SOFFRIRE PER OFFRIRE
«Gina, appena nata fu battezzata insieme alla sorellina perché si
temeva che potessero morire da un momento all'altro. Chi riuscì a
vivere delle due? Proprio lei che era la più gracile e la più minuta.
C'era un'atmosfera di autentica religiosità e di grande laboriosità,
veramente esemplari, nella nostra famiglia. Correvano i tempi critici
della prima guerra mondiale, seguiti subito dopo dalle lotte politiche.
E in tale clima non mancavano dalle parti nostre dei briganti che
assalivano e derubavano le persone per strada. Gina pur essendo
piccolina, sembrava soffrire per queste situazioni sociali e la mamma
la vedeva di tanto in tanto volgere lo sguardo in alto mormorando
«qualcosa» di incomprensibile.
Molto sensibile ed attenta ad ogni evento, fin da piccolina amava
appartarsi e appena si rese indipendente con le sue gambette, a piccoli
passetti, si recava alla Chiesa di Santa Maria, dove era stata
battezzata e che distava da casa un centinaio di metri.
Lì si ritirava in profondo raccoglimento a parlare con Gesù, nascosto
nel Tabernacolo. Un giorno, avrà avuto sì e no cinque anni, durante la
Santa Messa, e precisamente alla Consacrazione, pronunciò dentro di sé
il voto di castità, del quale naturalmente non poteva conoscerne ancora
tutta la portata e tanto meno il valore. Le piaceva stare in Chiesa,
perché le pareva di realizzare l'ideale di vita dedicata a Dio.
Di intelligenza vivace, superiore alla media, e dotata di una grande
memoria, a scuola imparò a leggere e a scrivere con spigliatezza e a
sette anni le Suore che le insegnavano il Catechismo rimanevano
meravigliate di come capisse velocemente la lezione, ed ammirate della
sua profonda pietà e del suo amore per tutto ciò che riguardava il
Sacro. Così a sette anni poté ricevere la Prima Comunione. Quale gioia
e quali trasporti si saranno accesi nel cuore della piccola Gina nel
ricevere il «suo» Gesù! Con questo primo incontro si accentuò in lei il
desiderio di donarsi totalmente al Signore. Infatti da quel giorno i
piccoli piaceri e gli innocenti divertimenti, assunsero per lei uno
strano sapore di amaro, benché la sua natura vitale, estroversa ed
impulsiva, la spingesse alla vita del mondo. Ma guidata com'era dallo
Spirito Divino sulla via della perfezione, Gina seppe appigliarsi a
quel che vi era di più solido e perfetto: l'Eucarestia.
Benché non trascurasse alcune delle pratiche devozionali in uso presso
i fedeli e ne godesse, vedendo che molte persone le praticavano con
vero amore, per se stessa non bastavano e le aumentò. I tre punti
focali della sua spiritualità giovanile, e che rimasero poi i punti
cardini della sua totale devozione, furono: l'Umanità Santissima del
Verbo Incarnato, la Madre di Dio con i suoi Dolori, la Santa
Eucarestia. Se la prima le inteneriva il cuore e la stimolava al
sacrificio, la seconda la consolava ispirandole la fiducia filiale,
mentre la terza, alimentando e saziando tutta l'anima sua, la rendeva
capace di vivere in terra la «vita celeste». Gina mi confidava che le
sembrava che il Signore stesso le suscitasse, con speciale Provvidenza,
questo amore specialissimo per l'Eucarestia, anche per riparare al
molto raffreddamento che gli uomini di questi tempi hanno verso il
massimo dei Sacramenti. Il Signore la voleva, quindi, come esempio e
stimolo per i cristiani, affinché andassero al Tabernacolo ed amassero
profondamente il Santissimo Sacramento. Ella aveva così puro il cuore
che una volta, mentre pregava il Signore, Questi le disse: «
Da quelli
che hanno il cuore puro e mondo Io mi lascio vedere».
Era umile, semplice e trasparente, tanto che Gesù le disse un'altra
volta: «Alle anime umili e semplici Io manifesto loro gli aromi della
Mia Sapienza e Bontà». Penso che Gina, più di tutti noi fratelli,
apprese a vivere e a mettere a fuoco le rare virtù della nostra mamma,
che amava il prossimo di dolcissimo amore.
