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1935
Assetata di maggior sofferenza - Giuramento di amore
Volevo fare tutto per amore verso di Loro (Gesù e Maria) e, per provare
che Li amavo, alcune volte facevo delle palline di cera che legavo a
una punta di un fazzolettino e con esse battevo sul mio corpo
scegliendo i posti che mi facevano soffrire di più, come le ginocchia,
le ossa, lasciando il mio corpo bluastro per i colpi. Altre volte
legavo la treccia dei capelli alle sbarre della testata del letto e
tiravo in avanti il capo con tutta la forza per potere così soffrire di
più. In un pomeriggio di domenica provai tante ansie di amore per Gesù
da non poterle contenere. Sospiravo di trovarmi sola. Finalmente tutti
i miei decisero, anche se titubanti, di andare in chiesa. Appena
usciti, potei mostrare a Gesù quanto l'amavo. Presa la spilla con cui
tenevo appese le mie medaglie, la conficcai nel mio petto; non vedendo
sangue, la affondai di più nelle carni, ne contorsi le fibre finché ne
sprizzò il sangue. Vi intinsi la penna e scrissi sul retro di una
immagine:
- Col mio sangue Ti giuro di amarti molto, mio Gesù.. Sia tale il mio
amore che io muoia abbracciata alla croce! Ti amo e muoio per Te, mio
caro Gesù. Voglio abitare nei tuoi tabernacoli. - (Balasar, 14-10-1934).
Subito dopo sentii tanta ripugnanza ed afflizione da voler strappare
quella immagine. Non so cosa me lo impedì. Questa prova di amore non mi
diede nessuna consolazione.
Quando rientrò mia sorella ero immersa in una grande inquietudine. Non
le dissi ciò che avevo fatto, ma le mostrai l'immagine. Ella esclamò: -
Birichina che sei! Che ne dirà p. Pinho? - Mi difesi dicendo: - Non gli
dirò nulla! - Invece gli narrai tutto ed egli: - Chi ti ha dato questo
permesso? - Risposi di ignorare che fosse necessario il permesso. Egli
mi proibì allora di fare cose del genere. « ... - Non tardate a far
conoscere quanto Io ho detto circa l'Eucarestia: non vi è altra
medicina. È da Essa che nascono i parafulmini per allontanare la
giustizia divina... - » (lettera a p. Pinho, 4-7-1935).
Fioretti di maggio
Nel mese di maggio 1935, desiderosa di consolare Mammina e di soffrire
per Lei, pensai di scrivere su pezzettini di carta dei pensieri, uno
per ogni giorno del mese. Ogni mattina ne sorteggiavo uno e mi sforzavo
di vivere la giornata secondo quanto stava scritto. Questo, solo allo
scopo di consolare Gesù per mezzo di Maria. Nel maggio 1936, già senza
forze, non potendo scrivere e desiderando dare la stessa prova d'amore
dell'anno precedente a Gesù e a Mammina, chiesi a mia sorella di
scrivere i seguenti fioretti su bigliettini da sorteggiare
giornalmente, soffrendo ed amando secondo le intenzioni scritte. Il 31
maggio 1936 scrissi così: « Mammina, io vengo umilmente ai tuoi piedi
per deporre i fiori spirituali raccolti durante il mese. Sono confusa:
che povertà! In quale stato te li consegno! Sono tanto appassiti e
tanto sfogliati! Ma Tu, o carissima Mamma celeste, puoi trasformarli,
rinverdirli, ravvivarli per portare con essi consolazione e profumi a
Gesù, in mia vece. Parlagli delle mie pene e delle mie afflizioni.
... Cara Mammina, in questo ultimo giorno del tuo mese benedetto, come
congedo, poiché non ho nulla da darti, ti do tutto il mio corpo e ti
prego di custodirlo e di tenermi nelle tue santissime braccia come tua
figlia carissima ».
Gesù chiede la consacrazione del mondo a Maria
« ... Il giorno 30 u.s. [luglio 1935], dopo la santa Comunione, udii Gesù dirmi:
- Per l'amore che tu hai verso la mia Madre santissima, comunica al tuo
padre spirituale la seguente mia richiesta: ogni anno si faccia un atto
di consacrazione del mondo a Lei, in un giorno prefissato e si chieda
alla Vergine senza macchia di confondere gli impuri affinché cambino
vita e non mi offendano. Come ho chiesto a Margherita Maria la
consacrazione del mondo al mio Cuore divino, così chiedo a te che lo si
consacri a Lei con una festa solenne »
Lampada dei tabernacoli. Vittima per la consacrazione del mondo
« O mio caro Gesù, io mi unisco spiritualmente in questo momento e da
questo momento per sempre a tutte le sante Ostie della terra, in ogni
luogo ove abiti sacramentato; voglio passarvi tutti i momenti della
mia vita, costantemente, di giorno e di notte; allegra o triste, sola o
in compagnia, sempre a consolarti, ad adorarti, ad amarti, a lodarti,
a glorificarti! O mio Gesù, io vorrei che tanti atti del mio amore
cadessero su di Te costantemente di giorno e di notte come la pioggia
fine fine cade dal cielo sulla terra in una giornata d'inverno. Non
vorrei atti d'amore solo miei, ma di tutti i cuori, di tutte le
creature del mondo intero! Oh! Come Ti vorrei amare e vedere amato, da
tutti! Tu vedi, o Gesù, i miei desideri: accettali già come se io Ti
amassi. O Gesù, non rimanga nel mondo neppure un solo luogo ove Tu
abiti sacramentato, senza che oggi e, da oggi per sempre, in ciascun
momento della mia vita io stia là sempre a dire: - Gesù, amo Te! Gesù,
io sono tutta tua! Sono la tua vittima, la vittima della Eucarestia, la
piccola lampada delle tue prigioni d'amore, la sentinella dei tuoi
tabernacoli! O Gesù, io voglio essere vittima per i sacerdoti, i
peccatori, la mia famiglia, vittima per tuo amore, per la tua
santissima Passione, i dolori di Mammina, il tuo Cuore, la tua santa
Volontà, vittima per il mondo intero! Vittima per la pace, vittima per
la consacrazione del mondo a Mammina! - ».
