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12 - La fondazione dei Figli

Un albero di alloro

A Roma, nell'orto della casa delle Ancelle dell'Amore Misericordioso di Via Casilina, c'è un albero d'alloro.

L'aveva piantato Madre Speranza che vi vedeva il simbolo della Congregazione.

Un albero che il sole, la pioggia, i venti avevano reso forte, grande e rigoglioso con il passare delle stagioni.

Durante la seconda guerra mondiale costituì un sicuro rifu­gio per le suore e per le bambine. Madre Speranza aveva assi­curato che, se durante i bombardamenti, si fossero rifugiate sotto i suoi rami non sarebbe loro accaduto nulla.

Trascorsi alcuni anni, dalle stesse radici spuntò un germo­glio che ben presto divenne un tronco robusto e frondoso.

"È fratello del primo" - diceva la Madre -.

Fu facile per tutti vedere in questo tronco il simbolo della Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso che stava per nascere. Due tronchi nati dalle stesse radici, come le Ancelle e i Figli dell'Amore Misericordioso che erano nati dalla stessa Madre.

In questi tempi difficili

Il 2 aprile 1929 apparve alla Madre il Buon Gesù. Le chiese di preparare un quaderno e una matita e nella quieta della notte, fino alle quattro del mattino le dettò le norme che avrebbe dovuto osservare la Famiglia Religiosa che doveva fondare.

Così iniziavano: "Dio, Amore Misericordioso, in questi tempi difficili e di lotte per la Chiesa, vuole benignamente elargire le ricchezze della sua misericordia e, a questo fine fa nascere una Famiglia Religiosa di Sacerdoti e di Fratelli, chia­mata Figli dell'Amore Misericordioso che realizzerà varie opere di carità con grande beneficio dell'umanità".

Con l'aiuto del Padre Antonio Naval, sua guida spirituale, separerà in seguito quanto si riferiva ai Figli e quanto si riferiva alle Ancelle del suo Amore Misericordioso.

Mentre le Ancelle saranno fondate nel 1930, passeranno circa venti anni prima che la fondazione dei Figli trovi la sua realizzazione. Madre Speranza, aveva intravisto fin dal 1927 questa sua vocazione per i Sacerdoti e si era offerta a Dio come vittima di espiazione per i loro peccati, offerta che rinnoverà con frequenza, soprattutto in occasione del Giovedì Santo.

Gli anni che vanno dal 1929 al 1951 costituiscono un lungo periodo di gestazione che, come viene per ogni mamma in attesa, alterna momenti di speranza e momenti di sofferenza, di ansia e di gioia, di delusione e di smarrimento.

Momenti di trepidazione

Una circostanza che provocò nella Madre e nelle sue figlie una grande trepidazione si ebbe in occasione della grave malattia che la colpì nel mese di gennaio del 1942. I medici chia­mati a consulto, nonostante il parere contrario della Madre, diagnosticarono una polmonite e peritonite, intimando l'imme­diato ricovero in clinica.

Ella si oppose e chiese che la lasciassero morire tranquilla­mente accanto alle sue figlie. Ricevette il S. Viatico, il Sacra­mento degli infermi e la benedizione papale disponendosi, se fosse stata volontà di Dio, a ben morire. La sua più grande pre­occupazione era quella di dover lasciare sole le sue figlie, gio­vani, inesperte e perseguitate. Sentiva anche un profondo ram­marico e una intensa pena pensando di non poter più soffrire per i Sacerdoti.

Soprattutto è afflitta al pensiero che il Buon Gesù la porti con sé prima di realizzare la fondazione dei Figli del suo Amore Misericordioso perché non ha trovato in lei quella generosità che Egli desiderava.

Fu una sofferenza senza misura a cui seguì la promessa, se fosse sopravvissuta, di essere più generosa e di affrontare con il suo aiuto la sospirata fondazione. A metà febbraio le sue condizioni di salute cominciano a migliorare e rifiorì in lei la speranza di poter portare a compimento la sua missione.

"Sono pronta, Gesù mio, però aiutami Tu perché mi trovo in grande difficoltà con la Congregazione delle Ancelle dell'A­more Misericordioso e mi spaventa il dover fondare anche quella dei Figli"'.

In una pagina del suo "Diario", scritta durante la memora­bile notte del 14 maggio 1949 viene presentato un quadro com­pleto e preciso della sua futura attività. Ma solo il 24 febbraio 1951 Gesù l'avverte che il momento di fondare la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso è arrivato. È il momento tanto atteso e a lungo preparato nella preghiera e nella sofferenza, il momento di una nascita e il compimento di un sogno.

" Il Signore mi ha detto che è arrivato il momento di realizzare la fondazione della Congregazione dei Figli del suo Amore Misericordioso e che il primo di questi sarà il giovane Alfredo Di Penta, che, nella sua Provvidenza, mi aveva già messo ac­canto in occasione dell'Anno Santo perché si andasse affezio­nando a me e così potesse rispondere più facilmente alla chia­mata della sua vocazione".

