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9 - L'avventura romana

Il desiderio di dare maggiore respiro alla sua Congrega­zione, insieme alla necessità di difenderla presso la Santa Sede dalle accuse che si andavano facendo sempre più pesanti spin­sero Madre Speranza ad intraprendere la via di Roma.

Il 9 aprile 1936, comprese che il Signore desiderava l'aper­tura di una casa nella Città Eterna.

"Mi ha detto anche che questa fondazione di Roma sarà il pre­mio che lui prepara alla Congregazione, per le mie sofferenze e per il lavoro che devo svolgere solo per Lui e per la sua glo­ria. Mi ha detto che Pilar si incaricherà dell'affitto di questa casa e di comprare le cose più necessarie. Ma dovrà essere lei a comprare tutto. Io non dovrò prendere neppure un soldo.

Sentendo parlare di premio pensa alla possibilità di morire o durante la guerra o non appena essa sarà terminata.

Lo confida al suo confessore Padre Antonio Naval e costui le risponde che se la Congregazione avrà un premio e sarà lei la vittima destinata, non c'è che da ringraziare Dio.

Ma la sua opinione è che questo sia molto improbabile per­ché lei sa bene che la sua missione non è ancora terminata.

Il buon Padre, quando apprende la notizia della fondazione di una casa a Roma, si commuove profondamente e come il Vecchio Simeone esclama: "Adesso, Signore, lascia pure che il tuo servo se ne vada in pace" ed esorta la Madre ad abbando­narsi come un bambino nelle mani di Dio. Le chiede di far pre­sto perché anch'egli vorrebbe vedere realizzata questa fonda­zione.

Anche al P Postíus comunica l'ordine ricevuto dal Signore. Costui nonostante sia convinto che l'impresa è molto diffi­cile, la invita, a tentare questa "avventura" e riferisce alla Madre che sta per essere trasferito a Roma e una volta a desti­nazione cercherà di aiutarla per quanto le sarà possibile

In viaggio verso Roma

Il primo maggio 1936 la Madre riceve l'ordine di partire per Roma con la signorina Pilar e lì aprire un collegio per bambine povere. Dopo qualche giorno sono già in viaggio.

"Solo Gesù, scrive nel suo Diario, può misurare la sofferenza che invade il mio animo nel lasciare sole le mie amate figlie. Povere figlie e povera madre!.

È con grande dolore che si separa da esse in un momento particolarmente delicato per la Congregazione e per la situa­zione politica spagnola. La signorina Pilar tenendo conto delle sue abitudini e delle delicate condizioni di salute della Madre, credendo di farle cosa gradita, ordina due biglietti in vagone­letto.

La Madre si rifiuta decisamente di viaggiare in prima classe dicendo a Pilar: "Tu vai pure in vagone-letto, come ti si addice, io come religiosa vado in terza classe, perché non esiste la quarta".

Positivamente sorpreso, l'autista della signorina Pilar com­menta: "Mi dispiace per lei, signorina, ma sono contento di questo comportamento della Madre, così, infatti, D. Doroteo si renderà conto che non è vero quello che lui afferma: che cioè questa suora si è unita a lei per darsi alla bella vita".

La lezione ha i suoi effetti e convince Pilar ad unirsi alla Madre per viaggiare in terza classe. Dopo essersi fermate a Ventimiglia per ricevere la S. Comunione e per un breve riposo, arrivano a Roma il 16 maggio e vanno ad alloggiare presso la casa di alcune religiose spagnole. Chiedono subito un'udienza al Cardinale Vicario, Marchetti Selvaggiani, che la concede per la mattina del giorno seguente. Il Padre Postíus, che nel frattempo si era trasferito a Roma, va a trovarle e conti­nua a manifestare i suoi dubbi e le sue riserve sulla possibilità di ottenere un permesso per una Congregazione che nessuno conosce, senza l'appoggio di Vescovi e senza neppure l'appro­vazione diocesana.

L'incontro con Sua Eminenza è sorprendentemente posi­tivo.

