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14 - Il Santuario

Collevalenza

Collevalenza è un minuscolo paese a forma di castello, ada­giato su una verde collina dell'Umbria, poco distante da Todi, la patria di Jacopone; un paese conosciuto solo per alcune vi­cende storiche e per il suo "roccolo", un bosco dove si recava­no i cacciatori per prendere la selvaggina. Madre Speranza vi giunse, nel 1951, guidata dalla mano di Dio che voleva trasformare quel luogo nel roccolo della sua misericordia. Collevalenza rappresenta il coronamento e l'a­pice della sua straordinaria attività. Qui trascorrerà gli ultimi trent'anni della sua vita, tutta intenta a dare compimento al progetto che Dio le aveva affidato.

"Beata Collevalenza che ha avuto la sorte di essere la sede e il centro del ‘Roccolo’ ... Su questa collina, in questo paese sperduto... verranno persone da tutte le parti del mondo... Perché? Perché qui le attende il Signore, l'Amore Misericor­dioso. Nostro Signore per fare cose grandi sceglie sempre ciò che vi è di più insignificante in questo mondo".

Queste parole di Madre Speranza richiamano alla mente quelle del profeta Malachia: “E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola tra i paesi della Giudea...”

Alcuni storici affermano che in tempi remoti, su quel colle esisteva un tempio dedicato a Giunone Valenzia. Fuori delle mura fu rinvenuto, infatti, un grosso melograno in travertino che costituiva uno dei fregi ornamentali del tempio. Tra i vari reperti venuti alla luce nel corso degli anni c'è anche una statua di donna dal volto maestoso e solenne.

Nel secolo XIII subì gli assalti di opposte fazioni guelfe e ghibelline con rappresaglie e vendette furiose da una parte e dall'altra. Fu più volte distrutta e ricostruita. In tempi di pace era giustamente considerato uno dei migliori luoghi di villeg­giatura.

Nel Castello di Collevalenza celebrò in maniera splendida le sue nozze con Antonia Salimbeni, Muzio Attendolo Sforza, nel 1409. Nel 1925 fu costruita la nuova chiesa Parrocchiale con un agile campanile a torre e fu aperta una graziosa bifora sulle mura, dalla parte occidentale. Nella chiesa si conserva un interessante Battistero del 1466, collocato in una piccola edi­cola sul lato destro dell'unica navata.

In questa chiesa Madre Speranza, con la comunità dei Padri e delle Suore, trascorreva lunghe ore di preghiera e in essa av­vennero numerose estasi e altri fenomeni straordinari. Il paese ha come protettore S. Giovanni Battista.

La gente si dedicava prevalentemente all'agricoltura: gente semplice e di buoni sentimenti, anche se colorata di rosso, come era allora di moda nella verde Umbria.

Rivolgendosi agli abitanti di Collevalenza la Madre un giorno ebbe a dire: "Voi che siete nati a Collevalenza potete essere orgogliosi... lo vedo come nelle Domeniche e nei giorni festivi la gente di Collevalenza viene alla Messa delle sedici e trenta e molti de­positano il loro piccolo obolo per il Santuario, silenziosamen­te, come piace al Signore. Auguri, figli miei, auguri. Io sono contenta di stare con voi...

Pregherò il Signore perché vi benedica e poiché si è degnato di scegliere questo luogo come centro da cui si dovrà diffon­dere il suo amore e la sua misericordia, vi aiuti ad essere luce per le anime che qui verranno e vi aiuti ad essere i primi ad amarlo, dimostrandogli così la vostra gratitudine per questo grande beneficio ricevuto".

Nel Roccolo di Collevalenza

Il roccolo era un sistema di caccia, ormai tramontato, che consisteva nel mettere delle reti tra un albero e l'altro. Alcuni uccelli in gabbia facevano da richiamo ad altri che, accorrendo, battevano contro le reti ed erano facilmente preda dei cacciato­ri. Madre Speranza con alcune delle sue figlie e con i primi tre Figli dell'Amore Misericordioso si stabilì a Collevalenza il 18 agosto 1951, dopo appena tre giorni dalla fondazione.