La scelta di Alfredo Di Penta fu per Madre Speranza una sorpresa e in un certo senso una delusione. Si sentiva già tanto inadeguata al compito di fondare una Congregazione maschile.

Sperava che il Signore le avesse indicato come primo figlio e collaboratore una persona idonea e competente: magari un Cardinale o un Eccellentissimo Vescovo, o per lo meno un Monsignore o un Sacerdote esperto e virtuoso.

Alfredo Di Penta

Chi era Alfredo Di Penta, scelto da Dio per essere il primo Figlio dell'Amore Misericordioso?

Non un Cardinale, né un Vescovo e neppure un Sacerdote come Madre Speranza avrebbe desiderato.

Alfredo era un semplice laico. Nato il 25 febbraio 1915, a Ripalimosani, provincia di Campobasso. Era l'ultimo di nove fratelli, (Madre Speranza, invece era la prima di una famiglia composta anch'essa di nove fratelli). Aveva conseguito la ma­turità classica e la licenza magistrale. Durante l'ultima guerra era stato capitano di aviazione. Gli piaceva volare, guidare moto e macchine sportive.

I suoi fratelli, Antonio e Pasquale avevano una grande ditta edile, che nel 1949, a tempo di record, completò la casa gene­ralizia della Congregazione, a Roma, sulla via Casilina. Alfredo curava la contabilità nella ditta.

Ma lasciamo che sia lui stesso a raccontarci come conobbe Madre Speranza. Ecco una parte della testimonianza che fece nel febbraio 1999, poco prima della sua morte: "Il mio incontro con la Madre è avvenuto per caso.

La nostra Fondatrice cercava una ditta per completare a tempo di record la casa di Roma che doveva essere pronta per il Natale del 1949 ed ospitare i pellegrini dell'Anno Santo 1950.

La Madre ha dato il lavoro ai miei fratelli che si erano impe­gnati a consegnare la casa nei tempi prestabiliti. Io facevo parte dell'impresa, curavo la parte amministra­tiva...

Tornato da un viaggio in Molise, mio fratello Lino mi informò che aveva preso un lavoro di edilizia in via Casilina, da fare in fretta, per conto di una Congregazione di suore molto in gamba...

Volevo conoscere il nome di questa Congregazione: mi ha risposto che il nome è molto lungo. Una Congregazione fon­data da pochi anni; è vivente la Fondatrice ed è presente a Roma. Preso il libretto di appunti mi disse: ‘Si chiamano Suore Ancelle dell'Amore Misericordioso’. Suore che lavorano molto, mentre lavorano pregano e non perdono tempo; sono sempre serene e piene di rispetto nei miei confronti. Ho parlato di te alla Fondatrice, che nonostante gli acciacchi, è l'animatrice di tutti e di tutto. Dicono che faccia molta penitenza, abbia alcuni doni particolari e parli con il Signore, non si dà importanza, è di una intelligenza non comune e mi tratta come uno di casa. Tutte queste notizie mi hanno lasciato perplesso. Trattare con gente santa mi sembrava difficile perché non abi­tuato.

A via Casilina ho conosciuto la Madre, che allora portava il bastone e gli occhiali. Sono stato accolto con molta cortesia. Lo sguardo della Madre ha penetrato il mio animo. Si è presen­tata suor Emilia, di venerata memoria, allora rappresentante legale della Congregazione; mi disse di avere molto rispetto con la Madre, perché è la Fondatrice, la Madre Generale e una santa. Sarebbe uscita in macchina con me: dovevo usare molta prudenza nella guida. Vi confesso che ci restai molto male, la ringraziai dei consigli e le dissi che erano inutili, perché conoscevo anch'io un poco il galateo...

Si è creata una certa simpatia della Madre e delle suore verso la mia povera persona; il Signore si è servito della Madre e delle suore per farmi scoprire la vocazione e la bellezza della vita religiosa. Non ringrazierò mai abbastanza il Signore e la SS. Vergine di avermi fatto questo dono".

Ma che brave suorine!

La simpatia che si era creata non solo da parte delle suore verso Alfredo, ma anche da parte di Alfredo verso le suore, divenne presto ammirazione, stima, mutua edificazione. Quando giungerà esplicita la proposta di Madre Speranza per­ché accetti la volontà di Dio, il quale voleva che fosse proprio lui il primo Figlio dell'Amore Misericordioso, non era del tutto impreparato, ma l'impatto che provocò in lui il pensiero di diventare Sacerdote e Religioso fu ugualmente sconcertante. Ascoltiamo ancora la testimonianza di Alfredo: 'L'anno 1950 - 1951 è stato per me un anno di noviziato sotto la guida della nostra Madre. La casa di Roma, per me è piena di ricordi. Lo spirito di obbedienza, fatto di affetto e di stima, che regnava tra le suore mi faceva riflettere: queste suore hanno rinunziato a tante cose, molte anche alla patria per servire Dio nei fratelli in povertà, castità, obbedienza. Beate loro che si accontentano di poco e sono sempre serene.

