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Capitolo II

LA VITA D'AMORE E LE VIRTÙ CRISTIANE

1. Credere all'Amore. La vita dell'infanzia spirituale consiste essenzialmente nella vita d'amore e il primo requisito, per praticare con convinzione e frutto la vita d'amore, è di credere all'Amore. Ciò significa, anzitutto, credere che Dio è Amore: Deus charitas est (1 Gv 4,16). La fede in questa fondamentale verità è necessaria, affinché l'anima possa scorgere nell'Amore la causa prima ed efficiente di tutte le opere di Dio creatore: è il suo amore che ha ispirato l'incarnazione e la Redenzione; e il suo amore che ci ha dato l'Eucaristia e i Sacramenti; è il suo amore che ha disposto il Purgatorio per le anime non abbastanza purificate; è il suo amore che ha preparato il soggiorno della pace per le anime di buona volontà; è il suo amore oltraggiato. e misconosciuto che deve permettere l'inferno. S. Francesco di Sales ha avuto ragione di scrivere: « Nella santa Chiesa tutto appartiene all'amore, vive nell'amore, si fa per amore e viene dall'amore». Inoltre, basta scendere dalle grandi opere di Dio ai singoli avvenimenti che tessono la vita del mondo e delle singole persone per discernere in essi, insieme al tutto sapiente della mano di Dio, l'impronta del suo amore. Egli non può compiere che opere di amore: i suoi pensieri, i suoi atti, tutte le sue divine volontà sono amore, anche quando richiama. Scrive suor Consolata: « . . .La sera del 24 agosto 1934, mi trovavo in cella presso la finestra. Mi avevano dato un libro da leggere e lo sfogliai e lessi i castighi che minacciava il Signore. Allora ebbi uno scatto... di Consolata: -Gesù, cosa vuoi lavarci nel nostro sangue, è immondo; lavaci nel tuo Sangue! - Consolata, guarda il cielo... Lo guardai e nell'azzurro meraviglioso scoprii una stella, Gesù gridò forte al mio cuore: Confidenza!... Intanto la bella volta del cielo s'era rivestita di stelle e un fascino arcano m'avvolse. Mi sedetti sul basso davanzale e rimasi li assorta, in muta contemplazione. Mi parve che il Cielo non fosse più adirato verso la terra, ma che la pace del regno di Dio si stendesse sul povero mondo ». Si, la pace al mondo, ma nel regno di Dio. Gesù è il Salvatore del mondo, Egli può e vuole salvarlo. Consolata, ho bisogno di vittime, il mondo si perde e Io lo voglio salvare. Consolata, un giorno il demonio ha giurato di perderti ed Io di salvarti. Chi ha vinto?... Ebbene, ha giurato di perdere anche d mondo ed Io giuro di salvarlo, e lo salverò col trionfo della mia Misericordia e del mio Amore. Si, salverò il mondo con l’Amore misericordioso, scrivilo. Si noti: non è che Gesù escluda sofferenze; queste possono essere necessarie, appunto per la salvezza del mondo e delle anime. Durante il conflitto italo-etiopico, mentre suor Consolata pregava per i Cappellani militari al fine di ottenere che si mantenessero tutti all'altezza della loro missione, Gesù le rispondeva (27 agosto 1935): Vedi; questi giovani (i soldati), la maggior parte, nelle loro case marcirebbero nei vizi. Invece in guerra, lontani dalle occasioni; con l’assistenza del Cappellano,  moriranno e saranno eternamente salvi. 

La stessa cosa ripeté riguardo alla crisi economica, che già travagliava il mondo prima della seconda guerra mondiale (15 novembre 1935): Anche la miseria attuale che regna nel mondo, non è opera della mia giustizia, ma della mia misericordia. Quante colpe di meno, per mancanza di danaro! Quante preghiere di più  innalzano verso il Cielo nelle strettezze finanziarie! Oh, non credere che i dolori della terra non mi commuovano; ma Io amo le anime, le voglio salve e, per raggiungere il mio scopo, sono costretto ad usare rigori Ma credilo, è per fare misericordia. Nell’abbondanza le anime mi dimenticano e si perdono, nella miseria tornano a Me e si salvano. E così, sai. Durante poi la tremenda conflagrazione mondiale, e precisamente l'8 dicembre 1940, fra Gesù e suor Consolata piangente e supplicante per la pace, si svolgeva il seguente dialogo: - Vedi; Consolata, se oggi Io concedessi la pace, il mondo ritornerebbe nel fango... la prova non sarebbe sufficiente... - Ma Gesù, tutta questa gioventù inviata al macello! – Oh, non è meglio due, tre anni di acerbe, intense, inaudite sofferenze e poi un’eternità di gaudi; che un intera vita di dissolutezze e poi l’eterna dannazione?... Scegli! - Ma, Gesù, non sono tutti cattivi! - Ebbene, i buoni aumenteranno i loro meriti. No, non dare la colpa ai Capi delle nazioni; essi sono semplici strumenti nelle mie mani.  Per poter salvare il mondo oggi è necessario così. Oh, quanta gioventù ringrazierà in eterno Dio per essere periti in questa guerra) che li ha salvati eternamente! Hai capito?

Ciò che Gesù diceva riguardo alla guerra, lo ripeteva riguardo alla fame, triste retaggio della guerra stessa (24 aprile 1942): Salvo i soldati in guerra e il mondo con la miseria e la fame. Ma tanti cuori disperano... Ora tu prega non solo per i cuori che soffrono nel mondo, ma anche per quelli che disperano, perché Io sia loro conforto e speranza. E ritornando pochi giorni dopo allo stesso concetto - e sempre in risposta alle preghiere di lei per la pace - le diceva (29 aprile 1942). La miseria e la fame portano le anime alla disperazione... Oh, Consolata, aiutami a salvarle! Io voglio salvare la povera umanità che corre al fango, come l'assetato al’acqua fresca, e per salvarla non vi è altra via che la miseria e la fame. Ma essa dispera... Oh, Consolata, aiutami a salvarla, prega per essa come preghi per i soldati. Oh, i soldati Io li salvo in guerra! Così voglio salvare la povera umanità. Prega, prega per essa, affinché Io mitighi tanto sul suo dolore e salvi le anime. Se Io permetto tanto, tanto dolore nel mondo, è per questo unico scopo: salvare anime per l'eternità. Il mondo si perdeva, correva alla rovina... In particolare, ad attenuare l'angoscia grande di suor Consolata per la distruzione di tante case nella sua diletta Torino, in seguito alle violente incursioni aeree, Gesù la riportava allo stesso pensiero di fede (dicembre 1942): Consolata, le case si riedificano; le anime che si perdono, no. Oh, non è meglio salvare le anime e che le case rovinino, che perdere quelle eternamente e salvare queste?

