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15 - Il compimento

Verso il tramonto

Il desiderio di Madre Speranza fu sempre quello di consu­marsi nella sofferenza per identificarsi totalmente con Cristo Crocifisso, Amore Misericordioso.

Possiamo dire che dal 1922 fino alla morte il suo corpo non ebbe riposo. Dio ascoltò la preghiera con la quale aveva chie­sto di passare gli ultimi anni della sua vita in una completa inattività, consumandosi nell'amore e nel dolore per il suo Sposo.

Volle bere fino in fondo il calice amaro e gioioso della rinuncia a se stessa, nel silenzio e nell'abbandono fiducioso. Per lei, abituata ad una intensa attività questo stato dovette essere una sofferenza inaudita.

Gradualmente, ad iniziare dal 1975, iniziò a ritirarsi da tutte le sue abituali occupazioni. Si trasferì dall'Istituto all'ottavo piano della casa del pellegrino, edificio B. Continuò ancora per qualche tempo a ricevere pellegrini in numero sempre minore e in casi particolari. Quando non le era possibile si affacciava dalla finestra per rivolgere ad essi una parola di saluto, mentre a tutti assicurava la sua preghiera e augurava salute e pace. Un'eccezione veniva fatta per i bambini che venivano volentieri ammessi e costituivano per Madre Speranza un motivo di gioia per il candore della loro innocenza. Con essi si intratteneva invocando su ognuno la benedizione di Dio.

Il suo intrattenimento negli ultimi anni della sua vita consi­steva nel confezionare i cordoni per i Crocifissi che padri e suore portano al collo e i cingoli che i Sacerdoti usano per celebrare la S. Messa. Soprattutto passava il suo tempo pre­gando: tanti rosari e novene per tutti coloro a cui aveva pro­messo preghiere. Ogni giorno partecipava alla S. Messa che veniva celebrata nella sua stanza e a sera si ritrovava, finché le fu possibile, nella cappella dei Sacerdoti anziani per le pre­ghiere in comune.

Era sempre molto serena nonostante le molte sofferenze che una artrosi deformante e un'ulcera allo stomaco le procurava­no. Nel febbraio del 1981 riportò la rottura del femore che la costrinse a letto per una cinquantina di giorni. Fu per tutti di grande esempio per la sua pazienza, rassegnazione e fortezza.

Benché anziana e sofferente non aveva perso il suo buon umore.

Quando, dopo la convalescenza la suora infermiera le offrì un bastone ortopedico per aiutarsi nel camminare, subito glielo restituì dicendo con un sorriso. "Questo è per te!". E provò a fare qualche passo. Ad una suora che in presenza di varie con­sorelle si era dimostrata particolarmente affettuosa nei suoi riguardi disse un giorno: "Vedo che vuoi molto bene a tua madre, però ubbidisci di più alla tua superiora".

Racconta un teste: "In piena estate se qualche volta le offrivamo un bicchiere di aranciata, lei lo rifiutava con la scusa che le faceva male e alle nostre insistenze diceva che non biso­gnava incominciare nella tarda età ad accontentare questo corpo, perché se oggi gli do un bicchiere, domani ne vuole due".

Accoglieva con gioia e affetto materno le figlie e i figli che la visitavano: chiedeva della loro salute e li esortava alla santi­tà.

Per tutti e per ognuno aveva una parola di incoraggiamento, calda e puntuale. A chi glielo chiedeva regalava volentieri la sua corona del rosario.

Il Cardinale Paul Augustin Mayer, che la visitò poco prima della morte, la paragona ad "una candela che si spegne, ma an­cora sempre luminosa". Ho potuto parlare di nuovo – afferma ­con la Madre, essa quasi non parlava più, ma negli occhi e nel gesto della testa, dava la risposta di consenso a quanto cercavo di dirle. Era lucida, benché ormai estremamente fragile".

Sorella Morte

Madre Speranza desiderava vivere a lungo per poter amare e soffrire accanto ai suoi figli, ma non aveva paura della morte. Stava per raggiungere l'età di novant'anni, quando il 4 feb­braio 1983 accusò improvvisamente gravi disturbi di respira­zione.

Il medico, subito accorso, diagnosticò un edema polmonare acuto. La situazione era molto grave. Dopo i primi interventi le condizioni migliorarono alquanto e alcuni cominciarono a pen­sare che, come altre volte era avvenuto, si sarebbe ripresa.

P. Arsenio Ambrogi le amministrò il Sacramento degli infermi, mentre lei perfettamente cosciente partecipava al rito. Nei tre giorni che seguirono non parlò più, ma guardava e salutava con lo sguardo e con piccoli segni.

