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10 - L'uragano della persecuzione

Può sorprendere la quantità e la qualità delle prove e delle persecuzioni che Madre Speranza dovette affrontare nella sua vita.

Ma Gesù ci avverte che chi vuol seguirlo deve prendere con Lui, ogni giorno, la sua croce e che, se hanno perseguitato Lui, non c'è da stupirsi che vengono perseguitati anche coloro che lo seguono.

S. Giacomo individua nella prova la gioia profonda del cri­stiano che sa di essere guidato verso la perfezione dalla mano premurosa di un Padre: "Considerate una gioia piena, fratelli miei, l'essere in balia di ogni sorta di prove, consapevoli che è attraverso la verifica che la fede giunge alla pazienza.

Bisogna anche tener presente che vicino ai Santi si sta bene... ma in cielo. In terra, spesso, è un po' diverso, anzi può risultare molto scomodo. La loro vita è un pungolo che co­stringe ad un continuo esame di coscienza, ad una dolorosa verifica che mette a nudo debolezze e meschinità.

Vicino a Madre Speranza, nel corso della sua lunga vita sono passate una infinità di persone. Molte hanno saputo tenere il suo passo, altre non ne sono state capaci. Non deve meravigliare che alcune di queste siano diventate ostili alla sua persona e alla sua opera.

Ma noi non fermeremo più di tanto la nostra attenzione sulle assurde calunnie architettate contro di lei dai suoi avver­sari.

La signorina Pilar, dopo averle esaminate dettagliatamente afferma: "La conclusione che io traggo è che tutte le accuse sono frutto di menti menomate, oscurate dall'ambizione e dal­l'invidia che non può sopportare che Dio abbia arricchito dei suoi doni naturali e soprannaturali una creatura a Lui fedele".

Madre Speranza non si è lasciata turbare dalle calunnie e dalle persecuzioni di cui è stata fatta oggetto.

Con la sua fede riuscì a vedervi un mezzo provvidenziale di cui Dio si serviva per il bene suo e della nascente Congrega­zione.

Parlando dei suoi nemici li chiama "benefattori" perché le permettono di affidarsi completamente e unicamente a Dio e di camminare sulla via della perfezione.

A volte dice, volendole quasi scusare, che sono persone buone, ma che sono state accecate dalla passione e dal demo­nio e quindi rese incapaci di vedere la realtà.

Per alcune persone la critica, che spesso diventa calunnia, sembra essere quasi una necessità: in essa cercano una compensazione alle proprie frustrazioni. Alla base c'è general­mente un insieme di gelosia, di invidia, di arrivismo e non manca quasi mai l'ignoranza, l'orgoglio, la voglia di primeg­giare.

Madre Speranza sapeva che la persecuzione accettata con amore è sigillo di autenticità e fonte di crescita.

Per questo l'ha accettata con fede e con grande umiltà, lasciando fare a Dio. Credeva nella beatitudine evangelica: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, men­tendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".

È però doveroso dire che Madre Speranza lottò tenacemente contro quelle accuse che compromettevano la buona reputazio­ne della sua opera, che considerava opera di Dio, mentre si li­mitò a difendersi da quelle contro la sua persona solo in quanto danneggiavano la Congregazione e offendevano Dio e la verità. Segno di contraddizione

Era prevedibile che la straordinarietà dei fenomeni che si verificavano nella vita di Madre Speranza suscitasse curiosità e ammirazione in alcuni, stupore in altri e grandi preoccupazioni nei superiori. Molte persone non sapevano cosa pensare, e in genere, la cosa più facile in questi casi è... pensare male.

Iniziarono i sospetti, le incomprensioni, le accuse, le umi­liazioni. Dovunque veniva trasferita incontrava persone preve­nute nei suoi confronti. Il suo operato era spesso frainteso.

La fiducia riposta in alcune eminenti personalità venne pre­sto delusa. Si andava realizzando ciò che Gesù le aveva pro­messo: che, cioè, tutti l'avrebbero abbandonata.

Anche dopo aver fondata la sua Associazione e aperto il primo collegio Madre Speranza continuò ad essere bersaglio di ingiuriose calunnie da parte di alcuni e di grande apprezza­mento da parte di altri.

Un episodio che la stessa Madre racconta può darci un'idea di come le persone erano divise nei suoi confronti.