Siccome lavoravano molto proposi alla Madre, allo scopo di farle riposare e darle un poco di svago, di accompagnarle a turno al lago di Albano, fare un giretto in barca, consumare una merendina, visitare l'aeroporto di Ciampino e rientrare in casa per le preghiere. Ne parlai alla Madre che approvò sorridendo. Durante le passeggiate era sempre presente la Madre, sia in macchina, sia in barca. Le suore accettarono con entusiasmo e non finivano di ringraziare la Madre per il permesso e me per la proposta. Dissi alla Madre che non avevo mai visto delle persone accontentarsi per tanto poco, in un mondo in cui la gente non era mai contenta e cercava sempre di possedere di più. ‘Le faccio tanti auguri, e speriamo che le sue figlie conser­vino sempre questo spirito di distacco da tutto’.

La Madre mi ha risposto: ‘le mie figlie sono veramente buone, ma non glielo dire perché potrebbero peccare di super­bia’.

Si viaggiava molto in auto: le piaceva correre, perché con me, bontà sua, era sicura; quando rallentavo per far sentire alla segretaria i colloqui che la Madre aveva con il Signore, mi diceva: ‘Figlio cammina; se sei stanco prendi un caffè al primo distributore che incontriamo, altrimenti non si arriva mai’. Du­rante i viaggi, molte volte da soli, mi parlava di Dio, della sua paternità e di tante cose sante, con molta discrezione, senza rendersi pesante".

Padre Alfredo fu evidentemente presente o protagonista di molti episodi straordinari. Lui stesso ne racconta alcuni chia­mandoli episodi edificanti.

Un crocifisso per una rivoltella

Nel cammino di preparazione al Sacerdozio c'è da segna­lare un episodio interessante che rappresenta un gesto di rot­tura con il passato. Aveva da poco conosciuto la Madre e fre­quentava la sua casa di Via Casilina. Essendo Ufficiale di avia­zione aveva il porto d'armi e possedeva una rivoltella. La Madre lo invitò a disfarsene, ma lui non capiva perché doveva farlo: quella rivoltella, calibro 6/35 era per lui una compagnia e un motivo di sicurezza. Madre Speranza in cambio gli offrì un Crocifisso, assicurandolo che gli avrebbe fatto molta più com­pagnia e gli avrebbe dato molta più sicurezza di una pistola. Aggiunse anche che, se il Buon Gesù l'avesse voluto, conce­dendogli la grazia che stava chiedendo, in seguito gli avrebbe dato un Crocifisso ancora più grande.

Con edificante distacco Alfredo accettò la proposta e gettò l'arma nel Tevere. La Madre svelò ad Alfredo la storia di quel Crocifisso che gli donava: era quello della sua prima profes­sione come Ancella dell'Amore Misericordioso, lo aveva dato per alcuni anni alla signorina Pilar, la quale era morta stringen­dolo tra le sue mani mentre emetteva i voti religiosi.

Afferma P. Alfredo, e non poteva essere altrimenti, che lo ebbe molto caro per tutta la vita e ormai alla fine dei suoi giorni lo consegnava, perché non andasse smarrito, all'archivio della Congregazione.

Così prosegue la testimonianza di P. Alfredo: "La Madre parlava di fondare una Congregazione... una Congregazione di sacerdoti, religiosi, di fratelli di studio e fratelli artigiani. Ascoltavo attentamente e le dissi di trovare dei santi sacerdoti per aiutarla nei primi anni della fondazione.

Leggevo molti giornali e riviste. La Madre mi diede dei libri di meditazione per darle il mio parere sul contenuto: così mi sono abituato a fare la meditazione...

Un giorno la Madre mi chiese come mai alla mia età non ero sposato: Le risposi che c'era stata la guerra e non intendevo aumentare il numero delle vedove in caso di morte. ‘Hai com­battuto nell'Arma Aerea; tu sei dei pochi tornati a casa dopo tanti pericoli’. Risposi: ‘Evidentemente sono stato fortunato, mio padre e mia madre hanno pregato per me e il Signore mi ha aiutato’. Sorridendo la Madre mi disse: “Il Signore non fa niente per caso, su di noi ha il suo piano di salvezza”.

Erano le quattro del pomeriggio...

Sembra essere questa l'ora che Dio predilige per rivolgere agli uomini le sue chiamate.

L'Evangelista Giovanni annota nel suo Vangelo che quando Gesù, camminando lungo il mare di Tiberiade, incontrò i suoi primi discepoli e li invitò ad andare con lui, erano circa le quat­tro del pomeriggio.

Ebbene P. Alfredo così racconta: 'Il 24 febbraio 1951, alle ore 16, la Madre stava male ed alloggiava nel piano terra di via Casilina. Mentre recitava il Santo Rosario con Suor Visitazione e Suor Natalina, ad un certo punto non rispondeva più al Rosa­rio.