Madre Speranza espone i motivi della sua venuta a Roma, riferisce al Cardinale quanto Gesù le ha ordinato e presenta con fiduciosa determinazione i suoi programmi: aiutata dalla carità della signorina Pilar, che il Cardinale conosce per la sua generosità verso le Missioni e la Chiesa, aprirà una casa per bambine interne; una volta sistemato il Collegio inizierà le trat­tative per comprare un terreno dove costruire un edificio sem­plice e grande che in parte sarà occupato dal Governo Generale della Congregazione, in parte dal Noviziato e il resto da un collegio per bambine povere. Sorpreso di tanta sicurezza il Cardi­nale osserva bonariamente: "Non sa ancora se le concedo il permesso di fondare e viene già con tutti questi progetti?".

"Sì Eminenza - le risponde la Madre - e sappia che porto con me anche i piani per la nuova casa". Sorride il Cardinale e fa entrare la signorina Pilar, che esorta a continuare il suo lavoro a favore della Chiesa. Poi chiede alla Madre in quale zona di Roma desidera fabbricare questo Collegio. "Dove Lei dispone - risponde la Madre - ma, se è possibile, desidero che sia nella zona dove sono più poveri". Il Cardinale, soddisfatto, fa chiamare Mons. Mingoli, incaricato per le parrocchie e le opere della periferia, dicendogli. "Veda con questa Madre e con questa signorina dove è possibile aprire un collegio per bambine povere interne".

Ricevuta la benedizione del Cardinale e avuto l'indirizzo del Monsignore a cui dovranno rivolgersi, escono ringraziando il Buon Gesù di tale inaspettata accoglienza. Tornate a casa trovano il Padre Postíus a cui riferiscono il risultato dell'incon­tro. Il Padre rimane senza parole ed esclama: "Ringraziamo il Signore per un beneficio così grande e per me così sorpren­dente".

In un'estasi avvenuta durante la notte del 22 maggio, Gesù indica alla Madre il luogo dove cercare la casa che dovrà ser­vire da Collegio.

È sulla Via Casilina, in una parrocchia molto povera.

Alla ricerca di una casa

Il primo sondaggio lo fanno presso la parrocchia di S Bar­naba dove il parroco, P Vincenzo Clerici, religioso pavoniano, le riceve paternamente e le accompagna dalle suore di Nostra Signora di Namur, che hanno una casa da affittare.

Alla signorina Pilar la casa non piace, soprattutto per il fatto che si debba condividere il giardino e per il poco spazio riser­vato alle bambine per i loro giochi. Ma un po' più avanti, sem­pre sulla Via Casilina c'è anche la parrocchia di S. Marcellino. Perché non provare lì a trovare qualcosa di meglio?

Di fronte alla chiesa vedono un palazzo con un bel giardino recintato. Questo, sì che potrebbe andar bene: c'è spazio suffi­ciente per le bambine. Anche il prezzo è più ragionevole.

Dunque, tutti d'accordo: la Madre, la signorina Pilar, il par­roco di S. Marcellino che le ha accompagnate. Torneranno l'in­domani per ultimare le trattative.

Ma qualcuno non è d'accordo.

Durante la notte, in una delle sue solite distrazioni, il Signore dice alla Madre di non pensare più alla casa di S. Mar­cellino, perché il posto dove lavorare, soffrire, ed essere di consolazione e luce per gli altri è la parrocchia di S. Barnaba e la casa è la prima che hanno visitato. La signorina Pilar, che alla scuola della Madre ha imparato a consegnarsi fiduciosa­mente alla volontà di Dio, accetta questa decisione così contra­ria ai suoi desideri ed esclama: "Ecco l'Ancella del Signore! Tutte e due, Madre, ci disponiamo con gioia a compiere le volontà del Buon Gesù".

Il P Postíus a cui riferiscono tutto, passando dalla sua ini­ziale diffidenza ad una più ottimistica visione delle cose, le esorta dicendo: "Dio sia benedetto in tutto; anche se la vostra volontà è stata contrariata, lavorate con la stessa gioia che ave­vate ieri quando tutto si è presentato facile e piacevole alla natura umana".

La preghiera di un parroco e l'equivoco della "Marranella"

Tornano di nuovo dal Parroco di S. Barnaba, decise a stipu­lare il contratto con le religiose di nostra Signora di Namur. Non gli nascondono che vicino alla parrocchia di S. Marcel­lino ci sarebbe un palazzo con un giardino molto più bello, ma non è volontà di Dio che vadano lì. Il parroco che era stato informato dal suo collega di S. Marcellino rivela che, nella sua profonda pena e delusione aveva scongiurato giorno e notte il Signore di non negargli il grande beneficio di avere per i suoi fedeli quella provvidenziale fondazione. E Dio l'aveva ascol­tato!