Dinanzi alla chiesina della Madonna delle Grazie si era radunata molta gente del paese: alcuni uomini, donne devote con il rosario in mano, vivaci chierichetti e perfino la banda musicale. Si attese l'arrivo del Vescovo, poi con la Madre, la segreta­ria generale, le Suore e i Padri, si formò un corteo che percorse i trecento metri fino alla chiesa parrocchiale. Qui il Vescovo fece un vivace discorso di presentazione invitando a ringra­ziare il Signore e Madre Speranza per il dono fatto a Colleva­lenza che definì "Culla della Congregazione". Un bambino e una bambina del paese rivolsero alla Madre, alle Suore e ai Padri alcune parole di benvenuto e tutto si concluse con la Benedizione Eucaristica impartita dal Vescovo.

Una famiglia di benefattori

A Collevalenza c'era la patriarcale Famiglia Bianchini. Erano i nobili del paese, o meglio i benefattori del paese. Abitavano una buona parte del castello.

Persone molto religiose e caritatevoli che accolsero con gioia e vero spirito cristiano la Madre, i primi padri, le suore e gli apostolini. Viveva ancora la signora Sofia, vedova dell'av­vocato Giuseppe Bianchini, cameriere di spada e cappa del Santo Padre. Parlando di lui Madre Speranza afferma che "era un grande santo, completamente dedito alla carità e all'amore verso Nostro Signore". E continua: "All'origine del roccolo e del Santuario c'è questo signore che dal paradiso continua a dare il suo aiuto. Io tutti i giorni mi raccomando a lui e gli dico: “Aiutami tu! Quando stavi in terra aiutavi tanta gente, adesso aiuta questa povera creatura che non ha altro all'infuori di quello che la Provvidenza mi dà per la realizzazione di una grande opera.

E posso assicurare che lui mi aiuta”.

I discendenti dell'avvocato Bianchini avevano ereditato, insieme ai suoi beni, anche il suo spirito cristiano.

Le cinque figlie, Margherita, Maria, Lucia, Anna e Caterina, erano persone squisite, sia dal punto di vista umano che cristia­no.

Facevano parte della famiglia la signorina Germana, sorella dell'Avvocato e la signorina Gabriela, cognata della signora Maria; erano anime di preghiera e carità, aiutavano nella par­rocchia, facevano il catechismo, visitavano gli ammalati.

Fu la Signorina Germana che commutando un suo terreno con quello toccato in eredità alla signora Margherita, lo donò alla Madre.

Suor Anna Mendiola, cuoca nella casa di Collevalenza ricorda: "I Signori Bianchini erano i nostri principali benefattori, ogni volta che avevamo una difficoltà andavamo da loro ci regalavano ogni giorno due litri di latte e formaggio per noi e per gli apostolini". Quando, cresciuto il numero degli aposto­lini, ci sarà bisogno di alcune stanze per poterli ospitare, volen­tieri si prestarono per metterle a disposizione dell'Istituto.

Il Buon Gesù mi ha detto

In una pagina del Diario di Madre Speranza è contenuto il programma delle attività che avrebbe dovuto svolgere, prima a Roma, poi a Collevalenza.

"Questa notte, 14 maggio 1949, mi sono distratta e il Buon Gesù mi ha detto che desidera si riprendano le opere di questa casa (Roma) prima possibile ... Anni più tardi, tu, aiutata da me, con maggiori angustie, fatiche, sofferenze e sacrifici, organizzerai l'ultimo e magnifico laboratorio che servirà di grande aiuto materiale e morale per le figlie e per le giovani che avranno la fortuna di esservi ammesse; vicino a questo laboratorio ci sarà la più grande e magnifica organizzazione di un Santuario dedicato all'Amore Misericordioso, casa per ammalati e pellegrini, casa del Clero, il noviziato delle mie Ancelle, il Seminario dei miei Figli".

Dalla terrazza della casa Valentini, dove le suore abitavano, Madre Speranza poteva osservare il dolce e verde paesaggio umbro: un susseguirsi di colline con caseggiati dispersi per la campagna A volte, come sognando, diceva alle persone che aveva intorno, guardando il bosco che si trovava di fronte, a poche centinaia di metri: "Qui, in questo bosco dove i cacciatori vengono a prendere gli uccelli con le reti, il Signore mi ha detto che stabilirà la sede del suo Amore Misericordioso.

Sorgerà un grande Santuario e tante anime bisognose di per­dono e misericordia verranno da ogni parte del mondo per tro­vare salvezza e conforto"

La casa dei Figli dell'Amore Misericordioso

Il 30 settembre ‘52 Madre Speranza annota nel suo diario: "Il Buon Gesù mi dice che presto devo cominciare a costruire la casa per i Figli del suo Amore Misericordioso".