Una suora va a chiamare la segretaria che registra il collo­quio della Madre con il Signore. Il Signore le dice che il gio­vane Alfredo Di Penta doveva essere il primo Figlio dell'A­more Misericordioso. La Madre mi fece chiamare dalla sua segretaria la quale mi disse che la Fondatrice desiderava par­larmi di una cosa molto importante e delicata. Mi recai dalla Madre dopo un esame di coscienza: pensavo tra me. ‘Che cosa dovrà dirmi?’.

Mi accolse con molta delicatezza e mi disse con tanta sofferenza che il Signore aveva detto che era arrivato il momento di fondare la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso e, che il primo dovevo essere io. Vi lascio immaginare come mi sono trovato in quel momento. Le dissi subito: ‘Lei non ha capito bene il nome, io sono la persona meno adatta per una cosa così grande’.

Vi confesso che rimasi scioccato: io Sacerdote, non mi ci vedevo, mi cascava addosso il mondo. Una cosa troppo alta per me. La Madre mi disse: ‘La vocazione è un dono di Dio; noi possiamo accettarlo o rifiutarlo’. Dissi: ‘Da dove comincio? Se il Signore mi aiuta e lei mi sostiene mi rimetto alla volontà di Dio. Non potrò aiutarla, anzi avrò bisogno di aiuto e di tanta pazienza. Mi assicurò la sua preghiera, la sua pazienza e l'aiuto del Signore e vi confesso di aver sentito questo aiuto anche da parte di tante buone consorelle che hanno cambiato la mia vita.

La notte non presi sonno per l'emozione. Le suore mi vedevano pensieroso e preoccupato.

... Mi era caduta una tegola in testa

Appena la notizia venne a conoscenza delle suore, canta­rono il Te Deum di ringraziamento: io ero molto emozionato. Mi davano gli auguri ed io pensavo tra me: ‘Povera Madre è caduta male’. Che fosse caduta male lo pensava, sinceramente, anche Madre Speranza

"Solo Gesù conosce la dolorosa impressione che ha prodotto nella mia povera anima la decisione del Buon Gesù. Sopraf­fatta dalla pena e piangendo come una bambina ho preteso far vedere al Buon Gesù la mia nullità, la mia paura e ciò che io potevo fare aiutata da un povero secolare che non pensa nep­pure lontanamente a diventare religioso. Il Buon Gesù mi ha risposto che questo giovane sarà Sacerdote ed il primo Figlio della Congregazione del suo Amore Misericordioso".

Il timore che angustiava Madre Speranza era quello di essere inadeguata per una missione tanto grande e quindi di far fallire il disegno di Dio. Non voleva fargli fare brutta figura.

Ma, come la Vergine Maria, dopo la sua perplessità e dopo aver chiesto e avuto i chiarimenti necessari, rispose decisa­mente. "Ecce Ancilla Domini", "Ecco la serva del Signore".

"Da quel momento ho cominciato a trattare con lui dei passi da fare per la nuova fondazione e, appena migliorata dall'ar­trite deformante che mi impediva di muovermi, mi sono inte­ressata perché Alfredo potesse fare gli studi ecclesiastici".

Alfredo aveva già 37 anni. Entrare in seminario a quell'età non era facile. Si cercò il modo per fargli frequentare gli studi come esterno. Insieme si recarono a Fermo, dall'Arcivescovo Mons. Norberto Perini, il quale si dichiarava d'accordo purché avesse frequentato le lezioni nel seminario diocesano. Non avendo la Congregazione una casa a Fermo l'Arcivescovo pro­pose loro di assumersi la responsabilità di un collegio per bam­bini poveri fondato durante la guerra da un santo sacerdote che era morto improvvisamente. C'era già un rettore e un vice ret­tore. Alfredo avrebbe potuto aiutarli nella contabilità e fare con essi vita comune. Le suore si sarebbero fatto carico di questo collegio, cioè della cucina e della biancheria. Ma questo pro­getto fallì e il Buon Gesù chiese alla Madre di rivolgersi al Vescovo di Todi, Mons. Alfonso Maria De Sanctis.

Nel seminario di Todi si trovavano fin dal 1943 le suore di Madre Speranza. Era stata, dopo quella di Roma, la prima casa aperta in Italia dalle Ancelle dell'Amore Misericordioso.

Il Vescovo li accolse benevolmente assicurando che avrebbe preso la nascente Congregazione sotto a sua protezione.