Come nelle sventure pubbliche, così è per quelle familiari o personali. Sempre, anche nei casi più intensamente dolorosi, davanti ai quali l'umana ragione si domanda smarrita: - Ma perché? - la risposta che viene dal Cielo è ancora: Amore, Bontà, Misericordia di Dio. Un giorno, alle lacrime di suor Consolata, per l'improvvisa morte d'una sua già compagna d'infanzia, certa Celeste Canda, che lasciava orfani quattro bambini, dei quali il maggiore di appena nove anni, Gesù rispondeva: Celeste Canda ora gode la mia dolce eterna visione e dal Paradiso veglia con maggior tenerezza sulle anime dei suoi quattro bimbi; più che se fosse rimasta sulla terra. Quale soave conforto, quanta luce di Cielo gettano queste semplici parole su tutti i lutti familiari! Insomma, credere all'Amore vuol dire credere che Gesù ci ama, che ci vuoi salvi e che tutto ciò ch'Egli opera o permette, sia nel mondo intero come nel piccolo mondo dell'anima, è sempre per il nostro bene. Sono poche però le anime, anche se dedite alla pietà, che hanno questa fede viva e pratica nell'Amore. Ce l'hanno forse, ma debole e facilmente vacillante sotto i colpi di scalpello del divino Artefice, intesi a perfezionare l'opera delle sue mani. E quante anime sono portate a vedere in Dio, più che il Padre buono, il Padrone severo! E per esse questo dolce lamento di Gesù a suor Consolata (22 novembre 1935): Non fatemi Dio di rigore, mentre Io non sono che Dio d'amore! E per esse la risposta che Gesù dava a suor Consolata, che gli aveva domandato come preferisse essere chiamato (26 settembre 1936): Amore immenso, Bontà infinita! E per esse ancora il consiglio di Gesù a suor Consolata, indecisa se mettere in una lettera il Cuore Sacratissimo di Gesù o il Cuore buono di Gesù (22 luglio 1936): Metti il Cuore buono di Gesù; perché, che Io sia santo tutti lo sanno, ma buono non tutti. L'anima, pertanto, che vuol vivere d'amore, deve ben fondarsi in questa verità e applicarla ai mille casi della vita quotidiana. Non fermarsi alle creature o agli eventi, ma in tutto vedere Dio e il suo amore; e sempre, nelle cose favorevoli o contrarie, nella quiete o nella tempesta, raccogliere le proprie energie per far giungere al Cielo il grido della sua fede incrollabile: « Sacro Cuore di Gesù, credo al tuo amore per me! ». Che è quanto già asseriva l'Apostolo dell'Amore: E noi abbiamo conosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi (1 Gv 4,16).

2. Sperare nell'Amore. La fede nell'Amore di Gesù per noi e il nostro amore per Lui sollevano l'anima a una speranza più perfetta. L'amore... tutto spera (1 Cor 13,7). E di speranza, come di amore, non ce n’è mai troppa. Essa è per tutti: per gli innocenti e per i peccatori, ma più per questi; perché se la misericordia di Gesù è per ogni anima, essa è in particolare per quelle più bisognose di misericordia. Venuto proprio per i peccatori è ad essi che il Cristo rivolge le commoventi sollecitudini del buon Pastore: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta finché non l'ha trovata? (Lc 15,4; cf Gv 10,14).

Per essi sono le premurose, delicatissime attenzioni del Padre del figliol prodigo: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e calzari ai piedi; portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,22-24). Dunque, non per condannare I’anima in pericolo Egli discese dal Cielo, ma per rialzarla; non per umiliare, schiacciare, perdere chi è caduto, ma per riabilitarlo nella sua grazia e nel suo amore: perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia: Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. la canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante « e nel suo nome spereranno le genti » (Mt 12,17-21; cf Is 42,1-4). Perciò, non farà scendere il fuoco distruttore invocato dagli Apostoli a punire chi è nell'errore (cf Lc 9, 54), ma il fuoco del suo amore misericordioso (cf Lc 12,49). Egli è Colui che divide il pane con i peccatori (cf Mt 9,10) e li difende di fronte a chi li accusa, perché dice: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 9,12-13; cf Os 6,6). Se al cuore piccolo dell'uomo sembra già molto il perdonare sette volte al fratello (cf Mt 18,21), il Cuore di Gesù, dopo aver comandato di perdonare settanta volte sette (cf Mt 18,22), perdona ancora e sempre, senza mai rimproverare né rinfacciare la colpa (cf Gv 8, 10-11), e neppure ritirare doni e grazie divini elargiti: Pietro, benché rinneghi il Signore, avrà infatti le chiavi del Regno dei cieli; Paolo, persecutore della prima comunità cristiana, sarà l'Apostolo delle genti; Maddalena, la grande peccatrice del Vangelo, diventerà santa. E questo il senso della Parola annunciata: « Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7). La missione di suor Consolata è quella allora di dire al mondo la misericordia infinita del Cuore di Gesù: in primo luogo ai Fratelli e alle Sorelle da lei spiritualmente adottati, poi a tutte le anime. E può farlo non solo con le parole, ma anche con i fatti: con quanto cioè Gesù operò in lei, fino a fare della sua anima uno dei più bei capolavori della grazia. Cederemo dunque la parola a lei, il cui cuore, modellato su quello di Gesù, sentì sempre una viva compassione per i poveri peccatori e un desiderio ardentissimo di riportarli tutti al Cuore di Dio. 

... Quando Gesù, dando sfogo al suo Cuore, si lamenta di qualche anima, se invece di credere ai suoi lamenti, lo dissuado col dirgli: - No, Gesù, non è vero che è così... - e scuso e compatisco, sento in me che Gesù si rasserena ed è contento, e termino pregando per quell'anima. il Cuore di Gesù è Cuore materno. Se una mamma, affranta dai dolori che a lei procura un figlio ingrato, giunge a confidarli a persona amica; se quell'amica, per confortarla, la dissuade presentandole il figlio sotto luce diversa, oh! Quella mamma quanto ne gode, nel credere ancora che suo figlio è buono. Ha bisogno di pensarlo, di crederlo così. Cuore materno, debole riflesso del Cuore Divino! Ma una mamma non potrà trasformare il figlio ingrato; invece Gesù, se noi lo preghiamo, si, convertirà quell'anima infedele che trafigge il suo Cuore ». Così ella scriveva il 5 dicembre 1935. Due giorni dopo, come a provarle che tali sentimenti venivano da Lui ed erano conformi alla bontà del suo Cuore Divino, Gesù glieli confermava a voce, parola per parola. Sarà una ripetizione, ma ora sono parole divine. Una vera mamma, per brutta che sia la sua creatura, essa non la ritiene per tale; per lei è sempre bella e così la riterrà sempre d suo cuore. Ebbene così, ma proprio così è il mio Cuore nei riguardi delle anime: anche brutte, anche infangate, anche sozze, il mio amore le ritiene sempre belle. E soffro quando mi si riconferma la loro bruttezza e godo viceversa quando, entrando a parte dei miei sentimenti materni; mi si dissuade della loro bruttezza, mi si dice che non è vero e che sono belle ancora. Lo so che è un pietoso inganno: eppure, cosa vuoi, ho bisogno di credere così. Le anime sono mie, per esse ho dato tutto il mio Sangue! Comprendi allora quanto ferisce il mio Cuore materno tutto ciò che è giudizio severo, biasimo, condanna, anche se basato su verità; e quanto invece mi è di sollievo tutto ciò che è compatimento, indulgenza, misericordia. Tu non giudicare mai; mai nessuno; non proferire mai una parola severa contro nessuno, ma consola il mio Cuore, distoglimi dalle mie tristezze, fammi vedere, con le industrie della carità, solo il lato buono di un'anima colpevole; e Io ti crederò e poi ascolterò la tua preghiera in suo favore e poi l'esaudirò. Se sapessi quanto soffro nel fare giustizia! Usa pietosi inganni; in questo caso il mio Cuore ha bisogno di credere che non è vero che le mie creature sono così ingrate e se tu cerchi di dissuadermi; dicendomi che non è vero che quell'anima è così cattiva, infedele, ingrata, Io ti credo subito. Cosa vuoi; il mio Cuore ha bisogno di essere confortato così, ha bisogno di fare sempre misericordia, mai giustizia! Tale linguaggio divino potrà sembrare nuovo e forse destare meraviglia, ma solo in chi lo considera superficialmente. Non è, infatti, che agli occhi di Gesù possa sembrare bella l'anima peccatrice, in quanto tale, ma essa gli appare sempre bella per quell'infinito amore che l'ha creata, che l'ha redenta e che la vuole salva. Allo stesso modo non è che Gesù voglia o possa essere ingannato dall anima peccatrice, ma egli gode di essere piamente ingannato  da quelle anime giuste che si interpongono fra Lui e i peccatori per scusarli e come per nasconderli dietro il proprio amore riparatore, imitando in ciò l'esempio ch'Egli stesso ci diede sulla Croce, interponendosi fra il Divin Padre e l'umanità colpevole: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). In altre parole, quel Dio che nel Vangelo ha proclamato la beatitudine dei misericordiosi, non ha forse con ciò stesso rivelata l'infinitamente più grande sua beatitudine, che sempre può esercitare misericordia? Né, d'altra parte, questa può esercitarsi se non verso la miseria: e quale miseria più spaventosa del peccato? Bontà e misericordia: ecco le effusioni del Cuore di Gesù su tutti gli uomini, ma in particolare verso i peccatori, coloro che ne hanno maggior bisogno. Così egli nel Vangelo e a suor Consolata confermava: Consolata, non dimenticare mai che Io sono e amo essere esclusivamente buono e misericordioso con le mie creature. La giustizia che esercito con i poveri peccatori; in vita, è di ricolmarli di benefici. Altre simili manifestazioni misericordiose del Cuore di Gesù troveremo in seguito. 