Madre Laura Pizzuto che la vegliò tutta la notte così rac­conta quelle ultime ore: 'Tornai subito accanto alla Madre, consapevole che quella notte non sarebbe stata come tante altre passate accanto a lei... Padri e Suore si alternavano per vederla, sostando brevemente intorno a lei, fino a tarda sera. La Madre ci guardava; aveva uno sguardo così dolce e sereno, che ci trasmetteva tanta pace e fiducia, quella pace che solo può trasmettere chi è immerso in Dio. Io non mi allontanai un mo­mento dal suo capezzale, anzi posso dire che non allontanai mai lo sguardo da Lei. Vegliare una notte intera mi si fa sempre molto duro, non viene mai giorno, ma quella notte mi si fece tanto breve. Osservavo il suo respiro che si andava rallentando, il polso sempre più piccolo e raro, il profuso sudore in cui era immersa e che, in continuazione cercavo di asciugare, il suo atteggiamento permaneva sempre composto e sereno e i suoi occhi, in certi momenti, mi sembravano pieni di implorazione e di gratitudine, mentre mi stringeva le mani".

Anche Madre Teofila e P. Gino, Superiori Generali delle Ancelle e dei Figli dell'Amore Misericordioso, vegliarono tutta la notte accanto alla Madre. Poco prima di morire li fissò con uno sguardo intenso e prolungato quasi volesse affidare alle loro cure la creatura che aveva generato, cioè la sua amata Famiglia Religiosa. Molte suore e padri che in quei giorni si trovavano a Collevalenza per un incontro spirituale la visita­rono per esprimerle ancora una volta, forse per l'ultima volta, il loro filiale affetto. Il suo sguardo sereno scendeva come un balsamo nel cuore di tutti i suoi figli e di tutte le sue figlie, tra­smettendo ad essi una pace profonda e un desiderio di abban­donarsi come lei nelle mani del Signore.

Il Dottor Tommaso Baccarelli, che l'aveva seguita negli ultimi anni della sua vita, alle ore sette era già al suo capezzale. La situazione sembrava stazionaria, ma visitandola si rese conto che nel cuore subentravano delle aritmie gravi. Il suo cuore stava cedendo per l'ultima volta. La voce che la Madre era in agonia si sparse rapidamente nella casa.

La camera e i corridoi si riempirono di figli e figlie che tre­pidanti elevavano per la loro amata Madre l'ultima preghiera. "Guardavo la Madre - riferisce ancora Madre Laura - in quegli ultimi istanti di sofferta ma dolce agonia; e avvertivo come si andava spegnendo quello sguardo, carico di affetto e di raccomandazioni materne, mentre ci guardava uno ad uno". Erano le ore 8,05 di martedì 8 febbraio 1983.

Dal cielo cominciavano a cadere i primi candidi fiocchi di neve, calde e soffici lacrime che il cielo versava, partecipe del dolore e della speranza che accompagnava quel transito dalla terra al cielo.

"Il suo viso, tutta la sua persona, era composta nella solen­nità della morte; le mani, poggiate sul crocifisso e avvolte dal rosario, simboleggiavano la sua lunga vita di offerta e di pre­ghiera al servizio dell'Amore Misericordioso, delle sue amate Congregazioni, e di tante persone bisognose di aiuto spirituale e materiale".

La notizia che Madre Speranza era morta venne subito comunicata a tutte le case della Congregazione, alla Santa Sede, ai benefattori e agli amici. Nonostante la neve abbondante che copriva il Santuario e i dintorni gente di ogni luogo e di ogni condizione cominciò ad affluire in devoto pellegrinag­gio, portando nel cuore un ricordo, una preghiera, un impegno.

Il Santo Padre rispondendo al messaggio inviatogli dai Superiori Generali cosi scriveva: "Sommo Pontefice ha rice­vuto messaggio indirizzatogli da lei et da Superiora Generale Ancelle Amore Misericordioso occasione pia dipartita vene­rata Fondatrice Madre Speranza et mentre eleva al Signore fervide preghiere suffragio per anima eletta auspica che mem­bri tutti codesta benemerita Istituzione vivano in piena ade­sione suoi insegnamenti et esempi totale consacrazione alla Trinità Santissima et fedeltà alla Chiesa et in segno sua bene­volenza imparte di gran cuore confortatrice benedizione apo­stolica ". Cardinale Casaroli - Segretario di Stato.

I funerali

La mattina del 9 febbraio la salma venne portata nella cripta della Basilica. Ai piedi del feretro vennero poste le Costitu­zioni e altri libri da lei scritti e tutt'intorno vasi di fiori e can­dele accese.

