TRE RITRATTI
Le persone che avvicinarono e frequentarono Luigina Sinapi furono molte
e di tutte le estrazioni sociali. Accanto a sacerdoti, suore e
religiosi troviamo gente semplice, professionisti, uomini di cultura e
perfino della politica.
Tra le molte testimonianze ne abbiamo scelte tre che ci sembrano le più
emblematiche. Quella dell'On. Oscar Luigi Scalfaro, del religioso
paolino Don Attilio Malacchini e quella della signora Giuseppina
Cardillo Azzaro, moglie di un deputato, mamma di otto figli e docente
universitaria.
Tre ritratti diversi ma che si compendiano e che a tinte vive e fresche
danno il più verosimile ritratto di Luigina.
UNA GRANDE DONNA
«Ma quanto è difficile parlare e scrivere di Gina, di Luigina Sinapi!
Almeno per me questo è tanto vero!
Mi piace parlare con chi la conobbe, con chi si interessò di lei anche
senza conoscerla direttamente, mi piace sentirne parlare da chi le
volle bene davvero, senza venerazioni fasulle, senza pettegolezzi e
gelosie, mi piace sentirne parlare da chi l'amò con semplice cuore.
Allora è come rivivere i preziosi minuti dello stare vicino a lei: il
sorriso riposante, annunziatore vero di pace profonda, ispiratore di
fiducia, di confidenza, di speranza. Poi lo sguardo penetrante ma non
indagatore, uno sguardo che aiuta, sospinge a parlare, uno sguardo
pieno di capacità di lettura profonda nel cuore dell'interlocutore, ma
trasparente, cercatore di sofferenze, di dolori, di peccati... ma solo
per lenire, per sanare, per addolcire, per caricarsi sulle spalle le
croci altrui.
Quando devo parlare agli altri, faccio fatica: vorrei poter aprire il
cuore tacendo, vorrei dire soltanto «guardate qui, dentro di me e
vedrete, malgrado tutto, qualche traccia di lei».
E invece devo scrivere. Ecco ancora una volta mi colpisce l'umana
ricchezza di lei. Sento il bisogno di rinnovare questa sottolineatura,
questa, starei per dire, meraviglia; non dubito che forse è anche
legata al fatto che è quasi fatale farsi uno schema oleografico delle
persone toccate, o che si dicono toccate, da qualche grazia
particolare. Ne risultano nella nostra fantasia, figure rigide, fredde,
poco umane se non inumane, la cui pelle è di cartapecora, il cui
sguardo è solo rivolto alle nuvole, il cui cuore batte per il Signore
(così si dice) e non s'accorge dell'uomo che attende un po' di
comprensione, un po' di amore.
Nulla di questa oleografia in Gina, nulla. Una donna vera, viva, una
donna che sente il fascino della bellezza, dell'armonia, che ha una
ricchezza di femminilità rara e la esprime con generosa semplicità
senza atteggiamenti studiati e preordinati.
Una grande Donna; soprattutto e anzitutto una grande Donna.
Il segreto di Lei è proprio questa pienezza umana. Qui, se guardiamo a
Lei per un esame di coscienza, qui è il punto su cui vive o crolla la
testimonianza di ciascun cristiano. Occorre anzitutto essere uomini,
uomini veri.
Quando le doti umane essenziali entrano in crisi, entra di conseguenza
in crisi ogni altra cosa, ogni altro valore. Qui sta il tormento di
ogni tempo; qui è il midollo delle crisi che oggi travagliano il mondo:
la crisi dell'uomo.
Gina in quest'ottica è la risposta più completa e totale alla crisi
dell'uomo; in Lei la presenza di ogni umano valore, di ogni equilibrata
virtù.
Le giornate di intensità mistica non turbano, ma esaltano la sua
umanità; le misteriose esperienze che le aprono dinanzi il Paradiso,
non la tolgono dal mondo, ma la immergono ancora di più, ancora più
viva è la sua comprensione per le miserie dell'uomo, ancora più umana
la sua presenza, il suo dialogo con gli altri.
Altra spiccata caratteristica di Gina è l'interesse per la politica e
per tutto ciò che, in Italia e nel mondo, avviene in campo politico.
