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54 – GRAVI PATIMENTI E FAVORI DIVINI
Riprendo
il racconto della suddetta battaglia, sostenuta con la potestà delle
tenebre, altri gravissimi patimenti sofferti, altre misericordie e
favori ricevuti dall’infinita bontà del mio Dio, e come mi fece
trionfare sopra i miei spietati nemici, e come il Signore mi diede
grazia di trionfare vittoriosamente e dare a questi infernali spiriti
la fuga, e come vergognosamente restarono da me vinti e fugati mediante
l’aiuto della potenza, della sapienza e dell’infinita bontà di Dio, che
regolava tutti i miei pensieri, parole ed operazioni, senza quasi io
conoscessi quello che facevo, mentre di tratto in tratto mi ispirava
chiaramente quello che dovevo fare. Ed io puntualmente seguivo
l’interna illustrazione del Signore, che sempre ed in ogni momento
chiamavo in mio aiuto, per vedermi così circondata ed infestata da quei
maligni spiriti, che erano nel numero di mille e più.
Questi si
erano divisi in più legioni ed avevano preso possesso di tutta la mia
casa, cantina, tetti, in una parola si erano impadroniti di ogni angolo
di questa mia casa. Mi pareva al certo molto difficile poterli tutti
fugare; ma l’infinita misericordia di Dio mi diede grazia e forza in
poche ore di poterli, nel nome santissimo di Dio, tutti fugare dalla
mia casa, e rimandarli nel cupo abisso dell’inferno, da dove erano
sortiti per permissione di Dio, per così farmi trionfare sopra la
potestà delle tenebre. Questi maligni spiriti dovettero tutti
vergognosamente partire, e, a loro malgrado, confessare e assoggettare
la loro superbia all’alta potestà di Dio, col restar vinti da una
vilissima creatura peccatrice, come sono io, mediante il divino aiuto
della grazia del medesimo Dio, a cui piacque di farmi trionfare sopra i
miei nemici.
Oh infinita bontà, oh infinita misericordia, quanto
ti devo ringraziare, non c’è giorno che non ricordi questo segnalato
favore, questa grande misericordia che mi ha usato il mio Dio, di
fugare questi mille e più demoni, che avevano preso possesso della mia
casa. Questo numero si raccoglie da un fatto seguitomi nel tempo che
seguì la loro fuga, come a suo luogo dirò.
54.1. Un demonio prese la forma del mio confessore
Proseguo
a raccontare i patimenti, i travagli, e le forti angustie ed il crudele
gioco che questi barbari si prendevano di me, con tanta crudeltà e
baldanza e a tutto loro costo mi volevano dare la morte, con tante pene
e dolori che mi facevano soffrire, dopo avermi con tanto spasimo e
dolore crocifissa, come già dissi nei passati fogli.
In questa
dolorosissima situazione mi trattenevo, in mezzo a mille scherni, beffe
ed insulti. Credevo, per l’acerbità dei forti dolori, ogni momento di
rendere l’anima a Dio. Non mancò a questi maligni spiriti di trovare la
maniera più crudele, la malizia più fina per tormentarmi l’anima e il
corpo. Uno di questi maligni spiriti prese la forma del mio confessore,
il suo abito religioso, il suo personale, la sua parlata e pronunzia
spagnola, del tutto era a lui simile. Comparve dunque nella mia camera
tutto rabbuffato ed adirato contro di me, chiamandomi impostora,
superba, meritevole di ogni castigo e di ogni infame morte per non aver
dato ascolto ai suoi consigli, perché molte altre volte mi era apparso
questo finto confessore e mi aveva dato pessimi consigli, da me sempre
disprezzati per mezzo della grazia di Dio.