"Ma questa borgata, P. Vincenzo, come si chiama?"

"La Marranella". La signorina Pilar e Madre Speranza trasalirono di stupore. Nella lingua spagnola questa strana parola suona male: indica il luogo dove si rinchiudono le man­drie di porci.

Figuriamoci quello che penseranno in Spagna quando sapranno che ci troviamo nella "Marranella"! Le risa e i mot­teggi della gente e dei parenti al sentire che ci troviamo in un luogo così poco dignitoso. Dunque, quando ci scriveranno dovranno mettere "La Marranella?". "Ma no - le rassicura P. Vincenzo - sarà sufficiente mettere: Via Casilina 222, Villa Certosa, aggiungendo tutt'al più: ‘Suore Spagnole’.

Risolto con qualche sorriso questo problema, il parroco le accompagna dalle Suore di Villa Certosa che si riservano di consultare il Governo Generale prima di procedere.

Udienza con Pio XI

Nel fervore della ricerca di un luogo dove stabilirsi c'è un intermezzo gioioso e rasserenante.

Il 26 maggio Sua Santità Pio XI le riceve in udienza privata. Il Pontefice le incoraggia e dice alla Madre, che aveva accennato alle sue difficoltà, soprattutto nei rapporti con il Vescovo di Madrid: "Coraggio! Pensi con frequenza a quanto dovette soffrire Gesù per compiere la volontà del Padre suo.

Voglio dirvi una frase che si usa in Spagna e che io vi ripeto perché la teniate sempre presente: ‘De ningún pauroso se ha escrito nada bueno’. Poi sorridendo chiede: "L'ho detto bene?". "Sì, Santità!"- rispondono compiaciute. "E allora le dico, Madre, che non le succeda di essere scritta nel libro dei codardi".

Il dialogo continua per un certo tempo, poi inginocchiate implorano la benedizione per loro, per le Suore, la Congrega­zione e le persone che accolgono nelle loro case.

"Una benedizione - dice il Papa - tanto grande quanto grande è il vostro desiderio di riceverla".

E ne aggiunge una anche per l'amata Spagna.

Mancano le sedie!... La Provvidenza interviene

Confortate dalle parole e dalla benedizione del Santo Padre riprendono con maggiore entusiasmo i preparativi per la nuova fondazione. Il 10 giugno pagano per l'affitto del primo trime­stre e ricevono le chiavi dell'edificio. Il Parroco si incarica di trovare gli operai per fare le necessarie modifiche.

Una brava signorina spagnola che si trova a Roma, Maria Luisa Beltrame, le accompagna per comprare le suppellettili indispensabili: letti, coperte, materassi, tavoli, piatti, secchi... Presso un negozio di Arti Sacre incaricano l'occorrente per la Cappella. Dalla Spagna arrivano sei suore destinate a formare la prima Comunità di Villa Certosa.

Il 20 giugno vanno tutte ad abitare nella nuova casa.

Che emozione ritrovarsi in un ambiente profumato di pover­tà, sole, dove c'è sì e no l'essenziale, ma dove non manca la gioia e la fiducia nella Divina Provvidenza.

Per la prima cena dovranno arrangiarsi alla meglio: una pie­tra e qualche tavola sono sufficienti. Di ordinare le sedie, pur­troppo, si sono dimenticate.

Durante la cena si presenta, senza preavviso, un Sacerdote dall'aspetto celestiale e chiede di Madre Speranza. La Madre si alza e il sacerdote guardando intorno esclama: "Ma che bel quadro!". Poi chiede: "Non avete dei tavoli?". "Sì li abbiamo ordinati, ma devono ancora arrivare". 'E le sedie?' - chiede ancora il sacerdote. "Quelle non le abbiamo ancora ordinate".

Rivolto a Madre Speranza dice: "Pensa forse di abituare la Comunità a prendere gli alimenti necessari come facevano i Fondatori della nostra Chiesa, senza tovaglie, tovaglioli e se­duti su delle pietre o nel suolo? Essi erano uomini e abituati a questo stile di vita, mentre queste sono donne e non sono abi­tuate a queste cose, tanto meno questa signorina, non è vero?".