La costruzione iniziò nell'aprile del 1953, precisamente dove si trovava il roccolo. Nella pergamena messa in una pietra delle fondamenta erano scritte queste parole dettate da Madre Speranza: "Tutto per amore di Nostro Signore Gesù Cristo. In questa casa tutto si farà per tuo amore e l'amore e la misericor­dia saranno la consolazione del povero e questa pietra lo testi­monierà eternamente". La casa fu inaugurata il 18 dicembre 1953 con una solenne cerimonia alla quale parteciparono al­cune autorità e molta gente del paese.

È l'inizio di una serie impressionante di costruzioni che tra­sformerà in breve tempo il roccolo nella cittadella dell'Amore Misericordioso.

Accanto alla Casa dei Padri, nel 1954, venne costruito il seminario per gli apostolini che andavano aumentando, provenienti da varie regioni d'Italia e alcuni anche dalla Spagna. Un edificio semplice e funzionale con aule, dormitori, cappella, sale da gioco e un teatrino che all'occorrenza serviva anche per la parrocchia di Collevalenza. Attualmente questo edificio, ribattezzato con il nome di "Roccolo Speranza", adattato a casa di accoglienza per gruppi autogestiti, continua ad essere di grande utilità per parrocchie, movimenti e associazioni che vogliono organizzare Esercizi, Ritiri, Incontri spirituali.

Il Santuario dell'Amore Misericordioso

Il principale punto di riferimento per annunciare al mondo l'amore e la misericordia di Dio è il Santuario dell'Amore Mi­sericordioso di Collevalenza.

La Congregazione e lì coinvolta in modo speciale attraverso un'accoglienza "umile e fraterna" dei numerosi pellegrini che giungono ormai da ogni parte del mondo.

Per la costruzione della prima chiesa, destinata ad acco­gliere il Crocifisso fatto scolpire dalla Madre nel 1930 fu scelto l'architetto spagnolo Julio Lafuente, che viveva e lavorava da alcuni anni a Roma. La Madre desiderava una costruzione a croce latina, semplice, di materiale durevole e di facile manu­tenzione.

I lavori iniziarono nel novembre del 1954 e già il 2 luglio dell'anno seguente la chiesa era pronta e fu consacrata dal Ve­scovo di Todi Mons. Alfonso Maria De Sanctis.

Successivamente, nel 1959, fu ristrutturata e si inoltrò al Ve­scovo di Todi la richiesta di insignirla del titolo di Santuario. Richiesta che fu esaudita "di gran cuore" con questo docu­mento olografico datato 1 ottobre 1959: "Decreto di erezione del Santuario dell'Amore Misericor­dioso.

Istituzioni benefiche sorgono da più anni in Collevalenza (Todi) per l'opera delle Ancelle dell'Amore Misericordioso e di Sacerdoti zelanti quali Figli dell'Amore Misericordioso. Questi con il consenso lieto e cordiale dei propri Vescovi, si adoperano all'educazione della gioventù; hanno soprattutto assidua, apostolica cura del Clero che si aduna nella loro Casa sempre a disposizione dei Sacerdoti, e nella bellissima chiesa sorta e sempre più magnificamente ornata, per esercizi e ritiri spirituali e per ogni opera di fraterna assistenza.

Abbiamo constatato con vera soddisfazione che nel Clero e nei fedeli che dall'Umbria e da altre regioni affluiscono cresce e si accende la devozione all'Amore Misericordioso di Gesù.

Accogliendo pertanto ben volentieri il comune desiderio delle Suore, dei Sacerdoti e di numerosissimi fedeli, dichia­riamo che il nostro Tempio di Collevalenza sia chiamato San­tuario dell'Amore Misericordioso di Gesù. Il nostro voto ardente: tutte le anime che qui pregano e si nutrono dei Santi Sacramenti, possano esclamare liete e riconoscenti: `Canterò in eterno le misericordie del Signore!" (Salmo 88,1).

Anche Sua Ecc.za Mons. Ilario Alcini, Amministratore Apostolico di Todi, che all'inizio aveva dimostrato una certa diffidenza verso la Congregazione, scrisse al Santo Padre Gio­vanni XXIII queste parole di stima, caldeggiando il riconosci­mento: “Il Santuario ha un afflusso continuo e crescente di fedeli anche da oltre la Regione Umbra, sicché sta diventando un'oasi di consolante spiritualità, ove anche i Sacerdoti si raccolgono per ritiri mensili e l'Apostolato della Sofferenza ne ha fatto il suo centro” .