Quante volte la mamma dovette di notte recarsi nelle campagne per
assistere qualche partoriente. Andava sola, anche sotto la pioggia e
forti temporali. Gina allora svegliava noi fratellini e, posando
un'immagine della Madonna della Civita su una seggiola e accendendo una
candelina, in ginocchio, ci faceva pregare fino a che la mamma non
avesse fatto ritorno a casa. E per non farci addormentare spiegava la
vita di Gesù, parlandoci dei Dolori della Madonna per il Figlio
Crocifisso. Quando poi l'assenza si prolungava, leggeva un brano del
Vangelo e lo commentava con la sua bella e dolce voce. Noi eravamo
felici ed incantati ad ascoltarla e rimanevamo ben svegli». Il fratello
Pietro continua così il racconto dell'adolescenza di Luigina.
«Terminati gli studi elementari si presentò per i nostri genitori il
problema di mandare Gina alle scuole medie fuori paese perché da noi
non esistevano. La scuola più vicina si trovava a Formia, distante una
decina di chilometri da Itri. Gina dovette quindi prendere la corriera
per recarsi a scuola e rientrare nel pomeriggio. A 10 anni Luigina fu
iscritta alla prima ginnasio, così si chiamava allora la scuola media
inferiore.
Era di salute gracile ma non le importava che le dicessero che,
sovente, stesse a casa ammalata. Piena di tanta buona volontà e con una
grande ansia di imparare per poter essere utile agli altri, non la
preoccupò minimamente la fatica del viaggio giornaliero e l'impegno
degli studi. Alcune persone vedendola così gracile e pallida le
dicevano che era «tisica». Lei però con umiltà e con pazienza,
perdonava a queste persone non certo buone e pregava per loro. Diceva
che non sapevano ciò che dicevano. Le sue «cose» le sapevano solo Gesù
e la Madonna.
Svariate volte Gina dovette farsi il tragitto di ritorno a piedi,
perché la corriera si guastava per strada. Da notare che si alzava al
mattino molto presto, faceva la Santa Comunione e il più delle volte
rimaneva tutta la giornata senza toccare cibo. Eppure non le mancavano
le forze e dalla sua bocca non uscì mai nemmeno un lamento per i disagi
o la stanchezza.
Ricordo molto bene quando, dopo aver studiato le poesie, mi passava il
testo e me le recitava. Le diceva con tanto sentimento che per me era
sempre un vero godimento ascoltarla. Molte volte mi sono accorto che
Gina rientrava stanca, ma per non dar dispiaceri e preoccupazioni alla
mamma si mostrava allegra e sorridente. Quando poi la salute non le
permetteva di andare a scuola, piangeva di nascosto e supplicava la
Madonna perché la facesse stare in buona salute.
Appena arrivava a Formia l'appuntamento era con la Chiesa. Stava molto
raccolta davanti al Tabernacolo e poi riceveva la Santa Comunione. Si
sentiva così rafforzata e con grande gioia entrava a scuola. Durante le
ore libere non si perdeva in chiacchiere o in giochi: il suo «svago»
era la preghiera e preferibilmente la recita del Rosario. Le piaceva
moltissimo soffermarsi sui vari Misteri e li meditava. Chiedeva anche
alle compagne che facessero come lei e pregassero la Madonna con la
Corona del Rosario, perché riteneva che era un'arma potente per
difendersi dal demonio.
La fiducia che Luigina aveva nella Madonna era illimitata.