"È così, ma ordineremo subito le sedie", replica Madre Speranza. E il Sacerdote sorridendo risponde: "Le sedie ve le mando io domani stesso".

Così, come era venuto, senza sapere per dove era passato, se ne va rifiutando di essere accompagnato alla porta.

Alle dieci e mezzo del giorno dopo arriva un camion con 36 sedie. "Chi le manda?" - chiede all'autista la signorina Pilar. "Non lo so - risponde l'autista - a me è stato detto solo di portarle qui senza ricevere neppure un soldo".

Le sedie furono per un po' di tempo argomento di allegre conversazioni. La signorina Pilar dopo averle provate tutte, una ad una, osserva: "Sono forti e belle; questo signore le ha com­prate tutte buone. Si vede che non ha ricevuto ordini dalla Madre e non ha sentito le sue raccomandazioni sulla povertà".

Inaugurazione della casa

L'inaugurazione della Casa e della Cappella avvenne il 2 luglio 1936. Fu il Parroco di S. Marcellino a celebrare la prima Messa e a riporre il Santissimo Sacramento nel Tabernacolo perché vegliasse sulla Comunità e fosse l'ispiratore silenzioso della loro carità. Lo stesso giorno dell'inaugurazione venne accolta la prima bambina interna, poi un po' alla volta ne ven­nero altre fino a quante la casa ne poteva ospitare.

Inizia così, nel silenzio e nella povertà, una storia di carità veramente straordinaria che assumerà in breve tempo il carat­tere di una vera e propria epopea. Desiderando far partecipe tutta la Congregazione del buon esito della fondazione romana, il giorno seguente la Madre scrive questa circolare a tutte le sue figlie di Spagna. È uno spaccato interessante degli avveni­menti e dell'entusiasmo che caratterizzò quel periodo.

"Tutto per amore - Roma 3 Luglio 1936

Amate figlie, grande è la mia gioia sperimentando le finezze dell'amore che il Buon Gesù sparge sopra la nostra amata Opera. Per questo vi prego ancora una volta di ringraziarlo.

Abbiamo visitato il Cardinale Tedeschini che è rimasto grade­volmente sorpreso vedendo come la nostra opera si è stabilita a Roma. Afferma che non aveva mai pensato che in così pochi anni avremmo potuto correre tanto...

Due giovani sono venute a sollecitare la loro entrata come An­celle e la professoressa che ha fatto scuola alle suore mi ha detto che non vorrebbe allontanarsi da noi.

Pregate perché Gesù ci aiuti dal punto di vista economico poi­ché le spese sono molte e Lui mi sta facendo sentire un po' la sofferenza della mancanza di mezzi. Le suore escono per visi­tare e curare un'ammalata. Quelle giovani vanno a scuola e tutte soffriamo un po' per la difficoltà della lingua. Vi prego, amate figlie, di ringraziare Gesù per tutto e chiedete che que­sta vostra Madre compia la sua divina volontà".

Tra la Spagna e l'Italia

Il 17 luglio 1936 iniziava con "L'Alzamiento" la guerra civile spagnola. Si interruppero le comunicazioni e un senso di materna trepidazione si impossessò della Madre per la sorte delle sue figlie e dei bambini che si trovavano nei loro collegi.

La fondazione di Roma era ormai avviata e la Madre sentì il dovere di partire quanto prima per la Spagna.

L'8 novembre è gia in viaggio, passando non per la frontiera di Irún, ma per quella di Navarra che era meno sorvegliata. Prima di partire si preoccupò di fare le provviste necessarie per un lungo periodo, ma chiese alle suore di aiutarsi anche con un po' di lavoro di cucito e ricamo. Purtroppo a causa del­l'inesperienza e della pigrizia, e perchè non sollecitate a dovere dalla Superiora, esaurite le provviste, verranno a tro­varsi prive anche del necessario.

Il Signore permise questo - afferma Madre Speranza - per dare una lezione a tutte le Ancelle dell'Amore Misericordioso. Esse dovranno ricordarsi sempre che non sono state fondate per fare le "signore" o per vivere nell'ozio, ma per guadagnare il pane per loro e per le persone accolte nella Congregazione. In Spagna Madre Speranza si tratterrà circa sei mesi, fino ai primi di maggio del 1937. Corre da una casa all'altra, ascolta, incoraggia, dispone, chiarisce malintesi e calunnie, sempre sol­lecita per lo stato d'animo delle figlie, per il lavoro nei collegi.