Il Messaggio di Fatima, le comunicazioni della Madonna Mamma Maria sono
il tema dominante, il metro con cui misura la realtà e i problemi
politici. Il tema della pace è alla base di tutto. Il marxismo
comunista è assillante preoccupazione, come l'invasione del
materialismo a danno dei valori spirituali, a danno dell'uomo.
E chi vive e opera nella vita pubblica, trova in Lei un consigliere
eccezionale che conosce mille particolari idonei a consentire diagnosi
precise, un consigliere puntuale e tempestivo che invita a non
abbandonare la prima linea delle pubbliche responsabilità.
La tremenda battaglia per introdurre legislativamente l'aborto in
Italia e la insinuante penetrazione massonica, sono temi che la
occupano e la preoccupano seriamente.
E la preoccupazione per tutto ciò che attacca la fede e il patrimonio
cristiano nel midollo, che aumenta per le anime i pericoli, che
allontana l'uomo da Dio.
Quando si interessava della procedura parlamentare relativa alla legge
sull'aborto, mostrava un timore, viveva una sofferenza che dimostravano
evidente la sua partecipazione alle umane tragedie e insieme alla Croce
redentrice di Gesù.
Era comprensiva verso chi aveva sbagliato da lasciare quasi sorgere
l'interrogativo che il male fatto non fosse male. Nello stesso tempo
era serenamente ferma sui principi
senza lasciare uno spiraglio o un dubbio. Verità e carità vivevano in
Lei totalmente. Della massoneria temeva la radice dottrinale errata, la
solidarietà «ad ogni costo» tra i membri delle varie sette, ma
soprattutto temeva che si insinuasse tra i cattolici, preoccupati più
della carriera e di assicurarsi un ombrello protettivo, che della
trasparenza della dottrina e della lealtà della propria fede. Ma aveva
anche il terrore che i tentacoli multiformi e versipèlle della
massoneria si insinuassero nella Chiesa, tra la Gerarchia.
Vi fu un periodo di tempo in cui queste voci (create e fatte circolare
artatamente), avevano preso piede con una certa insistenza e ammantate
da un talquale alone di credibilità. Gina seguiva ogni cosa, aveva
sempre più notizie ed elementi di valutazione di chiunque altro.
Temeva e pregava... pregava e offriva. Ritengo che su ognuno di questi
temi, come d'altra parte su ogni questione la interessasse, la parte
nota solo a Lei, fosse sempre la maggiore e la più importante.
Lei aveva misteriose, ma sicure, fonti di informazione; lei era
chiamata ad una partecipazione esclusiva e sostanziale.
Ancora un punto certo, evidente e misterioso.
Molte volte dopo aver goduto delle gioie ineffabili del contatto con la
Mamma Maria cadeva in una sofferenza paurosa e rimaneva inchiodata (è
il termine esatto) sul letto, in un silenzio raccolto che certo
nascondeva una passione interiore ancora più terribile di quella
esterna.
Lì, pregava per tutti noi, lì, si consumava nell'amore per il suo Dio.
E fu in questa consumazione che passò dai bagliori di cielo che
nutrirono la sua giornata, alla luce piena che non conosce vespero.
«Tanti veggenti annunziano castighi, prevedono disastri e dolori, a me
la Mamma Maria promette sempre e soltanto misericordia» ...forse perché
raccoglievi tragedie e dolori per te e portavi a tutti speranza e
amore.»
(Discorso tenuto dall'On. Oscar Luigi Scalfaro nel 1981, per
il III ° Anniversario della morte di Luigina Sinapi).
IL SUO VOLTO INTERIORE
«Santi non si nasce!
Ci si diventa. E Luigina Sinapi non fa eccezione alla norma.
Ella ha i suoi buoni numeri per essere qualcuna e farsi strada: di
famiglia benestante, la prima dei fratelli, bella di aspetto e
signorile nel tratto, di intelligenza vivace e acuta, sensibile alle
meraviglie della natura e del progresso umano, portata alle gioie più
pure e più semplici della vita, di temperamento fiero e accentratore.
Molto presto, intorno ai dieci anni una voce dal di dentro, suadente e
imperiosa ad un tempo, le proponeva una scelta totale e definitiva.