A lui la Madre confidò quanto il Buon Gesù le aveva chiesto e la difficoltà di Alfredo a frequentare le lezioni in seminario. Al momento di salutarli pose la mano sulla testa di Alfredo dicendo: "Io stesso mi incaricherò perché tu possa fare la preparazione e in breve tempo arrivare ad essere Sacerdote". La Provvidenza stava disponendo le cose perché la nascente Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso trovasse, in un paesino di Todi, chiamato Collevalenza, la sua culla. Madre Speranza decise anche di consultare il Cardinal Pizzardo, Prefetto della Congregazione per i seminari, che la conosceva da molti anni. Alfredo partecipò all'incontro e lo racconta con queste parole: "Entrati nel suo studio la Madre si pose in ginocchio per chiedere la benedizione. Improvvisa­mente anche il Cardinale si mise in ginocchio davanti a Madre Speranza chiedendole di mettergli la mano in testa perché il Signore gliela avesse tenuta a posto. La Madre, confusa, non vo­leva, ma il Cardinale glielo impose altrimenti non avrebbe dato la benedizione. Anche io ero confuso e non sapevo che atteg­giamento prendere.

Il Cardinale mi disse: “Vede figlio, sono queste anime che salvano la Chiesa. Si ricordi che questa è un'anima di Dio. Nonostante che l'abbiamo fatta tanto soffrire lei ci ha ringra­ziato”.

Il misterioso incontro con un Santo Sacerdote Tornando all'incontro del 26 maggio 1951 con il Vescovo di Fermo, sappiamo che Madre Speranza lo mise al corrente di un fatto misterioso: mentre si trovava a Roma, un Sacerdote, senza che nessuno lo vedesse, si era presentato nella sua stanza per supplicarla di farsi carico di un collegio da lui fondato nella città di Fermo. L'autorità sanitaria stava, infatti, per ordinare di chiuderlo per le precarie condizioni in cui si trovava.

Sua Eccellenza si impressionò e disse a Madre Speranza: ‘Credo che lei abbia interesse di rispondere ad una richiesta così santa e buona per questi poveri bambini, ma sappia che si tratta dello stesso collegio che tanto spaventa Alfredo; ora, Madre, mi dica che cosa pensa di fare?’. ‘Io, Eccellenza - ri­spose Madre Speranza - farò la volontà del Buon Gesù, aiutata sempre da lui’.

L'Arcivescovo rispose: ‘Anche io l'aiuterò, non solo perché prenda possesso del collegio, ma anche perché di esso si fac­ciano carico i suoi futuri figli, formando tra loro una comunità insieme ad alcuni miei Sacerdoti’.

Fu in questo modo che la Famiglia Religiosa dell'Amore Misericordioso entrò ufficialmente nella Diocesi di Fermo ini­ziando un lavoro proficuo non solo con i ragazzi del Collegio degli Artigianelli del S. Cuore di Don Ernesto Ricci, ma anche con i Sacerdoti e con i laici di quella Diocesi.

D. Ernesto era nato nel paese di Montefortino, in provincia di Macerata, da una famiglia povera, ma molto religiosa e sen­sibile verso i poveri. Divenuto Sacerdote, oltre a dedicarsi con impegno al suo ministero e all'insegnamento, radunava ragazzi bisognosi, ascoltava i loro problemi, li sfamava e li faceva divertire. Quando terminò la seconda guerra mondiale prese in affitto una caserma, nella città di Fermo accanto alla chiesa del Carmine e vi accolse bambini orfani e di famiglie povere. Creò, con l'aiuto di tanti benefattori, laboratori di calzoleria, falegnameria, tipografia, meccanica.

Morì improvvisamente nel 1950, dopo una intensa giornata di lavoro.

Tra Madre Speranza e D. Ernesto ci sono alcune corrispondenze spirituali che in qualche modo spiegano perché la Provvidenza ha voluto questo passaggio di consegne.

D. Ernesto era molto devoto del S. Cuore. Aveva scritto fin dall'inizio del suo ministero sacerdotale: "Il Sacro Cuore di Gesù sarà il punto di riferimento di tutta la mia vita: pensieri, parole, opere e sofferenze. Nel Cuore di Gesù cercherò la sor­gente di ogni grazia, senza di cui non posso far nulla...".

La seconda affinità è l'amore ai poveri: sia Madre Speranza che D. Ernesto Ricci avevano impegnato le loro migliori ener­gie per soccorrere i più bisognosi, adattandosi tempestiva­mente alle necessità del luogo e del momento.

C'é infine un terzo punto in comune: l'interesse per il Clero, in particolare per la vita in comune tra sacerdoti. Don Ernesto ne era entusiasta, ne parlava volentieri e da parte sua visse sempre in seminario vicino ai seminaristi e ai confratelli sacer­doti. La Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso, fondata da Madre Speranza ha come fine primario l'unione con i Sacerdoti.

Una benedizione materna

Riprendiamo il racconto dei travagliati inizi della Congregazione maschile. Nel recarsi a Fermo per conferire con l'Arcivescovo, Madre Speranza volle far sosta a Loreto nella Santa Casa per chiedere alla Madre di Gesù di interce­dere presso il suo Divin Figlio perché Alfredo potesse arrivare ad essere un santo Sacerdote, Figlio dell'Amore Misericor­dioso.