Alla vigilia della festa del Corpus Domini, il 3 giugno 1931, prima di rinnovare i voti con le sue suore, andò a confessarsi in una chiesa. Il Sacerdote le domandò se era religiosa e lei le disse che apparteneva ad una Associazione fondata da Madre Speranza.

Il confessore iniziò allora a sciorinare una litania di impro­peri contro di lei, dicendo che mai si era vista una persona peg­giore e che sotto l'apparenza di santità non faceva che del male. La invitò a separarsi da quella falsa santona se voleva salvare la sua anima. Quando le rispose che era impossibile per lei separarsi da Madre Speranza, il confessore, molto arrab­biato, le disse che non poteva darle l'assoluzione finché si osti­nava a rimanere con quella brutta bestia. Con molta tristezza nel cuore uscì dal confessionale e andò a confessarsi in un'al­tra parrocchia dove incontrò un sacerdote che non solo le diede l'assoluzione, ma le chiese di intercedere per essere ricevuto da Madre Speranza che considerava una santa.

Una seconda ondata di persecuzioni

Dal 1930 al 1941 ci fu, come abbiamo visto, un notevole in­cremento di vocazioni e una straordinaria fioritura di opere as­sistenziali in varie parti della Spagna. Dopo l'apertura della casa di Roma, non vennero meno le calunnie, le resistenze, le campagne denigratorie. Accuse di ogni genere furono fatte per­venire perfino alla Santa Sede e al Santo Ufficio.

Ci fu da parte di alcune suore uscite dall'Istituto Claretiano, capitanate da Madre Pilar Antín e da D. Doroteo, un tentativo di cambiare le finalità dell'Opera e di togliere Madre Speranza dalla guida della Congregazione da lei fondata.

Uno dei motivi per cui si cercò con tutti i mezzi di ottenere lo scioglimento dell'Associazione era quello di accaparrarsi dei beni con cui la Signorina Pilar sosteneva le opere della Madre.

Questa annotava in quei giorni nel suo diario: "Continua il tormento della persecuzione, ma in casa godiamo di molta pace e la gioia delle mie figlie è molto grande, come è grande il desiderio di santificarsi".

La campagna diffamatoria contro Madre Speranza si andava sempre più espandendo, non solo nella zona di Bilbao dove vari Sacerdoti le erano contrari, ma anche in altre parti della Spagna.

Attraverso i confessori delle Comunità, debitamente indottrinati si cercava di convincere le suore che per il bene della Congregazione era necessario sostituire Madre Speranza.

Ci furono perfino alcuni tentativi di avvelenamento dai quali, dopo enormi sofferenze, sopravvisse quasi miracolosa­mente.

P Postíus scrivendo in quel tempo alla Madre così la esor­tava: “E’ veramente grande la sua sofferenza, così come incre­dibile è la malignità di queste persone; ma abbia fiducia in Gesù e solo in Lui, come Giona che nel ventre della balena ebbe fiducia e invocò Dio dagli abissi del mare”.

La Madre scusava e perdonava coloro che la facevano tanto soffrire invitando le suore a fare altrettanto, ma non mancava di denunciare, scrivendo al Vescovo di Vitoria, riferendosi in par­ticolare ad alcuni sacerdoti: "Mi stanno massacrando le figlie e alcune di queste, unite ad essi, sembra che abbiano perso la ragione e si muovano come pupazzi".

Il Calvario di Roma

Nel periodo trascorso in Spagna si era andata intensificando l'opposizione dei suoi nemici, specialmente da parte di alcuni sacerdoti di Bilbao, spinti anche da particolari situazioni socia­li, politiche e religiose del momento storico e dell'ambiente geografico. Non si riesce, però, ad immaginare tanta falsità, in­ganni, accuse gratuite, se non pensando che Dio abbia permes­so tutto ciò per la santificazione della Madre e delle sue figlie fedeli.

In questa luce lei ha sempre visto le persecuzioni scatenate dai suoi avversari. È convinta che: "Gesù ha permesso questa persecuzione per il nostro bene, perché ci ama. Lui sa che la sofferenza è buona educatrice e buona maestra dello spirito e che la persecuzione ci avvicina sempre più a Lui facendoci correre rapidamente per la strada della virtù".

Perdona, ma non rinuncia a difendere la sua Congregazione. Ad un certo momento si vide costretta a scrivere al Santo Padre per esporre la situazione e chiedere, se lo avesse ritenuto conveniente, di nominare un Visitatore Apostolico.