Qual pena recasse al
povero mio spirito questo disprezzo non è immaginabile: «Come», dicevo,
«il mio confessore, sa perché patisco, pure lui mi consigliò, mi
obbligò di offrirmi qual vittima di espiazione per i presenti bisogni
di santa Chiesa, e per il bene di tutto il Cattolicesimo. Come, adesso
si è dimenticato di tutto quello che nello scorso mese io gli dissi,
che l’eterno divino Padre, per mezzo di Gesù Cristo, aveva per sua
bontà accettato il mio povero sacrificio, e che degnato si sarebbe di
dar luogo alla sua misericordia, col sospendere l’imminente flagello,
ma che io avevo molto da patire e dovevo sostenere una crudele
battaglia con la potestà delle tenebre, e che tutto l’inferno avrebbe
congiurato contro di me? Adesso che si avvera la promessa che il
Signore mi ha fatto e sono sul punto di ottenere la divina
misericordia, invece di aiutarmi e soccorrermi, non solo mi abbandona
in questo grave patimento e grande pericolo, ma di più mi disprezza, mi
schernisce, mi insulta, mi consiglia ad arrendermi alle voglie dei miei
nemici. Io lo credevo un santo, e adesso mi pare un uomo tanto cattivo
e malizioso. Questo veramente non l’avrei mai creduto. Qual pena mi
desse questa frode, questo malizioso inganno di Satanasso non è
possibile i1 poterlo spiegare; pena grande, credendo che in realtà
questo ministro di Dio avesse pervertito e fosse diventato un apostata;
pena grande, per vedermi priva di ogni umano soccorso, mentre da altri
non potevo sperarlo, ma solo dal mio proprio confessore, il quale
sapeva tutto il fatto, e per avermi diretta per lo spazio di anni
quattordici, conosceva appieno il povero mio spirito.
Questo
apparente inganno dava tanta afflizione al mio spirito, tanto era
grande la pena e l’angustia che non la potevo arrivare a superare. Ogni
giorno mi si rendeva più sensibile. Questo malizioso inganno seguì fino
dai primi giorni della mia tribolazione, e sempre più si accrebbe
l’inganno, fino all’ultimo giorno che, con la grazia di Dio vinsi la
forte battaglia e restai vittoriosa dei miei spietati nemici.
Il
finto confessore era il più crudele mio giudice e carnefice insieme,
mentre ogni giorno viepiù incrudeliva contro di me, ordinando a bella
posta a quei maligni spiriti che se non volevo arrendermi alle loro
voglie, mi avessero strapazzato con crudeli tormenti. E quando stavo
così derelitta ed agonizzante sopra la croce, di sua propria mano mi
scagliò cinque grosse pietre, a guisa di selci infuocati, nei fianchi,
dove mi fecero cinque dolorosissime piaghe, che credevo proprio di
morire per il grande spasimo. Credeva il finto confessore che con
questo altro barbaro patimento io mi arrendessi, ma troppo grande era
l’assistenza del mio buonissimo Dio, che a tutti i momenti sperimentavo
i tratti benefici della sua divina grazia.
Vedendo dunque che io
non mi arrendevo, ma ero sempre più forte e stabile nell’essere fedele
al mio Dio, disprezzando ogni sorta di patimento, e con eroica
fortezza, somministratami dalla grazia di Dio, ero sempre più forte,
con somma rabbia, pieno di sdegno se ne partì furiosamente dalla mia
camera.
54.2. Mai tentata contro la purezza
Digressione.
In mezzo a tanti patimenti, oltraggi ed insulti, non fu mai a costoro
permesso che mi offendessero contro la santa purità. Neppure permesso
gli fu di tentarmi contro questa santa virtù che io, da miserabile come
sono, tanto amo e stimo, per essere virtù tanto cara al mio Dio, per
amore della quale sono sempre pronta a dare il sangue e la vita,
piuttosto che adombrare questa santa virtù, per l’acquisto della quale
tanto, e poi tanto mi raccomando al Signore che mi levi la vita prima
che avessi da macchiare questa santa virtù.
Questa grazia la
chiedo di tutto cuore per gli infiniti meriti di Gesù Cristo. Spero che
non sia per negarmi questa grazia, benché, mi riconosco indegna di
ottenerla; ma tanto spero nella sua infinita bontà, e quando il mio Dio
mi dà a conoscere che per amor suo devo patire: «Sì», dico, «mio Dio,
eccomi pronta a patire ogni sorta di patimento, ma vi chiedo in grazia
di non permettere che resti offesa in me la virtù della santa purità».