Non possiamo però tralasciare d'inserire a questo punto un'altra pagina dettata dal Cuore di Gesù a suor Consolata, che sarà di grande conforto sia ai peccatori per ravvivare la speranza, sia a quelle anime che soffrono per timore eccessivo, talora opprimente, di non conseguire l'eterna salvezza. Questa mancanza di speranza cristiana, mentre nuoce alle anime, offende il Cuore Divino nel suo intimo, cioè nel suo amore misericordioso e nella sua volontà salvifica. Il 15 dicembre 1935 Gesù faceva scrivere a suor Consolata per tutte le anime: Consolata, sovente anime buone, anime pie e molto spesso anime a Me consacrate, con una frase diffidente feriscono l'intimo del mio Cuore: « Chissà se mi salverò? ». 

Apri il Vangelo e leggi le mie promesse. Alle mie pecorelle ho promesso: « Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano » (Gv 10,28). Hai capito, Consolata? Nessuno può strapparmi un 'anima. Ma leggi ancora: « Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio » (Gv 10,29). Consolata, hai capito? Nessuno può strapparmi un anima... in eterno non periranno... perché Io do ad esse la vita eterna. Per chi ho pronunciato queste parole? Per tutte le pecore, per tutte le anime. Perché allora l'insulto: « chissà se mi salverò? » se Io nel Vangelo ho assicurato che nessuno può strapparmi un anima e che Io a quest'anima do la vita eterna e quindi non perirà? Credimi; Consolata, che all'inferno va chi vuole, cioè chi vuole veramente andarvi; perché se nessuno può strapparmi un'anima dalle mani; l'anima, per la libertà concessale, può fuggire, può tradirmi; rinnegarmi e passare quindi di propria volontà al demonio. Oh, se invece di ferire il mio Cuore con queste diffidenze, pensaste un pò più al Paradiso che vi attende! Perché non vi ho creati per l'inferno ma per il Paradiso, non per andare a far compagnia al demonio ma per godermi nell'amore eternamente. Vedi; Consolata, all'inferno ci va chi vuole andarvi... Pensa come è stolto il vostro timore di dannarvi: dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio Sangue, dopo che per un 'intera esistenza l'ho circondata di grazie, di grazie e di grazie... all'ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione e quindi quest'anima sta per amarmi eternamente, Io, proprio Io che nel santo Vangelo ho promesso di dare ad essa la vita eterna e che nessuno me le strapperà di mano. Me la lascerò rubare dal demonio, dal mio peggiore nemico? Ma, Consolata, si può credere a questa mostruosità? Vedi; l'impenitenza finale l'ha quell'anima che vuole andare all'inferno di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia misericordia, perché io non rifiuto mai il perdono a nessuno; a tutti offro e dono la mia immensa misericordia; perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l'anima, perché Io li perdono se essa si pente, ma è l'ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare. San Disma, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me e tanti e tanti peccati; ma in un istante è perdonato e lui; nel giorno stesso del suo ravvedimento, entra a possedere il mio Regno ed è un Santo! Vedi il trionfo della mia misericordia e della confidenza in Me! No, Consolata: il Padre mio che Me le ha date, le anime, è più grande e potente di tutti i demoni; sai! E nessuno può rapirle di mano al Padre mio. O Consolata, tu confida, confida sempre; credi ciecamente che Io adempirò tutte le grandi promesse che ti ho fatte, perché Io sono buono, sono immensamente buono e misericordioso e « non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva » (Ez 33,11). 