Dalla Spagna, il 21 settembre 1964, giunse il Crocifisso originale che si trovava nella casa di Larrondo. Venne collocato nell'abside del Santuario, la sua ultima e definitiva dimora. L'affluenza già rilevante di pellegrini si andò intensificando di giorno in giorno, anche perché la Madre, ricevendo i pellegrini chiedeva ad essi di passare prima nel Santuario per pregare di­nanzi al Crocifisso.

La casa della giovane

Fu inaugurata il 30 settembre 1962.

Questo grande edificio, destinato ad accogliere le suore e il loro Noviziato, aveva anche lo scopo di offrire alle ragazze del luogo la possibilità di apprendere il lavoro di maglierista.

Si dimostrò un'opera veramente provvidenziale perché, queste ragazze, oltre ad imparare, guadagnavano in maniera soddisfacente e, una volta appreso il mestiere, avevano la pos­sibilità di svolgere la loro attività lavorativa rimanendo nelle proprie case, senza doversi recare nelle fabbriche.

Una delle prime a cui fu offerta questa possibilità fu la signorina Ferrotti Franca che ricorda quei tempi con gratitu­dine e ricchezza di dettagli, facendo risaltare anche l'aspetto formativo: "Nella nuova casa fu subito aperto un laboratorio di maglieria per le ragazze. Da principio eravamo 7 o 8, tutte di Collevalenza, poi sono aumentate fino ad arrivare a una tren­tina.

Alla fine di ogni mese eravamo retribuite secondo quanto avevamo prodotto...

Quando poi il laboratorio fu trasferito alla casa della gio­vane, appositamente costruita e le ragazze aumentavano di numero, ci fu una migliore organizzazione, comprendente lezioni scolastiche e soprattutto formazione religiosa con un ritiro ogni 15 giorni. Madre Speranza seguiva tutto. Ci faceva delle raccomandazioni e ci diceva, tra l'altro, che quel lavoro sarebbe stato, un domani, molto utile per noi, perché lo avremmo potuto fare rimanendo in casa ed adempiendo ai nostri obblighi di madri di famiglia.

La Madre seguiva amorevolmente tutte le ragazze del laboratorio, particolarmente le più bisognose di assistenza spi­rituale".

L'acqua del Santuario

Nei pressi di molti Santuari si trova una sorgente d'acqua. Nulla di più bello e significativo.

Nella Sacra Scrittura l'acqua indica l'azione risanatrice della grazia. Essa purifica, lava, risana, disseta, rende feconda la terra.

Agli inizi dell'anno 1960 Madre Speranza ricevette e tra­smise l'ordine di scavare un pozzo in un orto che si trovava accanto al Santuario. Molti testimoni affermano di aver sentito dire dalla Madre che Gesù stesso le era apparso e con un piede aveva fatto un segno di croce nel luogo esatto dove si doveva scavare.

La proposta colse tutti di sorpresa perché l'acqua a Collevalenza era sempre scarseggiata.

Un operaio del luogo, Ferruccio Bordacchini, racconta: "Mentre io lavoravo nell'orto mi si avvicinò la Madre e mi disse che voleva scavare in quel punto un pozzo per l'acqua. Io, che conoscevo bene il luogo, risposi che non era possi­bile perché in tutta la zona di Collevalenza e specialmente in quel punto nessuno mai aveva trovato una goccia d'acqua. In tutto il paese c'era una sola cannella d'acqua, ma non veniva quasi mai, sicché nelle poche ore di erogazione, si doveva fare la fila con secchi e damigiane".

Ad iniziare i lavori furono i seminaristi più grandi. Alla pre­senza di Madre Speranza essi diedero i primi colpi di piccone nel luogo da lei indicato. Si continuò poi con delle trivelle a mano, ma senza esito. Infine, ai primi di aprile, il lavoro fu af­fidato alla ditta De Togni, di Isola della Scala (VR), specializ­zata per la perforazione di pozzi artesiani. Nonostante la pro­fessionalità dei dirigenti e degli operai i lavori non progrediva­no e si trovavano continuamente degli ostacoli imprevisti. Il dubbio cominciò a serpeggiare perfino tra le suore e i sacerdoti dell'Amore Misericordioso. Madre Speranza soffriva terribil­mente e nelle sue estasi si lamentava con il Signore: "Perché mi fai tanto tribolare per trovare quest'acqua? A S. Bernardetta è bastato scavare un po' con le mani e l'acqua è subito sgorga­ta". Gesù deve averle risposto: "Ma Bernardetta era una bam­bina" perché Madre Speranza subito riprese: "Ed io sono una povera vecchia, non hai compassione di me?".