Morte mistica Nel 1935 il Signore mi avvisò che sarei morta all'inizio
del giorno della festa della SS. Trinità del 1936 [7 giugno]. Poiché
non conoscevo altra morte, pensavo di lasciare questo mondo e di
partire per l'eternità. In questo periodo ebbi molte consolazioni
spirituali. Quanto più si avvicinava il giorno della SS. Trinità,
tanto più cresceva la mia gioia: sarei andata a trascorrere in cielo
la festa dei miei tanto cari Amori, come io chiamavo il Padre, il
Figlio, lo Spirito Santo. I dolori del mio corpo andavano aumentando e
tutto dava segno della mia dipartita. Due giorni prima il Signore mi
affermò che sarei morta fra le 3 e le 3,50 del mattino e mi disse di
mandare a chiamare il mio direttore. Così feci. Egli arrivò verso sera
e rimase presso il mio letto durante la notte. Mi preparò a morire,
fece con me un atto di completa rassegnazione e conformità alla volontà
di Dio. Chiesi perdono a tutta la famiglia e dalla gioia cantai così:
Feliz, oh! Feliz Se eu tal conseguia Morrer a cantar O nome de Maria!
Feliz quem mil vezes Na longa agonia Com amor repete O nome de Maria.
Poi fui presa da una afflizione crescente. All'ora fissata non so cosa
provai; cessai di udire quanto accadeva attorno a me. Il mio padre
spirituale ed i familiari recitarono le preghiere dell'agonia, accesero
una candela benedetta e me la tennero in mano, ma io già non avevo
coscienza di nulla. Stetti così un po' di tempo. Mi giudicavano morta e
piangevano per me. Improvvisamente cominciai ad udire i loro pianti,
ripresi a respirare e, a poco a poco, mi rianimai, ma rimasi ancora in
tale stato di depressione che pensavo: - Voi continuate a piangere e
io continuo a morire. - Attendevo sempre di comparire alla presenza di
Dio. Non avevo pena di lasciare il mondo e i miei cari.
Ad un certo punto, vedendo che mi riprendevo e che non si avveravano le
parole di Gesù, fui invasa da una tristezza inimmaginabile, oppressa da
un peso schiacciante. Il mio direttore dovette partire senza potermi
rivolgere una parola di conforto. Passai la festa della SS. Trinità
come una moribonda; dentro di me tutto era morte. Le lacrime mi
scorrevano abbondanti. Mi assalivano dubbi insopportabili: mi ero
ingannata circa la morte, quindi anche su tutto quanto Gesù mi aveva
detto fino a quel giorno. Nei successivi due giorni mi pareva che tutto
il mondo fosse morto. Non c'era sole, né luna, né giorno, per me. Il
mio vivere era quasi insopportabile.
Si avvicinavano a me Deolinda e Säozinha e mi dicevano: - Perché non
parli? Perché non ci sorridi? - E io rispondevo: - Lasciatemi sola! Non
sono più la stessa. Non mi vedrete più sorridere. Non vi sarà più sole
capace di illuminarmi. - E piangevo. Sprofondata nel più grande dolore,
nella più triste amarezza parlavo in modo tale che loro non sapevano
cosa dirmi. Stavano combinando di andare dal mio direttore, quando
all'improvviso arrivò il padre Oliveira Dias, mandato da lui a
confortare la mia anima. Il buon padre mi spiegò il mio caso,
raccontandomi fatti uguali avvenuti nella vita di alcuni santi. Venni
così a sapere che si trattava della morte mistica, di cui non avevo mai
udito parlare. Ebbi l'impressione che fosse un angelo venuto dal cielo
a calmare la tempesta della mia anima. Continuai tuttavia a vivere
tribolata. Mi sembrava che anche Gesù fosse morto, poiché per alcuni
mesi non udii più la sua Voce. Quando aumentava l'agonia dell'anima
riandavo ai fatti raccontati dal p. Oliveira Dias e prendevo un po' di
coraggio da ciò che mi diceva il mio padre spirituale.