Migliaia di persone e molte personalità accorsero per offrire il proprio omaggio a colei che tutti consideravano una santa. Vescovi e Sacerdoti celebrarono in continuazione Sante Messe.

I funerali si svolsero Domenica 13 febbraio. Uscendo dalla Cripta la bara venne portata a spalla dai Figli e dalle Ancelle dell'Amore Misericordioso e da altri Sacerdoti nel perimetro della piazza, seguita da una folla innumerevole di devoti. Rien­trò dalla cappella del Crocifisso e dopo una breve sosta venne portata nel Tempio dove fu accolta da un applauso inconte­nibile della folla che lo gremiva.

Il Vescovo di Todi, sua Eccellenza Mons. Decio Lucio Grandoni presiedette la celebrazione. Insieme a lui celebra­vano altri Vescovi e circa duecento Sacerdoti. Molto toccante fu l'omelia che evidenziò come attraverso l'osservanza fedele dei Santi voti di Obbedienza, Povertà e Castità, Madre Spe­ranza realizzò una maternità feconda per la chiesa e l'intera umanità; sottolineò la sua attenzione per i Sacerdoti e la sua prodigiosa carità a favore dei più bisognosi.

La tomba

Il desiderio di Madre Speranza era quello di essere sepolta vicino al Santuario.

"Prego i miei figli e le mie figlie - aveva lasciato scritto - che se il Buon Gesù mi concede la fortuna di consumare la mia vita qui, vicino al suo Santuario, depongano, di comune accordo, i resti mortali di questa povera creatura più vicino possibile al Santuario con il fine che si consumino vicino ad esso, come fortunatamente si sta consumando la mia vita per il grande lavoro che richiede.

Si pensò alla Cripta come luogo adatto per la sepoltura. Superando alcune difficoltà burocratiche, si ottenne rapida­mente l'autorizzazione del Ministero della Sanità per "la tu­mulazione privilegiata nella Cripta della Basilica Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza di Todi". L'architetto Julio Lafuente ebbe una felice intuizione: inte­grare il corpo della Madre con il Santuario.

Racconta lui stesso: "Quando la Madre morì, fui subito avvertito. Partii immediatamente e partecipai ad una riunione congiunta dei padri e delle suore. Queste desideravano erigere per la Madre una tomba di marmo, mentre i padri preferivano una cosa di semplici mattoni. Il luogo designato era sempre la parte posteriore della Cripta.

Io proposi di integrare la Madre con il suo Santuario, rial­zando il pavimento per incorporare la tomba.

L'idea fu accolta con entusiasmo da tutti e mi fu detto che questo progetto non l'avevo fatto con la testa, ma con il cuore". L'ingegnere Benedetti ha una sua personale interpretazione della tomba. La vede "come una tenda compenetrata al gioco infinito dei cerchi di pietra e di luce del "Suo" Santuario, una tenda in cui lei in certo senso potesse abitare ancora tra noi".

P. Bartolomeo Sorge, grande ammiratore di Madre Spe­ranza, così esprimeva le sue impressioni dinanzi a quella tomba semplice, ma profondamente simbolica: "Davanti a quella tomba, non mi stanco di guardare al di là di ciò che rap­presenta, perché vedo in essa il simbolo del futuro cammino della Chiesa. Quella tomba sintetizza mirabilmente il legame tra il carisma di Madre Speranza e la stoffa dei tempi nuovi... Nella Cripta, nel luogo più nascosto, due metri di terreno si sollevano, così come il chicco di grano che, gettato a terra, la muove e la solleva. È un chicco di grano piccolo, nascosto nella Cripta, nella base della Chiesa di Dio, che rimuove la terra e annuncia la nuova spiga, la Chiesa dei nostri tempi".

Dinanzi a quella tomba si prostrano ogni giorno centinaia di persone per dire alla "Madre" le gioie e le sofferenze della vita, per ringraziare e chiedere aiuto e conforto, per deporre un pro­posito e una speranza.

Il suo testamento spirituale

Lo scrisse il 22 marzo 1955, molti anni prima della sua morte.

È, come lei stessa afferma, la sintesi della "preziosa eredità" gratuitamente ricevuta dal Buon Gesù e che a sua volta vuole trasmettere ai suoi figli. Questa eredità consiste principalmente nel dono delle tre virtù teologali: una fede viva, una speranza ferma e una carità ardente.

Si concretizza nelle Costituzioni "dettate da Lui e scritte con tanta fede e fiducia da questa povera creatura".

Chiede ai suoi figli di essere poveri di beni materiali, ma ricchi di virtù. Fa alcune materne e sagge raccomandazioni e termina con una commovente supplica al buon Gesù.