Mi ricordo un fatto avvenuto che la dimostra. Era il periodo del Giro
d'Italia, e la corsa passava proprio sulla Via Appia che attraversava
il nostro paese. Al solito una gran folla di piccoli e grandi si
stipava lungo il ciglio della strada. C'eravamo anche noi cinque, con
papà. Luigina teneva per mano il fratellino più piccolo Tonino, di
appena un anno. Per potergli far vedere meglio la corsa lo fece salire
sul muretto che delimitava la strada. Al di sotto scorreva un fosso
dove era stata messa da poco della calce viva che ribolliva e che si
doveva a poco a poco «spegnere» per essere usata dai muratori, che
lavoravano lì accanto. Proprio in quel punto, non si sa come, avvenne
che il mio fratellino lasciò la mano di Gina, fece qualche passetto e
cadde nella calce viva. Lo spavento non bloccò mia sorella che, saltato
il muretto, mentre gridava invocando la Madonna della Civita, acciuffò
per i capelli il piccolo, ormai quasi scomparso nella calce, e lo
trasse fuori. Con grande meraviglia di tutti, mentre con il fazzoletto
gli puliva il volto, si vide che gli occhi erano salvi e il corpicino
svestito dagli abiti incalcinati e bruciacchiati, era sano e senza
segni di bruciature. Gina si recò a casa correndo con il piccolo fra le
braccia, per prestargli le eventuali cure. Controllato che il
fratellino stava ottimamente, lo rivestì per fargli dimenticare
l'accaduto ridendo e giocherellando con lui, lo riportò a vedere la
corsa. Tutti i presenti al fatto dissero che la Madonna aveva fatto un
grande miracolo salvando il piccolo.
I miei genitori vedendo che Gina era molto intelligente, ordinatissima,
e riusciva con molto profitto negli studi, per non affaticarla ogni
giorno con l'andata e il ritorno a Formia, pensarono di sistemarla
presso una famiglia amica di Santa Maria Capua Vetere. Così Luigina
poté studiare con più tranquillità. Oltretutto a Gina rimaneva più
tempo per la sua vita contemplativa e di preghiera e ciò la faceva
felice. Nella nuova sistemazione Gina ebbe il tempo di conoscere nuove
persone e fare buone amicizie. Dopo un mese la famiglia che l'ospitava
e altre persone si erano accorte che Gina si recava spesso in Chiesa e
che amava parlare con il Signore e con la Madonna. Fu così che molti le
esponevano i loro problemi e difficoltà, ricevendo in cambio buoni
consigli e molto conforto. Però non si limitavano a fermarla per strada
ma, spesso e volentieri, andavano a cercarla nella casa dove era
ospite. Dopo poco tempo questo andare e venire di gente stancò gli
ospitanti i quali, piuttosto seccati, quando Gina rientrava, la
sottoponevano a vere scenate. Gina con la sua umiltà e pazienza
sopportava senza dare nessun cenno di fastidio o meglio di dolore.
Passato però qualche mese non la vollero più tenere come ospite e
decisero di farla tornare a Itri, in famiglia. Naturalmente ai miei
genitori raccontarono delle bugie, accusando Luigina di poca voglia di
studiare, di passare troppo tempo a parlare con gente fuori casa, e che
i professori non erano contenti del profitto della giovane, per le
lunghissime sue assenze. Tutto falso! Al contrario i professori erano
soddisfatti del comportamento a scuola di Gina, pronta alle
interrogazioni, molto educata e rispettosa verso tutti ed anche
diligente e studiosa. Sempre disponibile con i compagni e le compagne
bisognosi di aiuto o di un consiglio. Gina era molto apprezzata anche
per la sua spontanea comunicativa, unita ad una vera umiltà e
gentilezza di tratto. Era così amata dai professori che prima che
fossero esposti all'albo gli scrutini con i voti finali dell'anno
scolastico, facevano a gara a chi prima degli altri arrivasse a darle
la bella notizia della promozione a pieni voti».
C'è da chiedersi come mai la famiglia di Santa Maria Capua a Vetere
avesse inventato tante frottole per rinviare la ragazza in famiglia!
Forse gelosia per il successo personale che Gina riscuoteva presso la
gente del posto, oppure la condotta cristiana veramente esemplare della
giovane, metteva i suoi conoscenti di fronte alla loro coscienza?
Un fatto è certo, il maligno ormai cercava in tutti i modi di
«disturbare» l'ottima figliola. Ma queste non sono che le prime
schermaglie delle «tenebre», che si tramuteranno in una vera lotta
aperta con il passare degli anni. Il maligno giocò un grosso ruolo
durante tutta la vita di Luigina, rendendole l'esistenza per nulla
facile. Dalle prime tentazioni subdole e sottilissime passerà poi alle
minacce e anche alle percosse.