La risposta di Luigina non è immediata: deve passare un certo tempo
prima che le ripetute chiamate del Signore la trovino arrendevole e
disponibile ad una risposta. E questa disponibilità si andrà
approfondendo e diverrà sempre più totale in tutto l'arco della sua
vita, attraverso le ripetute e numerose prove: proprio come Gesù, il
divino Maestro, che imparò l'obbedienza dalle cose che patì (Eb 5,8).
Ma non per mancanza di carattere e di generosità: al contrario, aveva
un cuore grande e sapeva bene ciò che voleva. La sua vocazione: vivere
tra la gente. Doveva tuttavia apprendere a viverla non seguendo i
propri progetti, ma «il progetto» che Dio sceglie e propone a ciascuna
persona, e accettando di fondere sempre più completamente la propria
volontà con la «sua» volontà.
Venne la Luce a darle l'intelligenza del Vangelo, a orientarla alla
esperienza delle beatitudini, a farle sentire la sete delle anime e
della loro salvezza. Si andava così delineando sempre con maggior
chiarezza la sua chiamata alla maternità spirituale, non tra le mura
del convento, ma tra la gente, nella quotidianità della vita, «come un
granellino di senape in un solco di Roma».
E affinché questa chiamata potesse essere vissuta con pienezza, venne
la prova dura e sofferta: la perdita prematura della mamma; la rapida
decadenza della sua condizione di benestante; la sospensione degli
studi liceali per provvedere, con prestazioni di servizio alla guida
dei fratellini; la sua vocazione di suora tra le Figlie di San Paolo
troncata sull'avvio per una salute cagionevole che l'accompagnerà per
tutta l'esistenza; il ritorno ad una vita in mezzo alla gente fatta di
lavoro, di silenzio, di solitudine, di preghiera, di sofferenza e di
tanta carità.
Il Signore è stato grande con lei. Con la fedeltà del suo amore,
rivelava i segni del suo incontro col divino Maestro nella mitezza e
umiltà di cuore, nella capacità di partecipare alle sofferenze altrui,
nella sete di anime alimentata di preghiera e di offerta, nel dono di
un sorriso dimenticato di sé, sempre accogliente e premuroso di tante
piccole attenzioni.
Solamente con la bontà e l'offerta delle pene si apre loro la via della
riconciliazione e della pace. Nel ricordo di una confidente ci è dato
intravedere qualcosa dell'apprendimento e della pratica dell'arte
salvifica di saper «soffrire e offrire».
Esortando, negli ultimi tempi, un'anima consacrata alla generosità e
alla fiducia nel Signore, in ogni istante della vita, ma
particolarmente nei momenti di maggiore prova e tribolazione, Luigina
alza un po' di velo sul lungo cammino da lei percorso alla dura scuola
del dolore e dell'amore e fa intravedere qualcosa della bellezza e
della ricchezza spirituale da lei raggiunta.
«Perché tanto abbattimento, tanta paura, tante tergiversazioni, invece
di distenderti sulla nuda croce e lasciarti inchiodare con la più
totale spogliazione? Può darsi un «sì» così stentato da un'anima che
non può più appartenersi in nulla?»
L'anima che si è data interamente al Signore non ha di che temere. «Le
debolezze di fiducia, il timore di previsioni oscure di fronte ad un
amore infinito che chiede, questo disgusta il Signore! Non sono le
cadute a causa di un carattere impulsivo e di una estrema sensibilità
che lo fanno soffrire. Queste, battute nella fornace ardente del suo
amore, non lasciano traccia».
Il Signore, a chi ama di amore di predilezione, domanda altrettanto
amore. E la risposta non può essere diversa: «Non lasciar passare un
attimo che non sia di adorazione, di glorificazione e di offerta di
amore oblativo. Qualunque cosa ti venga richiesta, tu tieniti sempre
pronta. È dolore e sangue, ma sono tesori inestimabili: non puoi, non
devi rifiutarli perché tesori inestimabili: non puoi, non devi
rifiutarli perché le anime aspettano e si pagano col sangue, con
1'annichilimento, ma l'amore supera tutto. Nel dire i tuoi «Si»
affidati alla Mamma Maria.»
L'amore può essere contrastato da giudizio poco o per nulla benevoli,
da un incalzare continuo di incomprensioni e di infermità, da
valutazioni di inutilità, di peso, e di incapacità a tutto.