E
difatti in mezzo a tanti strazi, flagelli e supplizi, mai fu snudato il
mio corpo, ma sempre mi rilasciarono una piccola tonachella di lana
bianca, che io soglio portare in luogo della camicia di tela.
Non
avrei al certo potuto sostenere una sì forte e sì crudele battaglia, se
il mio Dio prima e dopo il forte attacco non mi avesse, con la sua
reale presenza, prima fortificata e resa, per mezzo della sua divina
grazia, invincibile e terribile a tutto l’inferno stesso; mentre tutta
la loro malizia non fu bastante a vincere l’eroica costanza che mi fu
somministrata dalla grazia del Signore.
La mia fortezza
confondeva altamente la loro superbia ed il mio spirito ogni giorno più
in mezzo a tanti patimenti si rendeva instancabile la mia pazienza, e
prendevo viepiù lena di patire con somma allegrezza e maggior costanza,
sollecitando quei maligni spiriti a far prova della mia fedeltà.
54.3. I favori di Dio
Quali
e quanti fossero i favori divini non è al certo possibile manifestarli.
Frequentemente ero visitata da Maria Santissima che mi si dava a vedere
corteggiata da stuolo di sante vergini. L’amabile presenza di questa
divina Madre, il suo nobile corteggio, riempiva il mio cuore di
dolcezza di Paradiso, le sue amabilissime parole, chiamandomi col dolce
nome di figlia sua prediletta, la sua carità, con l’approssimarsi al
mio letto e di propria mano risanare con il suo divino contatto tutte
le mie piaghe e restituire all’istante la perduta salute. Risanare il
mio corpo infranto per le fiere percosse. Consolare il mio afflitto
spirito con celesti consolazioni di Paradiso. Arrivare perfino ad
encomiare la mia virtù, alla presenza di quelle sante vergini.
Qual
tenerezza e qual profonda umiltà recò il suo elogio al povero mio
spirito. Quante lacrime di amore, di annientamento insieme, versai dai
miei occhi. Nuova offerta facevo di tutta me stessa per la gloria di
Dio. Quale fuoco di santa carità incendiava il mio cuore, non posso al
certo esprimerlo. Questi divini favori erano tanto esuberanti e tanto
grati al mio cuore, che mi facevano affatto scordare tutto quello avevo
sofferto e patito, anzi mi davano un grande desiderio, una grande
ansietà di più patire.
Altri favori celesti ricevuti. Più volte
godei della divina presenza dell’umanità santissima di Gesù Cristo, che
a bella posta mi compariva tutto cinto d’immensa gloria, corteggiato da
grande numero di Angeli e Santi, segnatamente dai santi Apostoli. Oh
come in tutti questi gloriosi santi si distingueva l’alta gloria dei
santi apostoli Pietro e Paolo, godendo la preminenza sopra agli altri
santi, stando al fianco del loro divino Maestro, Signor nostro Gesù
Cristo, godendo così più da vicino il glorioso suo splendore e la
divina sua gloria.
Oh come questo immenso stuolo di Angeli e
Santi lodavano, benedicevano, amavano, ringraziavano l’altissimo Dio
degli eserciti, assoluto padrone del cielo e della terra!
54.4. Alla presenza dell’augustissima Trinità
L’umanità
santissima di Gesù Cristo era unita alla sua divinità, sicché la povera
anima mia si trovò alla presenza dell’augustissima Trinità, godendo di
questo altissimo ed incomprensibilissimo mistero, fui subito tutta
assorta in Dio. Restarono estatiche le potenze dell’anima mia, un
torrente di gaudio di paradiso inondò il mio spirito. Qual profonda
riverenza ed ossequioso rispetto sentivo in tutta me stessa, quale
stupore, qual meraviglia, io non ho termini sufficienti di poterlo
spiegare, quale magnificenza, quale altezza porta con sé questo
altissimo e profondissimo mistero. Dico altissimo e profondissimo,
perché la sua triplicità immensa contiene tutto l’infinito suo essere e
tutte le sue divine perfezioni sono racchiuse in questo altissimo
mistero.