Il fratello Pietro continua: «Terminato il terzo anno ginnasiale e
prima che iniziasse il quarto, Gina espresse ai genitori il desiderio
di entrare in un collegio di suore a Roma. Papà e mamma erano d'accordo
e felici, anche perché Gina aveva espresso il desiderio di farsi suora
appena terminati gli studi. I nostri parenti, da parte del papà, sempre
gelosi ed invidiosi di ciò che si faceva a casa nostra, e causa di non
pochi guai per noi, soprattutto dopo la morte della mamma, cercarono in
ogni modo di influenzare il papà perché non la lasciasse andare.
Intanto Gina pregava molto per il suo desiderio di trasferirsi a Roma e
ottenne alla fine il permesso dei genitori.
In questo Istituto delle Suore Figlie di San Paolo (Roma) di Don G.
Alberione sentì, fin dai primi giorni, che si sarebbe potuto realizzare
per lei il sogno di essere un giorno Sposa consacrata al Signore, a
servizio della Sua parola.
Se la cosa era buona in sé non rispecchiava però i disegni della Divina
Provvidenza per lei ed infatti, subito dopo, si ammalò gravemente con
complicazioni ai polmoni ed ascessi nelle parti inferiori del corpo.
Alla notizia della malattia di Gina i parenti paterni gongolarono,
mentre per Luigina fu un grande dolore dover lasciare l'Istituto
romano. Tornata a casa, dopo tre mesi che perdurava la malattia, Gina
decise di consacrarsi alla Madonna e, miracolosamente, guarì.
Si iscrisse immediatamente alla quarta ginnasio a Formia e, per quanto
l'anno scolastico fosse già iniziato da mesi, fu ammessa a frequentare.
Ciò dimostra in quale considerazione fosse tenuta Luigina dai suoi
professori e dal Preside. Con gli studi continuò la sua vita di
preghiera e di contemplazione ai piedi di Gesù crocifisso e anche per
questo i parenti terribili trovarono da ridire cercando di influenzare
i genitori perché: «Gina si sarebbe ancora ammalata». Invece lei era
piena di gioia e faceva sue le parole che Gesù le andava ripetendo:
«
Soffrire per offrire».
Intanto Gina, nei suoi quattordici anni, bella, fine e straripante
simpatia, iniziò nel suo interno la lotta dolorosa che la mise di
fronte all'alternativa di scelta tra l'amore divino e quello umano. Ben
presto però vinse in lei l'amore divino e, pur trovando eccellente la
via del matrimonio, scelse per sé la vocazione alla verginità.
Passarono così circa due anni e per Gina, oltre alle tante sofferenze
fisiche e morali, si aggiungeva quella terribile della mamma, che tra
l'altro la poneva davanti a tutte le responsabilità di primogenita, con
quattro fratelli. Gina intensificò le preghiere e le suppliche alla
Madonna e fece molto pregare anche noi, compreso il papà e la nonna
materna.
Questa volta però la Madonna non «ascoltò» Gina perché il disegno
divino era diverso. La mamma si aggravava e fra dolori atroci,
sopportati con santa rassegnazione, offriva tutto alla Vergine per noi
figlioli. La mattina del 4 Novembre 1931, alle ore quattro, mamma
spirò. Aveva solo quarantaquattro anni. Per papà la morte di mamma fu
un durissimo colpo, sia per le doti che ella possedeva e sia perché si
trovava con cinque figli, dei quali l'ultimo aveva appena tre anni. Fu
da questo momento che papà poco a poco, cominciò a cambiare e a
trascurare il lavoro e gli interessi di famiglia. Gina invece non si
perse d'animo e, sicura dei suoi studi, si mise a dare lezioni private
a molti scolaretti di Itri. In cambio riceveva dalle famiglie soldi o
beni in natura. Così riusciva a portare avanti la famiglia, dal momento
che papà si era stranito e, non lavorando più, non guadagnava nulla. In
questi due anni dopo la morte di mamma tutto il vicinato poté
apprezzare le doti e la saggezza di Gina e tutti le volevano bene e
l'aiutavano. Non così fu per i parenti di mio padre che, ancora una
volta, si dettero da fare affinché ci allontanasse dal paese,
mandandoci a convivere, separati, presso gli zii.