E allora? Tu? Tu tieni ben stretta la Mamma Maria. Il posto più intimo
forse sarà il tuo, non spaventarti; penserà il Signore a darti la sua
grazia e a farti rassicurare che lui lo vuole. Tu sii sempre ben
radicata, aperta totalmente al fuoco dell'amore redentore».
E in cinque parole: «tu ama, adora, glorifica, offri e taci», che
costituiscono cinque punti fermi del tratto della sapienza della Croce
riassume la sua esperienza che testimonia, ancora una volta, come
qualunque carisma e ogni vocazione raggiunge la sua pienezza solo se
vissuti nella prospettiva della Morte e della Resurrezione di Cristo,
in intima comunione di vita con Maria, Madre di Gesù della Chiesa.
In tempi di rapidi e profondi mutamenti come quelli che attraversiamo,
in cui si va delineando in forte risveglio di vita e di interessi dagli
orizzonti più vasti, è più che mai provvidenziale il contributo di
coloro che, in un contesto di silenzio amoroso ed operoso, offrono un
«supplemento d'anima» alla costruzione della civiltà, della speranza e
dell'amore.
Attilio Malacchini
COME UN GRANELLO DI SENAPE/center>
Gina Sinapi portava il suo cognome con grande convinzione. Era il nome
del seme apparso sulle labbra divine di Gesù, il «granellino di senape
che è il piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto è il grande di
tutti i legumi e diventa albero, tanto che vengono gli uccelli del
cielo e si annidano sui suoi rami».
Firmandosi Gina Sinapi, sentiva vibrare in quell'accolta di lettere non
solo il suo nome di Battesimo e il suo cognome familiare, ma anche il
nome del granellino, del piccolissimo sempre che riceve l'attenzione di
Gesù.
In un suo scritto del 1953 - successivo di poco alle Lacrimazioni della
Vergine a Siracusa - rivolta alla Mamma che piange Gina dice di volere
«preparare un fazzoletto con la rassegnazione piena alle sue
sofferenze». E così si rivolge a Lei: «A me piccolo significante
granellino, al quale hai dato la gioia di poter ascoltare la Tua
Materna Voce, amabile anche nel grido accorato di «penitenza figlioli e
preghiera», dai la forza di riparare per tutti i sordi della Tua Voce».
Scrivendo ad un sacerdote, si firma senza esitazione «il piccolo
Granellino di Senape», o anche, con le sole iniziali, «il piccolo G di
S».
Cosa sapeva Gina della sostanza del suo nome?
Era stato Papa Pacelli che le aveva per primo ispirato il pieno senso
del suo cognome. E di sicuro accennava a questo «Granellino di Senape»
il Pastor Angelicus nel suo citato radiomessaggio quando diceva: «...In
un impeto di generosità Gli chiese (a Gesù) di toglierle ogni bellezza
e persino la salute. Dio l'esaudi, accettando l'offerta di quella vita
per la salvezza delle anime. Noi sappiamo che vive ancora, anche se
arde e si consuma come lampada viva davanti al trono della giustizia e
dell'amore di Dio».
Gesù poi illumina la sua vocazione e opera una forma di consacrazione
attraverso quel cognome di Sinapi: «Sii il piccolo granello di senape
in un solco di Roma», le dice, e sembra che applichi a lei il senso
della parabola evangelica. Un rinnovato richiamo di Gesù appare in uno
scritto di quel medesimo Anno Mariano nel quale ella ricevette un
profluvio di grazie: «Ricordati, Gina, che il seme sepolto non muore,
la pianta non nasce! Perciò muori ogni giorno a te stessa, vedrai come
spunterà la messe, e nasceranno gli operai e tante anime torneranno a
novella vita».
Ed ecco la risposta di Gina, trascinante come un inno, forte come un
programma: «Com'è bello essere un chiccolino sepolto nel solco della
vita terrena. Essere schiacciato dalle incomprensioni, dicerie,
calunnie, irrorato continuamente dalla Grazia Divina, attraverso le
mani SS. di Maria! Con questo santo stillicidio pregare, soffrire e
offrire»
Fra i nomi-cose usati dal Maestro della Sua strategia divina per farci
comprendere «cose celesti», il seme è, tra le realtà che ci circondano,
una di quelle su cui Egli più ci invita a riflettere: in tale
piccolissima particella di materia, trascurabile al primo sguardo, è
nascosta la scintilla della vita e del suo dinamismo, della sua
fecondità.