Suor Consolata corrispose assai bene agli inviti divini. Non che le mancassero le lotte anche su questo punto, ma sempre ella ne usci vittoriosa. Citiamo dai suoi scritti (3 novembre 1935): « Una notte, a Mattutino, m'impressionò tanto tanto quel tratto del Vangelo: Un tale aveva un fico piantato nella vigna, ecc (cf Lc 13,6-9). Giunta in cella, ricopiai il brano evangelico e vi feci su il commento, che mi sarebbe servito per il giorno di ritiro. Sembrava la storia dell'anima mia: se farà frutto, bene, se no lo taglierai... E il timore dei giudizi divini mi assalì fortemente e spalancò un abisso fra Dio Padre e l'anima mia infedele. Piansi, non osando più guardare il Cielo... tutto mi sembrava inesorabilmente perduto. Che ora d'angoscia straziante!... Che cosa potevo io offrire per placare questa Giustizia? Che cosa potevo promettere, se ogni giorno segnava le mie infedeltà?... E mentre amare lacrime scendevano copiose a bagnare il capezzale, raccolsi tutte le forze dell anima e: -Gesù, io confido in Te! - Ed ecco, sopra l'abisso spaventoso stendersi un ponte.. Gesù, la confidenza in Lui, riuniva, al di sopra di tutte le mie miserie, questa povera creatura al Sommo Creatore... e la pace tornò. La confidenza in Dio! Solo essa mi dà ali; il timore mi agghiaccia, paralizzando tutte le possibili attività... » Fece la stessa esperienza un'altra volta, durante l'Ora Santa nella notte tra il giovedì e il primo venerdì del luglio 1936: ... Estrassi il biglietto zelatore, mi portai presso il tabernacolo e lessi: - Nostro Signore ti ha amata e si è dato a te senza riserve, e tu vorresti ancora dividere il tuo cuore? - Fu un'ora di Getsemani! L'amore divino, le sue manifestazioni, mi umiliano profondamente; cammino quasi oppressa dai doni, dalle tenerezze del Cuore di Gesù a mio riguardo. No, più di così non può fare un Dio per la sua creatura, Gesù non può amarmi di più. E io come vi corrispondo?... Le mie infedeltà di silenzio mi apparvero nella loro mostruosità; no, io non amavo Gesù senza riserve, non gli davo tutto o, appena dato riprendevo. Mio Dio, quale ingratitudine!... il peso mi schiacciava quasi annientandomi e la Giustizia mi rimproverava. In quell'angoscia grande pensai che a me non restava che gettarmi con piena confidenza nel Cuore di Gesù, che è buono, infinitamente buono... Gesù attendeva quest’atto?... La pace tornò e l'amore! ». Ella dovrà passare per altre prove non meno dolorose, essendosi offerta a subire l'inferno in terra, al fine di salvare dall'inferno eterno i suoi poveri Fratelli, ma seppe restare eroicamente fedele al giuramento che un giorno il Divin Padre le aveva chiesto, quasi per prepararla per le grandi prove che l'attendevano (8 ottobre 1934) Onora Dio con la tua confidenza; giurami di credere sempre, in qualunque situazione abbia a trovarsi l'anima tua, che vi è un Paradiso aperto per te. Del resto, ella ebbe più volte formale promessa da Gesù, che sarebbe andata direttamente in Paradiso senza passare in Purgatorio. Così il 19 settembre 1935: No, Consolata, in Purgatorio non andremo, passeremo dalla cella al Cielo! E già prima, rispondendo ai suoi timori su questo punto per i peccati commessi: Senti; Consolata, se il buon ladrone, con le sue, avesse avuto tutte le tue colpe, dimmi avrei forse cambiato sentenza? - Oh no, Gesù, Tu avresti detto ugualmente: oggi sarai con me in Paradiso! - Ebbene, una sera dirò lo stesso a te.

3. Confidare nell'Amore. La confidenza è il fiore della speranza cristiana, in quanto non solo ci fa tendere con animo lieto alla Patria celeste, ma ci fa camminare speditamente e senza soste nella via della santità. Amore e confidenza sono, pertanto, le ali sulle quali l'anima spicca i voli più arditi, si libra vittoriosa su tutte le vette. Se viene meno la confidenza, anche l'amore langue e l'anima si trascina. il più grande ostacolo, infatti, alle operazioni divine nell'anima è, insieme con la ricerca di se stessa, la diffidenza. Per lo più, si manca di confidenza in Dio per troppa confidenza in noi stessi. Allora l'anima, sperimentando la propria impotenza nel bene, si affligge oltre misura, dando luogo al turbamento. Dovrebbe essere l'opposto: non è forse per la sua debolezza, che il bimbo ha diritto ad essere sostenuto dalla mamma? Lo stesso avviene nel campo spirituale. È la nostra estrema debolezza, che ci dà diritto di contare sulla forza divina; sono le nostre innumerevoli miserie che ci attirano le tenerezze del Cuore di Gesù. È’ questo un punto importante nella lotta per la santità: fare di ogni nostra mancanza, più o meno volontaria, come il punto di appoggio per sollevare più in alto la confidenza. Un amore che diffida, non è più amore, ma timore; e ogni angustia causata da diffidenza non onora, ma ferisce il Cuore di Dio. Ecco perché la frase: Onora Dio con la tua confidenza, la troviamo più volte ripetuta dal Divin Padre o da Gesù a suor Consolata. 

Un giorno (17 settembre 1935), suor Consolata parlava confidenzialmente con Gesù: « Gesù, che tu parli alla mia povera anima, che tu ti degni di ammaestrarla, dovrebbe formare la gioia più grande del mio cuore, e invece son costretta a rimanere come indifferente, perché la mia miseria è così grande, vi è proprio nulla che possa attirare su me il tuo sguardo divino; e poiché lo comprendo, a volte mi nasce il dubbio: non son forse una grande illusa?... Gesù, perdonami; si, lo credo che Tu sei bontà infinita!». E Gesù in risposta: Vedi; Consolata, le tue miserie hanno un limite, ma il mio amore non ha limiti.Qualche giorno dopo (19 settembre 1935): « Gesù, che tu ami i gigli candidi e immacolati, io lo credo; ma che Tu ami me... non posso comprenderlo! »E Gesù: Se tu pensi che non per i giusti sono venuto ma per i peccatori (cf Mt 9,13), lo comprenderai subito, Consolata! « Una sera - ella scrive - ero desolata e, davanti al santo tabernacolo: - O Gesù, son sempre la stessa, prometto e poi… - Anch’Io sono sempre lo stesso, non cambio mai!  Ma me lo disse con un tono, che la mia desolazione si mutò in gioia: se non si affliggeva Lui, perché affiggermi io? ». Quindi, mai Gesù le permise di ripiegarsi sulle proprie mancanze (2 novembre 1935): Quando ti accadesse di commettere una qualsiasi mancanza, non ti rattristare mai ma vieni; deponila subito nel mio Cuore e poi rafforza il proposito sulla virtù opposta, ma con grande calma. Così ogni tua mancanza sarà un passo avanti. « Con grande calma »: il nemico è astuto e procede con tattica; se riesce a inculcare in un anima il veleno della diffidenza, è soddisfatto; il resto verrà da sé. In primo luogo ci sarà, infatti, il turbamento, tanto dannoso all'anima, come Gesù spiegava a suor Consolata (2 agosto 1936): Se l'anima si mantiene calma allora è padrona di se stessa;  ma se si turba, allora sono facili le cadute. 