Il 6 maggio, finalmente, si incontrò la prima falda acquifera a 92 metri di profondità. Nel diario della casa troviamo queste annotazioni: "La Madre sta pregando piuttosto preoccupata perché la sonda è rimasta incagliata in fondo al pozzo, a circa 90 metri ... Alle tre e cinquanta si va tutti in chiesa e si prega il Trisagio. Alla fine dell'orazione si riesce a liberare la sonda e a riportarla alla superficie in modo da riprendere il lavoro. Verso le diciassette lo stesso capo-sonda corre in casa a portarci la notizia di aver trovato l'acqua a 92 metri di profondità". Madre Speranza va in estasi e la sentiamo pronunciare que­ste parole: "Ti ringrazio, Signore! Da' a quest'acqua la virtù di guarire il cancro e la paralisi, l'uno figura del peccato mortale e l'altra del peccato abituale... Il cancro uccide l'uomo, lo disfà; la pa­ralisi lo rende inabile, non lo fa camminare...

Da' a quest'acqua la virtù di guarire i malati, i malati poveri che non hanno mezzi per curarsi ...

Ma a Madre Speranza non basta questa prima vena: vuole che si continui il lavoro. E a 120 metri di profondità ne viene trovata un'altra; poi un'altra ancora a 122 metri.

Il 14 settembre, festa dell'Esaltazione della S. Croce av­venne un fenomeno singolare al quale assistono molti testi­moni.

Una luce intensa illuminò d'improvviso l'interno del pozzo; i presenti poterono osservare distintamente la ghiaia, i tubi e l'acqua che gorgogliava allegramente nel fondo del pozzo.

Il 14 luglio 1960 avvenne, in maniera molto semplice, l'i­naugurazione con il canto del Te Deum e fu gettata nel pozzo una pergamena dove erano scritte queste parole che Gesù aveva rivolto a Madre Speranza: "A quest'acqua e alle piscine va dato il nome del mio Santuario. Desidero che tu dica, fino ad imprimerlo nel cuore e nella mente di tutti coloro che ricor­rono a te, che usino quest'acqua con molta fede e fiducia e si vedranno sempre liberati da gravi infermità; e che prima pas­sino a curare le loro povere anime dalle piaghe che le afflig­gono in questo mio Santuario, dove li sta aspettando non un giudice per condannarli e dar loro il castigo, bensì un Padre che li ama, perdona, non tiene in conto e dimentica".

Le Piscine

Trovata l'acqua furono subito costruite le piscine con il proposito di metterle in funzione quanto prima, ma il Vescovo di Todi non ritenne opportuno concedere questo permesso e Madre Speranza, obbedientissima e discreta, per non mettere in cattiva luce il Vescovo di fronte ai pellegrini che attendevano ansiosamente questo permesso, le fece chiudere senza far sape­re che il Vescovo non aveva concesso il permesso. Solo più tardi, per la festa di Cristo Re del 1978, consultata la Confe­renza Episcopale Umbra, il Vescovo di Todi, Mons. Decio Lucio Grandoni autorizzerà l'apertura e darà alcune regole per­ché tutto si svolga regolarmente, con discrezione e devozione.

Una bella immagine di Maria Mediatrice, in marmo di Car­rara, venne collocata nel piazzale, su un agile piedistallo in mattoni.

In una delle pareti venne posto il Crocifisso dell'Amore Misericordioso. Nelle dieci vasche, furono murate delle strisce di marmo dove erano incisi i dieci Comandamenti.

Da quella data, in alcuni giorni della settimana, si svolge, preceduta dalla "liturgia delle acque", l'immersione nelle piscine del santuario, mentre si recita questa preghiera scritta dalla Madre: "Signor mio e Dio mio, per il tuo amore e per la tua misericordia guarisci noi che siamo tuoi figli da ogni malattia, specialmente da quelle che la scienza umana non riesce a curare".