L'essere sempre importa una rivelazione progressiva scandita lungo
l'arco delle stagioni. Rivelazioni di un massimo di potenza espressa da
un minimo di Seme era Gina, il più piccolo di tutti i semi! Per lunghi
anni umiliata, misconosciuta, perseguitata. Destinata a farsi albero.
Del quale è detto: «gli uccelli dell'aria nidificano sui suoi rami».
Seme umile, che non riesce in alcun modo ad attirare l'attenzione. Anzi
destinato
a scomparire. Come Gina scomparve: consumata, stritolata dalla macina
delle circostanze sotto cui la provvidenza, volta a volta, la poneva.
Ma proprio per questo, chiamata a rappresentare l'audacia, la
generosità senza posa, l'originalità, il miracolo nascosto dell'opera
di Gesù sulla terra.
Viveva, Gina, nascosta, immersa nell'oceano dell'amore.
E noi abbiamo visto in lei l'amore di Dio!
Abbiamo conosciuto la delicatezza dell'amore, fatto di uno sguardo,
della semplicità di un gesto, delle sfumature di una provvidente
carità, sia nelle grandi che nelle piccolissime cose.
Perché c'era in lei qualcosa che attirava tutti: il candore purissimo
dei suoi colloqui con la Mamma, quel supplemento di fede che aggiungeva
alla nostra perché le montagne si spostassero e gli alberi si
trapiantassero nel mare.
Gina ci rappresentò fino al dettaglio, nella sua vita quotidiana, il
mirabile dono della continuità tra l'azione più significante e il
sentimento più elevato. Un fuoco di eternità acceso in ogni gesto, in
ciascun momento di una qualunque giornata: la naturalità e la libertà
stupenda della vita spirituale.
Non aveva paura, Gina, della sua piccolezza.
Sapeva bene che piccolezza e grandezza sono la stessa cosa nella mani
del Padre. Oggetto, l'una e l'altra, di divine moltiplicazioni, come
l'arena del mare o le stelle del Cielo.
Piccoli semi anche le gocce, quelle gocce di preghiera e di sofferenza
che ella versava nel Cuore della «Mamma», e che, come fu rivelato,
dirompono, «esplodono come un'atomica d'amore nel Cuore di Dio».
Come desiderava Gina, essere seme, essere goccia, essere piccolo
insignificante granellino per poter più facilmente scomparire! Rimanere
«nascosta sotto il manto della Mamma», con lei donare soffrendo e
agonizzando cantare l'inno del vero amore, secondo le Parole di Gesù.
«Com'è bello o Mamma Celeste essere lo sgabello dei Tuoi piedi
immacolati. Tu, rivelarti alle anime tutte, ed io «granello»
scomparire. Gesù, Maria, venga il vostro Regno d'Amore. Così leggiamo
in uno scritto del 1954.
E in un'altra pagina rivolta alla sua Signora: «A me piccola schiava
del Tuo Amore
cui hai regalato nella Tua Materna Bontà l'agilità di poter svellere i
cuori sepolti nel fango, incendiarli e riparare...».
Delizia era per Gina eseguire giorno per giorno, momento per momento i
desideri della Mamma, offrirsi all'uso come «piccolo straccetto»
abbandonarsi nelle mani di Gesù.
Ma il perdersi, il nascondersi, il sentirsi piccola schiavetta,
l'offrirsi in un solco di Roma per marciare, faceva sì che questa
creatura non tanto diminuisse, ma piuttosto crescesse e si «ritrovasse»
nella sua splendente realtà.
Tale puro diletto spirituale, di sentirsi schiavetta, straccetto,
piccolo granello, insignificante sgabellino, definisce quel suo
trasporto semplice e appassionato verso la Madre del Figlio.
Mostrandoci apertamente quel vertice, quel punto di equilibrio sublime
dove follia di donazioni e apparente abbiezione si toccano, rivelandoci
l'essenza più intima dell'amore di Dio.
Giuseppe Azzaro