Avendo ella notato che Gesù nell'anima sua permetteva tutto tranne il turbamento, un giorno ne chiese il motivo e Gesù buono le fece comprendere: che l'anima in pace è come una fresca sorgente d'acqua pura e limpida, alla quale Egli può accostarsi e dissetarsi quando vuole; ma se vi entra il turbamento, quell'anima, ossia quell'acqua rimane come agitata da un bastone che ne solleva la melma e quindi Gesù non può più dissetarsi. E non solo Gesù non può più dissetarsi, ma il demonio, che appunto pesca nel torbido, trova in questo stato d'animo l'elemento adatto alle sue malefiche operazioni. Perciò Gesù la premuniva col dirle (24 settembre 1936): Il turbamento non lasciarlo entrare mai; mai; mai; perché se ti turbi; il demonio è contento, la vittoria sarebbe sua. Questo triplice « mai » confermava l'obbedienza che il Padre Spirituale aveva imposto a suor Consolata la quale, nei suoi grandi desideri di perfezione, inclinava un tantino allo scrupolo. Gesù gliela ricordava esplicitamente: Ricordati che l'obbedienza t'impone di mai; mai; mai lasciar entrare il turbamento; questo per te è il più importante. Mai diffidare, dunque, per mai turbarsi. Quasi sempre, infatti, al turbamento segue l'avvilimento e chi si scoraggia, non lotta più, quindi non avanza piu e, anzi, facilmente retrocede. Non si guadagna nulla e si perde molto. Per lo meno si perde tempo. «Ho compreso - scrive suor Consolata - che è stolto l'alpinista il quale, ascendendo verso la vetta, per un piccolo scivolone si ferma scoraggiato, non osando più mirare alla cima desiderata. Che, all'opposto, è savio quello che, rialzandosi prontamente, riprende fiducioso il cammino, di nulla turbato e col proposito di non perdere tempo, pronto a rialzarsi ad ogni nuovo scivolone ». Non sarà perciò mai abbastanza meditata dalle anime di buona volontà la seguente lezione di Gesù a suor Consolata (7 novembre 1935): Dimmi; Consolata, qual è più perfetta: un 'anima che con Gesù si lamenta sempre perché imperfetta, perché commette sempre mancanze, infedeltà ai propositi; ovvero un'anima che a Gesù sorride sempre, fa quel che può per amarlo, ma non si cura delle imperfezioni che non vuole, per non perdere tempo; essa si occupa solo di continuare ad amare Gesù. Dimmi: quale di queste due anime ti sembra più perfetta? A me piace più la seconda. Quindi tu fa' quel che puoi per amarmi e, quando ti accorgi di essere stata infedele, dammi un atto d'amore più ardente e poi riprendi il tuo canto d'amore. Gesù non è un tiranno e se per un atto d'amore perdona un'esistenza di delitti; dimmi; come farà un giorno a notare il pensiero inutile nel quale ti sei involontariamente soffermata? iIl dirmi; il riprendermi: « Guarda, Gesù, cosa ho fatto, come ti sono infedele ecc. » sono lamenti; è perdita di tempo. All'opposto, un atto d'amore più ardente, mentre impreziosisce la tua anima, allieta la mia, hai capito?... le imperfezioni che non vuoi; non degnarle di uno sguardo. Occorre tendere, dunque, alla perfezione amando Gesù, fare ogni sforzo per diminuire il numero e la volontarietà delle mancanze, ma poi non scoraggiarsi quando avviene di commetterne, confidando sempre nell'immensa bontà del Cuore di Gesù, che non ritrarrà per questo dall'anima il suo amore, i suoi favori, la sua intimità. 

Egli lasciava perciò a suor Consolata, per le anime, il seguente prezioso ricordo (15 dicembre 1935): Credi che non mi sarai meno cara, anche quando la tua debolezza ti portasse ad essere infedele alle tue promesse di silenzio ecc. Vedi; Consolata, il mio Cuore è soggiogato più dalle vostre miserie, che dalle vostre virtù. Chi uscì dal tempio giustificato? Il pubblicano (cf Lc 18,10). Ma è perché dinanzi ad un'anima umile e contrita il mio Cuore non sa contenersi... Sono fatto così! Ricordalo sempre: che ti amo e ti amerò alla follia in qualunque momento e per qualunque tua debolezza che non vuoi; ma che commetti. E quindi mai; mai; mai il minimo dubbio che per una tua infedeltà Io venga meno alle mie promesse; ma:, vero? Altrimenti mi feriresti nell'intimo del Cuore, Consolata! Ricorda che solo Gesù sa comprendere la vostra debolezza, Lui solo conosce tutta l'umana fragilità. Consolata, questa colpa, di dubitare che, a motivo delle tue infedeltà, Io non compia le mie promesse, tu non la commetterai mai; mai; mai; me lo prometti; vero? Tu non mi farai quest'oltraggio, perché mi faresti troppo soffrire! Non si creda che tutto ciò si addica solo alle anime di avanzata perfezione, quale era suor Consolata, che avrebbe preferito la morte piuttosto che commettere un'infedeltà a occhi aperti.

Lo ripetiamo: Gesù, attraverso suor Consolata, intendeva parlare a tutte le anime, anche a quelle che, all'imzio del loro rinnovamento spirituale, sentono ancora l'asprezza della lotta; a quelle che, dopo aver progredito nella via della perfezione, e quando già si credevano invulnerabili, a un assalto più violento o improvviso del nemico, da Dio permesso, sperimentano ancora la fragilità umana. E allora il tempo di radunare le forze dell'anima in un supremo atto di confidenza nel Cuore di Gesù. Per tutte queste anime sono le seguenti confortanti parole che Gesù rivolgeva a suor Consolata: Vedi; Consolata, il nemico farà di tutto per scuotere la cieca fiducia che hai in Me, e tu non dimenticare mai che Io sono e amo essere esclusivamente buono e misericordioso. Comprendi; Consolata, il mio Cuore; comprendi il mio amore e non lasciar mai; neppur per un istante, che il nemico penetri nella tua anima con un pensiero di diffidenza, mai! Credimi solo e sempre buono, credimi solo e sempre mamma per te. E quindi imita i bambini che, ad ogni lieve scalfitura a un dito, tosto corrono dalla mamma per farselo fasciare. Tu fa' altrettanto, sempre, e ricorda che sempre Io cancellerò, riparerò le tue imperfezioni; infedeltà, così come la mamma sempre fascerà il dito malato in realtà o in immaginazione. E se quel bimbo, invece di un dito, si rompesse un braccio o la testa, dimmi; puoi descrivere la tenerezza, la delicatezza, l'affetto con il quale verrebbe curato, fasciato dalla mamma? Ebbene, anch'Io farei così con l'anima tua se avvenisse una caduta, anche se tacerò; hai capito, Consolata? Quindi mai; mai; mai un'ombra di diffidenza. La diffidenza mi ferisce nell'intimo del Cuore e mi fa soffrire.

Le prometteva però, a suo conforto, che non l'avrebbe lasciata cadere in mancanze gravi: No, cara, né la testa né il braccio te lo lascio rompere. E poi sappi che ciò che dico a te, servirà un giorno per altre anime, per questo ti faccio scrivere. Ripetiamo che la lezione divina è per tutte le anime, poiché nessuno può pretendere di essere esente da difetto o imperfezioni: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi (1 Gv 1,8).

Anche suor Consolata - non ci stancheremo di ripeterlo - ebbe i suoi difetti; né li nasconde ma, come il lettore ha già potuto constatare, quasi si compiace di metterli in vista, insistendo e anche calcando su di essi la mano. Erano per lo più difetti esterni, come scatti improvvisi, causati quasi sempre da zelo di osservanza. Ora ci si chiede: quale peso di colpa potevano avere davanti a Dio questi atti in un anima d'indole ardente, di carattere pronto e quasi impetuoso, tanto da venir denominata « folgore e tempesta»? In un'anima che, forse nello stesso giorno, aveva già lottato fino all'eroismo per reprimere non una, ma dieci o venti volte gl'impulsi disordinati della natura? E che, dopo tali scatti, subito si pentiva, volentieri si umiliava davanti a Dio e alle creature, con sincero proposito di emendarsi? Va inoltre ricordato che, spesso, tali difetti esteriori sono come un velo di cui Dio si serve per nascondere, agli occhi altrui, i suoi doni e le sue operazioni in un anima. Così fu per suor Consolata, alla quale Gesù - rispondendo a un'esplicita sua richiesta di passare inosservata nella Comunità - prometteva: Sì, ti annienterò nel dolore e nell'umiliazione! Quale umiliazione? Questa appunto di apparire difettosa. E si noti: non solo apparire imperfetta agli occhi altrui, il che conta e non conta, ma ai propri occhi, cosa in cui sta la vera umiliazione. Sono, queste, cose che si sanno, ma che praticamente si dimenticano. Le dimentichiamo a nostro riguardo: inquietandoci, turbandoci e scoraggiandoci, quando ci avviene di commettere qualche mancanza; le dimentichiamo soprattutto nei riguardi del prossimo, erigendoci contro ogni possibile affermazione di santità di un'anima, se appena vi scorgiamo un'ombra di difetto. Vorremmo aggiungere che è più facile riscontrare simili difetti nelle anime generose, ardenti, volitive, le quali « bruciano le tappe » nella corsa per la santità, che non in quelle che misurano il passo e si impegnano per non cadere. 

