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1939


Secondo intervento della Santa Sede

Il 5 gennaio 1939 venne a visitarmi il parroco in compa­gnia del canonico Vilar, il quale rimase da solo per parlarmi. Si conversò di varie cose per due ore; quindi entrò nel­l'argomento che lo aveva portato da me, introducendosi così: - Le parrà strana la mia visita perché non mi conosce. - Gli risposi sorridendo: - So con certezza perché è venuta. - Al che aggiunse: - Dica, dica, Alexandrina. - Mi spiegai: - E' mandata dalla Santa Sede. - Era ciò che sentivo nella mia anima in quel momento. - Proprio così. - E mi presentò alcuni documenti di Roma. Mi fece allora alcune domande cui risposi prontamente. Non gli parlai della Passione e me ne parlò lui così: - Mi pare che vi sia anche qualcosa che avviene da alcuni mesi. - Manifestò il desiderio di esservi presente. E infatti vi assistette subito il venerdì seguente. Parlai di questo al mio direttore, il quale mi consigliò di aprirmi con tutta franchezza. Il canonico venne altre quattro volte, ma, per ufficio, sol­tanto due. Se non mi inganno, subito la prima volta mi disse: - Mi sarebbe piaciuto conoscerla prima e non rivestito di autorità come sono venuto. - Mi confidò il segreto della sua partenza per Roma, di cui era a conoscenza soltanto l'arcivescovo.

Poiché mi sentivo molto a mio agio nel conversare con lui ed avendo il permesso del mio direttore, parlammo assai di Gesù: mi sentivo avvolta da un'atmosfera di santità e di sag­gezza come poche volte avviene parlando con altri sacerdoti. Gli ho confessato che, per temperamento, non ero solita fare così con gli altri, ma che lui mi aveva ispirato fiducia. Mi rispose: - Fa bene a non parlare, perché non la com­prenderebbero. -

Quando si congedò da me per andare a Roma piansi. Mi promise di scrivermi e mi chiese di essere la sua intercessora [presso Gesù]. Ricevetti infatti varie lettere, cui risposi: ci aiutammo a vicenda con la preghiera. Commenti del popolino Gesù stava chiedendomi nuovi sacrifici. Per causa degli esa­mi medici e dell'intervento della Santa Sede il mio caso divenne più conosciuto: per me, che volevo vivere nascosta, fu un mar­tirio. Nonostante che la mia famiglia non mi riportasse le notizie che circolavano, seppi i commenti che si facevano sulla mia vita. Poveri ignoranti, quante fandonie diffondevano!

Alcuni affermavano che il mio viaggio a Oporto aveva avuto lo scopo di ottenere una pensione mensile da parte del governo di Salazar; parlavano persino di cifre assurde e discordanti; nessun tentativo valeva a smontare tali fandonie.

Altri invece dicevano che ero andata per controllare il mio grado di santità su una macchina speciale; Deolinda ribatteva: - Se fosse possibile andrei anch'io per controllare a che pun­to sono. - Io provavo dispiacere nel costatare l'ignoranza circa le cose del Signore. Altri ancora propagavano che i sacerdoti i quali mi face­vano visita raccoglievano danaro nelle parrocchie e me lo por­tavano: così in casa mia non mancava nulla. Altri infine dicevano che facevo « l'indovina »: infatti vi furono persone che vennero da me per sapere cose del futuro; le ricevevo con molta serenità fingendo di non capire e, quando insistevano, rispondevo: - Io non indovino, nessuno può in­dovinare; solo il Signore ha diritto e capacità di sapere. -