La Vergine di Loreto doveva anche incaricarsi di chiedere al Buon Gesù un po' di scienza infusa per Alfredo, che avendo finito da molti anni gli studi, non aveva più l'agilità mentale per intraprenderli di nuovo.

Mentre si trovavano nella Santa Casa...

"Ad un certo punto - racconta Madre Speranza - vedo il Buon Gesù, vicino alla sua Santissima Madre e mi dice di non teme­re, perché Lui lo assisterà sempre e gli darà la scienza infusa quando ne avrà bisogno.

Ho chiesto al Buon Gesù e alla Santissima Madre di benedire Alfredo e questa povera creatura e il Buon Gesù, stendendo le sue mani da detto: ‘Vi benedico nel nome del mio Padre, Mio e dello Spirito Santo e subito dopo la Madre ha detto:

"Rimanga sempre in voi la benedizione dell'Eterno Padre, di mio Figlio e dello Spirito Santo.

La casa per il Noviziato

Nel mese di maggio con Alfredo e due suore, la Madre si reca a Matrice (CB) per vedere il terreno e la casa che Alfredo intende donare alla nascente Congregazione. Sarà un viaggio pratico e... mistico. Andava, infatti, per vedere se e in che modo la casa poteva servire per accogliere i suoi Figli. Pensava all'opportunità di stabilirvi il Noviziato, dove potessero rice­vere una solida formazione, lontani dalle distrazioni del mondo. Ma durante il viaggio fu lei ad avere una singolare... distrazione.

Lungo il cammino si erano fermati per ascoltare la S. Messa in una chiesa di Carmelitani, in aperta campagna quando: "Al momento della consacrazione cominciai a perdere il con­trollo di me stessa per entrare nel Buon Gesù e, volendo evita­re questa ebbrezza, uscii all'esterno per vedere se, distraendo­mi con qualche altra cosa, mi passava; ma fu tutto inutile. Mi prese una distrazione in mezzo a quella campagna e il Buon Gesù mi colmò delle sue carezze e mi disse, con molta dolcez­za ma con una maestosa autorità, che ho assimilato molto poco dei suoi insegnamenti. Lui - mi dice - non è vissuto se non per glorificare il Padre suo, è morto per compiere la sua Divina Volontà e dargli gioia in tutto. Mi ha fatto capire, così, che la vita e la morte non mi devono importare assolutamente nulla, quando si tratta di dare gloria al mio Dio".

A Matrice si incontra con il Signor Lino Di Penta, fratello di Alfredo, al quale manifesta che è desiderio suo e del Buon Gesù che a suo tempo, in quel luogo, sorga il Noviziato dei Fi­gli dell'Amore Misericordioso.

Il 15 agosto, giorno previsto per la nascita della nuova Congregazione, si avvicina e la Madre è assalita dal dubbio che per quella data sia possibile l'emissione dei voti da parte dei primi Figli. Gesù la rassicura ribadendo che faranno i voti proprio in quel giorno e che Alfredo sarà il primo. Insieme dovranno andare dal Vescovo di Todi, il quale, nonostante i molti impegni, darà volentieri la sua disponibilità per presie­dere la cerimonia.

Nel mese di luglio arrivarono, per entrare nella Congrega­zione, D. Giovanni Barbagli, sacerdote della diocesi di Arezzo, e il giovane Sanzio Supini.

Da quanto risulta, il 7 luglio, Madre Speranza, per la prima volta, andò a Collevalenza per vedere la chiesa e la casa par­rocchiale che il Vescovo aveva designato come culla della Con­gregazione. L'impressione non fu del tutto negativa, anche se si rese conto che la casa parrocchiale aveva bisogno di alcuni lavori.

L'ira del "tignoso"

Leggendo la pagina del "Diario" di Madre Speranza, scritta il 18 luglio 1951, viene alla mente il passo del libro dell'Apo­calisse dove si parla del drago, pronto a divorare il figlio che la donna sta per partorire. È comprensibile la furia del "tignoso" nei confronti della nuova fondazione che tanto bene avrebbe fatto alla Chiesa, ai Sacerdoti, a tante anime desiderose di misericordia. Avvenne dunque, quel giorno, che Alfredo accompagnò con la sua macchina il Vescovo da Collevalenza a Todi. Madre Speranza non si sentiva bene e si era coricata. Mentre si trovava nella sua camera "È venuto il "tignoso" - racconta - a dirmi di aspettare pure, lì seduta, il ritorno di Alfredo. Egli si sarebbe incaricato perché non tornasse più. Mi disse poi una serie di spropositi secondo il suo stile, assicurandomi che ‘quel tale’ non sarebbe stato né il primo, né l'ultimo. Era inutile che mi davo da fare per cerca­re un altro disgraziato da mettere a capo della famosa Congre­gazione perché lui aveva già il permesso di annientarla".