La richiesta venne accolta e la persona designata come Visitatore fu il P Eduardo Gómez, Superiore, a Bilbao, dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, che era dichiaratamente contrario a Madre Speranza, la quale non solo accettò questa disposizione vedendovi la volontà di Dio, ma esortò le suore ad essere rispettose e sincere verso il Padre Visitatore, come del resto farà anche lei. Solo che lei volle evangelicamente unire la semplicità alla prudenza e disse al Padre Visitatore che per evitare che la sua deposizione fosse fraintesa, presentava a lui una relazione scritta e ne mandava una copia identica al Santo Ufficio.

Il Padre Visitatore non prese bene la cosa, ritenendola una limitazione della sua libertà.

Madre Speranza decise, allora, di tornare a Roma.

Il 6 giugno 1940, dopo un viaggio aereo avventuroso, si presenta al Padre Visitatore che sta per iniziare la visita della casa. Questi si sorprende nel vederla e le ordina di allontanarsi e di non ritornare fino a quando non avrà finito la visita.

La Madre soffre non tanto per questo affronto, ma perché le suore non condividono questa disposizione e forse faranno tra­pelare la loro ribellione. Lei, invece, le vuole obbedienti e ri­spettose delle legittime autorità ecclesiastiche. La visita rimase incompiuta perché il Santo Ufficio ritenne più opportuno con­tinuare direttamente le indagini. Per alcune settimane la Madre fu separata dalla Comunità e ospitata presso le Suore del Sacro Cuore di Trinità dei Monti.

Le indagini del Santo Ufficio si conclusero con una sen­tenza solo in parte positiva.

Una sentenza solo in parte positiva

Era il Venerdi Santo del 1941, quando l'Assessore, Mons. Alfredo Ottaviani comunicò alla Madre la sentenza del Santo Ufficio. Con essa si dichiarava che la Congregazione era stata accolta dalla Chiesa in via di esperimento, ma la Madre doveva rimanere a Roma, senza intervenire nel governo della stessa.

Il Santo Ufficio dava facoltà ai Vescovi dove si trovavano le case di nominare le persone che dovevano reggerle. Si poteva nominare una Vicaria o confermare quella che già c'era. La signorina Pilar non riusciva a farsi una ragione dell'allontana­mento della Madre dalla guida della sua Congregazione. Pen­sava che la sentenza del Santo Ufficio poteva essere vista come una conferma delle accuse rivolte contro di essa dai suoi avver­sari per distruggere la Congregazione e così impadronirsi dei suoi beni.

Con ammirevole franchezza e coraggio scrisse varie lettere al Santo Padre Pio XII, all'Assessore Alfredo Ottaviani, alla Vicaria Madre Esperanza Pérez del Molino.

La Madre, al contrario, animata da una fede soprannaturale, accettava tutto con obbedienza e umiltà. Sapeva che tutto viene da Dio e concorre al bene di coloro che lo amano. È preoccu­pata solo di come reagiranno le sue figlie: ad esse scrive lettere appassionate delle quali riportiamo alcuni brani: "Amate figlie, ieri, Giovedì Santo, mentre partecipavo ai Sacri Riti, dal mio cuore oppresso sono uscite queste parole: “Gesù mio, le alte dignità della mia Madre Chiesa si stanno occupan­do in questo momento di questa povera creatura: che sarà della nostra amata Congregazione? Il mio cuore arde del tuo amore e con te, Signore, attendo tranquilla la sentenza. Vorrei che arrivasse oggi per avere la fortuna di essere condannata come te in questo memorabile giorno. Spero, figlie mie, e nello stesso tempo vi supplico di essere tutte molto obbedienti accettando con sottomissione la Superiora che verrà desi­gnata... Non essendoci nella nostra amata Congregazione suore converse, non posso ritirarmi con esse, cosa che farei immediatamente; cercherò comunque, per quanto le mie forze lo permetteranno, di svolgere i lavori che corrispondono ad esse. Vedrò di collocare la mia cella nel luogo più umile della casa, e lì pregherò per le mie amate figlie, per la mia Congre­gazione e per quelli che sono stati accecati perché Gesù non tenga in conto quello che hanno detto o macchinato per otte­nere la mia condanna”.

Nei mesi che seguirono la Madre intensificò la sua unione con Dio, rinnovando i suoi propositi, accentuando il suo desi­derio di offrirsi vittima per i Sacerdoti, perdonando di cuore chi la faceva soffrire.