Quali sono queste malattie? Madre Speranza, parla in particolare di tumore e di paralisi, simbolo l'uno del peccato mortale che uccide l'anima e l'altra del peccato veniale abituale che la paralizza, impedendole di fare il bene. Ma non sono escluse tutte le altre. Sempre più numerose le persone accorrono da ogni parte del mondo per fare questo gesto di fede e per prelevare l'acqua per gli ammalati. Molti chiamano Collevalenza "la piccola Lourdes d'Italia".

La Basilica

Al Vescovo di Todi, quando si costruì il Santuario, parve troppo grande per un paese piccolo, come Collevalenza. Madre Speranza gli aveva risposto. "Eccellenza, vedrà che fra qualche anno esso non basterà per contenere tutti i pelle­grini che verranno". Non ne passarono molti di anni che si rese necessaria la costruzione di una nuova chiesa molto più grande.

"Quando il Signore mi chiese di costruire il grande Santuario - racconta Madre Speranza - io mi spaventai; mi sembra che fu il 25 settembre dell'anno passato (1958), durante la notte. Il giorno 27 andai a Castel Gandolfo e dissi al Santo Padre: ‘Santità, adesso il Signore mi chiede un Santuario! ‘Mi rispo­se: `Coraggio, figlia, coraggio! Se è il Signore che te lo chiede, perché ti preoccupi?

Io continuai: ‘Sì, Santità, però un Santuario non si fa solo con cemento e mattoni, come si è fatto per la casa di Collevalenza; per costruire un Santuario sono necessari molti milioni’. 'Co­raggio, figlia, devi essere più coraggiosa'. Ed io dicevo tra me: coraggiosa?! Tuttavia non mi persi d'animo".

L'architetto Julio Lafuente, che aveva già realizzato il Santuario, presentò nel 1962 un progetto originale e moderno che piacque sia alla Madre che ai padri e alle suore.

'Tornai a Collevalenza - racconta - e parlai con la Madre, che mi condusse sul posto destinato alla costruzione, dicen­domi che voleva un Santuario bello e grande, perché i pelle­grini aumentavano e sarebbero ancora più aumentati nel futuro. Feci un primo progetto un po' limitato, che rispettava una quer­cia che si trovava nei pressi. Ma la Madre obbiettò che di alberi se ne potevano piantare altri e che bisognava costruire un San­tuario molto spazioso. Si parlò anche di un preventivo, ma notai che la Madre non era eccessivamente preoccupata per il costo dell'opera perché aveva fiducia nella Divina provvi­denza".

La costruzione iniziò il 6 maggio 1963. Il Vescovo di Todi, Sua Ecc.za Mons. Antonio Fustella, dopo qualche perplessità diede il suo consenso scritto "poiché la costruzione di una chiesa - diceva - è sempre un'opera buona"... Parole che tradi­vano forse una certa diffidenza nella possibilità di realizza­zione un'opera tanto imponente. I lavori di sterro furono ese­guiti dalla ditta Domenico Manni di Collevalenza.

L'Ingegner Benedetti tenendo conto dell'interesse con cui la Madre seguiva giorno per giorno i lavori, intervenendo a volte con osservazioni anche di carattere tecnico che lasciavano tutti sorpresi, scrive: "Posso dire che la vera Architetta è stata lei, che interveniva con passione e con amore manifestando il suo desiderio che il Santuario fosse il più grande e il più bello pos­sibile e divenisse un faro di luce per la gloria di Dio e per atti­rare le anime".

L'impresa "Giuseppe Salici" lavorò alacremente e con competenza per oltre due anni, portando a termine i lavori.

È legittimo chiedersi dove trovava Madre Speranza i soldi necessari per finanziare tutte queste opere. C'era innanzitutto il frutto del lavoro di maglieria delle suore di Collevalenza e il contributo delle altre comunità.

I pellegrini, poi, lasciavano volentieri la loro offerta, mai richiesta, ma sempre preziosa, anche se modesta.

Ma soprattutto c'era la sua grande fede nella Provvidenza che non mancava di intervenire nelle maniere più impreviste. Quanti mattoni e quante tonnellate di cemento erano necessarie!