Ma Alfredo tornò: con molto ritardo e senza macchina, è vero, ma tornò. Riferì che ad un certo momento uno strano cane, durante il viaggio di ritorno, si era avventato contro la macchina. Nel tentativo di evitarlo lo aveva investito e la mac­china passandogli sopra aveva sobbalzato come se il cane fosse stato di ferro. E non vide più nulla. A rimorchio di un camion poté arrivare presso un'officina meccanica. Quando volle spie­gare che aveva investito un cane si sentì rispondere: "Un cane?... ma sarà stato un bue!".

I Voti dei primi Figli

Il 14 agosto 1951, nella cappella della casa generalizia di Roma, Alfredo di Penta, D. Giovanni Barbagli e Sanzio Supini vestono l'abito religioso, costituito oltre che dalla veste talare nera, da una fascia dello stesso colore.

Un episodio straordinario era avvenuto durante la notte precedente. Sentiamo il racconto dello stesso Alfredo Di Penta: "Mentre dormivo nella mia stanza nella casa di via Casilina con la porta chiusa di dentro e la chiave sulla toppa, e con la finestra protetta da una cancellata, mi svegliai a causa di una luce abbagliante. Vidi la Madre con un signore molto distinto e con la barba che tenevano una veste talare da una parte e dal­l'altra.

La Madre mi disse: ‘Vedi figlio prima che la benedica il Suo ministro l'ho fatta benedire da Lui... Ero talmente confuso e sorpreso che non riuscii a rendermi conto di ciò che succedeva. Solo la mattina svegliandomi ho notato appesa all'attaccapanni una veste talare che la sera quando sono andato a dormire non c'era. Temendo di essermi ingannato non parlai della cosa a nessuno. Fu la Madre, l'indomani mattina, a provocarmi do­mandandomi che cosa fosse successo durante la notte. Io feci finta di non saperlo e dissi che forse c'era stato un corto cir­cuito ma la Madre ridendo mi disse: ‘Ma come, ti porto il Si­gnore in camera e neanche lo ringrazi? E quella veste poi?'. Dissi: ‘Veramente ho avuto un po' di paura, Madre!; e lei ri­dendo mi disse: ‘Come, hai fatto la guerra!".

L'indomani, tra la commozione della Madre e delle suore, Alfredo Di Penta, P. Giovanni Barbagli, Fr. Sanzio Supini emettono i Santi Voti nelle mani del Vescovo di Todi. Madre Speranza è letteralmente ‘fuori di sé’ dalla gioia.

Scrive nel suo Diario: 'Io mi sono distratta e ho trascorso tutto il tempo che è durata questa cerimonia fuori di me e unita al Buon Gesù. A Lui ho chiesto di benedire questi tre Figli e la nascente Congregazio­ne. Ho rinnovato la mia offerta di vittima volontaria per le of­fese che il Buon Gesù riceve dai suoi Sacerdoti del mondo in­tero".

Inizia così la Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso. Il sogno che Madre Speranza aveva accarezzato per tanti anni, per il quale aveva tanto pregato e sofferto, prende corpo: nella Chiesa c'è ora una Famiglia Religiosa, composta da Padri e Suore che ha come compito primario quello di far conoscere a tutti l'incredibile amore e misericor­dia di Dio, soprattutto attraverso la carità senza limiti verso l'uomo bisognoso e il sostegno fraterno ai Sacerdoti.

I difficili inizi e le premure di una madre

La piccola Comunità dei Figli dell'Amore Misericordioso, il 18 agosto si trasferì a Collevalenza nella Casa Parrocchiale, ricevendo dal Vescovo l'incarico della cura pastorale della Parrocchia. Le suore abitavano nella casa che la famiglia Valentini aveva loro affittata, preoccupandosi delle mansioni di loro competenza.

Nel mese di settembre entrò nella Congregazione D. Gino Capponi, Canonico della Cattedrale di Todi, che sarà il confes­sore della Madre e uno dei suoi più fedeli collaboratori.

Il 24 ottobre i primi sei seminaristi si riunirono a Colleva­lenza, altri se ne aggiunsero in seguito ed ebbe iniziò la prima scuola apostolica della Congragazione.

Nel febbraio del 1952 inizia, come era prevedibile, quel segno distintivo delle opere di Dio che è la contraddizione. Il "tignoso" maltratta la Madre minacciando ciò che in quel momento la faceva maggiormente soffrire: la separazione dai suoi figli.

Richiamata a Roma dal cardinale Pizzardo pensò con ango­scia che il Santo Ufficio volesse dissolvere la Congregazione appena nata. È soprattutto la prospettiva della separazione dai suoi figli che maggiormente l'angoscia: "...poiché brucio dal desiderio di stare vicino ad essi per farli partecipi delle grazie che il Buon Gesù spande su questa pove­ra creatura e così incoraggiarli a camminare sempre avanti nella santità".

Fortunatamente il Cardinal Pizzardo doveva solo chiedere alla Madre un favore, quello di ospitare nella casa di Roma una ex-religiosa di 60 anni, di nazionalità francese, che era senza denaro e non sapeva dove andare.