In questa estasi prodigiosa e meravigliosa insieme,
dico prodigiosa e meravigliosa estasi, perché avanti alla tremenda
maestà di Dio, mi pareva di essere un piccolissimo insetto della terra.
La sua infinita grandezza, con l’estremità della mia somma bassezza
tanto altamente mi confondeva e mi annientava. Questo contrapposto così
dissonante mi faceva conoscere l’alta bontà di Dio nell’avermi tanto
innalzata sopra me stessa.
Oh qual profondo di umiltà sentivo
nell’anima mia, quale annientamento di me stessa sentivo alla sua
divina presenza. Il suo benigno sguardo era sopra questo misero
insetto, comunicandomi e manifestandomi i suoi divini sentimenti e le
sue divine determinazioni. Mi diede a conoscere grandi cose riguardanti
la Chiesa militante; tutto questo non fu con parole sensibili, ma per
cognizione intellettuale ed intima penetrazione: Dio mi manifestava la
sua divina volontà per via di intelligenza. Così mi diceva senza
parlarmi, ma in assai più chiaro modo che se mi avesse parlato
sensibilmente.
54.5. «Riformerò il mio popolo e la mia Chiesa»
Ecco
le sue divine espressioni: «Mia diletta figlia, hai vinto! il tuo
sacrificio costante e forte ha fatto violenza alla mia irritata
giustizia. Per l’amore che ti porto, altra determinazione prendo, e in
luogo di castigare severamente tutto il mondo, come avevo determinato,
sospendo per ora il severo castigo e do luogo alla mia misericordia.
Mia diletta figlia, voglio compiacerti con l’appagare i tuoi santi
desideri, voglio pagarti quello che patisti per amor mio. Rallegrati, o
figlia, oggetto delle mie compiacenze. Non più disperso sarà il
Cristianesimo, né Roma priva sarà di possedere il tesoro della cattedra
dell’infallibile verità di Chiesa santa. Io riformerò il mio popolo e
la mia Chiesa. Manderò zelanti sacerdoti a predicare la mia fede,
formerò un nuovo apostolato, manderò il mio divino Spirito a rinnovare
la terra. Riformerò gli Ordini religiosi per mezzo di nuovi riformatori
santi e dotti, e tutti possederanno lo spirito del mio diletto figlio
Ignazio di Loyola. Darò un nuovo pastore alla mia Chiesa, dotto e
santo, ripieno del mio spirito, con il suo santo zelo riformerà il
gregge di Gesù Cristo».
Mi diede a conoscere molte altre cose
concernenti questa riforma, vari sovrani che sosterranno la santa
Chiesa cattolica e saranno veri cattolici. Depositando i loro scettri e
corone ai piedi del Santo Padre, vicario di Gesù Cristo, vari regni
lasceranno i loro errori e torneranno nel seno della cattolica fede.
Intere popolazioni si convertiranno e riconosceranno per vera religione
la fede di Gesù Cristo. Cose tutte che in quei momenti potevo tutte con
chiarezza accennare, ma, siccome Dio non vuole che siano manifeste le
sue divine determinazioni, fece sì che io in quel tempo non
riconoscessi il mio proprio confessore e direttore, come in appresso
dirò ed ho già detto nei passati fogli.
In quei momenti molte
cose potevo dire nella maniera che seguirà la suddetta riforma. Mentre
Dio, se mi è lecito il dirlo, per sua infinita bontà, si degnò
ammettere a consiglio la povera anima mia col manifestarle le sue
divine determinazioni riguardanti questa grande opera. Non so se il mio
modo di parlare sia troppo ardito, ma non mi diparto dalla verità
dell’accaduto fatto, e lo scrivo, a maggior gloria di Dio e a maggior
mia confusione, con tutta l’ingenuità del povero mio cuore, come ho
usato nei poveri miei scritti, che non ho mai declinato dalla pura
verità. Ciò nonostante mi faccio un dovere di tutto assoggettare al
savio parere di vostra paternità reverendissima, attendendone con utile
e rispettosa soggezione la savia sua approvazione o disapprovazione,
assoggettando il mio intelletto al rettissimo suo consiglio.