I Santi non furono dei pavidi e neppure dei meticolosi, ma degli audaci realizzatori. Non diciamo presuntuosi, ma audaci. Non si perdevano in quisquiglie, miravano al sodo. « Coloro che non combattono mai - dice san Giovanni Crisostomo - non sono mai feriti; chi si lancia con ardore contro il nemico, spesso è colpito ». Questa rifiessione non è inutile, essendo troppo importante che le amme - e direttori d'anime - non trascurino l'essenziale per l'accessorio. Intanto, ecco come Gesù, continuando la sua più che materna esortazione, incoraggiava suor Consolata: Tu vorresti che ti promettessi di non lasciarti cadere mai; ma sempre fedele, sempre perfetta? No, Consolata, Io non voglio illuderti e quindi ti dicò che commetterai e mancanze e infedeltà e imperfezioni; e queste ti serviranno ad avanzare, perché ti faranno fare tanti atti di umiltà. Ma mentre è facile per l'anima mantenersi nella confidenza quando gode delle attrattive divine, non si può dire lo stesso quando essa cammina nelle tenebre dello spirito. 

Perciò Gesù, preparando suor Consolata anche a questa evenienza, la premuniva così (27 novembre 1935): Consolata, oggi il cielo della tua anima è bello come il cielo della natura. Lo vedi? E roseo e azzurro. Ma fra poco, su questo bel cielo di amore e di confidenza, scenderanno le fitte tenebre... Coraggio, Consolata! Saranno i giorni fruttuosi della prova, nei quali a fatti potrai mostrare a Dio il tuo amore e la tua confidenza in Lui! Oh confida, confida sempre in Gesù! Se sapessi quanto ne godo! Dammi sempre questo conforto di fidarti di Me, anche fra le tenebre di morte; dammi sempre la gioia, in qualunque ora tenebrosa abbi a trovarti; d'un « Gesù mi fido di Te, credo al tuo amore per me e confida in Te!». Così ìnfatti fece suor Consolata, conservando inalterata la sua confidenza, portandola anzi sempre più in alto. 

Fin dal 14 agosto 1934, vigilia dell'Assunzione della B.V. Maria, ella deponeva nelle mani della Madre Celeste, dopo averlo scritto col proprio sangue, il seguente voto di confidenza: « Mamma, nelle tue mani depongo il mio voto, che faccio al buon Dio, di confidare nella sua bontà, nella sua misericordia, sempre, in qualunque stato abbia a trovarsi l’anima mia e di credere sempre a ciò che mi ha promesso. O dolce Mamma, col tuo aiuto voglio attendere, confidare, credere tutto questo dall'onnipotenza del buon Dio. Mio Dio, ti amo e confido in Te!». il « mio Dio, confido in Te!» oppure: « Gesù, confido in Te!» ricorrono di continuo negli scritti di suor Consolata: sono come sigillo di ogni suo proposito, di ogni ripresa dopo un'infedeltà, di ogni slancio verso la perfezione. C'è da stupirsi che il Cuore di Gesù si lasciasse conquistare da una confidenza tanto grande? I doni divini, le magnifiche promesse da Lui fatte a suor Consolata, tutto è frutto e premio insieme di questo suo amore confidente. Suor Consolata ha creduto, ma ha creduto con una fede che non solo trasporta o, meglio, polverizza le montagne dei propri difetti, ma mette l'onnipotenza stessa di Dio a servizio della creatura.  Gesù glielo confermava: (6 agosto 1935) Sai che cos’è che mi attira alla tua anima? È’ la cieca fiducia che hai in Me. (20 ottobre 1935) la confidenza cieca, infantile, senza limiti; immensa che tu hai in Me, mi piace tanto ed è per questo che Io mi chino verso di te con tanto amore e con tanta tenerezza. Per questa confidenza Egli opererà in lei meraviglie su meraviglie (8 ottobre 1935): Io farò in Consolata cose merarngliose, perché la tua confidenza in Me non ha scogli. Tu credi a Gesù, al suo Cuore misericordioso; ora, tutto è possibile a chi crede! (cf Mc 9,22).

Per questa confidenza Egli la porterà sulle vette della santità (8 novembre 1935): Se tu ti fossi fidata di te stessa o ti fossi appoggiata esclusivamente a una creatura mia per raggiungere la vetta, avresti fatto passi da lumaca; ma tu ti fidi solo di Gesù, ti sei appoggiata all'Onmpotente e allora Io compirò meraviglie, faremo voli giganteschi. Per questa confidenza Egli verserà nell'anima di lei i tesori del suo Cuore Divino: Consolata, tu non metti limiti alla tua confidenza in Me e Io non metto limiti alle mie grazie verso di te. Ed è proprio riguardo alla confidenza che Egli farà di suor Consolata, non solo un'apostola nel mondo, ma l'apostola degli apostoli. Questa promessa Gesù gliela faceva una prima volta il 22 ottobre 1935: Consolata, ti farò apostola degli apostoli. Più tardi, il 10 dicembre 1935, gliela confermava e spiegava, dicendole: Quel Dio che s'e' compiaciuto di prendere una bambina per farne un'apostola degli apostoli; nel riguardo della confidenza che si deve avere in Dio, saprà ancora infondere a questa bambina tale e tanta generosità, da farle superare le prove e condurla vincitrice sulla vetta bramata. Poi ancora, il 3 novembre 1935, dandole la sua rassicurante parola sulle prove che l'attendevano: Consolata, non temere nulla. Nessuno potrà fermare ormai la tua corsa vertiginosa verso la fine, nessuno; perché Io sono in te e tu ti fidi solamente, ciecamente e totalmente del tuo Gesù. Io ne godo e vedrai che cosa saprò fare di Consolata! Non temere di nulla e di nessuno: hai Dio con te, che pensa per te, che ti protegge come la pupilla degli occhi suoi. Te lo giuro, che corrisponderai pienamente ai disegni che Gesù ha formato su di te. « Chi crede in Me, fiumi di acqua viva scaturiranno dal suo seno » (cf Gv 7,38). Oh, confida, confida sempre in Gesù! Se sapessi quanto ne godo! Dammi questo conforto di fidarti di Me anche fra le tenebre di morte. Non temere mai di nulla, confida in Gesù totalmente, solo e sempre; e anche quando scenderanno sulla tua anima le tenebre ad avvolgerti, oh allora più intensamente ripeti: « Gesù, più non ti vedo, più non ti sento, ma io mi fida di Te! ». E così ad ogni prova. la tua confidenza in Me è grande, Consolata; lascia che nei giorni della prova diventi eroica! Eroica lo fu. 