Approvazione e Voti Perpetui

Il 4 marzo 1942 la Congregazione dei Religiosi riconobbe l'Opera di Madre Speranza come Istituto di Diritto Diocesano e concesse il permesso per aprire il noviziato.

Fu grande la gioia della Madre e delle sue figlie, come si percepisce da queste note del suo Diario: "Oggi, festa dell'Invenzione della Santa Croce, abbiamo ricevuto un telegramma con il quale ci veniva comunicato che la nostra amata Congregazione è stata approvata dalla Santa Sede. Questa notizia ha riempito di giubilo il mio cuore e quello di Pilar. Fuori di me per la gioia mi sono messa a corre­re con il telegramma in mano esclamando: 'Figlie, l'approva­zione!'. E abbracciai le suore con tutta la mia forza.

Abbiamo comunicato la notizia al Parroco che è subito venuto per cantare insieme a noi il Te Deum di ringraziamento.

La festa si è protratta per otto giorni".

Il 12 giugno 1942, festa del Sacro Cuore, la Madre può finalmente emettere i voti Perpetui.

Lo stesso Segretario della Congregazione dei Religiosi, Mons. Pasetto, volle presenziare la cerimonia. Nell'Osservatore Romano di domenica 5 luglio veniva riportata la notizia con una foto della cerimonia.

Questa notizia e la pubblicità che gli si diede dispiacquero agli avversari di Madre Speranza che scrissero lettere di prote­sta al Nunzio Apostolico.

In seguito, anche le altre suore poterono emettere i loro Voti Perpetui nelle varie Comunità in cui si trovavano.

I consigli di S. Rocco

Racconta la Madre, nel suo Diario, che la notte del 30 giu­gno 1942, vide in sogno il glorioso S. Rocco.

Questo santo, che tante sofferenze e assurde persecuzioni dovette sopportare nel corso della sua vita era forse la persona più qualificata per incoraggiare Madre Speranza in questo mo­mento particolare della sua travagliata esistenza.

Lo fece raccontando alcune vicende della sua vita.

Partito dalla città di Montpellier, nella Francia meridionale, si dirigeva in Italia, elemosinando di porta in porta finché ottenne di poter prestare la sua opera in un ospedale per amma­lati contagiosi. Qui si ammalò e dovette molto soffrire per l'ab­bandono di tutti, anche di quelli che aveva beneficato.

Il Signore in una visione gli manifestò il suo desiderio che ritornasse in patria, dove l'aspettavano altre sofferenze.

Per amore di Dio accettò con gioia questo comando. Guarì miracolosamente e intraprese il viaggio di ritorno. Arrivato in patria nessuno lo riconobbe, neppure i suoi parenti, anzi fu ritenuto una spia e rinchiuso in un carcere dove fu trattato duramente. Solo poche ore prima di morire fu rico­nosciuto e trattato dignitosamente.

"Il Signore - dice ancora S. Rocco alla Madre - accetta la tua sofferenza, ma devi stare anche molto attenta per evitare le ingiustizie che l'uomo pretende compiere nella sua cecità.

Il Vescovo di Tarazona vorrebbe portarti nella casa di Alfaro, dove pensa di isolarti... per evitare che tu possa ricor­rere al Santo Ufficio".

Infine S. Rocco dice alla Madre che se l'avviso di tornare in Spagna fosse volontà di Dio lo dovrebbe eseguire con gioia, accettando non solo di rimanere isolata, ma anche di finire in un lurido carcere. Però, trattandosi di una nuova persecuzione con la quale ne risulterebbe pregiudicata la Congregazione e ostacolata la fondazione dei Figli dell'Amore Misericordioso, dovrà non solo evitare di mettersi nelle loro mani, ma lottare per evitarli. E conclude: "Chiedi al Buon Gesù il suo aiuto ed Egli te lo darà. Fiducia e amore e ne uscirai vittoriosa".

Le previsioni di S. Rocco si rivelarono subito esatte e i suoi consigli tempestivi e puntuali. Chiamata, infatti, dall'Asses­sore del Sant'Ufficio, le venne chiesto se desiderava tornare in Spagna. Rispose che era pronta a compiere la volontà di Dio e dei Superiori, ma disse francamente che le costava molto tor­nare in Spagna mentre la Congregazione era diretta dal Vescovo di Tarazona. L'Assessore chiese allora alla Madre di mettere per iscritto le ragioni delle sue riserve: le avrebbe fatte pervenire al Santo Padre.