Conoscevo
dunque le divine determinazioni di Dio, i suoi rettissimi giudizi,
tutto vedevo, tutto conoscevo chiarissimamente e il tutto approvavo per
giusto, santo e retto: ecco come trionfano i tre divini attributi di un
Dio trino ed uno, che in tutto si glorifica in se stesso. Questa
cognizione, questa penetrazione di Dio fece sì che la povera anima mia
altamente si compiacesse dell’infinita immensità di Dio, e così si
perdeva affatto nella sua divina immensità, e l’anima mia perdeva la
qualità del suo proprio essere e si trasformava tutta in Dio; come si
perderebbe e trasformerebbe una piccola goccia di vino in mezzo al
vasto mare, questa goccia più non si troverebbe. In modo più speciale e
senza paragone assai più sublime, si trasformò la povera anima mia in
Dio; senza paragone, assai più unita e medesimata, senza però poterlo
spiegare né comprenderlo per la sua sublimità e grandezza.
Dio,
per giusti suoi giudizi, non vuole che si manifestino le sue divine
determinazioni, e bene mi avvedo che sia così, perché, di tutto quello
che mi manifestò con tanta chiarezza di questa riforma che sta per
fare, io ne sapevo tutte le minime circostanze che, quando guardavo il
letto, ne parlavo con tanta chiarezza con la mia figliola minore, e
adesso che scrivo né io né la suddetta lo ricordiamo, perché Dio le ha
cancellate dalla nostra mente, l’anima mia le tiene queste
determinazioni di Dio, come in sé racchiuse, senza poterle manifestare,
quello che posso dire, però, è che questa grande opera non si farà
senza un grande sconvolgimento di tutto il mondo, di tutte le
popolazioni, ancora di tutto il clero secolare e regolare, di tutte le
corporazioni religiose dell’uno e dell’altro sesso, dovendo tutte
essere riformate, secondo lo Spirito del Signore ed i dettami delle
primitive regole dei loro santi fondatori ed istitutori.
Non
dubito punto però che a suo tempo e luogo, quante volte a Dio piaccia,
possa il mio spirito manifestare tutto ciò che Dio si degnò
manifestarmi intorno a questa riforma, e allora, con umile e rispettosa
soggezione, comunicherò a vostra paternità reverendissima i sentimenti
dello Spirito del Signore.
In quel tempo che ero così
illuminata, parlando con la suddetta mia figlia minore, le dicevo:
«Adesso vi dico tante belle cose, perché il Signore mi tiene aperto,
davanti agli occhi della mente, il libro della divina sapienza, sicché,
io leggo quello che parlo; ma quando si chiuderà questo libro, io non
potrò dirvi più niente di tante belle cose che ora vi dico».
E
difatti fu così, chiuso il libro, le dicevo: «Figlia, voi siete
desiderosa di sentire le divine scienze, riguardanti i sovrani misteri
della nostra santa fede e dell’infinito amore che Dio porta a noi
poveri peccatori, vorreste proseguire ad udire le belle cose che vi
dicevo negli scorsi giorni. Il libro è chiuso, io non posso più
leggere, e niente più di quello che ho detto posso dirvi. Quando il
Signore tornerà, per sua bontà, ad aprirmi il libro della divina
sapienza, allora, se Dio lo vorrà, tornerò a parlare e dirò tutto
quello che lui vuole. Figliola mia», le soggiunsi piangendo, «pregate
Dio per me, perché io non tradisca il suo santo amore con qualche grave
colpa, ditegli che mi levi la vita se non l’ho da amare con tutta
l’ampiezza del mio povero cuore». Così finì il mio discorso in quella
giornata con la suddetta figlia. Si concentrò il mio spirito in Dio,
godendo nell’ intimo dell’anima la divina scienza, che si degnava Dio
trascendere nell’intimo del mio cuore, inebriandolo del suo divino
amore.