Disse anche alla Madre che desiderava aiutarla, ma che P. Alfredo doveva frequentare regolarmente i suoi studi nel Seminario di Viterbo e non a Todi. Pur considerando la richie­sta ragionevole e conveniente, perché aveva l'impressione che nel seminario di Todi Alfredo non concludeva molto, fu un tor­mento per la Madre vedere Alfredo soffrire terribilmente per questa decisione. Non era facile per un distinto e aristocratico signore di 37 anni ritrovarsi in un seminario, tra ragazzi molto più giovani, curiosi e scanzonati. C'era poi la difficoltà di ri­prendere gli studi dopo molti anni. Dubbi, paure, scoraggia­menti e momentanei ripensamenti accompagnarono quello che possiamo chiamare il Calvario di Alfredo.

Così racconta il suo ingresso in seminario e le difficoltà che incontrò: Il 30 aprile del 1952 mi recai nel Seminario regio­nale di ‘Santa Maria della Quercia’, a Viterbo, per compiere un corso regolare di preparazione al sacerdozio. All'inizio avendo dei sospetti sul mio conto mi isolarono nel piano dell'inferme­ria e incaricarono alcuni seminaristi che a turno mi fossero stati sempre a fianco per vigilarmi ed eventualmente riferire. Questo durò soltanto per i primi due anni di teologia. Tutti pen­savano che, vista la difficoltà del Seminario, me ne sarei andato presto. Erano giunte in Seminario informazioni disastrose sul mio conto: che io ero scappato con una suora più anziana di me. Di fronte a queste contrarietà mi stavo perdendo d'animo e pensavo di tornare a Roma dove avrei potuto realiz­zare in altro modo la mia vocazione. Ma, una notte, mi apparve la Madre, mi mise la mano sulla fronte e mi disse: "Coraggio, tu sarai sacerdote, questa è una prova che presto passerà". Il giorno dopo telefonai a Collevalenza per sapere se era stata veramente lei ed ebbi da lei stessa la conferma".

Ci è possibile rivivere la tormentata vicenda di Alfredo leggendo le pagine del Diario di Madre Speranza. In esse si legge la delicata e sofferta pedagogia di una madre che vuole avviare il proprio figlio verso le vette della santità.

"Soffro molto per la situazione del Padre Alfredo. Desidererei essere vicino a lui perché possa scaricare su di me quelle espressioni che, se da una parte mi fanno soffrire molto, dal­l'altra costituiscono sicuramente uno sfogo per il suo cuore angosciato. A chi meglio che a una madre si debbono dire?".

Dinanzi alla prospettiva che Alfredo abbandoni la Congregazione per tornare nel mondo accontentandosi di essere un buon laico, la Madre ardisce quasi rimproverare il Signore:

"Dove sono, Gesù mio, le promesse che gli hai fatto e che io ho fatto a lui in tuo nome? Credi, Gesù mio, che il Padre riu­scirà a sopportare questa prova così dura per lui?,

Difficoltà e crescita della Congregazione

Mentre Alfredo, tra difficoltà e umiliazioni frequenta gli studi nel Seminario di Viterbo, sorretto dalle premure e dalla preghiera della Madre, delle consorelle e dei confratelli, la Congregazione muove i suoi primi passi e incontra le sue immancabili e previste difficoltà. L'Arcivescovo di Fermo, Mons. Norberto Perini, che con tanto entusiasmo aveva accolto Madre Speranza le comunica che per ordine dei Superiori non può più aiutarla poiché la Sacra Congregazione dei Religiosi non ha intenzione di lasciarla andare avanti.

Cosa era avvenuto? Chi aveva dato all'Arcivescovo di Fermo quell'ordine? Solo più tardi si saprà che non era stato il Cardinal Pizzardo, come si supponeva, ma Sua Eccellenza Mons. Arcadio Larraona, Segretario della Sacra Congrega­zione dei Religiosi. Insieme a lui anche un altro Arcivescovo, Mons. Ilario Alcini, Visitatore dei Seminari, aveva le sue riserve non riuscendo a concepire che una religiosa fondasse un Istituto maschile. Quest'ultimo, più tardi, quando conoscerà meglio Madre Speranza e la Congregazione, muterà il suo giu­dizio e il suo atteggiamento divenendo un convinto ammiratore della Madre e della sua opera. Un anno particolarmente ricco di grazie fu il 1954.

Era stata da poco inaugurata la casa dei Padri e si pensò subito a organizzare il primo Corso di Esercizi Spirituali per Sacerdoti. Venne a predicarli il Vescovo di Rieti, Mons. Baratta e partecipò, insieme a una quarantina di Sacerdoti, anche il vescovo di Todi. In questo stesso anno entrarono a far parte della Congregazione ed emisero i loro primi Voti vari Sacerdoti e fratelli. Il cuore di Madre Speranza si dilatava sempre più nella gioia di una maternità feconda e promettente.