Quella stessa notte, 3 luglio 1942, il Buon Gesù permise che Madre Speranza in bilocazione si presentasse al Santo Padre. A lui, molto impressionato, la Madre raccontò quanto S. Rocco le aveva detto. Alla fine del racconto il Santo Padre si prostrò a terra esclamando: "Sia lodato il Signore!". "E io - afferma Madre Speranza - scomparvi".

Da allora non ci furono più pressioni perché tornasse in Spagna.

Recatasi dopo qualche giorno dal Cardinale Vicario che l'a­veva convocata, cadde quasi subito in estasi alla sua presenza e il... povero Cardinale, invece di esporre quanto aveva in mente, fu costretto ad ascoltare per circa due ore le confidenziali parole che Madre Speranza rivolgeva al Buon Gesù, il quale la confortava con queste espressioni: "Non soffrire, figlia mia, e tieni presente che nella sofferenza puoi contare con Dio che sarà tuo aiuto e difensore. È così che tu e la Congregazione uscirete vittoriose da questo combattimento come ne sei uscita da tutti gli altri: non ti scoraggiare!. "Non so cosa avrà pensato Sua Eminenza - afferma Madre Speranza - so dire solo che quando ritornai in me il Cardinale mi stava vicino e mi disse. “Tutto questo me lo poteva aver detto prima, senza il bisogno di arrivare dove è arrivata. Sono, comunque, contento di aver presenziato ad un atto per me molto utile”.

Sotto la guida del Vescovo di Tarazona

Nel 1941 il Vescovo di Tarazona, sua Ecc.za Mons. Nicanor Mutiloa era stato nominato dal Santo Ufficio Direttore dell'I­stituto delle Ancelle dell'Amore Misericordioso.

Rimarrà con questo incarico fino al 1946.

Iniziò con una visita canonica delle varie case, a cominciare da quella di Madrid. Si preoccupò della situazione giuridica della Congregazione, cercando di chiarire alcune questioni rimaste in sospeso. Fece una revisione delle Costituzioni, "cor­rette, ordinate e aumentate", consultando anche altri Vescovi spagnoli.

Madre Speranza si allarmò quando si rese conto di alcune modifiche. Con molta fermezza e determinazione supplicò il Vescovo perché tutto quello che era contrario al Diritto fosse tranquillamente corretto, ma non venisse cancellato, modifi­cato o cambiato nulla di quanto era scritto in esse, convinta come era che Colui che gliele aveva dettate non può sbagliare.

Quando nel 1946 le ebbe in mano si rese conto che esse contenevano alcune norme che non erano proprie della Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso e quindi "difficili da compiere". Non accettava, per esempio, che fosse ristretto il fine della Congregazione solo alla fondazione di collegi per bambini o all'assistenza familiare delle persone inferme: esistevano, infatti, case dove già si svolgevano altre attività.

Il rapporto di Madre Speranza con il Prelato fu improntato ad una rispettosa obbedienza e ad un leale sforzo di collaborazione, ma questo non le impedì di precisare che il Vescovo era stato nominato "Direttore" della Congregazione e non "Padre Generale" come aveva fatto credere alle suore.

Quando nel 1944 l'Istituto passò sotto la diretta dipendenza della Congregazione dei Religiosi, il Vescovo, anche a causa delle sue precarie condizioni di salute, chiese di essere solle­vato dal suo incarico pur rimanendo ancora per un certo tempo Direttore della Congregazione.

Il Capitolo del 1946

Fu agli inizi dell'anno 1946 che alcune suore, soprattutto quelle residenti in Italia, credettero giunto il momento di chie­dere alla Sacra Congregazione per i Religiosi di esonerare il Vescovo dal suo incarico per procedere ad un Capitolo Gene­rale e così reintegrare Madre Speranza nel suo posto di guida della Congregazione. Del resto essa era ormai di diritto dioce­sano e le Costituzioni erano state revisionate. Lo stesso Vescovo Mutiloa aveva chiesto l'esonero e considerava con­clusa la sua missione.

La Superiora della Comunità di Roma, Madre Antonia Andreazza, rivolse al Santo Padre la richiesta di indire il Capi­tolo Generale.

