via dei Baldassini: un isolato ben recinto, di 3 piani, con un po' di terreno intorno, potendo offrire i dieci milioni disponibili e assumendo l'onere di estinguere un mutuo già esistente.