Ebbene, ecco la signora Lucia Parodi Delfino, proprietaria di un cementificio a Colleferro, che, conosciuta Madre Spe­ranza, decide di offrire il cemento necessario e così giustifica il suo gesto: "Le signore del par mio hanno piacere di spendere 30 o 40 milioni in vestiti e gioie da portare; io le mie gioie le voglio avere così".

L'inaugurazione della Basilica avvenne in maniera molto solenne il 31 ottobre, festa di Cristo Re, Amore Misericor­dioso.

Il Cardinale Alfredo Ottaviani, Segretario del Santo Ufficio, che tanto apprezzava la Madre, volle venire a presiedere la cerimonia.

Fu lui a celebrare la prima Messa, insieme a 62 Padri conci­liari corrispondenti ai cinque continenti.

Madre Speranza aveva detto. "Vedrete che quando si inaugurerà il Santuario ci sarà gente da ogni parte del mondo. Il Signore me lo ha assicurato".

Molto significativa la presenza del nuovo Vescovo di Madrid, Sua Ecc.za Mons. Casimiro Morcillo che consacrò l'altare della Cripta dedicato a Maria Mediatrice.

La chiesa nella sua struttura architettonica piacque sia alle persone competenti che alla gente semplice. Ricca di simbolismi, vive della luce che penetra da grandi finestroni, posti tra una cappella e l'altra e che piove dall'alto di uno spacco a forma di croce, creando una suggestiva visione d'insieme che nutre e rasserena lo spirito.

La Cripta non costituisce una chiesa a sé, ma un tutt'uno con la chiesa superiore, ricevendo da essa una luce riflessa e filtrata per mezzo di coni-lanterna che accentua il carattere mistico e raccolto che la caratterizza. Dedicata a Maria Media­trice, Madre della Chiesa, ha sopra l'altare un bel mosaico, opera, come altre pitture che si trovano nel Santuario, dell'arti­sta Mariano Villalta. Rappresenta Maria nel Cenacolo, circon­data dai dodici Apostoli.

Opere di completamento

Seguirono altre opere di completamento come l'avveniri­stico campanile, alto 42 metri e la grande piazza destinata ad accogliere le folle di pellegrini per le grandi manifestazioni.

Il Cardinale Luigi Traglia inaugurò il grande organo della ditta Tamburrini e benedisse la prima stazione della Via Crucis che si snoda a valle, per circa un chilometro, in mezzo a un verde parco.

Alcune frasi, prese dagli scritti di Madre Speranza e incise su dei pannelli, sono collocate lungo il percorso e servono per una proficua riflessione spirituale sulla Passione di Cristo.

Motivo di attrazione per pellegrini e turisti è il famoso Pre­sepio poliscenico.

Nel 1967 la Madre volle che si iniziasse la costruzione della casa del pellegrino. Collevalenza si andava rapidamente tra­sformando nel "Roccolo della Misericordia". Si rendeva neces­sario dare alle persone che sempre più numerose venivano, anche da lontano, un'accoglienza conveniente. Acquistato il ter­reno necessario venne affidato ancora una volta il compito della progettazione all'architetto Julio Lafuente. I due edifici, con una capienza di circa seicento posti, con saloni moderni e funzionali, furono completati nel 1974.

Flauto del Signore e portinaia del Santuario

Due immagini, quella del "flauto" e quella della "portinaia" esprimono molto bene il lavoro che Madre Speranza svolse ne­gli ultimi anni della sua vita: quello del richiamo e quello del­l'accoglienza. All'inizio del 1959, Madre Speranza, che già andava ricevendo alcune persone che desideravano parlare con lei, diede ordine di accogliere tutti coloro che chiedevano di in­contrarla personalmente.

Inizia così il suo lavoro di "Portinaia del Santuario".

Ogni giorno, per circa 20 anni, riceverà singolarmente, mat­tina e sera, circa 100-120 persone. Una mole di lavoro impressionante perché non si trattava di un semplice incontro, ma di accoglienza vera e propria, cioè ascolto attento per com­prendere lo stato d'animo di ogni persona e dare ad ognuno il conforto della speranza cristiana: dava cioè tutta se stessa.

Così Madre Speranza, in una Circolare del 19 dicembre 1959, racconta ai suoi figli e alle sue figlie questo nuovo esal­tante lavoro che il Signore le ha chiesto: "Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo giorni di vera gioia ed emozione, sia per la fortuna che il Buon Gesù mi ha concesso di poter soffrire qualcosa per la gloria e il trionfo della devozione al suo Amore Misericordioso, sia per il fortu­nato incarico che svolgo in questi mesi nella casa del Signore, quello, cioè, di fare da portinaia per coloro che soffrono e che vengono a bussare in questo nido di amore, perché Lui come buon Padre, li perdoni, dimentichi i loro sbagli e li aiuti nei momenti di dolore.