La risposta positiva giunse immediatamente e il 5 ottobre. Madre Ascensione Alhama, in qualità di Vicaria Generale, comunicò ufficialmente che si sarebbe tenuto a Roma. Il desi­derio di tutte era che a presiedere al Capitolo fosse venuto Sua Ecc.za Mons. Ermenegildo Pasetto, ma questo non fu possi­bile.

Vennero nominati altri delegati i quali comunicarono la strana disposizione che ogni capitolare doveva scrivere in un unico foglietto i nomi di coloro che venivano scelte per i vari incarichi e imponeva di sottoscrivere il proprio nome.

Madre Speranza chiese di non partecipare alle votazioni per lasciare totalmente libere le Madri Capitolari. Ma forse aveva già compreso qualcosa e non volle stare al gioco. Ai padri che presiedevano il Capitolo diede infatti una risposta molto significativa. "Adesso andrà sicuramente in Cappella a pregare per noi" - le aveva detto uno di essi. "No, rispose decisamente la Madre, vado in cucina a preparare il pranzo per gli operai che stanno aspettando alla porta".

Dallo spoglio delle schede risultò eletta all'unanimità la Fondatrice, Madre Speranza Alhama.

Questo risultato, però non venne rispettato. Si sospese il Capitolo e dopo aver sentito il parere del Nunzio e dei Vescovi spagnoli si pensò alla nomina di un'altra Madre Generale.

Incomprensibili provvedimenti

È legittimo chiedersi il perché di questo incomprensibile provvedimento delle alte Gerarchie della Chiesa.

Sembra che il motivo principale debba ricercarsi nella volontà della Santa Sede di voler proteggere Madre Speranza evitandole un suo ritorno in Spagna dove, come Superiora di un Istituto di Diritto Diocesano, si sarebbe dovuta trasferire. Come sappiamo, infatti, a causa della campagna di diffama­zione e calunnie condotta dai suoi nemici negli anni quaranta, alcuni ambienti ecclesiastici e perfino alcuni Vescovi erano contrari alla sua persona e alla sua opera. La Segretaria Gene­rale, Madre Esperanza Pérez del Molino, parla di alcuni "inde­gni fogli" che Madre Pilar Antín fece prima firmare in bianco da molte suore, ingannandole dicendo ad esse che servivano per chiedere al Santo Padre che Madre Speranza venisse eletta Madre Generale a vita. Quei fogli, invece, furono riempiti di lamentele e accuse contro di lei e consegnati al E Errandonea che li rimise al Vescovo come risultato della sua visita cano­nica, fatta con superficialità e parzialità, come hanno testimo­niato varie suore. La stessa Signorina Pilar ebbe modo di vedere in un Ufficio del Vaticano questi fogli e ne rimase scon­certata.

Soltanto alla vigilia di Natale venne emesso il Decreto con la nomina di Madre Antonia Andreazza come Superiora Gene­rale. Grande fu la delusione e lo sgomento per la mancata ele­zione di Madre Speranza. Ci furono vigorose proteste da parte delle suore e vivaci discussioni con il malcapitato padre Cap­puccino, Lazzaro D'Arbonne, inviato per comunicare le deci­sioni prese dalla Congregazione dei Religiosi. Ma a far rien­trare tutto nell'ordine fu la stessa Madre Speranza, che dando esempio di obbedienza e umiltà, si inginocchiò per prima dinanzi alla nuova Madre Generale e le baciò la mano. Le altre seguirono il suo esempio.

Madre Antonia era da vari anni Superiora della casa di Roma. Donna semplice, piena di buonsenso, prudente e umile, aveva accettato la carica con grande difficoltà, solo perché Madre Speranza glielo aveva espressamente chiesto. Lei non avrebbe voluto, ritenendosi incapace e indegna. Una delle capitolari, Madre Margherita Alhama, così descrive il rapporto tra la Fondatrice e la nuova Madre Generale: " Sono stata a Roma nel sessennio del generalato di Madre Antonia Andreazza. Lei non voleva, ma Madre Speranza la incorag­giava ad agire in tutto e per tutto da Superiora Generale: le fece occupare il primo posto nel refettorio e le faceva firmare tutti i documenti e simili; vivevano l'una per l'altra, in perfetta armo­nia. Madre Antonia si raccomandava a Madre Speranza perché l'avesse aiutata e questa, ben volentieri, si prestava".

Gli anni che seguirono furono contrassegnati da ripetuti e inutili tentativi di restituire alla Fondatrice il posto che le spettava. Vennero scritte varie lettere perfino al Santo Padre, ma nulla cambiò fino al Capitolo del 1952 quando Madre Spe­ranza venne eletta all'unanimità Superiora Generale.

