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A Nocera dei Pagani (18 agosto 1920 - 3 maggio 1921)
Pasquale
Aiello, vista la decisione e l'insistenza di Elena, finita ormai la
tempesta del dopoguerra, le diede il permesso di farsi suora, ma
soltanto per entrare nell'Istituto delle Suore del Preziosissimo Sangue.
E
cosí Elena, il 18 agosto 1920, suo giorno onomastico, parte da
Montalto, per Nocera dei Pagani, insieme alla Madre generale, Suor
Maria Co'.
Elena, si era recata a Cosenza per chiedere consiglio
a Suor Teresa Vitari, delle Cappuccinelle, da tutti ritenuta in
concetto di santa. La virtuosa suora fece presenti alla giovane le
difficoltà della vita religiosa. E ne ebbe come risposta che le sarebbe
bastato Cristo Crocifisso. Suor Teresa la consigliò di entrare tra le
Suore della Divina Provvidenza, allora venute a Cosenza, a prender
possesso di quel convento, dove ultima tra le Cappuccine, rimaneva la
veneranda Vitari; aggiungendo, però senza ambagi che non sarebbe
rimasta nemmeno tra le Suore del Preziosissimo Sangue, perché il
Signore aveva su di lei altri disegni.
Elena rimase presso la
sorella Giovannina, che per ragioni di studio, era ospite nella casa
della Signora Luigina Garofalo, e andò ad informare di tutto Mons.
Angelo Sironi, vicario della arcidiocesi di Cosenza e suo direttore
spirituale da circa un anno.
Egli approvò la decisione di Elena di partire per la Casa Madre delle Suore del Preziosissimo Sangue.
Testimonianza
della stima e della grande fiducia che la Madre Generale e la Madre
Maestra avevano per la giovane calabrese, è l'ufficio affidatole di
prefetta delle sedici probande. Ufficio espletato con diligenza e
grande tatto.
Furono mesi di sofferenza. Prima soffrí per una
febbre viscerale che dal 29 agosto in poi la tormentò a lungo, per
circa un mese. Quindi, la prima domenica di ottobre, mentre si stava
per recitare la supplica alla Madonna di Pompei, invitata e quasi
costretta da una suora ad aiutarla a spostare una pesante cassa, subí
alla spalla sinistra uno strappo doloroso.
Dopo la supplica, il
dolore aumentò. Consigliata anche da una suora, suor Emilia, che
conosceva da piccola a Montalto, e a cui si era confidata, Elena decise
di non dir nulla. La costrinse a dir tutto alla Madre Maestra, il
confessore, il venerando P. Villanacci. Ma non si diede peso alla cosa.
Si arrivò cosí al mese di marzo: « Un giorno la Madre Generale mentre
saliva le scale, da un finestrino vide nella lavanderia Elena svenuta e
distesa a terra. Subito fu sollevata e messa a letto; e costatarono
allora che dall'omero sinistro fino al collo era tutto nero. Fu
chiamato il medico che consigliò un intervento chirurgico. Ma si tardò
ancora, mentre insorgeva una febbre persistente ».
Le Suore decisero allora di farla operare dallo stesso medico della comunità, assumendo esse ogni responsabilità.
Il
25 marzo (martedí santo), nello stesso dormitorio, seduta e legata ad
una sedia, Elena sopportò l'asportazione della carne annerita, senza
anestesia, neppure locale; tenendo tra le mani un piccolo crocifisso di
legno e avendo di fronte un quadro dell'Addolorata.
Insieme alla
carne annerita, il medico tagliò anche dei nervi, sí che la spalla
rimase immobile e la bocca serrata. L'impressione lasciata sulla
sofferente fu tremenda; per circa quaranta giorni, fu tormentata dal
vomito.
« Avvicinandosi poi il tempo della vestizione, Elena,
con un grande sforzo di volontà, con la ferita ancora aperta, volle
alzarsi da letto e seguire il corso degli esercizi spirituali, nella
speranza di vestire l'abito religioso.
Per correggere il difetto
della spalla riuscí a mettere un busto, che serviva a raddrizzarla. Ma
il P. Direttore non poté che rimandare l'infortunata Elena cosí mal
ridotta, fermamente consigliandola di ritornare in famiglia per curarsi
bene e potere quindi ritornare in monastero.
Elena scrive nei
suoi appunti di avere ricevuto due volte, in quella circostanza, e
pochi giorni prima che lasciasse il monastero, da parte del Signore, un
invito alla rassegnazione, ad accettare quanto avrebbe disposto su di
lei, e un invito ad abbracciare la croce che le andava preparando.
Il
2 maggio 1921, la Madre Maestra con telegramma avvisava Maestro
Pasquale che Elena avrebbe fatto ritorno in famiglia. Prima però del
telegramma, alle 4 di quello stesso mattino, M. Pasquale sentí bussare
alla porta dell'abitazione e una voce distintamente avvisarlo: «
Pasquale, domani arriverà Elena ». M. Pasquale corse al balcone,
sovrastante la porta per vedere chi avesse bussato e vide scendere
dalla piccola scala verso la strada un vecchio monaco, curvo e con la
barba, che si dirigeva verso la Chiesa di San Francesco di Paola.
Alle 9 circa, arrivava il telegramma della M. Maestra. E il 3 maggio Elena fece ritorno a Montalto. Ma in quale stato!
La
M. Generale delle RR. Suore di Nocera, salutava Elena partente con le
seguenti parole: « Figliola mia, mi sarei contentata di averti in
cappella soltanto a pregare; ma la tua salute richiede necessariamente
il ritorno in famiglia. Ti auguro di guarir presto, per ritornare
contenta tra noi ».
Simultaneamente, le RR. Suore avevano
scritto al Decano di Montalto, Mons. Mauro, con la preghiera non si
dicesse alla famiglia la causa del grave stato di Elena. E cosí Mons.
Mauro la diceva « ammalata » e basta.
I particolari della
operazione, senza anestesia, ci sono stati confermati da Suor Agata
Napoli, compagna di postulandato a Pagani, della nostra Elena, ed
attualmente superiora, nella Casa di Riposo S. Pio X, a Roma (Via delle
Spighe, 1).
« Era tanto buona - ci ha detto - e sapeva tanto
soffrire ». Lo spostamento della cassa, piena di biancheria... il lungo
travaglio... il taglio.
« Aveva un crocifisso di legno che amava
tanto ». E il timore di dovere lasciare le Suore. « Piangeva Elena, e
diceva: " Piango, perché la Madre non mi vorrà piú qui ". Il giorno che
la Madre decise di rimandarla a casa, Elena piangeva accanto alla porta
della stanza di lavoro. "Vedi che la Madre mi manda a casa! " ».