Dopo due anni riuscirono allo scopo.
Gina così lasciò Itri per Roma ed abitò presso gli zii che. avevano
casa alla Garbatella. Ai primi tempi tutto andò bene, ma ben presto
cominciarono in casa spiacevoli scenate perché Gina andava tutte le
mattine, di buon'ora, in Chiesa e vi si tratteneva parecchio,
scambiando dopo la Messa qualche parola con il Parroco che l'aveva
presa a ben volere, e con altre buone persone, anche anziane, alle
quali Gina dava conforto ed infondeva loro speranza. Agli zii non
piaceva che mia sorella avvicinasse degli estranei e volevano che
stesse sempre in casa, a sbrigare le faccende. Non è che Gina fosse una
fannullona e perdesse il tempo in chiacchiere. Il suo bisogno interiore
di fare dell'apostolato era come «una forza» che la spingeva a parlare
della bontà di Dio e della Madonna per tutta l'umanità e per ogni
singolo uomo. Nulla servì a convincere gli zii a lasciarle un po' di
tempo libero. Alla fine fu costretta ad abbandonarli e ad accettare del
lavoro casalingo presso una famiglia che aveva conosciuto nel quartiere.
Ebbe una cameretta ben ammobiliata tutta per sé, del tempo libero per
vivere la sua vita di apostolato e di preghiera e poteva anche ricevere
in casa le persone che desideravano vederla per aprirle i loro cuori.
Gina, dopo tanti mesi tristi presso gli zii, finalmente ebbe un po' di
pace e di gioia, potendo essere di utilità e di conforto alle anime.
Era anche molto generosa verso noi fratelli, quando andavamo a
trovarla. Ci ospitava con l'amore di mamma, ci faceva riposare nel suo
letto, mentre lei dormiva su una seggiola e, confortandoci, ci spronava
ad avere sempre un'illimitata fiducia in Dio.
Ci ripeteva sovente: «La Divina Provvidenza non vi farà mai mancare
nulla. È essa che provvede ad ogni nostro bisogno». Infatti fu sempre
come disse Gina. Ella era veramente felice quando poteva esserci
d'aiuto e donava a noi tutto quello che aveva. Non le importava di
rimanere poi senza nulla: la sua gioia era vederci partire sereni ed
allegri.
Gina aveva un dono singolare. Prima che gli avvenimenti accadessero lei
già li avvertiva e li pronosticava. Era straordinario come non le si
potesse celare nulla! Sapeva proprio tutto di noi. Con il suo sguardo
dolce ma penetrante guardava la persona ed era come se leggesse un
libro aperto davanti a lei. Se poi parlava ad una persona, dicendo ciò
che sentiva esserci in lei, lasciava sbalorditi. E se molti erano grati
di essere capiti ed aiutati nei loro piccoli o grandi problemi, altri
invece rimanevano come seccati di essere scoperti e si chiudevano in se
stessi dicendo che ciò che diceva Gina era errato. Lei soffriva molto
per questa ottusità e menzogna, ma accettava tutto con umile silenzio.
Quando invece le anime la lasciavano penetrare nei loro segreti, ne
traevano balsamo e quiete e le sofferenze diventavano sopportabili.
Non le mancarono in questo periodo anche delle spiacevoli situazioni a
causa della sua dolce bellezza e del suo carattere accattivante. Gina
però lottò e vinse sempre le sottili tentazioni che arrivavano da più
parti.
Particolarmente ebbe a soffrire e provò giusto sdegno per i raggiri di
una donna che, mostrandosi sua amica, con furbizia satanica, la
spingeva a darsi alle gioie della vita e a non comportarsi da persona
«ingenua e ridicola». Gina anche se avvertì subito il pericolo,
conmolta pazienza voleva convertire quell'anima riportandola alla luce.
Malgrado ogni tentativo quando si avvide che nulla riusciva a smuovere
quella povera donna, l'allontanò da sé».