Per gli esercizi spirituali del 1942, quando già stava salendo il suo calvario, affidava al diario questa pagina che merita di essere riportata per intero: ... .Anima mia, sino a oggi puoi dire davanti a Dio di aver sempre combattuto? Di aver raggiunta la perfezione richiesta? Di aver mantenuto fede ai proposin fatti?... Mio Dio, quale confusione, quale viltà!. ..Ma, o Gesù, non voglio né avvilirmi né scoraggianni, ma voglio da questo istante, con il tuo aiuto, sorgere, lottare, perseverare nella lotta, da poter dire anch'io in punto di morte con san Paolo: Ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la mia corsa, ho conservato la fede! (2 Tm 4,7). « So che una lotta continua, assillante, tenace, quotidiana mi attende, dallo svegliarmi all'addormentarmi: la lotta dei pensieri per serbarti la mente, la lingua e il cuore immacolati. So che uno sforzo supremo di tutte le energie mi aspetta per darti un atto incessante di amore, per vederti in tutti, per avere un "si" generoso per ogni richiesta; e so ancora che l'odio satanico sfrutterà tutte le situazioni per impedirmi, arrestarmi l'ascesa amorosa verso di Te. « Perciò la battaglia s'ingaggia decisiva contro me stessa, le creature, il nemico. Gesù, non voglio entrare in Paradiso un minuto prima di quello da Te stesso segnato, ma neppure un minuto dopo per colpa mia. Se Tu sei in me, chi sarà contro di me?» (cf Rm 8,31). « Gesù, voglio da questo momento fino alla morte, non lasciare entrare un pensiero, uno scoraggiamento, una diffidenza. Gesù, voglio appena svegliata incommciare l'atto d'amore e continuarlo, malgrado tutte le batterie nemiche, sino a quando mi addormenterò la sera. Gesù, sempre col tuo aiuto, voglio vederti, parlarti, servirti, in tutti; Gesù voglio rispondere "si" per ogni tua richiesta diretta o indiretta, per ogni sacrificio, per ogni atto di carità, e tutto compiere con amore e col sorriso. Gesù, voglio vivere il momento presente e questo momento in un atto d'amore, di totale dedizione al tuo divino volere, per Te e per le anime! Gesù, voglio con la tua grazia restare in pace e sorridere sempre, qualunque sia lo stato dell'anima mia ». « Gesù, col tuo aiuto, indietro non si torna più! E allora, dovendo avanzare, perché trascinarmi? Perché far ridere il nemico con soste e fermate, con scoraggiamenti o diffidenze?... No, non più! Voglio, col tuo aiuto, andare avanti! E quando cadrò lungo la mia via voglio - fidando in Te - rialzarmi immediatamente, anche se fosse la millesima volta e nell'ultimo istante della giornata, e riprendere energicamente il mio canto, come se nulla fosse stato. Gesù buono, benedici e conserva questa tua volontà in me! ». Quanta buona volontà, quanta generosità e quale confidenza in questa piccola anima! Confidenza ch'ella, nell'intima convinzione del proprio nulla, nella quotidiana esperienza della propria debolezza, poggiava su queste realtà divine: l'amore, l'onnipotenza, la fedeltà del Cuore di Gesù. Scrive infatti: « .. .Un mattino di un giorno di ritiro (credo nell'estate 1931), non avendo potuto far la Visita a Gesù Sacramentato con le consorelle di noviziato, m'ero portata, sola, davanti alla porticina del santo tabernacolo. Apro il libro del ritiro e leggo: "Ti credo onnipotente!". Questa frase mi colpì. Chiudo il libro e ricevo in pieno la luce divina. L'onnipotenza divina! E compresi che, malgrado tutte le miè estreme debolezze e miserie, Dio poteva farmi santa. E con la luce sentii una nuova forte speranza: la confidenza in Dio! Se era onnipotente, se poteva tutto, poteva anche realizzare i miei immensi desideri! E da quel momento credetti che tutto si sarebbe avverato. O Gesù, se stanotte la tua debole creatura con volontà risoluta può dirti: "Sono pronta a tutto!" a chi lo devo, se non all'onnipotenza misericordiosa che ha operato il miracolo della trasformazione, che alla mia innata debolezza ha sostituito la tua forza divina? » Ella parla di desideri immensi. Quali fossero e quali le relative divine promesse, lo si può vedere nella sua vita. Suor Consolata toccò il vertice della confidenza, mantenendo saldissima in cuore, nonostante tutto, la fede nella realizzazione sia dei suoi sconfinati desideri di amore, dolore e anime, sia delle relative divine promesse. Basti per ora una citazione, da una lettera al Padre Spirituale (10 settembre 1942): « . . La mia preghiera più ardente è ora per ottenere di amare Gesù come nessuno lo ha amato mai e per salvargli anime in egual misura, ma di numero; e glielo ripeto ad ogni stazione della Via Crucis, sino ad annoiarlo. Cosa vuole, Padre, l'unica mia speranza per ciò ottenere è riposta nella preghiera insistente. So che sono miseria, incostanza e viltà, ma so che Lui è onnipotente, che a Lui niente è impossibile; perciò, fra questa piccolissima e il buon Dio, il ponte della confidenza è gettato e, pur nella mia viltà suprema, io credo che Gesù mi concederà ciò che bramo ». « Non lo temo più il dolore, la lotta, l'annientamento: Gesù mi fa la grazia di amarlo, e mi stupirei e mi addolorerei se non mi trovassi in questo stato. Con grande audacia chiedo di soffrire come nessuno ha sofferto mai, perché non mi appoggio su di me, vile per natura, ma conto esclusivamente su di Lui, l'Onnipotente, che può tutto, anche concedermi di sopportare con gioia tanto dolore. Lo chiedo, lo bramo e credo che mi sarà concesso. A volte, celiando, gli dico che se non mi concede il dolore e la forza di sopportarlo bene, non sarebbe onnipotente: "E io ti credo onnipotente". Mi sembra di poterle affermare, Padre, che la corsa verso il dolore, come verso l'amore, si e iniziata ». « A volte, alla sera, nel fare la Via Crucis, con lo sguardo alle stelle, penso: che cosa diranno i Santi della mia insistente preghiera di amore, di dolore e di anime in grado così altissimo?... Se partisse da un cuore mnocente, fedele, ma da Consolata!... Ma ormai la sfida è gettata di audace confidenza, che tutto spera di ottenere. A chi crede, tutto è possibile; e Consolata crede, crede! Oh, Padre, mi sembra che la fede s'è fatta in me così grande, grande!... E mi aggrappo tenacemente alla preghiera per conservarla e anzi, se possibile, accrescerla ognor più. Ripeto che il ponte è gettato tra questa fanciulla e il Cuore di un Dio: confidenza senza limiti! ». Tale slancio d'amorosa confidenza si commenta da sé e spiega la promessa tante volte fatta da Gesù a questa cara anima: Consolata, in grembo alla Chiesa sarai la confidenza. La conclusione che si può già trarre da quanto fin qui detto, anticipando ciò che sarà svolto nelle pagine seguenti è che l'amore, la vita d'amore, porta realmente l’anima all'eroismo di tutte le virtù, sorpassando vittoriosa sulle debolezze dell'umana natura.