Sono qui, figli miei, ore e ore, giorno dopo giorno, ricevendo poveri, ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali, corporali e materiali. Alla fine del giorno vado a presentare al Buon Gesù, piena di fede, fiducia e amore, le miserie di ognuno, con la totale certezza di non stan­carlo mai, poiché so che Lui come vero Padre, mi aspetta con ansia perché interceda per tutti quelli che attendono da lui il perdono, la salute, la pace e ciò che è necessario per vivere... Gesù che è tutto amore e misericordia, specialmente con i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia che tutte quelle anime che si affidano all'Amore Misericordioso vengono confortate. Che emozione, figli miei, sente questa povera creatura, dinanzi all'amore, alla delicatezza e alla bontà di un Padre così buono".

Aveva una particolare premura per i malati. Li trattava con tenerezza, accarezzandoli e incoraggiandoli perché trasformas­sero la loro sofferenza in una benedizione. Arrivava ad invi­diarli per la "fortuna" che avevano di poter dimostrare a Dio il loro amore con la sofferenza. Chiedeva continuamente al Signore di dare a lei le sofferenze degli altri. E il Signore la prendeva in parola.

Con chi aveva sbagliato dimostrava la materna sollecitudine del Buon Samaritano. Non si meravigliava di nulla, né si scan­dalizzava per le miserie che aveva modo di conoscere, esortava tutti alla fiducia, a non disperare mai perché la misericordia di Dio é senza misura.

Con i sacerdoti e le anime consacrate era materna e nello stesso tempo esigente, richiamandoli spesso alla fedeltà e alla coerenza con le loro scelte. Aveva verso essi venerazione e rispetto, usando premure materne verso coloro che avevano sbagliato.

La sua segretaria ha sottolineato questo tratto delicato e materno: "Per i sacerdoti la Madre aveva la massima venera­zione e diceva che non c'è al mondo cosa più grande del Sacer­dozio. Quando baciava la mano ad un sacerdote si vedeva che lo faceva con tanta devozione e convinzione. Anche se i sacer­doti erano a lei sconosciuti quando venivano ospiti nella casa dei padri voleva che fossero trattati con tutti i riguardi.

Una volta fu ospite un sacerdote che aveva commesso una grave mancanza ed era stato sospeso a divinis dal Vescovo. La Madre mi ordinò di trattarlo con tanta comprensione dato che si trovava in stato di particolare bisogno per quanto gli era accaduto. In casa però nessuno sapeva della sua mancanza e tutti credevano che stesse da noi per motivi di salute. La Madre parlava spesso con questo sacerdote che poi è stato riabilitato e torna ancora qualche volta".

Con i bambini era gioiosa e tenera come una madre. Racconta Madre Pace Larriòn: "Ogni anno portavamo le nostre bambine interne del Collegio di Roma qui a Colleva­lenza dalla Madre. Dopo il breve saluto che le bambine le rivolgevano, lei diceva: ‘C'è qualcuna che mi deve parlare da sola?'. In quel momento tutte alzavano la mano dicendo. ‘Io, io!’.

Allora noi suore, per non stancare la Madre, dovevamo scegliere qualche bambina il cui caso familiare era tra i più penosi. La Madre si chinava verso la bambina e, in un ampio gesto materno, si stringeva a sé la piccola che, lì, davanti al gruppo, le parlava piano, piano all'orecchio, come sono soliti fare i piccoli, quando hanno da dire cose molto importanti per loro. Le bambine si stringevano tutte intorno alla Madre, capendo che era una persona che voleva loro bene, chi la chia­mava e le tirava la mantellina, chi il grembiule, chi le faceva una carezza come alla propria mamma".

Esortava le suore e i padri con parole profetiche, coinvol­gendoli nella missione che il Signore le aveva affidato: "Se vi capita di trovarvi con una persona oppressa dal dolore fisico o morale, non cercate di soccorrerlo o fargli un'e­sortazione senza avergli prima rivolto uno sguardo di compas­sione".

“Siate flauti per i pellegrini... con il buon esempio e la cari­tà”.