Rischia di essere fucilata

Durante la permanenza in Spagna ebbe modo di costatare come le campagne diffamatorie stavano portando i loro frutti. D. Doroteo con il suo prestigio era riuscito a portare dalla sua parte molti sacerdoti, Vescovi, confessori delle Comunità e alcune suore, tra le quali primeggiava Madre Pilar Antín che aspirava a prendere il posto di Madre Speranza come direttrice della Congregazione.

Non appena giunse a Bilbao, la Madre fu accolta, infatti, dai suoi insulti irrispettosi. Come "fuori di sé" cominciò a sciorinare delle accuse assurde affermando che poteva ormai considerarsi spacciata perché le imputazioni contro di lei erano sufficienti per toglierla dalla direzione della Congregazione.

Ci fu subito dopo la questione dell'Ospedale di Sestao.

Il Collegio che si trovava in questa cittadina, nelle vicinanze di Bilbao, era stato ceduto momentaneamente perché servisse da Ospedale militare. La Madre era stata costretta a sostituire la superiora, Madre Pilar Antín, e ciò non era piaciuto al medico responsabile, il quale pretendeva che fosse ritornata Madre Pilar e addirittura minacciava la chiusura dell'Ospedale se questo non fosse avvenuto. Madre Speranza rispose che potevano tranquillamente chiuderlo. "La lotta con i medici, i militari e le infermiere - afferma - fu tremenda, ma io non cedetti e l'Ospedale venne chiuso". Ma non finirono qui le dis­avventure.

Sotto la regia di Don Doroteo, Madre Pilar e Madre Aurora si dedicarono a seminare calunnie in tutte le comunità reli­giose, tra i confessori e tra i parroci, ottenendo adesioni e divi­sioni, specialmente nelle Comunità di Colloto e Hecho.

Ci fu poi un episodio molto spiacevole nel Collegio di Bil­bao dove le due vacche che fornivano latte per i bambini del collegio furono avvelenate e morirono. La Madre seppe chi era stato a compiere questo dispetto e dello stesso parere era anche il fattore, ma non volle svelare il nome.

Il momento culminante della persecuzione si ebbe, però, alla fine di ottobre quando rischiò di essere fucilata.

Racconta nel suo Diario che il giorno 23 ottobre ricevette una ordinanza dal Giudice Militare perché si presentasse al Comando. Alla porta c'era una signora che l'apostrofò dicendo: "Vediamo adesso come se la cava la santona?".

L'accusa era che durante il periodo della guerra civile stava dalla parte dei rossi separatisti di Bilbao. Madre Speranza ri­spose che questa era solo una calunnia. "La solita storia di tutti i separatisti - disse l'addetto militare. È necessario dare una lezione perché tutti i separatisti stiano molto attenti, special­mente le suore e i preti. Da quanto mi risulta lei è una di quelle persone che più hanno recato danno agli altri, così che faccia­mola finita una buona volta".

La situazione stava per diventare veramente tragica quando una provvidenziale telefonata del Comando Generale chiarì che l'accusa contro Madre Speranza non era altro che un insano gesto dei suoi nemici.

Ditta Amore Misericordioso

Di nuovo a Roma, in una delle sue distrazioni avvenuta ai primi di giugno del 1940, Madre Speranza vede il luogo dove si dovrà costruire la Casa Generalizia delle Ancelle dell'Amore Misericordioso e si rende conto di tutto il bene che li potranno fare le sue Figlie. Ma quel luogo è desolato e arido. Non si vede altro che un grande campo, mal coltivato per mancanza di acqua, con quattro baracche che gente povera ha costruito vici­no alla linea tranviaria. Dove trovare i mezzi per costruire una grande casa, anche se semplice, come è desiderio della Madre? Potrebbe servirsi dei soldi della signorina Pilar, che non solo è pronta, ma desiderosa di metterli a sua disposizione. Ma questa è una via troppo facile e comoda e anche poco educativa per le sue giovani figlie. Non bisogna abusare dei benefattori e nep­pure della Provvidenza. Questa deve essere propiziata con il lavoro, il sacrificio e la preghiera. Ed ecco arrivare dall'alto il suggerimento opportuno: dovrà darsi da fare per organizzare un grande laboratorio militare.