4. Amare l'Amore. L'altra verità, di cui dev'essere intimamente convinta l'anima desiderosa di progredire nella vita di amore, è che Gesù altro non chiede a noi sue povere creature, se non amore. Allo stesso modo che tutte le relazioni fra il Creatore e la creatura si compendiano nella parola di san Paolo: Egli mi ha amato (Gal 2,20), così tutte le relazioni fra la creatura e il Creatore si compendiano in quest'altra del Vangelo: Amerai il Signore Dio tuo (Mt 22,37). Amore per amore. il di più che la creatura può dargli, è già suo ed Egli può riprenderselo a piacimento, anche la vita. L'amore, no; sulla terra esso è libero e la creatura può rifiutarlo. Ma Dio lo vuole e lo chiede: ne ha fatto il fine della creazione dell'uomo; l'ha proclamato il primo comandamento, dalla cui osservanza dipende il conseguimento della vita eterna (cf Mt 12). E lo vuole intero: vuole essere amato con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutta la forza. E per avere il nostro amore, discese dal Cielo facendosi Uomo. Non basta, si fece mendicante ai piedi della creatura: Dammi da bere! (Gv 4, 7); in ultimo, salì su di un patibolo per gridarci con la voce del sangue la stessa divina sete: Sitio! (Gv 19, 28). Il divino richiamo, sempre vivo durante venti secoli nella voce del Vangelo, poi fattosi più pressante con la rivelazione a santa Margherita Alacoque, si è in questo secolo intensificato attraverso non poche manifestazioni misericordiose. Eppure quante anime, sinceramente desiderose di giungere a Dio, si perdono ancora inquiete e affannate per vie difficili, mentre la via dritta, facile e sicura è davanti a loro: l’amore! Quante altre, desiderose di consacrarsi a Dio, sono trattenute dal timore di chissà quali austerità, quasi che lo Sposo Divino sia più assetato del nostro sangue, che del nostro amore! Non è così: a suor Consolata, che pur apparteneva a un Ordine claustrale dei più severi, Gesù non chiese che amore; l'amore poi avrebbe operato tutto il resto.

Le espressioni: Amami solo... amami sempre... amami tanto... a te non chiedo che amore ecc., nelle pagine di diario riportanti le divine lezioni, si trovano ripetute centinaia di volte. E un invito continuo, insistente e anche commovente del Creatore assetato dell'amore della sua creatura. Né trovandolo Egli nella maggior parte degli uomini e non ricevendolo nella sua interezza anche da molte anime a Lui consacrate, lo va elemosinando dalle piccole anime, che meglio comprendono l'anelito del Cuore Divino e vi sanno corrispondere. Diceva infatti Gesù a suor Consolata (15 ottobre 1935): Io ho sete di essere amato da cuori innocenti; cuori di bimbi; cuori che mi amino totalmente. Lo chiede a queste anime affinché, attraverso di loro, divampi in tutto il mondo (13 ottobre 1935): Consolata, amami tu per tutte e per ciascuna delle mie creature, per tutte e per ciascun cuore che esiste. Ho tanta sete di amore! Proprio quella sete d'amore che ogni cuore umano dovrebbe avere per il Creatore, il Creatore la sente per l'amore della creatura (9 novembre 1935): Amami Consolata! Io ho sete del tuo amore, come ha sete e desidera una fontana d'acqua fresca chi muore dalla sete. E tale e tanta questa sete d'amore, ch'Egli giungeva a dire a suor Consolata (3 novembre 1935): Consolata, scrivi   perché te lo impongo per obbedienza - che per un tuo atto di amore Io creerei il Paradiso.

Già ogni anima in stato di grazia - secondo quanto insegnano la Scrittura, i Padri e la teologia, è un tempio, il trono, il cielo di Dio. Che dire allora dell'anima che non solo vive nell'amore, ma vive di amore? Gesù diceva a santa Margherita Alacoque: « Figlia mia, i desideri del tuo cuore mi sono così graditi, che se non avessi istituito il mio Divin Sacramento d'amore, lo istituirei per amor tuo, per avere il piacere di essere nella tua anima e prendere un riposo d'amore nel tuo cuore ». Ed ecco ora dire a suor Consolata (29 ottobre 1935): Sei il mio piccolo Paradiso; una tua Comunione mi ricompensa di tutto quello che ho sofferto per cercarti; averti; possederti. - Ma, Gesù, se non so dirti nulla! - Non importa, ma il tuo cuore è mio, esclusivamente mio e Io che cosa voglio dalle mie povere creature, se non il cuore? A tutto il resto Io non guardo e quando un cuore è mio, esclusivamente mio, oh allora questo cuore diventa per me un Paradiso! E il tuo cuore è mio, è già eternamente mio! Si comprendono bene ora le divine insistenze, affinché suor Consolata unisse all'amore incessante, l'incessante preghiera per l'avvento del regno d'amore nel mondo. Così il 16 dicembre 1935: Consolata, si, chiedi il perdono sulla povera umanità colpevole, chiedi su di essa il trionfo della mia misericordia, ma soprattutto chiedi; oh! Chiedi su di essa l'incendio del divino amore che, qual novella Pentecoste, redima l'umanità da tante sozzure. Oh, solo l'amore divino può fare di apostati; apostoli, di gigli infangati; gigli immacolati; di ributtanti viziosi peccatori; trofei di misericordia! Chiedimi l'amore, il trionfo del mio amore per te e per ciascun'anima della terra, che ora esiste e che esisterà sino al termine dei secoli. Prepara con la preghiera incessante il trionfo del mio Cuore, del mio amore su tutta la terra! Un'altra volta, insistendo sullo stesso concetto, Gesù con le parole di santa Teresina: « O Gesù, perché non mi è possibile dire a tutte le piccole anime quanto la tua condiscendenza è ineffabile? », le soggiungeva (27 novembre 1935): Consolata, narra alle piccole anime, a tutti; la mia condiscendenza ineffabile; dì al mondo quanto Io sono buono e materno e come dalle mie creature, in cambio, Io non chiedo che l'amore. Tu la puoi narrare, Consolata; narrala la mia estrema misericordia ed estrema materna condiscendenza. L'amore: ecco il fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra e vuole che arda in ogui cuore (15 dicembre 1935): Oh, potessi scendere in ogni cuore e versarvi a torrenti le tenerezze del mio amore!... Consolata, amami per tutti e, con la preghiera e la tua immolazione, prepara nel mondo l'avvento del mio amore! Gesù vuol dunque salvare il mondo, ma il mondo deve tornare a Gesù. 

Con Lui la pace nella tranquillità dell'ordine, senza di Lui l'anarchia e la rovina. E per tornare a Gesù? Una sola la via, come per le anime, così per le nazioni: Dìliges! L'amore. E tutta la legge, tutto il Cristianesimo. Nell'adempimento di questo solo precetto, che abbraccia Dio e il prossimo, è la salvezza: Fa' questo e vivrai (Lc 10,28). Il protestantesimo da una parte, il giansenismo dall'altra, in questi ultimi secoli hanno spento a poco a poco questo fuoco sacro nel cuore del Cristianesimo e l'hanno ucciso, almeno in molte anime. La maschera di un Cristianesimo ridotto alla semplice fede o al timore, ha agghiacciato i cuori, li ha allontanati da Dio, portandoli progressivamente all'indifferentismo, allo scetticismo, all'ateismo, al paganesimo. Per tornare a Gesù è dunque necessario tornare al Vangelo, quello che Gesù stesso ha depositato in seno alla Chiesa cattolica, e che essa ha costantemente difeso e insegnato: il Vangelo dell'amore e della carità. Credere al Vangelo è credere all'Amore, praticare il Vangelo è amare.