Nel cammino verso il pieno riconoscimento giuridico c'è da segnalare l'approvazione Pontificia avvenuta il 16 dicembre 1949 e il Decretum Laudis, il 5 giugno 1970, nel quale si af­ferma che " la Congregazione, nata in Madrid nel 1930 dal cuore grande e ispirato di Madre Speranza di Gesù Alhama... all'inizio molto piccola, già si è trasformata in un albero rigo­glioso che ha esteso i suoi rami in Spagna, Italia, Germania e che dovunque ha portato abbondante frutto nelle varie opere di carità".

Un doloroso tentativo di scisma

Gli anni ‘60 videro il fiorire di molte opere e il divulgarsi della devozione all'Amore Misericordioso, ma furono anche uno dei periodi più dolorosi della vita di Madre Speranza. Ci fu, infatti, un consistente abbandono della Congregazione da parte di molte suore e la minaccia di uno scisma al suo interno.

Nel 1963 si era aperta in Spagna la prima casa dei Figli del­l'Amore Misericordioso e dall'Italia furono inviati alcuni reli­giosi. Madre Speranza desiderava, infatti, per le sue figlie delle guide sicure, impregnate dello spirito proprio della Con­gregazione. Era suo desiderio che suore e padri, figli della stessa Madre, vivessero uniti come fratelli, con amore e ri­spetto. L'accoglienza riservata ai padri fu all'inizio calorosa e fraterna e la collaborazione improntata allo spirito di carità e collaborazione, occupandosi le religiose dei servizi loro propri e i religiosi dell'assistenza spirituale e della scuola ai ragazzi.

Ma un po' alla volta cominciarono a manifestarsi da parte di alcune suore malumori e dissensi. La presenza dei confratelli, invece che un aiuto, fu vista come un tentativo di prevalere su di esse imponendo il loro punto di vista. Ci fu in seguito un ri­fiuto della persona di Madre Speranza, della quale si arrivò a mettere in discussione i fenomeni straordinari e la sua fedeltà al carisma di fondazione. Non si teneva presente che, come fondatrice e depositaria di un carisma aveva tutto il diritto di attualizzarlo durante il corso della sua vita.

La costruzione del Santuario di Collevalenza non era nelle loro previsioni; non ne sentivano la necessità e tanto meno ritenevano doveroso dover contribuire economicamente alla sua costruzione. A diffondere queste idee erano suore che rico­privano cariche importanti, come la Superiora della comunità di Bilbao, da tutte molto stimata e che godeva di molto presti­gio, e la Maestra delle novizie, che essendo entrata già adulta in Congregazione non ne aveva assimilato lo spirito. Per questo risultò facile coinvolgere varie suore, soprattutto giovani, che finirono con il perdere la vocazione e uscire dall'Istituto.

Il comportamento di Madre Speranza in questa vicenda fu prudente e materno, improntato alla comprensione e al per­dono. In una lettera circolare inviata alle sue figlie di Spagna, il 28 aprile 1965, Madre Speranza afferma che anche questa prova, come quella degli anni 40, il Signore l'aveva permessa per la loro santificazione. Invitava perciò a dimenticare quello che era accaduto, a non giudicare e a perdonare sinceramente.

"Vostra Madre perdona di cuore tutto ciò che direttamente o indirettamente ha potuto offendere questa povera creatura e chiede al Buon Gesù di non tenere in conto le offese a Lui fatte da queste figlie nel loro accecamento".

Continuò a considerare figlie anche coloro che l'avevano abbandonata, a pregare per esse, disposta ad accoglierle con amore materno, come di fatto fece con alcune di esse che tornarono sui loro passi. L'enorme sofferenza che questo av­venimento causò alla Madre è paragonabile solo a quello di una mamma che si sente rifiutata dai suoi stessi figli. Tutto però contribuì a dare maggiore consistenza alla sua vita spiri­tuale, ad accrescere la sua capacità di soffrire ed amare, a ren­derla sempre più simile a Cristo, tradito e rinnegato dai alcuni dei suoi stessi apostoli. Quando nel 1966 potrà tornare in Spa­gna le acque si erano completamente calmate e fu accolta dal caloroso abbraccio delle sue figlie fedeli che in ogni casa vol­lero manifestare la loro gioia, la loro fedeltà e il loro amore.