È iniziata da pochi mesi la grande Guerra Mondiale; migliaia di giovani sono costretti a partire per il fronte. A confezionare le camicie per loro ci penserà Madre Spe­ranza.

Con la signorina Pilar si reca presso il Comando Militare per chiedere lavoro. Il Colonnello con cui parlano presenta una serie di difficoltà che sembrano insormontabili. È necessario, tra l'altro, depositare una somma di denaro rilevante come cauzione presso la Banca d'Italia. La signorina Pilar è pronta a farlo, ma la Madre si rifiuta di accettare i suoi soldi.

Qualcosa di straordinario deve essere successo durante la notte perché il giorno dopo una eminente personalità, che Madre Speranza chiama "Sua Eccellenza", la riceve e appiana inaspettatamente tutte le difficoltà concedendo il permesso e offrendo lui stesso la somma necessaria come garanzia.

"Ed ora - dice Sua Eccellenza alla Madre - la responsabilità del lavoro se la prende tutta lei. Cosa le sembra? Ha qualcosa da dirmi?". "Si, Eccellenza, che il Signore la ricompensi e le assicuro che io sarò sempre attenta perché la Ditta dell'Amore Misericordioso non dia mai il minimo dispiacere né a Sua Ec­cellenza, né al Comando Generale".

Passano solo due giorni e arriva un camion pieno di tela per confezionare duemila camicie.

La Ditta ‘Amore Misericordioso’ può iniziare il suo lavoro. "La Madre si incaricherà di organizzarlo, io - afferma la signorina Pilar - sarò la responsabile del taglio. Non capisco, però, come da questo lavoro possano venir fuori i soldi per il sostentamento di quaranta persone, per le spese della luce, del­l'acqua, delle macchine... Anche le suore si spaventano; qual­cuna chiede dove sono le macchine per cucire. "Di queste - interviene la signorina Pilar - mi incarico io. Ne comprerò una per ciascuna. E comprerò tutto ciò che occorre. Sarà il mio re­galo alla Madre per il suo onomastico". E la Madre: "No, figlia mia, niente di tutto questo: compreremo le macchine e le pagheremo a rate, con il nostro lavoro e con il nostro sacrificio. La Congregazione è povera e deve soccorrere i poveri. Io, come Fondatrice, devo insegnare alle mie figlie a vivere e a provvedere il necessario con il lavoro e il sacrificio e non con l'abbondanza e senza nessuna preoccupazione". Arrivano le macchine e inizia il lavoro: per confezionare le prime duemila camicie occorre un mese, ma in seguito, una volta presa una certa pratica, se ne potranno confezionare anche ottomila, die­cimila al mese come di fatto avvenne.

"Non era un lavoro estenuante, avanzava anche il tempo per la ricreazione e per il riposo - ricorda Suor Anna Mendiola - qualche volta che c'era urgenza di consegnare qualche lavoro si rimaneva in piedi la sera o ci si alzava prima al mattino. Il denaro ricavato serviva per il mantenimento dei bambini e delle suore, per pagare le macchine da cucire e per la costru­zione della casa".

Una delle prime bambine, la signora Agnese Riscino così ri­corda quel periodo: "Con l'inizio della guerra, la Madre otten­ne la fornitura delle camicie per i militari. In una grande sala le suore e noi bambine più grandi facevamo il lavoro a catena, riuscendo a confezionare due o trecento camicie al giorno. Era­vamo entusiaste e tanto gioiose. Durante il lavoro si cantava e si pregava e regnava un clima di famiglia. Io collaboravo con la signorina Pilar de Arratia che era addetta a tagliare la stoffa. Ricordo che spesso la signorina mi diceva: “Ricordati che que­sti anni sono i migliori della tua vita”.

Il 18 dicembre 1942, nel terreno che il Signore le aveva indicato viene benedetta la prima pietra della Casa che dovrà essere costruita. A conclusione di un anno, così ricco di avvenimenti, di lavoro, di consolazioni e di croci, la Madre può costatare con viva soddisfazione che le suore hanno lavorato in maniera incredibile e che le macchine per confezionare le camicie e tutto il resto è stato regolarmente pagato.